Dalle sezioni del PCL
Un programma rivoluzionario alle elezioni amministrative di Savona
Le ragioni della nostra presenza: questo non è solamente solo un voto comunale!
29 Aprile 2016
La nostra presenza è necessaria.
Siamo una lista di lotta! Siamo un partito di lavoratori, pensionati, casalinghe, precari, disoccupati, giovani, italiani e immigrati, impegnati per una politica popolare, una vera Rivoluzione.
Ci presentiamo contro centro-destra e centro-sinistra proponendo un programma di rottura radicale con le precedenti amministrazioni che, qui a Savona negli ultimi trent’anni, hanno saccheggiato territorio e risorse pubbliche.
I punti centrali della nostra proposta sono: Casa, Lavoro, Servizi Sociali ed Ambiente, in opposizione dunque a lobby e comitati d’affari che hanno difeso con la complicità della classe politica savonese interessi privati milionari e grandi privilegi, nascondendosi spesso dietro il trucco delle liste civiche.
Chiunque abbia governato a Palazzo Sisto ha fatto politiche che hanno colpito occupazione, ambiente, salute, con l'appoggio scandaloso della cosiddetta “sinistra radicale” di SEL e Rifondazione, dimenticando l'emergenza abitativa, seppellendo di debiti verso le banche la Comunità Savonese.
Da un lato dunque i poteri forti, nazionalmente e localmente (Istituti di Credito, Clero Vaticano, Confindustria), e dall’altra noi tutti, (lavoratori, disoccupati e precari).
Questa è la sfida che ci ha visto presenti in questi anni per sostenere le ragioni degli operai nelle fabbriche (Tirreno Power, Piaggio, Bombardier), rivendicando il diritto al lavoro, alla salute, all'ambiente (esigenze primarie non in contrapposizione tra loro ma facenti parte di un'unica necessità vitale), oppure quelle degli sfrattati e dei discriminati.
Non vogliamo più vivere in una città in cui i giovani non hanno prospettive di lavoro, in cui le famiglie non riescono a fare fronte agli affitti, in cui curarsi è diventato un lusso, e in cui forze fasciste vogliono mettere nuovamente radici.
Parallelamente è necessario respingere le sirene di Grillo, che altro non sono che l’ennesima proposta filo-capitalista con cui si colpiscono i lavoratori (contrapponendo al lavoro e alla sua difesa l’elemosina del reddito di cittadinanza o chiedendo l'abolizione del sindacato in quanto tale) e proponendo contestualmente una inquietante democrazia plebiscitaria via internet.
La nostra proposta è dunque marxista e rivoluzionaria, anticapitalista, quindi antifascista.
Aboliamo il debito di Savona verso le banche, diamo una casa e un lavoro a chi è colpito dalla crisi, riportiamo sotto controllo popolare le fabbriche che licenziano o inquinano ed aboliamo le sovvenzioni a scuole e cliniche private per una Sanità e un'Istruzione interamente pubbliche.
Ai cittadini savonesi proponiamo un programma di lotta:
contro tagli e privatizzazioni
per un sistema di aziende e servizi pubblici sotto il controllo democratico di chi lavora
per la difesa di lavoro, ambiente e salute
per un sistema di ammortizzatori sociali e sussidi di disoccupazione mirati alla redistribuzione del lavoro e alla piena occupazione
per una scuola pubblica gratuita, laica e democratica
per il diritto alla casa
Con la nostra lista, il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) partecipa alle elezioni comunali di Savona proponendo una svolta politica che sia appunto totalmente alternativa al Centro Sinistra (e a chi l'ha fino ad oggi sostenuto), al Centro Destra e al Movimento 5 Stelle, gestori e succubi dei processi decisionali borghesi.
La proposta politica portata dalla nostra lista e dal Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) risponde alle aspettative dei lavoratori e delle lavoratrici, dei cittadini savonesi, degli immigrati, dei giovani, dei precari, dei disoccupati, schierandosi contro gli interessi della borghesia e di quei poteri occulti o palesi che hanno gestito fino ad oggi la nostra città (Finanza, Confindustria, Clero).
I nostri obiettivi sono: lottare contro il voto clientelare, contro ogni forma di speculazione edilizia, contro clan, lobby e comitati di affari che hanno da sempre saccheggiato risorse pubbliche e territorio; lottare per restituire ai savonesi i servizi sociali sottratti, creando i presupposti e le condizioni necessarie a che la città di Savona ritorni, rigenerata in termini di lavoro, ambiente e salute, ai cittadini.
