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Il vantaggio dell’oligarchia dominante francese ed europea: l’assenza di una direzione rivoluzionaria centralizzata

12 Giugno 2016

L’oligarchia francese e europea ha suo vantaggio, per il momento, l’assenza di uno stato maggiore del proletariato rivoluzionario. Sa che Philippe Martinez non ha un’idea su cosa fare se dopo il 14 il governo Hollande andrà avanti sulla strada che i governi dell’Unione europea seguono dal 2008. L’oligarchia europea non ha ceduto agli scioperi, alle mobilitazioni e azioni di sabotaggio in Grecia, alle battaglie di strada dei minatori asturiani nella primavera-estate del 2012, e al movimento di sciopero dell’ottobre 2010 in Francia. L’oligarchia capitalistica sa di che pasta sono fatti i capi della burocrazia sindacale. Dai primi giorni di giugno Philippe Martinez, sempre più frequentemente, tende la mano al governo. Ieri(10 giugno) su francetvinfo, il segretario generale della CGT, invece di rivendicare l’azione dei cegetisti in una delle case dell’odioso presidente del MEDEF e il riallaccio della corrente elettrica a 300.000 famiglie a cui era stata staccata, ha fatto la vittima per gli insulti che arrivano alle sedi della CGT e per le lettere anonime che ricevono i “dirigenti”. Un capo del movimento deve ispirare audacia ai suoi militanti e non dare l’idea di uno che si sente toccato da telefonate e lettere anonime. Dietro di lui c’è la Francia che disprezza lo stato d‘eccezione. La burocrazia sindacale è cosciente che non è in grado di controllare le masse in lotta e ripone tutte le sue speranze in un compromesso con il governo e il padronato.
Lo sbaglio di Martinez è la convinzione che la borghesia francese abbia paura di combattere col ferro il movimento di sciopero. La posta i gioco non è l’avvenire della classe dominante in Francia ma in tutta l’Unione Europea. La direttiva di marcia è determinata dagli obiettivi di politica estera. Nell’epoca dell’imperialismo la politica interna è una funzione di quella estera. La Francia insieme a tutta l’Unione europea e alla Nato è impegnata sul fronte ucraino e con la coalizione anti-Isis è in guerra in Siria per riprendersi quanto aveva avuto con i trattati Sèvres (10 agosto 1920), dopo il primo massacro imperialista mondiale e perso dopo la vittoria delle forze nazionaliste nel 1945. I membri del governo Hollande uscirebbero molto indeboliti dalla capitolazione davanti alle masse e i loro colleghi europei li tratterebbero da coglioni. L’élite finanziaria che ha in mano lo stato francese è disposta a correre questo rischio? La separazione astratta della politica estera da quella interna, falsa la rappresentazione che si fa del grado di crisi della borghesia francese. La classe dominante su scala mondiale tenta di risolvere la sua crisi col militarismo imperialista. La borghesia francese può permettersi di prostrarsi alla classe operaia quando con l’operazione Anaconda i carri armati dell’imperialismo tedesco attraversaranno la Polonia, da ovest a est per la seconda volta, la prima fu quella delle truppe di Hitler il 22 giugno 1941.
Tutti i tentativi di “dialogo” della burocrazia sono andati a vuoto. Il 14 giugno la borghesia francese aspetta al varco Martinez. I responsabili politici e quelli degli apparati repressivi sanno bene che i capi della CGT entreranno in stato confusionale quando Hollande e gli altri del governo continueranno sulla strada intrapresa. La burocrazia è consapevole che le masse non le perdoneranno l’incertezza e la viltà, ma spera che ubbidendo al governo, questo troverà il modo di proteggerla.
Il dramma delle lotte in Francia e in Belgio, così come in Grecia, è la mancanza, per il momento, dello stato maggiore della classe lavoratrice. Ci sono le forze che possono costituire la direzione della parte più combattiva della classe operaia e di tutto il lavoro salariato. Dopo il 14 giugno alle masse apparirà chiaro e distinto che bisogna lottare per rovesciare il governo. Questo sarà il campo di battaglia del marxismo rivoluzionario. Ci sono più generazioni di militanti della parte cattiva del movimento operaio che hanno fatto l’esperienza storica due fallimenti storici: la teoria del socialismo in un solo paese e del keynesismo. La prima è fallita perché senza rivoluzione mondiale non si può edificare il socialismo. Tutto il primo periodo del regime dei consigli rivoluzionari vittorioso, su scala mondiale, sarà impegnato a spegnere gli ultimi focolai della controrivoluzione. Solo una mente leggera come quella di Karl Radek potè essere all’origine di quella teoria. Il fallimento dello stalinismo ha posto le condizioni per la conquista del proletariato rivoluzionario alla strategia della rivoluzione socialista mondiale. Una nuova generazione proletaria internazionale si scontra con una burocrazia sindacale che non può più giustificarsi con i successi del “socialismo realizzato” e, tantomeno, con quelli del keynesismo. Neanche quest’ultima ideologia può giustificare la collaborazione di classe perché non ha suo sostegno nessun dato economico su scala mondiale dalla fine degli anni sessanta del secolo scorso. La burocrazia sindacale è nuda. Sulla nuova generazione operaia lo stalinismo e l’illusionismo keynesiano non hanno alcuna influenza.
La classe operaia e salariata occupata e disoccupata in lotta, se il governo Hollande ritirerà la legge avrà maggiore fiducia in se stessa e si lancerà in nuove battaglie. Se il governo non cederà, imparerà presto l’arte di rovesciare i governi. In tutte e due i casi le masse in Francia dovranno far fronte ad una controffensiva dell’oligarchia europea. Senza una direzione centralizzata saremo sconfitti.

Gian Franco Camboni

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