Dalle sezioni del PCL

Perché votare

4 Giugno 2016

Il senso della presenza del PCL alle elezioni.
Distruggere il mito che la democrazia borghese sia a favore degli sfruttati, delle masse.
La vera democrazia sarà il governo della grande maggioranza della popolazione, sarà il governo dei lavoratori, sarà il socialismo.
Solo la rivoluzione cambia le cose.

Torino

“Tanto non cambia niente!”, “Alla fine comandano sempre gli stessi”, “Ho votato una vita e ci sono sempre andato fregato”, “Partono incendiari e arrivano pompieri” ed altre frasi del genere sentiamo ogni giorno. Le diciamo tutti, e non si direbbero prive di fondamento. Si ha la sensazione che vi sia, lassù in alto, una roccaforte avvolta da una bolla di elettricità impermeabile, come sotto un sortilegio, impossibile da sfondare, e i pochi miti-mitizzati che hanno osato varcare le colonne d’Ercole, sono stati talmente danneggiati nelle sinapsi, durante l’urto contro la cortina di Malambruno, che una volta di là, sono sopravvissuti solo nel corpo. La testa, i vecchi propositi di cui inondavano i microfoni, tutti gli ideali in nome dei quali hanno dichiarato l’assedio alla roccaforte, sono stati bruciati.

E vive, come senso comune, questa visione “metafisica” delle stanze del potere. Chi entra là dentro, diventa un traditore. I soldi? La corruzione? “Alla fine anch’io se entrassi a far politica, me ne fotterei; mi godrei i miei soldi e buonanotte ai suonatori”... Ma davvero le elezioni, la possibilità di candidare un progetto, un partito, un’idea politica nascono come passepartout per privilegi individuali e d’oppressione della volontà dei tanti che restano fuori e che ti hanno supportato?
No. La possibilità di formare dei partiti e di candidarsi alle elezioni, nascono esattamente con la funzione opposta. Quella di dare al popolo la possibilità di far valere le proprie ragioni, di portare avanti le proprie rivendicazioni e di migliorare la società attraverso l’elezione di soggetti e partiti politici atti alla rappresentanza e alla messa in pratica dei propri bisogni.
Ciò che succede sempre, semmai, è che chi va a “comandare”, innanzitutto, appunto, comanda. E non co-comanda. Con la consulta costante con i cittadini della cui volontà dovrebbe essere il solo strumento di attuazione e rappresentanza. Ma poi è successo che mai nessuno ha tradito. Quella del “tradimento” è una semplificazione icastica, ma non rende conto della realtà e, se non si sa come prenderla, può prendere essa una conformazione sbagliata nelle nostre teste e dare adito a conseguenze sdrucciolevoli.
Per tenerci al solo ambito della Sinistra in Italia, quella investita per tradizione della missione di portar avanti le ragioni del popolo, bene: dal PCI post-gramsciano di Palmiro Togliatti, a Berlinguer, a D’Alema/Occhetto/Veltroni, fino ai Bersani e capitan Renzi, chi ha vissuto sulla propria pelle la politica di questi personaggi e dei partiti di cui hanno sempre fatto parte e preso le difese, oppure chi ne ha appreso gli infausti itinerari sui libri, sa benissimo che costoro non hanno tradito. Sono sempre stati dei traditori.

Dal momento in cui la Sinistra italiana ha rifiutato di lavorare per la rivoluzione e la presa del potere da parte della classe operaia sul solco della lezione d’Ottobre ed ha, invece, sposato l’acquiescenza e la convi/connivenza con le borghesie nazionali e internazionali, e le loro rappresentanze di governo, della linea staliniana di “socialismo in un paese solo” (l’Urss; che non fu socialismo ma sfruttamento stakanovista di manodopera operaia per mantenere gli agi dei burocrati di palazzo sedicenti “comunisti” e finanziare eserciti e apparati militari per paura d’essere accerchiati dai capitalismi esteri e schiacciati. Forse la soluzione, compagno baffo, come aveva detto Marx, ribadito Lenin e ripetuto fino alla morte - per tuo ordine - Trotskij, era quella di finanziare i movimenti comunisti di quei paesi capitalisti di modo che avessero sconfitto il capitalismo di casa propria da sé, invece che vivere nella paranoia costante e sovraccaricare di lavoro gli operai per miniere e acciaierie per la costruzione di cingolati e moschetti, senza che la cosiddetta “autogestione” dell’economia operaia gli abbia mai fatto vedere un fagiolo in più o un’ora di lavoro in meno di quelle che si vedevano nei paesi dove regnava il terribile Capitalismo!),
dal momento in cui queste sinistre (non solo in Italia) hanno declinato la teoria rivoluzionaria marxista in chiave staliniana, formando inaccessibili apparati partitici di vecchi burocrati cui importava solo tenere il culo al caldo in un parlamento da condividere con la controparte borghese mai criticata troppo, e nel pieno di rivolte popolari addirittura vista come utile alleata per un governo comune (il compromesso storico di quella “brava persona” che fu Enrico Berlinguer; se fosse o non fosse una “brava persona”, può dirlo chi lo ha conosciuto direttamente; a noi, che rimane da valutare il suo operato politico, non possiamo che criticarlo aspramente da questo punto di vista), dal momento in cui queste sinistre hanno progressivamente, un segretario dopo l’altro, una legislatura dopo l’altra, abbandonato sempre più (ma l’abbandono era già avvenuto col filostalinismo togliattiano, in Italia, e in tutti i paesi dove ha regnato un “comunismo” staliniano che fu revisione e tradimento integrale della filosofia marxista) la prospettiva rivoluzionaria che contrappone Classe Operaia e Classe Borghese, e, viceversa, ha sempre più abbracciato il liberismo economico, bene, queste Sinistre non hanno tradito quando sono andate a governare. Il tradimento gli era già congenito, ne erano portatori sani. Erano già nel tradimento. Hanno tradito quando hanno rifiutato di guardare alla rivoluzione di classe come unico grimaldello della Storia che possa sopprimere la classe dei privati, dei padroni, dei borghesi e di capitalisti grandi, medi e piccoli, di tutto quel gruppo sociale che vive sul lavoro altrui, sfruttandolo, ripagando chi lavora con una parte minima del valore da lui prodotto, e con tutto il resto, fondare castelli, conti in banca, proprietà, privilegi e, quel che più conta, ancora altro capitale accumulato. Con cui i figli potranno, di nuovo, acquistare mezzi e centri di produzione, schiaffarci a lavorare una massa di nullatenenti che non può vender che le proprie braccia per vivere, e ripetere così, in eterno, il meccanismo dell’ingiustizia sociale. Dello sfruttamento, dell’alienazione, dell’esproprio dei frutti del lavoro di chi il lavoro lo fa.