Il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) si presenta alle prossime amministrative con il proprio simbolo, rivendicando la rappresentanza degli ideali che portarono, 95 anni fa, alla nascita del Partito Comunista d’Italia, orgoglioso oggi più che mai in maniera trasparente delle proprie origini e radici, per contrastare i politici di ogni schieramento i cui referenti nazionali sono quei Parlamentari responsabili dell’approvazione dei tagli alla spesa pubblica, del jobs act, del fiscal compact, della riforma pensionistica, i cui nefasti effetti hanno colpito inevitabilmente anche Savona e i Savonesi.
Per rompere col passato, cacciare questa fallimentare classe dirigente e trasformare Savona, chiediamo l'impegno di tutti, perché ciò che offriamo si chiama onestà, sviluppo e una autentica idea di comunità rivoluzionata in difesa di lavoratori, disoccupati, anziani e giovani.
Riteniamo che la competizione elettorale possa dare visibilità e voce ad una proposta rivoluzionaria e classista, favorendo l’aggregazione attorno ad essa degli strati più coscienti dei lavoratori e dei giovani che permetta la ripresa della lotta indispensabile all’emancipazione del movimento operaio, questa è la ragione della nostra presenza.
A differenza di ogni altra forza politica, il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) non è mai stato a caccia di assessorati, poltrone e denaro elargiti, come compenso, da quei partiti responsabili delle scelte governative nazionali e locali. Il PCL non ha altro interesse da difendere se non quello della classe lavoratrice, non “facciamo politica per prendere voti”, ma chiediamo voti “per una diversa politica”: una politica intransigente per la difesa del lavoro, della salute, dell'ambiente.
Il nostro è l'unico partito della sinistra italiana a non aver mai tradito i lavoratori, a non aver mai votato, in Parlamento missioni di guerra, sacrifici sociali o sostegni economici a potentati finanziari, industriali e confessionali. Il Partito Comunista dei lavoratori (PCL) non ha mai votato, in Regioni, Province e Comuni tagli alla sanità, privatizzazioni dei trasporti, rincari delle tariffe tickets sulla sanità o quanto danneggia la classe proletaria che rappresenta.
Siamo stati, e saremo sempre, dalla parte delle classi subalterne contro quelle dominanti, così come siamo contro i governi nazionali o le giunti locali espressioni politiche di queste classi.
I lavoratori e la sinistra possono tornare a vincere ribaltando i rapporti di forza e gli equilibri attuali, proponendo un approccio rivoluzionario alla risoluzione dei poblemi posti in maniera dirompente dall’attuale crisi sistemica del Capitalismo. La sinistra, in questa fase storica, non ha perso perché “troppo divisa”; ha perso perché ha cessato di essere tale, ha cessato di “essere sinistra” e sinistra rivoluzionaria. La cronaca politica attuale ci dimostra che tutte le cosiddette sinistre radicali presenti sulla scena politica sono state o sono oggi unite, in tutta Italia ed al di là delle diverse sigle con le quali si presentano, nelle giunte di centro sinistra a far da stampella al PD ed al suo sistema di potere, approvando tagli alle spese sociali, ai trasporti, alla sanità, all’istruzione, ai servizi, per conservare privilegi e profitti di una minoranza di parassiti.
C'è bisogno finalmente di una sinistra vera: di una sinistra che non tradisca.
Solo la sinistra rivoluzionaria può unire le classi proletarie, operai, precari e disoccupati contro il l’antagonista di classe: il Capitalismo industriale e finanziario. Solo la sinistra rivoluzionaria può contrastare a livello nazionale, ed a livello locale, le menzogne e le messe in scena dei partiti dominanti, impedendo che, con pesanti ricatti occupazionali, si dividano i lavoratori, contrapponendo vigliaccamente “lavoro” contro “salute e ambiente”, a solo vantaggio di chi ha sempre speculato arricchendosi sulla pelle delle classi sfruttate.
La via proposta dal Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) è certamente lunga, difficile, piena di lotte e sacrifici, ma è l’unica strada che porta all’emancipazione delle classi subalterne.
È la scelta di intraprendere un percorso che si propone di rovesciare questo stato di cose, di rifiutare la logica fin qui proposta dai governi borghesi, siano essi di centro destra o centro sinistra, che il pagamento del pesante pedaggio derivante dalle contraddizioni capitaliste ricada sempre sulle spalle delle classi lavoratrici.
È la strada del rifiuto ai tagli dei diritti acquisiti con lotte che hanno già provocato sacrifici personali e sociali, è la strada del rifiuto dell’attacco allo stato sociale che tutela i soggetti più deboli quali donne, giovani, immigrati, anziani, senza casa, malati, disoccupati o sottoccupati.
