Dalle sezioni del PCL
"Morte alla Casta!" urlò ... la Casta
Chiara Appendino non è il male minore, ma parte di un male solo: la borghesia
11 Giugno 2016
Il 19 giugno 2016 si andrà a votare per il ballottaggio alle elezioni comunali di Torino.
La tornata elettorale si è conclusa con due pretendenti alla carica di primo cittadino: Piero Fassino del Partito Democratico col 41,8% dei voti e Chiara Appendino del Movimento 5 Stelle col suo bel 30,9%.
In tanti si chiedono, a questo punto, se sia opportuno dare l'affondo al Pd della polizia, delle banche e dei padroni, favorendo la candidata 5 Stelle.
Di fronte alla scelta tra il marcio conosciuto e quello da conoscere (per quante ubbìe abbia largamente modo di suscitare il M5S presso tutte le città in cui le sue giunte governano e per quanto chi lo voti, lo faccia "turandosi il naso"), tanti elettori propendono per guadagnare questa scalata alla giovane grillina e, se non altro, metterla nelle condizioni di dar prova di sé.
Sarebbe una tentazione più che legittima. Qualora il M5S (quindi Chiara Appendino) rappresentasse un interrogativo davvero da svelare. Ma la verità è ben più amara.
Innanzitutto, chi è la trentunenne Chiara Appendino?
Chiara Appendino, estrazione dell'alta borghesia torinese, laureata all'università privata (naturalmente) della Bocconi, figlia del vicepresidente esecutivo di Prima Industrie, ed anche vicepresidente della SIRI (Associazione Italiana di Robotica e Automazione), e consigliere della UCIMU (Unione Costruttori Italiani Macchine Utensili), e ancora presidentissimo della ManuFuture Italia e fondatore e mega direttore galattico di Prima Power Suzhou.
Un imprenditore rinomato che sostiene la "flessibilità come unica via per la crescita dell'economia" in Italia e non solo, dal momento che il cummenda, organico della Finlombarda di Ignazio Parrinello e della Confindustria-Piemonte di Gianfranco Carbonato, è consigliere d'amministrazione delle due Power Suzhou SPA in Cina.
È sposata a Marco Lavatelli, altro imprenditore che ha ereditato la ditta di famiglia presso la quale, ora, la stessa Appendino esercita in qualità di manager (certamente in osservanza ai valori della "meritocrazia" che le piazze dei 5 Stelle invocano a viva forza).
Ma se non bastasse questa eloquentissima fotografia di famiglia a render conto di chi è Chiara Appendino, il milieu in cui nasce, si forma e che rappresenta - e può anche non bastare; per un politico, deve parlare il programma - benissimo, si parli del programma.
Tra i punti del programma della Appendino, ci soffermiamo su quelli che ci sembrano avere una rilevanza di classe e vedremo se è vero o no che di questa medio-alta borghesia di cui la governanda 5 Stelle è la delfina, vuole davvero fare gli interessi o se invece decide di collocarsi dall'altro lato, quello degli sfruttati, dei salariati, degli oppressi.
Tralasciamo quindi la nota (solita) sul turismo (il turismo a Torino va a gonfie vele; peccato che chi benefici di questo rigoglioso commercio siano sempre e solo i privati delle aziende dei trasporti e delle agenzie degli itinerari turistici, che non vi sia la minima socializzazione di questi proventi), vediamo di venire alla voce "L" come "lavoro".
La quale è assente, ahinoi, dal programma della candidata (com'è assente dal programma di tutti i grillini su qualunque territorio si presentino), e allora dobbiamo accontentarci di un surrogato. L'unica voce che si avvicina vagamente a qualcosa come il lavoro sul radioso programma della Appendino è "Commercio e artigianato".
Che così recita:
"Una Città è viva quando lavora e produce, quando i suoi cittadini hanno la possibilità di realizzarsi professionalmente nelle proprie attività e quando vengono conservate le tradizioni e le peculiarità del territorio, evitando di omologarsi. Per fare tutto questo abbiamo presentato le nostre proposte con le quali vogliamo privilegiare il tessuto commerciale composto da tantissime micro imprese che rendono vivo e sicuro il territorio cittadino. Vogliamo valorizzare e rendere più efficienti i mercati cittadini, consentendo agli operatori di avere certezza dei costi per l’utilizzo delle strutture comunali. Nella presentazione abbiamo anche parlato di lavoro e di come favorire l’insediamento di nuove imprese, perché Torino diventi una città di opportunità per le start up, le nuove industrie e i piccoli e micro imprenditori che qui vogliono investire e portare ricchezza al tessuto urbano. Le proposte sono concrete e fattibili e daranno nuova linfa al mondo produttivo, del commercio e del lavoro."
