Teoria

Gli errori politico-militari del 1923 in Germania

Alcune osservazioni a partire da "L'«Ottobre tedesco del 1923» e il suo fallimento", di Corrado Basile (Edizioni Colibrì)

20 Maggio 2016
ottobre23

Karl Radek pubblicò sulla Pravda del 14 marzo 1923 un articolo dal titolo “Leone Trotsky, l’organizzatore della vittoria”. Una volontà di ferro e la comprensione del “fattore morale della guerra”, per Radek, erano le caratteristiche necessarie di un capo militare rivoluzionario:

1) «Per vincere, era necessario che l’esercito fosse guidato da un uomo con una volontà di ferro, e che quest’uomo avesse non solo la fiducia del partito, ma anche la capacità di soggiogare con questa volontà di ferro il nemico, obbligandolo a servirci. Il compagno Trotsky è riuscito non solamente a sottomettere gli alti ufficiali di professione, fece di più: riuscì a conquistare la fiducia dei migliori esperti militari e li cambiò da nemici della Russia sovietica nei suoi seguaci più profondamente convinti». Fra questi ci fu Mikhail Tukhachevsky, a cui Stalin fece pagare con la morte la sua totale adesione alla rivoluzione socialista mondiale;


2) «Tutti i grandi scrittori militari sottolineano il significato enorme e decisivo del fattore morale della guerra. Metà del libro di Clausewitz è dedicato a tale questione e tutta la nostra vittoria nella guerra civile è dovuta al fatto che Trotsky ha saputo applicare la sua conoscenza del fattore morale della guerra alla nostra realtà».


L’importanza di queste due capacità si manifesta pienamente nella guerra civile rivoluzionaria e in quel suo momento decisivo particolare che è l’insurrezione. La guerra è il campo dell’incerto, del caso e del non previsto (Clausewitz, Della Guerra), nella guerra civile e nell’insurrezione questi tre fattori arrivano allo zenit. Se quelle capacità mancano al capo militare e allo stato maggiore dell’insurrezione, il fallimento o la sconfitta sono garantite. La volontà è un fattore morale della guerra. La volontà è composta e fra i suoi componenti vi sono la fermezza, la perseveranza e la risolutezza: “Per fermezza si designa la resistenza della volontà in rapporto alla violenza di una sola prova; la perseveranza, invece, implica il concetto di durata di tale resistenza… La perseveranza ha bisogno di essere sostenuta maggiormente dal raziocinio, giacché col perdurare di un’attività essa diviene più sistematica, è da ciò che la perseveranza attinge parte della sua forza” (Clausewitz, Della Guerra). L’intelligenza è primaria nella risolutezza: “Questa nasce solo dall’atto dell’intelligenza, che produce la necessità di rischiare, e mediante questa, la volontà. È quest’indirizzo speciale dell’intelligenza – che doma ogni altro timore nell’animo umano, mediante il timore di divenire indecisi ed esitanti – che si sviluppa la risolutezza nelle anime forti”. Il generale prussiano si avvicina al materialismo dialettico, la volontà non è energia indifferenziata il suo contenuto è la consapevolezza di ciò che c’è in gioco. In Germania nel 1923 la posta in gioco era l’avanzata della rivoluzione socialista mondiale in uno dei centri dominanti dell’imperialismo europeo e la fine dell’accerchiamento della Repubblica dei soviet. Ognuno doveva stare al suo posto di combattimento. Il posto di Trotsky era quello di capo militare dell’insurrezione tedesca. Radek scrisse l’articolo a metà marzo del 1923, il 23 agosto alla riunione dell’Ufficio politico del partito russo non sostenne la proposta di Brandler di affidare il comando militare sul campo a Trotsky, come doveva essere. Zinoviev si oppose alla proposta del dirigente tedesco e la commissione militare fu composta da Radek e da altri tre. Radek non fece nessuna opposizione a Zinoviev. Questa è la pasta con cui era fatto Radek, che doveva dirigere un’insurrezione senza possedere nessuna delle qualità che lui stesso riconosceva in Trotsky. Era il passaggio più importante della congiura della burocrazia nemica della rivoluzione socialista mondiale. Stalin nel ’23 parlava come un bullo a Nadezhda Krupskaja. La differenza tra Brandler e Radek è la seguente: il primo, consapevole dei suoi limiti e delle due debolezze era sicuro che sotto la guida diretta di Trotsky sul campo delle operazioni, i suoi limiti li avrebbe superati e dato il meglio di sé; il secondo era uno spirito gregario che, accecato dall’ambizione, accettò un incarico per lui inadatto. Se fosse stato onesto e consapevole di ciò che c’era in ballo, avrebbe dato battaglia contro Zinoviev e sarebbe stato coerente con quanto aveva scritto in “Leone Trotsky, l’organizzatore della vittoria”.