È ora di dire basta! Non può esserci una reale alternativa a sacrifici infiniti e sottomissione eterna, se non rovesciando questa logica, sfidando apertamente, anche nei territori e nei Comuni, la dittatura del capitale, contrapponendo ad essa gli interessi del mondo del lavoro e della maggioranza della società.
Oggi più che mai riteniamo sia giunto il momento di essere presenti, come organizzazione politica, in ogni lotta e in ogni occasione di lotta. La nostra presenza in questa competizione politica è solo un momento del nostro lavoro, attraverso il quale ci rivolgiamo a coloro per cui lottiamo, invitandoli ad unirsi alla nostra battaglia, facendo fronte comune sugli obbiettivi che l’analisi della fase storica ha individuato. Un nostro eletto, in qualsiasi sede istituzionale, a partire dal nostro Comune, non sarebbe solo un rappresentante delle classi proletarie ma un momento di questa battaglia, un riferimento certo per l’azione strategica anticapitalista.
A chi ritiene che il ribaltamento del modello di sviluppo sia impossibile, perché c'è la crisi, perché le risorse sono poche, perché il Comune ha competenze limitate, perché non si può che obbedire a leggi esistenti, rispondiamo: proprio la subordinazione e l'accettazione di questa logica, ha permesso la sconfitta drammatica del mondo del lavoro di questi ultimi decenni. Noi rifiutiamo questa cultura, questa sindrome di sconfitta peraltro propagandata dai media di regime. La nostra logica non è quella di gestire l'esistente, di cercare di accomodare per quanto possibile quel che c'è, di spostare di qualche millimetro, a favore delle classi subalterne, i paletti imposti dal capitalismo, ma rompere le leggi che governano questa società, rovesciando i rapporti di forza tra le classi sociali proponendo un nuovo e rivoluzionario modello di sviluppo..
La nostra azione politica non è quella della rassegnazione, ma è quella della rivolta.
Il programma “elettorale” del Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) è poco elettorale ma molto rivoluzionario. Non si limita ad elencare i buoni propositi del nostro candidato Sindaco, ma propone e chiama alla lotta le classi lavoratrici in continuità con l’impegno ed il sostegno che costantemente mettiamo in atto a fianco dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati, dei senza casa, degli anziani, contrapponendo al sistema attuale (parimenti gestito da Amministrazioni di centro sinistra o centro destra), quelle proposte alternative rivolte al soddisfacimento dei bisogni sociali delle masse, ridistribuendo la ricchezza prodotta a vantaggio della comunità.
L’opposizione risoluta alle forze politiche che finora, nel comprensorio savonese, hanno retto e gestito il potere, sarà il nostro costante impegno.
Il Partito Comunista del Lavoratori (PCL) avanza l’unica proposta di radicale cambiamento della società individuando l’obbiettivo primario nella lotta, al fianco del proletariato, per il superamento dello sviluppo capitalista, consapevole che qualsiasi proposta diversa non sarà in grado di attuare quell’inversione di direzione necessaria all’abbattimento della dittatura del capitale e della finanza responsabile della crisi economica attuale.
Il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) sostiene tutte le lotte contro i licenziamenti, la precarizzazione, gli attacchi al mondo del lavoro, la distruzione dell'ambiente, i continui tagli alla sanità, all’istruzione, alla ricerca, proponendo un nuovo modello di sviluppo dove la gestione politica ed economica della società sia saldamente in mano ai lavoratori, attraverso nuove strutture organizzative politiche ed economiche, alternative al capitalismo finanziario ed industriale dominante, responsabile dei danni ambientali politici ed economici prodotti.
In questo senso avanziamo un programma di rivendicazioni radicali, tanto radicali quanto radicale è la crisi che ogni giorno i lavoratori subiscono.
È il programma di una giunta di svolta a Savona, che abbia il coraggio di rompere apertamente con le regole di gioco imposte dal Capitalismo e battersi per una città governata dai lavoratori.
Una eventuale giunta guidata dal Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) si attiverà:
Rifiutando di subordinarsi al Patto di Stabilità che strangola i bilanci degli Enti Locali (Comuni compresi).
Rifiutando di riconoscere il pagamento degli oneri e del debito pubblico contratto dai Comuni con gli istituti di credito, in quanto oggetto di tassi e garanzie da usura; recuperando così le risorse che vanno investite in servizi pubblici e sociali, a tutela dei lavoratori e delle fascie più deboli della popolazione.
