Internazionale

Intervista di Révolution Permanente a Marco Ferrando

25 Giugno 2016

Una valanga vera e propria.
In Italia, il populista Movimento Cinque Stelle dell'ex-cabarettista Beppe Grillo ha confermato e superato, al ballottaggio delle elezioni comunali di domenica 19 giugno, i voti del primo turno, giungendo così ad espugnare i comuni di Roma e di Torino.
Per il premier di centrosinistra Matteo Renzi, grande amico di Manuel Valls, la disfatta è piuttosto preoccupante.
Riportiamo quanto rilasciato a Révolution Permanente da parte di Marco Ferrando, membro della direzione e segretario nazionale del Partito Comunista dei Lavoratori.

È certamente la crisi del renzismo”, afferma Ferrando.
"Non si tratta di una crisi fatale, ma, al momento, la situazione testimonia dell’eclissi della stagione politica e dello specifico operato politico di Renzi.
In quanto il renzismo è, per certi aspetti, un tipo di politica sensibilmente diversa da quelle che l’hanno preceduta.
Mario Monti e il suo governo di tecnocrati (che sottentrava a Silvio Berlusconi dopo la sua destituzione dell’autunno 2011) è stato il presidente di un governo di notai. I sensali del capitale finanziario.
Renzi è, oggi, coerentemente al servizio del capitale finanziario e industriale: basti pensare alla infinita lista di controriforme da lui patrocinate, a partire dall'abolizione dell'articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori; un ostacolo in meno, per i padroni, circa la libertà di licenziamento.
Ma - è questa l’aggiunta - Renzi incarna un progetto particolare, un progetto istituzionale che egli basa tutto su se stesso: la concentrazione di quanto più potere possibile nelle proprie esclusive mani.

LA CRISI DEL BONAPARTISMO RENZIANO
È in tal senso che leggiamo il renzismo come un fenomeno di bonapartismo.
Un bonapartismo che cerca di consolidarsi mediante tutta una serie di concessioni, talune assolutamente umilianti come l'assegno di ottanta euro per dieci milioni di italiani, o i cinquecento euro ai giovani che raggiungono i diciotto anni.
I suoi margini di manovra, però, riguardo tali concessioni,vanno sempre più riducendosi.
Dobbiamo tenere in considerazione diversi elementi per spiegarci il corrente crepuscolo della sua stagione politica: la recessione innanzitutto, ma al tempo stesso, la restrizione dei suoi margini di bilancio che Bruxelles dice di non poter finanziare.
Nel frattempo, allora, si prodiga in una serie di agevolazioni fiscali per le imprese e per i capitalisti ma, contro il mondo del lavoro, non si tiene un colpo in canna.
All’alba di questa débâcle elettorale, Matteo Renzi si vede in una situazione critica in vista delle elezioni venture , il referendum sulla riforma costituzionale dei primi di ottobre, al quale affidava tutte le speranze.
Sperava che questo referendum, che ha preso le sembianze di un plebiscito (e che decide della "semplificazione/razionalizzazione” dei poteri del quadro istituzionale italiano, lasciando, comunque, dove sono tutte le magagne ereditate dalla prima e ​​dalla seconda Repubblica), lo avesse portato in trionfo come un Bonaparte.
Ma, alla luce di quanto successo, la sfida gli si fa ardua.
Il renzismo rappresenta per la borghesia uno scudo protettivo contro forme di populismo come il Movimento 5 Stelle o il leghismo.
Ma questa diga è appena ceduta. E la borghesia ne è, momentaneamente, destabilizzata.”