Il fatalismo di molti comunisti occidentali




Nel discorso alla Società delle scienze militari di Mosca (luglio 1924), Trotsky criticava i “molti comunisti occidentali che non si sono mai sbarazzati dalla loro maniera fatalista e passiva di affrontare i principali problemi della rivoluzione… C’è ancora nel partito comunista tedesco una corrente molto forte incline al fatalismo rivoluzionario. La rivoluzione si avvicina, dicono, e porterà con sé l’insurrezione e ci darà il potere. Quanto al partito, il suo ruolo è, in questo momento, quello di fare l’agitazione rivoluzionaria e di attenderne gli effetti. In tali condizioni, porre schiettamente la questione della scadenza dell’insurrezione, significa sradicare dal partito la passività ed il fatalismo, metterlo di fronte ai principali problemi della rivoluzione, in particolare all’organizzazione cosciente dell’insurrezione per cacciare il nemico dal potere”.


Brandler, nella riunione dell’ufficio politico del partito russo, 23 agosto, insieme a Radek, dichiarava di essere contrario alla fissazione della data dell’insurrezione. Il fatalismo rivoluzionario era il prodotto della lunga lotta degli opportunisti contro la rivoluzione, condotta in nome della lotta al blanquismo. Così il piano dell’insurrezione, ciò che il socialismo scientifico eredita dal blanquismo, venne ‘messo in soffitta’. E insieme al piano dell’insurrezione la concezione del partito rivoluzionario: il partito che, quando le masse iniziano a rivoluzionarsi, forza la situazione e crea fatti compiuti irreparabili (Gramsci).


L’effetto del fatalismo rivoluzionario della direzione tedesca fu quello di arrivare al 12 ottobre con lo stato dell’armamento in condizioni catastrofiche (Brandler). Zinoviev il primo ottobre aveva telegrafato alla direzione tedesca l’ordine di armare 50-60 mila uomini e di “ignorare il generale Muller” (Brouè, La Rivoluzione in Germania). L’esercito insurrezionale doveva essere già pronto al momento della costituzione dei governi operai in Sassonia ed in Turingia. I socialdemocratici di sinistra avevano accettato i punti del programma di governo proposti dal partito tedesco che comprendeva l’armamento degli operai e il disarmo delle milizie borghesi. L’armamento di 50-60 mila uomini era la condizione per l’insurrezione vittoriosa, che doveva seguire lo sciopero generale in difesa dei governi operai in Sassonia e Turingia indetto dalla conferenza dei comitati operai della Sassonia, da tenersi il 21 ottobre. Lo stesso giorno in cui Brandler annunciava alla direzione del partito che la situazione dell’armamento era catastrofica, il capo del governo sassone, il socialdemocratico di sinistra Zeigner, dichiarava di voler procedere al disarmo della milizia borghese. Il giorno dopo il generale Muller ordinava la dissoluzione delle centurie.


Da questo momento inizia la tattica di snervamento del generale Muller che porterà al “fiasco” del 21 di ottobre. Il generale Muller comprese dalle dichiarazioni di Zeigner che si trattava di chiacchiere. L’intenzione di disarmare le milizie borghesi non doveva essere dichiarata pubblicamente, il disarmo doveva essere attuato senza preavviso. La sorpresa “non deve consistere nel fatto che si possa piombare all’improvviso sul nemico che dorma. Avvenimenti simili sono eccezionali e non si deve contare su di essi. Ma deve consistere nell’iniziativa, che dà all’attaccante il vantaggio di scegliere il punto d’attacco e di concentrare su di esso il nerbo principale delle sue forze” (Lussu, Teoria dell’insurrezione). Il generale Muller compì a dovere i suoi compiti controrivoluzionari: non doveva essere ignorato come invece ordinò Zinoviev al partito tedesco.