Istituendo una Consulta Cittadina popolare, che sviluppi il meglio delle esperienze dei primi Comitati di Quartiere (con delegati permanentemente e facilmente revocabili in caso di sfiducia, eletti nei posti di lavoro e nei quartieri), che si occupi di stabilire democraticamente in pubbliche e partecipate sedute, sulla base di mandati decisionali dei cittadini, le scelte di politica economica e di bilancio della nostra città. Tali esperienze di “bilanci partecipati” e di ogni altra pratica di coinvolgimento popolare, possono avere un senso solo se le si dota di contenuto e potere reale, unica alternativa alla passivizzazione sociale e politica imposta da questo sistema.
Introducendo la “clausola sociale” in ogni contratto del Comune con ditte e società esterne, con la quale imporre, alla società contraente pubblici contratti, l'impegno formale di applicare nei confronti dei propri dipendenti la tutela del posto di lavoro, il rispetto dei contratti nazionali e dello Statuto dei lavoratori, l’eliminazione del subappalto e dei contratti di precarietà anche se permessi dalle recenti leggi introdotte dal “Governo Renzi”.
Costituendo un fondo di sostegno per i lavoratori che volessero continuare in proprio l’attività produttiva in caso di chiusura dell’azienda dove sono occupati; istituendo uno sportello con assistenza legale gratuita per cause di lavoro, a sostegno dell'occupazione e delle piccole attività commerciali e artigiane; creando inoltre le condizioni per la nascita di cooperative (tra chi è in cerca di prima occupazione o tra i tanti estromessi dal mondo del lavoro), gestite sotto la sorveglianza degli organi comunali, impegnando le risorse necessarie per la creazione di opportunità lavorative, per la formazione di opere di presidio e tutela da eventi catastrofici sul territorio, o potenziando le attività turistico-ricettive a fini sociali (anche con l'immediata riapertura degli Ostelli della gioventù).
Bloccando e disdettando tutte le consulenze esterne, disarticolando in tal modo il sistema clientelare attraverso il quale si controllano consistenti serbatoi di consensi elettorali; bloccando tutti gli straordinari del personale interno o di supporto esterno alle attività degli uffici, permettendo in tal modo la regolarizzazione immediata di quello precario ed agevolando nuove assunzioni.
Interrompendo la privatizzazione delle aziende municipalizzate e reinternalizzando le società già privatizzate, come quelle per la raccolta e smaltimento dei rifiuti, i trasporti pubblici, la distribuzione e captazione dell'acqua (quest'ultima oggetto di recente referendum abrogativo di privatizzazione), e di tutti gli altri servizi di utilità pubblica sotto pressante attenzione speculativa da parte di strutture ed organizzazioni private. Tali attività che presuppongono distribuzione di servizi sociali devono essere liberate dal giogo capitalista restando o tornando pubbliche, sotto il controllo diretto dei cittadini e dei lavoratori, stabilizzando immediatamente i lavoratori che l’ottica capitalista oggi sfrutta con contratti a temine di elevato precariato.
Azzerando immediatamente tutti gli incarichi politici, con nomina di nuovi responsabili votati da lavoratori e utenti. Revoca di tutti i dirigenti tecnici responsabili della malagestione e dei debiti aziendali accumulatisi negli anni, coinvolgendo appieno i dipendenti nella verifica, nel controllo e nell'amministrazione delle società.
Potenziando la rete dei trasporti pubblici, ripristinando corse e linee interrotte, migliorando i collegamenti tra le periferie e il centro della città con l’obbiettivo di diminuire l’utilizzo del trasporto privato, causa anche di inquinamento. Regolando il costo dei trasporti (biglietti e abbonamenti) in base al salario degli utenti, rendendoli gratuiti per disoccupati, studenti e cittadini in difficoltà economica.
Abolendo il finanziamento pubblico alle scuole private, laiche o confessionali, devolvendo le risorse recuperate all'istruzione e ai nidi pubblici; mettendo in sicurezza gli edifici scolastici attraverso un piano di ristrutturazione, recupero e riutilizzo delle strutture abbandonate, potenziando inoltre gli alloggi studenteschi universitari e quanto di supporto alle scuole pubbliche di ogni ordine e grado.