Semplice e ...Chiara.
All'Appendino di chi il lavoro lo fa, non importa niente di niente. Si interessa solo a chi il lavoro "lo dà".
Così, anche l'emergenza della disoccupazione giovanile va in malora. Se sei figlio della buona borghesia come la Appendino, lanciati nel mercato e investi i tuoi capitali. Non si sa mai, ti dice bene.
Altrimenti, se sei proletario figlio a tua volta di proletari, non ti rimane che farti sfruttare dai figli dei borghesi che metteranno su attività, finché durano.
Convinti anche i 5 Stelle (e sarebbe bello, adesso, che spiegassero in cosa esattamente si differenzino dalle ricette del PD - la nota delle Sturt Up è praticamente un plagio che merita la querela) che l'economia si "rilanci" sempre proteggendo, incentivando, favorendo i padroni/datori del lavoro.
Ma non è proprio questo il modello sociale che ha portato all'impoverimento della gran parte della società, allo sfruttamento, alla precarietà, ai licenziamenti, all'abolizione dell'articolo 18, al Jobs-Act di Renzi, ai voucher, agli 80 euro che avete fischiato, giustamente, come una elemosina vergognosa?
Non è proprio l'arricchimento delle borghesie ciò che provoca la depauperazione assassina delle classi subalterne e lo smantellamento, pezzo per pezzo, dello Stato assistenziale?
I conti non tornano. Secondo Grillo e i suoi apostoli cosa accidenti sarebbe il responsabile della miseria sociale dalla quale essi stessi sorgono, contro la quale si scagliano ed alla quale vorrebbero porre rimedio? Cos'è che minaccia la Grexit, la Brexit, che porta i politici a tagliare alla sanità, alla scuola, a ridurre il lavoro a schiavitù, cos'è che origina il debito pubblico, il lucro delle banche, eccetera?
Ah, già. La nazionalizzazione delle banche e il rifiuto del debito pubblico come "immorale".
Erano due fortissimi cavalli di battaglia della propaganda grillista della prima ora. E due punti su cui, sinceramente, molta sinistra aveva trovato un punto d'incontro.
Sono due punti saldissimi del Partito Comunista dei Lavoratori, ad esempio. Certo, non nella salsa demenziale in cui li affogava Grillo (il debito, l'ex-comico non voleva rifiutarlo in senso stretto; voleva pagarne una parte - non ha mai specificato quanta - e rateizzarlo; noi comunisti ci scaracchiamo addosso e lo rimandiamo a chi ce lo indirizza, come debito dei borghesi; e possiamo definirlo "immorale" solo in quanto definiamo immorale tutta la borghesia e il sistema d'usura e mafia del Capitale, da cui i debiti "pubblici" scaturiscono)
Mah... Dove sono finiti ora quei due bellissimi punti? I più "a sinistra", coraggiosi e urgenti, si direbbe?
Chi se li ricorda più? Non se ne fa minimamente menzione. E sono bravissimi, i 5 Stelle, a far la voce grossa contro Renzi che preleva soldi dal fondo-cassa sociale dei lavoratori e li inietta alla banca privata dei Boschi per salvarla dal fallimento. Esecrabil cosa, certo.
Ma dove cazzo (per citare il Vate) sono le insurrezioni anti-banca quando i grillini vanno a governare nelle loro città?
Nella Parma di sua signoria Pizzarotti la giunta grillina ha subordinato agli interessi da versare alle banche tutto il resto delle emergenze storiche della città (asili che cadono a pezzi, mense poverissime con sempre meno accessibilità per sempre più persone, le altissime rette, i servizi pubblici decimati).
Ovviamente, centinaia di famiglie sono scese in piazza a protestare contro il duca Federico e la sua amministrazione disertata.
Così come centinaia di lavoratori ai quali è strappato via il lavoro perché serve "razionalizzare". Razionalizzare tagliando di che vivere ai lavoratori per tributare 20 milioni di euro al Patto di Stabilità, patto che, durante la vibrante propaganda dai palchi, Grillo, Casaleggio, Di Battista, Di Maio, Paola Taverna e tutta l'equipe grillina aveva additato come la prima cosa a cui dir no per rianimare il Paese.
Ma del resto, la contraddizione tra le parole e i fatti, non deve stupire. Perché è una contraddizione che esiste già tra le stesse parole, prima di trovare la sua tragica conferma nei fatti.