La non difesa dei governi operai in Sassonia ed in Turingia e la concentrazione in un punto della superiorità numerica relativa


I governi operai in Sassonia e in Turingia che ruolo ricoprivano nella lotta di classe in Germania, che era riassunta in una “formula molto semplice: la lotta delle masse proletarie contro i distaccamenti di combattimento dei fascisti (Pierre Brouè, La Rivoluzione Perduta)? I due governi operai non erano altro che “una manovra militare rivoluzionaria intesa a occupare una posizione salda, ad armarsi su una porzione di territorio, in vista dell’ora delle azioni decisive” (Pierre Brouè, La Rivoluzione Perduta. Vita di Trockij). Nel piano tracciato a Mosca i governi operai in Sassonia e in Turingia dovevano essere i bastioni del proletariato rivoluzionario e la classe operaia di tutta la Germania sarebbe stata chiamata all’insurrezione per difenderli. Il punto in cui si era arrivati nella politica del fronte unico in Germania era quella di trasformare la difesa in offesa.


La tattica del fronte unico non è una politica proletaria difensiva in astratto. Viene elaborata in una fase in cui non si poneva immediatamente la presa del potere, in cui la maggioranza classe operaia, pur disponibile a lanciarsi all’attacco rivoluzionario, era sotto il controllo dei partiti socialisti. La tattica del fronte unico era funzionale al contrattacco, fino alla conquista del potere non appena che ne fossero date le condizioni. Detto in termini militari: “Qual è l’idea fondamentale della difesa? Parare un colpo. Qual è la sua caratteristica? Attendere il colpo che si deve parare. E dunque questo il carattere distintivo di ogni azione difensiva. Ma una difensiva assoluta sarebbe in completa contraddizione con l’idea di guerra poiché equivarrebbe a supporre che uno solo degli avversari compia atti di guerra; perciò la difesa non può essere che relativa… Una battaglia è difensiva quando si attende l’attacco e cioè l’apparire del nemico davanti alla posizione del nostro fuoco. Ed infine, una campagna è difensiva, quando si attende il nemico abbia messo piede nel nostro teatro di guerra. In questi casi il concetto complessivo integrale che presiede alla difesa è l’attesa e la reazione” (Clausewitz, Della Guerra).


I governi di Sassonia e Turingia, chiamati “governi di difesa repubblicana e proletaria”, erano “la posizione del fuoco proletario”. Il 10 ottobre nasce il governo in Sassonia, presieduto dal socialdemocratico di sinistra Zeigner, con tre ministri comunisti fra cui Brandler, che con la carica di capo della cancelleria di stato aveva voce in capitolo sul corpo di polizia. Posizione ideale che gli consentiva la conoscenza di tutti i punti deboli per organizzare colpi di mano sulle armerie, cattura di ostaggi etc. etc. Ma il dirigente tedesco, senza la guida di Trotsky sul campo di battaglia, non era in grado di mettere a punto colpi di mano. L’appello all’insurrezione si configurava in termini difensivistici, la chiamata della classe operaia tedesca in difesa dei governi operai. Se nella difesa si aspetta “l’apparire del nemico davanti alla posizione del nostro fuoco”, questo si fece avanti subito, come abbiamo visto prima: il generale Muller chiese il 13 di ottobre lo scioglimento delle centurie e dei comitati d’azione. Se il militare controrivoluzionario avesse avuto bisogno di una conferma ulteriore sull’assenza di virtù militari rivoluzionarie nel governo di difesa repubblicana e proletaria della Sassonia, la risposta di quest’ultimo a Muller confermava la completa assenza di quelle: “il governo Zeigner protesta vigorosamente contro l’interdizione delle centurie proletarie di cui garantisce la lealtà alla costituzione” (Pierre Brouè, La Rivoluzione tedesca). La tattica della pressione proseguì fino alle manovre della Reichswehr [esercito tedesco, ndr] che dal 19 al 21 di ottobre invase la Sassonia. Al nemico di classe si era offerta l’occasione di realizzare la superiorità numerica nel bastione del proletariato rivoluzionario.