Disarticolando alla base il finanziamento regionale alle cliniche private eliminando quelle elargizioni che a vari titoli vengono loro concesse, il tutto nell’ottica ed a vantaggio della sanità pubblica, potenziandola anche con l’assorbimento del personale operante con le aziende cooperative nelle strutture private. In caso di dismissione delle stesse, espropriazione senza indennizzo di attrezzature e suppellettili quasi sempre acquistate dalle strutture private con le elargizioni finanziarie emunte dalla sanità pubblica. Cancellazione dei ticket su visite medico-diagnostiche e medicinali, ridefinendo al ribasso anche i costi di partecipazione nelle residenze sanitarie, restituendo inoltre, alla pubblica gestione, tutti i servizi sociali di supporto e sostegno oggi controllati da privati spesso mascherati da finte società cooperative la cui gestione, a causa della permissività legislativa, permette un vergognoso e spesso ricattatorio sfruttamento della forza lavorativa. Ciò sarà possibile reperendo i fondi necessari in parte dal risparmio sulle somme costi elargite ai privati per le prestazioni fornite, in parte dai risparmi sui costi delle attrezzature e dei medicinali, derivanti da una ridefinizione dei capitolati d’appalto e dei prezziari che regolano i rapporti di fornitura tra Pubblica Amministrazione e società produttrici o distributrici delle risorse medicali.
Aprendo centri per la salute in ogni quartiere, con annessi ambulatori odontoiatrici sociali; somministrazione di terapie in genere e, in particolare, per l'informazione sulla terapia del dolore.
Abbattendo i privilegi istituzionali, retribuendo i rappresentanti politici eletti nelle istituzioni con stipendi non superiori a quelli percepiti da un operaio specializzato metalmeccanico. Ridefinendo le retribuzioni dei dirigenti del Comune e dei dirigenti preposti alla gestione delle aziende comunali o consortili, utilizzando così le risorse recuperate per la creazione di un fondo da impegnare in opere di difesa del suolo la cui realizzazione dovrà essere eseguita da personale disoccupato o in cerca di prima occupazione, garantendo in tal modo un decoroso salario sociale.
Per la difesa del lavoro e dell'ambiente
In provincia di Savona, a causa dei vincoli di politica economica ed alla conseguente scelta governativa di rilevante riduzione degli investimenti infrastrutturali, uno dei settori maggiormente colpiti dalla crisi è quello edile, sia nel comparto immobiliare sia in quello legato alle pubbliche commesse.
Se da un punto di vista ambientalista è accettabile ed auspicabile la stagnazione immobiliare (se non altro per la tutela del territorio sottoposto al saccheggio speculativo), non può essere accettata passivamente la scelta che opera notevoli tagli delle risorse destinate al mantenimento ed alla costruzione delle infrastrutture necessarie allo sviluppo economico o al recupero ambientale del territorio, attraverso la prassi consolidata dell’appalto di pubbliche commesse.
Questo settore, pur con le sue luci ed ombre anche di legalità, sotto certi aspetti vero volano economico, in questa fase è al limite dell’irreversibile collasso sia a livello nazionale sia a livello locale. Nel savonese, la maggioranza delle aziende operanti in questa specifica fascia economica ha chiuso le proprie attività, o per la presenza all’interno della proprietà di quote azionarie di odore malavitoso (rilevate ed azzerate dalla Magistratura), o a causa delle pressanti e non aggirabili richieste degli istituti di credito di rientro nei fidi d’esercizio.
Le precarietà che hanno generato lo sfilacciamento industriale del settore vanno ricercate innanzitutto nei tagli alle commesse pubbliche, e alla difficoltà da parte delle aziende di incassare quanto dovuto dagli Enti Pubblici, per le limitazioni imposte dal “Patto di Stabilità” che, oltre ad incidere sui pagamenti di quanto eseguito, blocca la progettazione di nuovi interventi siano essi manutentivi o d’investimento. Spirale perversa imposta dagli organismi finanziari internazionali interessati al dirottamento dei capitali sui binari speculativi attraverso l’introduzione della clausola costituzionale sul pareggio di bilancio. Spirale che solo un partito libero da impegni di spartizione di privilegi, come il nostro, può tentare di disarticolare.
Nello stato di crisi attuale le aziende operanti nel settore dei pubblici appalti hanno oggettive difficoltà a trovare quelle perverse sinergie che, precedentemente alla crisi, stabilizzavano il turbolento mercato settoriale. Oggi la corsa al “Massimo Ribasso”, operata dalle aziende del settore, è diventata frenetica proprio per permettere il mantenimento dei fatturati annuali (compromessi dalla difficoltà di reperimento delle commesse indispensabili alla stabilizzazione dei propri “Portafogli Lavori”) necessari a tranquillizzare gli istituti di credito erogatori dei fondi, prassi che permette al Capitalismo italiano, privo di capitali, dicontinuare ad operare precariamente su quanto definito, enfaticamente, mercato.
