Dalle sezioni del PCL
Il No vince dove è più forte la coscienza di classe
16 Ottobre 2007
Nonostante le assemblee blindate, nonostante il ricatto politico che le ha caratterizzate (proprio da parte di chi a parole vorrebbe una CGIL libera da condizionamenti ma nei fatti la ripropone profondamente assoggettata alla sindrome del “governo amico” , nonostante la sproporzione delle forze in campo, il no vince fra i metalmeccanici e nel gruppo FIAT con punte di oltre l’ 80% di pareri contrari all’accordo del 23 Luglio.
Non è una vittoria di Pirro.
A questi lavoratori credo debba andare il ringraziamento di tutti.
Se oggi ci troviamo a poter discutere ,valutare, considerare questi risultati lo dobbiamo esclusivamente a questi lavoratori che nell’isolamento più completo da parte delle burocrazie dei vertici confederali hanno avuto il coraggio di riproporre un modello di sindacato non di casta ma che desse voce e organizzazione al conflitto di classe.
Il pacchetto era pronto, contenente tutto il necessario da offrire in dote al nascituro Partito Democratico così che questi potesse rivenderlo agli imprenditori ed alle banche che lo sostengono. Nessuna consultazione preventiva con i lavoratori. Nessun referendum previsto.
Ma la FIOM ci mette lo zampino: sono le parti più avanzate del movimento operaio in cui la coscienza di classe ha radici profonde, storiche, di conquiste importanti e di dolorose sconfitte che si rende subito conto della posta in gioco, che và oltre il merito degli importantissimi temi di cui si tratta, ma che individua questo confronto come luogo in cui si acutizza il conflitto di classe e che evidenzia i due modelli di sindacato in realtà oggi in conflitto : il sindacato che pone il lavoro al centro del suo agire verso quello che ne intende l’azienda come fulcro. Il sindacato che si occupa di produzione e di come organizzarla verso quello che si occupa di difesa ed organizzazione della classe lavoratrice.
Ebbene grazie ai metalmeccanici, ai quei delegati RSU che sono riusciti a far sentire la loro voce di non assoggettati, a quei precari che a rischio del posto di lavoro o stabilizzazioni non si sono arresi, grazie a costoro che si volevano emarginati ed isolati nel loro mondo metafisico lontano dalla storia che siamo riusciti ad uscire dai nostri angusti confini e lì dove abbiamo potuto avvicinare le menti siamo riusciti a rappresentare le ragioni della classe operaia.
La sensazione che si respira è che questa sia stata una consultazione tutta interna alla CGIL, vista la scarsissima partecipazione delle altre sigle confederali alla sua organizzazione.
E’ stato in ultima analisi un referendum organizzato ad armi impari, per ribadire i rapporti di forza fra le istanze neoliberiste e concertartive che vorrebbero traghettare il Sindacato sulle sponde più tranquille del consociativismo e relegarlo al ruolo di agenzia interinale del mercato del lavoro, verso quelle di opposizione di classe.
Purtroppo le nostre argomentazioni registrano oggi una scarsa penetrazione in alcuni settori, lente nel fare breccia ad esempio nel mondo impiegatizio in cui ci si accontenta di vivacchiare nel crepuscolo della mente o fra le categorie più deboli a cui il bisogno annichilisce l’atto stesso del pensiero critico.
Ma nonostante le cifre aggregate denuncino il compromesso a cui anni di rinunce hanno relegato la classe operaia, disaggregandole la realtà appare notevolmente diversa.
Infatti tra i lavoratori attivi ad esempio cresce nettamente la percentuale dei no rispetto alla media nazionale.
Anche fra i precari, nonostante il ricatto della speranza nelle stabilizzazioni, nei luoghi dove la coscienza di classe è più elevata come in quell’Atesia reduce da recenti lotte, o in Vodafone in lotta contro le esternalizzazioni le ragioni del no sono prevalse.
Sono i pensionati ad essere meno reattivi perché facili vittime di condizionamenti e le cui condizioni di indigenza rendono maggiormente esposti.
In realtà è questo il problema di fondo. Quando il bisogno rende appetibili anche le briciole e nel momento in cui le “coperture figurative piene” o le “totalizzazioni” sanciscono il precariato come sistema unico di lavoro per le nuove generazioni “tout court” è difficile uscire dal ghetto in cui il capitale vuole rinchiuderci. La sua aggressività invero non si è mai affievolita: esso continua in maniera costante nel perseguire l’intento di ridurre sempre più le garanzie dei lavoratori e l’autonomia delle proprie rappresentanze. Dall’ attacco all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, allo Statuto stesso che si vorrebbe sospendere, alla Contrattazione Nazionale che si vorrebbe annullare, alle triennalizzazioni, al precariato diffuso come flessibilità massima, il grande capitale continua il suo confronto con la classe operaia in maniera diretta ed indiretta infiltrandosi nel suo stesso blocco sociale di riferimento per distoglierne gli obiettivi e volgerli a suo vantaggio. Il sogno che le plusvalenze create riducendo sempre e solo lo stesso parametro del costo del lavoro o a spese dello stato sociale con la riduzione della pressione fiscale (per quella esigua minoranza di aziende che paga le tasse) si traducano in crescita sociale generalizzata ed in nuova occupazione sono una pia illusione che lasciano l’impegno degli imprenditori limitato allo zelo della loro Carità Cristiana.
Sarà forse per questo che è rinata la “Nuova Democrazia Cristiana - PD” a spese dei lavoratori e sulle spalle della loro buona fede.
Questa operazione elettorale centripeta segnatamente maggioritaria ed intrisa di finto-buonismo autoritario sconvolge gli equilibri politici dell’esistente spostando a destra, in corso d’opera, lo stesso baricentro dell’Unione a spese di tutti gli elettori che hanno sottoscritto il “Programma” con i loro eletti.
La partita in corso è certo difficile ma la FIOM ha permesso di riaprire un luogo di discussione e di confronto non scontato soprattutto in materia di lavoro precario.
Credo sia opportuno continuare la battaglia non sciogliendo i comitati per il “no” ma anzi giocando al rilancio confermando la nostra netta opposizione a tutte le forme di lavoro parasubordinato sostenendo e partecipando a tutte le iniziative tese al loro reale superamento.
Occorre infine guardare oltre gli steccati delle divisioni e incomprensioni fra le varie organizzazioni e sigle sindacali anche di base, al fine di ricomporre in un unico blocco sociale il fronte del dissenso e dell’alternativa.
Importante è dunque essere presenti a tutti gli appuntamenti e in tutte le realtà che questo fine perseguono.
E’ una buona occasione. Non sprechiamola.