Sino al momento dell’invasione, il vantaggio della superiorità numerica relativa in Sassonia l’aveva il proletariato rivoluzionario, con il vantaggio di avere un governo operaio. Il piano elaborato a Mosca prevedeva l’appello all’insurrezione qualora i governi operai fossero stati attaccati. La fissazione della data dell’insurrezione doveva essere fissata in relazione al rapporto di tempo tra la nascita dei governi operai e la risposta militare controrivoluzionaria: “Il piano dell’insurrezione darà l’orientamento sul tempo ed sul luogo. Si terrà conto in modo minuzioso di tutti i fattori e di tutti gli elementi dell’insurrezione, si avrà il colpo d’occhio giusto per determinare le loro dinamiche, per definire la distanza che l’avanguardia rivoluzionaria deve mantenere tra essa e la classe operaia per non rimanere isolata e allo stesso tempo si deciderà per il salto decisivo. La fissazione della data è uno degli elementi necessari di questo orientamento. Essa sarà fissata in anticipo, non appena la situazione mostri chiaramente gli indizi del tempo maturo per scatenare l’insurrezione” (Trotsky, I problemi della guerra civile, luglio 1924). Cos’è il “colpo d’occhio” menzionato da Trotsky? Nella lotta contro l’incerto e il non previsto, che nell’insurrezione sono in grado nettamente superiore a quelli nella guerra fra eserciti regolari, si esce vincitori, secondo Clausewitz, se si è in possesso di due qualità: “un’intelligenza che, anche in mezzo all’oscurità intensa che la circonda, conservi una luce interna sufficiente a condurla al vero, ed il coraggio di seguire questa debole luce. La prima di tali qualità è stata designata con l’espressione francese ‘coup d’oeil’, la seconda con la parola ‘risolutezza’. [Il primo] null’altro significa se non la percezione pronta di una verità che non riesce evidente alla comune veduta dello spirito o che non potrebbe divenire evidente se non in seguito a considerazioni e riflessioni prolungate” (Della Guerra). Cosa intenda Clausewitz per ‘risolutezza’ lo abbiamo esposto all’inizio di questa nota. Radek si trovò al posto sbagliato spinto da una sterile ambizione.




Per il socialismo scientifico i principi dell’insurrezione sono due: la superiorità numerica e la necessità dell’offensiva: “l’insurrezione è un calcolo con grandi incognite, che possono cambiare di valore ogni giorno; le forze contro cui dovete lottare hanno tutti i vantaggi dell’organizzazione, della disciplina e dell’autorità abituale, e a meno che le possiate contrapporre forze molto superiori, siete battuti e rovinati. In secondo luogo una volta cominciata l’insurrezione, bisogna agire con la massima determinatezza e pigliare l’offensiva. La difensiva è la morte di ogni moto armato; è perduto prima di misurarsi col nemico. Sorprendete gli avversari mentre le loro forze sono disseminate di qua e di là… tirate a voi gli elementi vacillanti che seguono sempre l’impulso più forte e mirano sempre a star dal lato più sicuro; costringete il nemico a ritirarsi prima di poter raccogliere le sue forze contro di voi” (Engels, Rivoluzione e controrivoluzione in Germania). La superiorità numerica di cui scrive Engels non è assoluta ma relativa. Questo principio Engels lo ha appreso da Clausewitz e quest’ultimo dalla strategia militare rivoluzionaria di Napoleone Bonaparte. Clausewitz tratta di questo principio nell’ottavo capitolo di Della Guerra, intitolato La preponderanza numerica: “La superiorità numerica relativa, e cioè l’abile concentrazione di forze preponderanti sul punto decisivo, ha avuto ben più spesso origine nel giusto apprezzamento di tali punti e nella direzione più opportuna, che in conseguenza di questo apprezzamento le forze ricevono fin dall’inizio, nello spirito di decisione necessario per negligere gli interessi secondari in favore dello scopo principale e cioè nel mantenere le proprie forze concentrate in modo preponderante…Crediamo di aver assegnato alla superiorità del numero l’importanza che le è dovuta: essa deve essere essenziale e si deve ricercarla sempre nei limiti dei mezzi esistenti”. È Napoleone Bonaparte ad aver fatto della superiorità numerica relativa il perno della sua strategia e la causa delle vittorie dell’Armée révolutionnaire. In un conservazione con il generale Moreau, Napoleone espone sinteticamente e con efficacia quel principio: “Quando, con forze inferiori, io ero in presenza di una grande armata, concentravo con rapidità tutta la mia armata e cadevo come un fulmine su una delle ali nemiche, e la schiacciavo. Profittavo, in seguito, del disordine che questa manovra non mancava mai di produrre nell’armata nemica, per attaccarla in un’altra parte, sempre con tutte le mie forze. Io la battevo, così, in dettaglio, e la vittoria, che era il risultato, costituiva sempre, voi vedete, il trionfo del gran numero sul più piccolo” (Lussu, Teoria dell’insurrezione). Storicamente le insurrezioni sono avvenute dove la concentrazione delle forze era massima.