La composizione strutturale delle aziende, in massima parte di medio-bassa fascia, non permette loro di confrontarsi a livello diverso dal territoriale, con la conseguenza che ogni stagnazione anche parziale degli investimenti locali provoca pesanti ripercussioni sulle strutture operative di queste fragili realtà, rendendo precaria l’economia delle aggregazioni territoriali come provincie e regioni, nelle quali la limitata organizzazione aziendale le costringe ad operare (generando nel contempo quei contraccolpi occupazionali che spingono in spirali regressive di non facile superamento).
Questo è il quadro generale che ha provocato a livello nazionale e locale la profonda crisi industriale ed occupazionale del settore. Nel solo Savonese, oltre il 60% delle aziende operanti in questo specialistica fascia di mercato hanno dismesso la propria attività generando una grossa sacca di disoccupazione solo marginalmente assorbita da lavori a chiamata attraverso il meccanismo dei buoni lavoro “voucher”, inventati essenzialmente in funzione di precarizzazione lavorativa. Il grosso della disoccupazione grava sugli ammortizzatori sociali distribuiti attraverso la Cassa Integrazione Guadagni, che spingeno consistenti masse lavoratrici verso il nudo sostentamento, oltre il quale esiste soltanto la compassionevole carità, matrice di servilismo e sottomissione.
La rottura con questo stato di cose implica la prospettiva della nazionalizzazione senza indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori della grande industria edilizia e delle aziende ad essa collegate (industria del cemento).
In questa prospettiva, una giunta locale anticapitalista dovrebbe assumere in ogni caso radicali misure di scelta:
Riconduzione, sotto il controllo comunale pubblico, dei lavori di restauro e risanamento del patrimonio immobiliare;
Promozione di un controllo popolare teso ad accertare nel territorio ogni forma di lavoro nero, evasione contributiva ed evasione fiscale nel settore edilizio;
Eliminazione da ogni appalto di aziende edili coinvolte nello sfruttamento del lavoro nero e nella violazione dei diritti sindacali.
Questa l’ipotesi lavorativa e l’impegno sul quale il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) avanza le proprie proposte di rilancio del settore edile e della politica nazionale ad esso legata.
Ed ancora, la città di Savona deve dare l'esempio impegnandosi nel dire no al taglio dei finanziamenti agli Enti locali, al Fondo nazionale trasporti, alla sanità e alla Protezione civile, a partire dal chiedere, a solo titolo di esempio, con forza alla Regione il mantenimento della sede provinciale di Savona dei Vigili del Fuoco, che i continui tagli potrebbero condannare alla conversione in distaccamento, con forti rischi per la cittadinanza e riduzione del personale addetto. Ugualmente per il soccorso Nautico Ligure, composto da un equipaggio a La Spezia, due a Genova e uno a Savona, che vede nella normalità uno di Genova e Savona chiusi per mancanza di uomini, con un abbassamento dei livelli di sicurezza nei porti inaccettabile.
Già oggi a fronte delle direttive europee che prevedono la presenza di un vigile del fuoco ogni 1.000 abitanti, la provincia di Savona ha un rapporto soccorritore/cittadino di 1 ogni 9.420, distante anni luce dai parametri europei. La provincia di Savona con 282.000 abitanti ha solo 30 vigili del fuoco!
È necessario che il Comune di Savona si attivi affinché si istituisca un protocollo di intesa fra Regione e Vigili del Fuoco, nel quale siano attuate le procedure preventive di potenziamento sul territorio con mantenimento e rafforzamento di personale permanente (attraverso l'immediata assunzione a tempo indeterminato dei precari), per dare un servizio adeguato alla cittadinanza, oggi assolutamente insufficiente.
Anche in questo caso le risorse vanno ricercate nei tagli da attuare ai veri sprechi, quelli quali quelli erogati a vantaggio di partiti e loro rappresentanti o come quelli elargiti alle aziende pubbliche usate come veicolo di distribuzione di incarichi e regalie ai potentati che reggono le sorti politiche nazionali e locali.
Il lavoro è un diritto
La desertificazione industriale attuata in Italia, nella provincia di Savona ha provocato, nel corso degli anni, effetti devastanti che si sono accentuati ulteriormente in quest’ultimo periodo a causa della recessione in corso.
La nostra Provincia, in passato uno dei poli ad alta concentrazione industriale, oggi per effetto delle dismissioni produttive operate è in profonda crisi economica con contraccolpi occupazionali di preoccupante impatto.
