Dalle sezioni del PCL
1° Maggio a Genova. Gli anticapitalisti infastidiscono le burocrazie.
il PCL nello spezzone per un primo maggio anticapitalista e di lotta
1 Maggio 2016
La fallita passerella dei confederali e la prova di forza di Lotta Comunista: Una lotta intestina tra burocrati e opportunisti.
Il PCL in piazza per una lotta che abbia come prospettiva il potere dei lavoratori e delle lavoratrici e la fine del capitalismo.
Nella giornata del Primo Maggio a Genova i sindacati confederali hanno lanciato la manifestazione nazionale con tanto di passerella dei burocrati delle tre maggiori sigle concertative.
Il primo dato della giornata che si mette in mostra è il chiaro fallimento di CGIL, CISL e UIL, che lungo il percorso di una sola via, Via XX Settembre, riescono a portare in piazza poche migliaia di lavoratori, evidenziando la poca credibilità delle politiche di svendita e atomizzazione delle lotte, che stanno portando a infinite liste di cassintegrazioni, licenziamenti, chiusure di stabilimenti e privatizzazione dei servizi pubblici.
Il secondo dato è la riuscita prova di forza imposta da Lotta Comunista ai vertici sindacali nazionali della CGIL. L'investimento di forze e energie, ormai divenuto un rituale autocelebrativo e ipocrita, ha messo in mostra come l'organizzazione filo-camussiana sia egemonica nella città della Lanterna entro il maggior sindacato confederale. Una prova di forza ben poco credibile, considerato che la stessa Lotta Comunista, da sempre, si allinea alle politiche di isolamento delle varie vertenze e di annichilimento della forza dei lavoratori, accompagnati dai loro sindacalisti alla firma di una serie di accordi a perdere e cedimenti, come nel caso della lotta dei lavoratori ILVA.
Il nostro partito si è unito allo spezzone per un primo maggio anticapitalista e di lotta, composto da militanti, lavoratori e studenti classisti di organizzazioni come Genova City Strike, Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali, Collettivo Studentesco Rivoluzionario, Clash e Sinistra Anticapitalista. Questo spezzone si è distinto dal resto del corteo per la volontà di esprimere una combattività e una sostanza rivoluzionaria, che si ponga come obiettivo l'unità di tutti i lavoratori contro il padronato, i loro partiti di governo e contro le burocrazie in svendita. Con slogan classisti e nel nome del potere dei lavoratori, all'arrivo in Piazza De Ferrari, lo spezzone ha dato vita ad una cortina di fumogeni per sancire la contestazione ai discorsi dei leader sindacali che si sarebbero susseguiti sul palco, di fronte ad una platea che a stento riempiva la piazza.
Questo gesto ha scatenato l'ira del servizio d'ordine di Lotta Comunista, che si è vista costretta a ridimensionare e vedere rovinata la propria entrata in pompa magna nella piazza, durante la fallita manovra di superamento dello spezzone in questione. Con minacce, insulti e qualche attimo di tensione Lotta Comunista ha poi completato il suo ingresso nella piazza per applaudire tanto la Camusso quanto i propri leader sul palco.
Oggi più che mai, si mostra sempre più necessaria una lotta che lasci definitivamente da parte le iniziative commemorative per dare vita a lotte unitarie capaci di arrivare ad un vero e proprio sciopero generale ad oltranza, con l'occupazione delle fabbriche e dei luoghi di lavoro in mano a padroni che vogliono delocalizzare, licenziare e che devastano l'ambiente e la salute di lavoratori e cittadini, come nel caso della marea di petrolio provocata dalla IPLOM. La lezione del proletariato francese che in questi giorni sta dando vita ad una lotta senza quartiere al Jobs Act d'oltralpe dovrebbe bastare a mettere in mostra la remissività delle burocrazie sindacali italiane.
Oggi, come ogni volta, il nostro partito ha dimostrato di saper mantenere la propria coerenza dietro la rivendicazione delle nazionalizzazioni senza indennizzo per i padroni e per il controllo dei lavoratori sulla produzione, per una lotta di classe che sappia rispondere all'arroganza del padronato e dei governi con la massima unità dei lavoratori e delle lavoratrici, senza differenze di nazionalità, sesso, genere, etnia o religione.
Oggi più che mai, l'unica prospettiva reale che non si traduca nell'ennesimo tradimento o in una nuova illusione, rimane la via della rivoluzione comunista per un governo dei lavoratori e delle lavoratrici, che sappia porre fine al dominio del capitale e della borghesia. Una prospettiva per cui non bastano le parole di chi, al di là dei palchi e dei discorsi, continua a perpretare prassi sindacali e politiche funzionali alla sterilizzazione di qualsiasi resistenza e di ogni lotta dei proletari.