L’unica insurrezione dell’ottobre tedesco fu quella di Amburgo (23-25 ottobre 1923). Secondo Lussu le formazioni scelte di combattimento del partito comunista, le Ordnedienst-O.D. “costituivano i migliori reparti che potesse mai organizzare la classe operaia. La loro preparazione militare era perfetta e può solo paragonarsi a quella dello Schutzbund austriaco (1). Esse possedevano disciplina, spirito rivoluzionario in sommo grado e la conoscenza di quello che è la battaglia di strada…Il loro coraggio e le loro capacità costituivano un fattore eccezionale di successo”. Nel piano insurrezionale l’obiettivo principale era il disarmo della polizia, al momento non c’erano unità dell’esercito. I numeri che riporta Lussu sono: cinquemila poliziotti armati di pistole, fucili automatici, mitragliatrici e sei autoblindo, suddivisi in venti commissariati. Le sei autoblindo si trovavano in un commissariato accanto al principale quartiere operaio di Amburgo, con seicento poliziotti, “il centro della potenza nemica erano precisamente queste 6 autoblindate e il loro presidio. Gli insorti comprendevano 1300 combattenti comunisti e settecento combattenti delle centurie. La superiorità numerica era quella della polizia, “occorreva, ad un dato momento e in un dato punto, ottenere la superiorità numerica. Bisognava, insomma creare il numero napoleonico” (Lussu).




Una delle condizioni generali favorevoli alla vittoria dell’insurrezione era lo stato dell’esercito e della polizia. Per Trotsky i centomila soldati della repubblica erano troppo pochi rispetto ad una popolazione di 50 milioni “sparsi in tutto il paese e quando questo paese esploderà, questi centomila soldati..si sentiranno come animali in trappola... La polizia nella maggior parte dei casi è composta da lavoratori che sono organizzati nei sindacati socialdemocratici… A Berlino i poliziotti sono tutti socialisti. Si può fare questa ipotesi: un terzo, diciamo in Baviera, sarà contro di noi, un terzo sarà neutrale, e il resto combatterà al nostro fianco” (discorso al congresso del sindacato dei trasporti del 20 ottobre 1923). Il vero e proprio esercito della controrivoluzione erano “i due-trecentomila uomini dei battaglioni fascisti guidati da ufficiali dello stato maggiore che…sanno manovrare un battaglione da un capo all’altro del paese per schiacciare i lavoratori e privarli dei loro capi” (Trotsky).