Le produzioni industriali di base alle quali erano interessate aziende come Italsider, Magrini, Acna, Montedison (tanto per citare le più importanti), un tempo fiore all’occhiello dell’economia locale, oggi sono un lontano ricordo a causa delle dismissioni operate negli anni passati.
La crisi capitalista è stata la causa prima e determinante della devastazione industriale operata nel tessuto produttivo locale, provocando, nel tempo, a causa del continuo ed inesorabile depauperamento dei siti industriali, il crollo di tutto l’indotto e della logistica legata alla movimentazione delle merci e delle materie prime, aggravando ulteriormente la crisi occupazionale in atto.
Settori trainanti come il meccanico, l’elettrotecnico, il ceramico, l’energetico e l’edile oggi utilizzano massicciamente gli ammortizzatori sociali, primo passo verso futuri licenziamenti e chiusura delle attività produttive. I dati ufficiali sulla disoccupazione provinciale, pubblicati dall’Osservatorio del mercato del lavoro savonese, riferiti al terzo trimestre del 2015, certificano in 30.729 il numero dei disoccupati presenti in tutta la Provincia, dato valutato per difetto poiché esclude chi realmente è in cerca di occupazione, come giovani al primo impiego, o chi, costretto da insorgenti necessità, si propone per la prima volta sul mercato del lavoro salariato.
Le stesse ore di Cassa Integrazione Guadagni, anche se fornite dall’INPS in maniera disarticolata e di non facile lettura, certificano nel loro insieme un aumento di quanto erogato dall’Istituto e perimetrano nel contempo la profonda crisi economica ed il crescente disagio sociale presente nella nostra Provincia. Dato comunque anch’esso lontano dalla realtà, perché non integrato con quanto realmente chiesto all’Istituto dalle aziende in crisi ed ancora da questo non concesso né erogato.
Al contesto economico generale del territorio savonese, già di per sé estremamente preoccupante, vanno sommate le emergenti situazioni di crisi latenti da tempo (e più volte segnalate dal nostro Partito), come quelle emerse in questa ultima fase riguardanti Tirreno Power, Piaggio, Bombardier, aziende che, se pur dislocate fuori dal territorio comunale savonese, utilizzano massicciamente, direttamente o attraverso l'indotto, manodopera residente in Savona. Situazioni, queste, che, se non intelligentemente disinnescate, diventano altro fattore aggravante della già precaria situazione economica e di disagio sociale in cui sono stati cacciati interi strati di nostri concittadini.
Ora più di prima si rende necessario un cambio di rotta della politica economica nazionale e locale e il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) non può esimersi dal prenderne atto e indicare le soluzioni che risolvono il problema alla radice, proponendo il superamento della limitata e grezza visione capitalista dell’attuale modello di sviluppo e la sua sostituzione con un nuovo modello, dove l’insieme dei mezzi di produzione, dallo stabilimento alla logistica, dal comparto finanziario all’organizzazione del lavoro, sono gestite democraticamente dai produttori di ricchezza, in un contesto dove i bisogni e non l’accumulo siano al centro del meccanismo produttivo, e dove la stessa organizzazione dello Stato sia una reale espressione di democrazia di base gestita dal movimento operaio attraverso nuove e rivoluzionarie strutture politiche.
Misurandoci con il contingente riteniamo che, per gestire al meglio le situazioni di crisi emerse ed emergenti nel nostro Comune e nella nostra Provincia, occorra un cambio di passo ed una nuova proposta di politica economica che si basi su massicci investimenti, reperendo le disponibilità finanziarie necessarie nell’area speculativa che drena risorse al bilancio del nostro Comune, finalizzando i fondi verso la creazione di nuovi posti di lavoro, operando per creare le condizioni necessarie al rilancio produttivo dell’intero Comparto Provinciale.
In ordine di priorità riteniamo che:
Occorre sospendere le autorizzazioni speculative in essere, sulle aree industriali dismesse, e destinare nuovamente quelle stesse aree a nuovi insediamenti produttivi, impedendo ogni e qualunque mira speculativa sulle aree che in futuro potrebbero essere oggetto di dismissioni produttive, mantenendone “sine die” la destinazione industriale attuale.
Occorre rivendicare la nazionalizzazione senza indennizzo per i grandi azionisti e sotto il controllo dei lavoratori delle industrie in crisi, come Tirreno Power, Piaggio e Bombardier.
Occorre chiedere ed ottenere dal Governo la dichiarazione di area di crisi del territorio comunale e provinciale ed utilizzare le risorse erogabili per la creazione delle infrastrutture necessarie aggregando insediamenti produttivi nei comparti industriali, in quello del terziario e del terziario avanzato.