Per quale motivo un partito che non si pone contro gli interessi dei privati, ma anzi li patrocina come punto di partenza per il rilancio dell'economia poi dovrebbe ingaggiare crociate contro le banche, le multinazionali e le borghesie nazionali e internazionali che esigono, a palmo teso, la riscossione del "debito"?
O sei contro il liberismo o sei a favore.
E il M5S non solo è a favore, è proprio un pezzo del liberismo, ideologico e fisico, come dimostra la genealogia della purosangue Appendino.
La propaganda antiliberista, vi chiedete? Solo propaganda. Specchietto per le allodole; spargere come sale agli occhi quelle parole che tutti, in questo momento, vogliono sentire (è colpa delle banche, è colpa dei privati, è colpa dei privilegi del ceto politico, è colpa del capitalismo, del lucro, delle logge e delle mafie), con la sola nota di demerito che ...nei fatti non si dà nessun seguito a queste parole.
Come tutti gli altri.
Un altro punto del programma della Appendino che a noi, da una prospettiva di classe, interessa è quella dell'immigrazione e della cosiddetta integrazione.
Cosa vuol farne, questa novella madonna protettrice della sacra corte della borghesia, di questi puzzolenti morti di fame?
Se tanto ci dà tanto, non può essere molto lontana dalle posizioni che tutti gli altri partiti borghesi hanno in proposito.
E infatti, sulla questione campi rom, eccola puntuale: "Questi insediamenti, come da direttive europee, vanno smantellati in collaborazione con la Regione in favore di soluzioni abitative autofinanziate. Parliamo di aree dalle condizioni igieniche inaccettabili, causate anche da discariche abusive e da ricorrenti roghi tossici".
Insomma, le ruspe di Salvini hanno almeno il dono della sintesi e il coraggio della propria aberrazione.
Invece che migliorare le condizioni di vita di questi posti, madame Appendino, troppo sensibile alla vista di certe brutture, preferisce sorvolarli in sella a un bianco unicorno alato, ricoprendoli di povere di stelle di suo generoso pugno, e farli scomparire.
E gli occupanti? Omissis. Intanto fuori dalle palle, "come da direttive europee"!
Eh, già. Insieme agli attacchi alle banche e al rifiuto del debito, non appena i grillini vanno a governare, spariscono anche le posizioni anti-Ue che invece, durante i comizi, infiammano le folle.
Ma se così stanno le cose, sorge spontanea una domanda: che cos'è il Movimento Cinque Stelle?
Perché si ostina a proporsi come un partito alternativo e nuovo, se poi è esattamente sulla stregua del Pd e della destra?
Il Movimento Cinque Stelle è un partito a tutela della borghesia, delle piccole e medie imprese (quelle grandi, i loro mecenati politici li hanno già) che, in tempi di crisi e di allargamento della forbice, si proletarizzano. Si impoveriscono sempre più, alcuni falliscono proprio.
E allora questa piccola e media borghesia s'incazza e strepita. Di parteggiare per una alternativa di sistema, ai piccoli e medi borghesi, non sfiora minimamente il cervello; mentre invece reclamano rabbiosamente il loro diritto di ripristino degli agi di prima, a sfruttare anch'essi manodopera operaia e trarne profitto, non solo i Marchionne e i Farinetti. E se questo non si può più fare perché la forbice si è allargata e la profetica proletarizzazione marxiana ha investito anche loro, ...bene, bisogna farlo lo stesso! Non si sentono ragioni.
E il M5S dà voce proprio a questo malcontento. Al malcontento della borghesia mandata per stracci dall'avanzamento dei colossi del capitale. Crisi che altro non è che l'arricchimento sempre più concentrato di pochi grossi padroni e, di converso, l'iper-impoverimento di chi già povero lo era, e l'impoverimento progressivo di chi il suo bel profittucolo, un tempo, lo estorceva ed ora non più e vivacchia di rendita.
Ma come si può tornare indietro? Anche volendo redistribuire il vecchio potere al ceto medio in decadenza, come si fa? Dove li si prende i soldi?
Bisognerebbe toglierli ai più ricchi (cosa che, si è visto, i 5 Stelle non solo non fanno, ma non si sono mai sognati di dire; ricordiamoci come si espresse Grillo sul caso dei padroni della Electolux che minacciavano la delocalizzazione) oppure, l'alternativa: attingerne dai poveri.