Il tradimento dei sinistri borghesi risale a molto tempo fa, dunque. E non si è verificato nel momento in cui sono andati “a comandare”. Può esistere, ed esiste, una Sinistra che con questa squallida tradizione non s’è mai mischiata? Una Sinistra che è sempre stata all’opposizione, dalla reale parte di chi subisce soprusi e reclama giustizia? Di chi sposa la causa degli ultimi non perché deve fare propaganda per girare in auto blu e nuotare in pensioni d’oro, ma costantemente, nelle lotte e nelle organizzazioni extraparlamentari o microparlamentari di tutto il Novecento? La Sinistra veramente operaia, quella dell’Autunno Caldo, del Sessantotto, del G8, che organizza, indìce e unisce ancora la protesta, la critica, la spinta rivoluzionaria delle classi subalterne contro gli Squali della finanza e del capitale, e dei loro paraventi politici? Una Sinistra che assume ancora e coerentemente i marxismo per l’analisi delle disuguaglianze di classe e che pratica ancora il leninismo per l’organizzazione e il rafforzamento, fisico e teorico, della lunga marcia dei dannati della terra verso la rivoluzione; verso un’altra società, un altro modo di coltivare e di gestire le risorse tra tutti. Senza più classi che ne sfruttino altre. Senza più classi, semplicemente.
Il Partito Comunista dei Lavoratori è questa Sinistra.
Ai compagni che pensano, invece, che il voto e l’orizzonte “elettoralista” non serva, e che la rivoluzione scoppierà da sé, o che la si coltiva e la si costruisce fuori dalle stanze del palazzo, diciamo che sì, si costruisce anche fuori. Ma non solo.
E che, ahinoi, la controdemocrazia che sta risalendo, vogata dopo vogata, il fiume della Storia in questi anni in Italia per riportarci a livelli di miseria prebellici, bene, questa controdemocrazia, per attuarsi, passa proprio da decreti, riforme, leggi e provvedimenti presi nei palazzi e mediante partiti.

Il Partito Comunista dei Lavoratori vive anche e soprattutto fuori dal voto. Fuori dalla campagna elettorale. Negli scontri operai, nelle proteste studentesche, nelle rivolte antifasciste. Ma da materialista e da marxista qual è, non si arrende e non può arrendersi all’idea feticistica e irrazionale (tutta a vantaggio del nemico) che come si tocca qualcosa che assomigli a una organizzazione partitica (Lenin è col Partito Bolscevico che costruì e vinse la rivoluzione) o che allorquando il piede di un compagno varchi le soglie di un municipio, un comune o un parlamento, per maledizione di qualche strega si trasformi in un nemico del popolo.

Da materialisti e da marxisti diciamo che elezioni, voto, parlamenti, giunte comunali e regionali, sono strumenti di governo e di organizzazione cui il popolo è arrivato passando da un lungo e sacrificato tragitto storico. Sono strumenti di controllo cittadino e di esercizio della politica che ci siamo dati da soli, e che dobbiamo soltanto riprenderci ed utilizzare a nostro favore. Non a nostro svantaggio, come invece succede quando, di questi strumenti, si appropria la parte sbagliata.
Non esiste “il vuoto in politica”. La politica va avanti sempre. Marcia in continuazione e in men che non si dica toglie diritti, taglia tutele, decostruisce pezzo per pezzo tutto ciò che la Storia della lotta popolare contro i vessatori ha messo su.
Votare non solo serve. E’ un dovere. Per difendere quanto i compagni del passato ci hanno portato e per (ripartendo da là e non da secoli e secoli indietro dove vorrebbero portarci i pescecani della borghesia) portare ancora avanti la Storia verso l’ultima lotta di classe che deve compiersi. E che è in noi a gridare le sue ragioni nelle occupazioni, negli scioperi, nelle proteste di ogni giorno in questa città.

La lotta tra il proletariato e la borghesia. La nostra rivoluzione. Il vero comunismo.

Partito Comunista dei Lavoratori - Sezione di Torino

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