IL M5S, DI DESTRA O DI SINISTRA?
Il Movimento Cinque Stelle dell’ex-comico Beppe Grillo è, secondo molte analisi, una sorta di ufo.
Per Ferrando, “il M5S ha saputo convogliare la crisi generale sullo sfondo dello sfacelo di diverse realtà politiche: la crisi del renzismo, ma parimenti la crisi del centrodestra che si trova completamente a brandelli dopo il crollo dell’egemonia berlusconiana. E, chiaramente, la crisi della sinistra.
La base elettorale del Pd, di fronte agli esiti delle politiche renziane, ha lasciato il partito, non trovando, però, alcuna bussola a sinistra. E ha visto nel M5S un possibile ripiego.
Il M5S è non solo il partito di maggioranza tra i disoccupati che votano, ma lo è anche presso la gran parte della classe operaia industriale. Ha raccolto il 40% dei voti presso l’elettorato under 45, ed è il partito più seguito dai giovani”.
Per Marco Ferrando, il M5S è “un movimento reazionario di massa.
Non si dimentichi che, per citare solo uno dei suoi obiettivi, si prefigge l'abolizione di tutte le forme di rappresentanza sindacale, in ogni caso e non solo in termini di critica verso le attuali politiche sindacali.
Il trionfo a Roma ed a Torino dimostra che il M5S ha il vento in poppa e corre in vista di ulteriori traguardi.
Su venti città in cui il M5S è approdato al secondo turno, ha visto la vittoria presso diciannove di esse.
Con questo suo potenziale di attrattiva trasversale per gli elettori, il M5S complica notevolmente i piani di Renzi.”

ESPLOSIONE O IMPLOSIONE?
Il contesto italiano, secondo il segretario nazionale del PCL, è ben lungi dall’essere paragonabile a quanto si verifica oltralpe.
Il movimento operaio attraversa un momento storico di profondissima crisi.
Dall’80 al 90% di quello che potremmo chiamare il “bacino elettorale popolare”, esso è monopolizzato dai reazionari del M5S, dal renzismo e dalla versione italiana del lepenismo, la Lega Nord di Salvini e i suoi alleati (Fratelli d’Italia).
Tanto basta a dare l’idea del livello di arretramento del movimento operaio e della sinistra.

Le ragioni di lottare, ci sono tutte e di più.

Basti pensare che le buste-paga, nel settore pubblico, rimangono congelate da ben sette anni, che Confindustria si scaglia in un’offensiva generale contro i contratti collettivi, a cominciare dai metalmeccanici, e che il pareggio in bilancio comporta tagli catastrofici sulla spesa sociale, sulla sanità e si sta già organizzando un nuovo attacco alle pensioni.
Ciononostante, la sinistra è pressoché inesistente.
I dirigenti sindacali, a partire dalla Cgil, la principale organizzazione di massa dei lavoratori, rimangono immoti. Non si prova nemmeno a rispondere alle provocazioni.
È esattamente questo lo scenario che ci porta a dire, oggi, che la situazione generale in Italia è più di implosione che di esplosione.”

FARE COME IN FRANCIA!”
"In Italia siamo, al momento, un piccolo partito assolutamente contrcorrente” concluede Ferrando “ma prestiamo la massima attenzione agli avvenimenti intorno a noi, a tutto quel che accade negli altri paesi.
Ci siamo fatti promotori di una campagna chiamata #FareComeInFrancia che ha suscitato un grande entusiasmo con un volantino che abbiamo distribuito su scala nazionale per decine di migliaia di copie, ed ha raccolto 10.000 sottoscrizioni sui social.
La mobilitazione generale contro la legge-El Khomri, pur con tutte le sue contraddizioni, testimonia che, anche in rapporto alla situazione italiana, non ci sono altre vie.
Il Jobs-Act, in Italia, è passato senza la minima opposizione (se non di ipocrita facciata).
A sinistra, i riformisti Partito della Rifondazione Comunista (PRC) e Sinistra, Ecologia e Libertà (SEL) non rappresentano, nel migliore dei casi, che uno spazio di “sinistra civica progressista”.
Per quanto riguarda la sinistra radicale, oltre alla piccola presenza dei compagni di Sinistra Anticapitalista, non esiste altra tendenza politica che ha promosso, come noi, una campagna di propaganda e di agitazione in solidarietà diretta verso la mobilitazione contro la Loi du Travail francese”.

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