E, sul solco del modello americano che non vede distinzioni tra padrone e lavoratore dipendente, un sistema in cui il lavoratore salariato si colloca in modo suicida sul mercato come azionista privato del suo stesso capitale - anche se è il capitale miserrimo di un salario mensile - quotandolo in borsa, in concorso coi capitali di chi è ben più ricco di lui, e, se le cose vanno bene, allora avrà diritto alla pensione, altrimenti abbiamo scherzato, sul solco di questo modello, che è un modello che può solo schiacciare i più poveri, è trasparente qual è il bacino al quale il grillismo andrà a succhiare ricchezza per destinarla ai piccoli e medi privati, laddove provvederà davvero a farlo.
Non per niente Grillo e Di Maio odiano il sindacato e lo liquidano come una zavorra dell'Ottocento di cui l'economia italiana prima vorrà sbarazzarsi e prima tornerà a sorridere.
Ultraliberismo a tutto spiano. E coerentemente con un altro ultraliberista di nome Silvio Berlusconi, anche il partito di Grillo è infatti un partito-azienda. Con detentori di diritti, profitti e parcelle pagate dalle banche lasciate a sponsorizzarsi sul loro blog, e che però dicono di volere espugnare.
Il Movimento 5 Stelle è il carrozzone putrido e macilente del revanscismo della piccola borghesia allo sfacelo. Che tappa dopo tappa perde un altro pezzo di tutto il rivestimento di pseudo-innovazione che la retorica del cabarettista gli ha costruito sopra, e si mostra, al di là delle parolacce e della demagogia, per quel che è. Un altro veicolo della borghesia che non vuole morire.
Non ha niente da dare a chi sta dall'altra parte, a chi era già vittima delle ingiustizie della società borghese ben prima della cosiddetta "crisi".
Per il proletariato, il capitalismo e la proprietà privata, il sistema salariato, è perennemente crisi, debito e miseria.
La piccola borghesia sta scoprendo solo ora che il gioco del "pesce grande mangia pesce piccolo" prima o poi gli si ritorce contro. Che non ci sono amici nella concorrenza del libero mercato. E solo adesso tenta una ribellione, confusa, caciarona, senza prospettiva e senza memoria storica (il civettamento con Casapound è emblematico: la piccola borghesia torna alle sue vere origini, a quando davvero contro il fascismo non aveva nulla da obiettare, anzi!... Come si può pretendere che nel sangue della piccola e media borghesia scorrano gli anticorpi dell'antifascismo?).
Ora parla come la Lega (dalla quale la giunta torinese grillina, per tornare in tema, ruba Sergio Rolando, l'uomo dei conti di Cota, direttore del Bilancio e delle Risorse Umane ai tempi d'oro in cui la Lega Nord, eletta a Torino, massacrò le università provocando ondate di manifestazioni e occupazioni per mesi e mesi... Alla faccia del nuovo che avanza e del tenersi alla larga dai vecchi partiti; fraternizzano coi partiti peggiori e coi peggiori loro uomini), ora parla come Renzi, e con Renzi e Salvini, infatti, il M5S completa il quadro delle tre destre che si contendono la governance del paese. Tutt'e tre le destre frenano la rivoluzione che gonfia gli animi di tutti i vessati e gli oppressi della nazione e delle città.
Non è vero che non conosciamo il M5S. Mentiremmo sapendo di mentire, se lo dicessimo. E non è vero che non sappiamo benissimo come si comporterà Chiara Appendino una volta eletta.
Per questo il Partito Comunista dei Lavoratori, che ha il pessimo vizio d'essere comunista, marxista e di analizzare fatti e proposte, ed esse giudicare come conosciute o no (non una faccia, un nome o un logo) non può, conoscendo e analizzando da tempo la natura del grillismo e collocandolo come un partito reazionario di revanscismo borghese con putrefazioni di fascismo inaccettabili, dare indicazioni di voto per Chiara Appendino, la candidata dei padroni, e per il M5S, il nemico solo a parole di banche e pareggi in bilancio, poi nei fatti, manganellatore di lavoratori in sciopero come a Pomezia.
Il voto attivo ed utile è il voto nullo.
La militanza politica, teorica e pratica, rimane solo quella di lavorare per smascherare agli occhi dei pochi rimasti a credervi, questa gigantesca impostura di marchio d'azienda travestito da partito, e indicare a tutti loro la vera soluzione.
L'alternativa di sistema, la guerra al settore privato.
L'autogoverno politico e l'autogestione dell'economia dei lavoratori. La rivoluzione comunista.