Per Lussu dato che il centro del nemico era la caserma con le autoblindo, bisognava attaccarla con superiorità numerica relativa: concentrare i 1300 combattenti delle formazioni comuniste contro i seicento poliziotti. “Inferiori di numero di fronte a 5.000 uomini di polizia, gl’insorti acquistavano la superiorità numerica nel punto essenziale dell’attacco. Questa superiorità relativa diventava subito assoluta con le armi e con la partecipazione della maggioranza della classe operaia. Ai dirigenti dell’insurrezione d’Amburgo sono stati attribuiti molti errori, ma l’errore capitale è uno solo. Limitatamente alla situazione locale, beninteso, e all’azione militare. Gli altri errori sono estranei sono estranei alla questione che presentemente ci interessa”. Quasi ventimila uomini combatterono ad Amburgo, se si è perso è perché il piano era sbagliato: le forze furono ripartite per attaccare contemporaneamente i commissariati. “Secondo il loro straordinario modo di vedere, le caserme delle autoblindate, si sarebbero dovute occupare dopo, con tutte le forze riunite provenienti dall’azione dei commissariati” (Lussu). Non si va all’attacco del centro dove il nemico è più forte, dopo aver attaccato obiettivi minori e quindi con perdite. Le autoblindo attaccarono e l’insurrezione ripiegò sulle barricate in posizione difensiva senza opportunità di controffensiva.


L’antidoto alle ‘oscillazioni’ della direzione del partito tedesco, non poteva essere Radek che non solo non era in grado di farle smettere, ma lui stesso fu un fattore delle ‘oscillazioni’ . Zinoviev, da Mosca con l’ordine di “ignorare Muller”, ci ha messo del suo. Quell’ordine significava non rispondere immediatamente al generale e lasciarlo fare e così fu.


L’iniziativa militare doveva essere presa non appena Muller reagì ai propositi di Zeigner di armamento delle centurie e di disarmo delle milizie. Questo era il caso empirico in cui si concretizzava l’iniziativa prevista nel piano insurrezionale deciso a Mosca, riassunto efficacemente dallo stesso Radek alla fine di settembre: “Il proletariato prende l’iniziativa in Sassonia, a partire dalla difesa dei governi operai nei quali noi entreremo, si tenterà in Sassonia di utilizzare il potere dello Stato per armarsi e per costruire in questa piccola provincia proletaria della Germania centrale, un muro tra la controrivoluzione bavarese e il fascismo del nord. Nello stesso tempo, in tutto il Reich, il partito s’impegna a mobilitare le masse” (Brouè, La rivoluzione in Germania). La parola d’ordine della difesa dei governi di “difesa repubblicana e proletaria” era, pienamente, adeguata alla coscienza degli operai combattivi ancora influenzati dalla socialdemocrazia. Avrebbero combattuto, almeno inizialmente, convinti di difendere solamente i due governi operai, ma poi si sarebbero battuti per la dittatura rivoluzionaria del proletariato, questo era scritto nella dinamica della guerra civile. I bolscevichi conquistarono la maggioranza degli operai, perché da questi ultimi furono considerati i migliori combattenti contro Kornilov.


I giorni che seguirono immediatamente alla dichiarazione di Zeigner di voler disarmare la milizia borghese e l’armamento delle centurie furono quel momento in cui “la situazione arriva ad una situazione estrema. Lo squilibrio è completo: una palla sulla punta di un cono. Il minimo shock può farla cadere da un momento all’altro. In Russia, grazie alla fermezza ed alla risoluzione della direzione del partito, la palla ha seguito la linea che ha portato alla vittoria. In Germania, la politica del partito ha spinto la palla nella direzione opposta” (Trotsky, I problemi della guerra civile). La conquista del potere in Germania doveva avvenire con una legittimazione differente dall’insurrezione dell’Ottobre russo, ma ciò che non comprendevano i compagni tedeschi è che il potere agli organismi consiliari della classe deve essere dato dopo la vittoria dell’insurrezione e questo è un’ insegnamento universale della rivoluzione russa. Il 25 di ottobre del 1917, quando “i preparativi per la conquista dell’ultimo bastione rimasto al governo provvisorio in tutta la capitale furono messi a punto, Lenin, in un’ala dello stesso Smolny, cominciò a tener d’occhio costantemente il suo orologio, con l’evidente ansia che il regime di Kerensky venisse totalmente tolto di mezzo prima dell’apertura ormai imminente del Congresso panrusso dei soviet. Verso le dieci del mattino egli preparò lo storico manifesto Ai cittadini di Russi. La fondamentale importanza annessa da Lenin alla esigenza di porre i delegati del congresso che stava per iniziare i lavori di fronte al fatto compiuto – per quanto riguardava la creazione di un governo dei soviet – è chiaramente testimoniata dalla immediata pubblicazione di questo proclama e la sua diffusione attraverso l’intera rete telegrafica del paese, ancor prima che il Comitato militare rivoluzionario avesse terminato di predisporre il piano strategico per la conquista del palazzo d’inverno” (Rabinowitch, I bolscevichi al potere). Trotsky questa lezione della rivoluzione russa la espone come principio universale:


“Dal momento che nelle principali città e regioni del paese i soviet sono in via d’organizzazione sotto la direzione del partito, ne segue naturalmente che s’impone la convocazione di un congresso nazionale dei soviet. Ma prima che si tenga, possono trascorrere tre o quattro settimane. Ora è evidente anche che in una tale situazione il congresso dei soviet non può, a meno di esporsi alla repressione, che consacrare la presa del potere. Detto altrimenti, il potere di fatto deve essere nelle mani del proletariato al momento della riunione del congresso” (I problemi della guerra civile).




Materialmente, il potere lo conquista il Comitato militare rivoluzionario per consegnarlo agli organismi del potere proletario. Il Comitato militare rivoluzionario è il braccio armato del partito e non bisogna sbagliare sugli uomini che ne devono far parte: “ci sono delle epoche in cui neppure dei Marx e degli Engels possono far progredire di un pollice lo sviluppo storico; ce ne sono altre, in cui uomini di levatura ben minore, stando al timone, possono ritardare per molti anni lo sviluppo della rivoluzione internazionale” (Trotsky, La III Internazionale dopo Lenin). Questa è la principale lezione della mancata insurrezione tedesca dell’ottobre del 1923.






L’abbaglio della “linea Schlageter”





Per il socialismo scientifico le uniche guerre nazionali rivoluzionarie nell’epoca dell’agonia del capitalismo sono quelle dei popoli contro l’oppressione e la dominazione dei paesi imperialisti dominanti. Lenin criticava Rosa Luxemburg che negava la possibilità di guerre nazionali rivoluzionarie nell’epoca dell’imperialismo:




negare ogni possibilità di guerre nazionali sotto l’imperialismo, è teoricamente falso; storicamente è un errore evidente; praticamente equivale allo sciovinismo europeo”.




Radek e gli altri sostenitori della “linea Schlageter”, commisero l’errore opposto a quello di Rosa Luxemburg. L’occupazione della Ruhr da parte delle truppe dell’imperialismo francese e belga e l’ondata di nazionalismo piccolo borghese che ne conseguì li indusse a vedere “gli interessi rivoluzionari della nazione tedesca che sono adesso la stessa cosa degli interessi nazionali rivoluzionari del proletariato”. L’idealismo è evidente: la “nazione tedesca” viene considerata un’entità a sé, separata dagli esistenti rapporti sociali del capitalismo nell’epoca dell’agonia.



La “linea Schlageter” non è una proposta di politica di fronte unico con il movimento nazionalista tedesco. È invece una proposta di tattica politica per sottrarre gli elementi piccolo borghesi in via di proletarizzazione alla direzione degli intellettuali della “rivoluzione conservatrice”, dei nazisti e delle altre formazioni di estrema destra. Come ha scritto Corrado Basile, era una tattica volta a “destabilizzare i ranghi dell’estrema destra” (L’«ottobre tedesco» del 1923 e il suo fallimento). Il discorso di Radek al plenum del Comitato esecutivo dell'Internazionale Comunista, giugno 1923, è l’esposizione chiara di questa tattica:


Ma noi crediamo che la grande maggioranza delle masse sensibili alla problematica nazionale non appartenga al campo del capitale, ma a quello dei lavoratori. Noi vogliamo trovare, e lo troveremo, il percorso di queste masse. Faremo tutto quanto in nostro potere per rendere gli uomini come Schlageter, che sono andati a morire per una causa comune, non vagabondi del nulla, ma erranti in un futuro migliore per tutta l’umanità; affinché essi non debbano versare il loro caldo, disinteressato sangue per il profitto dei baroni del carbone e del ferro, ma per la causa del grande popolo dei lavoratori tedeschi, che è un membro della famiglia dei popoli che lottano per la loro emancipazione”. Il punto è il seguente: la tattica per “destabilizzare i ranghi dell'estrema destra”, partecipando ai “raduni nazionalistici” e invitando” i nazionalisti tedeschi alle proprie iniziative pubbliche di propaganda” (Corrado Basile) quale utilità aveva per la preparazione della classe operaia tedesca all’insurrezione e alla guerra civile rivoluzionaria? All’ordine del giorno c’era l’alleanza politico-militare con i settori più combattivi della classe operaia influenzati dalla socialdemocrazia e questa era la condizione principale per poter pianificare l’insurrezione.


Il fascismo conquistò e mobilitò la piccola borghesia contro la classe operaia solo perché il Partito Socialista Italiano tradì il movimento rivoluzionario del 1919-1920. La piccola borghesia devastata ed in via di proletarizzazione poteva e può essere conquistata alla rivoluzione solo dalla forza e dalla determinazione del partito operaio. La piccola borghesia aderì al fascismo non perché questo seppe interpretare al meglio il “sentimento nazionale” ma perché i fascisti le apparvero più forti del proletariato rivoluzionario. La piccola borghesia disgustata dalla direzione del PSI venne sedotta dai fascisti che le fecero credere di essere loro quei capi che l’avrebbero liberata dal “giogo degli antichi padroni e dirigenti della società” (Trotsky, La sola via). La piccola borghesia ha concluso la sua epoca rivoluzionaria con la Rivoluzione francese e di conseguenza non può più essere in grado di avere un’iniziativa politica progressiva indipendente: La piccola borghesia ha bisogno di un 'capo' che le ispiri fiducia. Questo capo individuale o collettivo, che può essere cioè una personalità o un partito le può essere dato da una o dall'altra delle due classi fondamentali, dalla grande borghesia o dal proletariato. (Trotsky, Dove va la Francia?).




L’unico modo per strappare la plebe piccolo-borghese dalle mani dei fascisti e dello stato maggiore era la “manovra militare rivoluzionaria” dei bastioni operai in Sassonia ed in Turingia. Se questa fosse riuscita la piccola borghesia avrebbe visto nel proletariato rivoluzionario il “nuovo padrone” (Trotsky, La sola via). Se la “manovra militare rivoluzionaria” fosse riuscita, la piccola borghesia avrebbe visto come i governi operai trattavano i loro nemici più odiati, i banchieri. Se la “manovra militare rivoluzionaria” fosse riuscita l’imperialismo francese invasore sarebbe andato in soccorso del grande capitale tedesco e dello stato maggiore dell’esercito. Il partito comunista francese in questo contesto non avrebbe avuto alcuna difficoltà a mobilitare la classe operaia francese in solidarietà con la rivoluzione tedesca e contro il proprio governo. Se la “manovra militare rivoluzionaria” avesse avuto successo tutta la classe operaia europea sarebbe passata al contrattacco, facendo saltare il Trattato di Versailles. Non è l’operaismo del partito comunista tedesco che portò al “fiasco”, ma il “fatalismo rivoluzionario”.






Note




1) Organizzazione armata del proletariato austriaco, Republikanischer Schutzbund, legata a Partito socialista operaio, nata nel 1921. Per dare un’idea dell’armamento di quest’organizzazione, i governi austriaci dal 1921 al 1934 riuscirono a sequestrare oltre trecento mitragliatrici, “la più grande organizzazione armata che il proletariato si sia mai potuto creare, in regime borghese” (Lussu). Questa disponibilità d’armi era dovuta allo sfascio dell’impero imperiale e che i proletari ex soldati avevano messo da parte le armi che si trovavano nei depositi militari abbandonati. Ancora nel febbraio 1934, l’anno della seconda sconfitta della classe operaia austriaca, lo Schutzbund aveva 90 mila uomini, di cui 40 mila nella sola Vienna (Lussu).




Gian Franco Camboni

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