Occorre progettare e realizzare con i fondi reperiti un massiccio intervento di bonifica, sistemazione e recupero del territorio agricolo e montano comunale (eliminando con interventi mirati di ingegneria naturalistica gli incombenti pericoli alluvionali e di degrado territoriale), operando nel contempo affinché nelle aree abbandonate sia private che comunali si creino le condizioni necessarie per una ripresa dell’attività produttiva; promuovendo, con progetti di fattibilità: agricoltura, zootecnia e attività boschiva, attraverso la concessione gratuita delle aree sistemate e bonificate, tramite cooperative di giovani o di disoccupati, favorendo e garantendo i finanziamenti necessari all’avvio delle nuove attività.
Occorre ristrutturare in maniera massiccia tutto il patrimonio immobiliare comunale, gestito attualmente da enti parassitari, e renderlo disponibile per fini e scopi sociali.
Occorre salvaguardare e rilanciare il polo produttivo del porto di Savona inteso come struttura singola e come complesso d’insieme, integrato con le banchine di Vado. Con il completamento della “Piattaforma Maersk” in corso di realizzazione proprio nelle aree portuali di Vado Ligure, i problemi della logistica saranno complicati dall’arrivo di massicce quantità di merci che richiederanno una particolare attenzione allo sviluppo e potenziamento di quanto viene definito dagli addetti “Logistica Integrata”. Il nostro Partito non può ignorare i pericoli e le difficoltà che questo ulteriore problema porrà all’organizzazione produttiva portuale ed alla cittadinanza nel suo insieme, oltre alle problematiche del lavoro legate anche, e non da ultimo, alla stessa crisi della società Maersk (con profitti in picchiata del -82%), che porteranno giocoforza a far saltare molti degli equilibri attuali esistenti tra gli approdi nel mar Tirreno. Potrebbe malauguratamente verificarsi, a causa della esclusiva gestione della piattaforma di Vado da Apm (costola di Maersk), il dirottamento del proprio traffico nei soli terminal gestiti direttamente dalla società APM, spostando quindi l'attuale mole di lavoro in altri porti di riferimento, come dimostrano gli ultimi preoccupanti licenziamenti di Genova, che ben poco fanno sperare rispetto ai tanto conclamati aumenti di posti di lavoro promessi nel porto savonese. Riteniamo pertanto dover sollecitare agli Enti competenti il potenziamento delle infrastrutture ferroviarie per superare i limiti imposti dall’attuale armamento e permettere in tempi brevi il transito in sicurezza di convogli con portate superiori alle attuali. È altresì necessario mantenere il progetto originario della piattaforma senza ulteriori disastri ambientali come il totale interramento, proposto al solo scopo di creare maggiori utili per gli investitori a prescindere dai costi reali che saranno scaricati, come sempre, sulle spalle della comunità savonese e come maggior contributi all’investimento e come danno ambientale complessivo. Alla luce di quanto già in atto occorre vagliare in maniera critica il recente accordo sottoscritto tra gli operatori portuali privati e gli organi di controllo della merce in transito, che prevede la creazione di “Corridoi doganali”, baipassando la sovranità nazionale a tutto esclusivo vantaggio dei produttori delle merci in arrivo nelle nuove strutture portuali. Occorre pensare al rilancio delle attività di scarico e movimentazione della merce sulle banchine del porto di Savona sollecitando all’Autorità Portuale la creazione delle strutture necessarie alla salvaguardia dei vincoli ambientali oggi in parte disattesi, chiedendo che siano stanziati i fondi per la realizzazione di quanto necessario ed ambientalmente compatibile con la movimentazione delle merci “rinfuse”, attività in sofferenza viste le precarietà attualmente presenti in banchina. Compito strategico del Comune, dati i precedenti accaduti in altre realtà lavorative portuali, è quello della tutela dei posti di lavoro che la “Compagnia Portuale” garantisce ai propri soci e collaboratori con la propria struttura ed organizzazione legalmente riconosciuta dal Ministero della Marina (organizzazione e struttura che con l’avvio delle nuove piattaforme e delle nuove tecnologie potrebbe essere messa in discussione proprio dall’ingresso della società APL Moller nelle aree portuali di Vado Ligure), evitando la logica della competitività tra porti, che presuppone esclusivamente tempi di lavorazione più stringenti, scaricando in tal modo sulle spalle dei lavoratori la carenza di investimenti strutturali alla movimentazione. Il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) ritiene che, quanto di socialmente consolidato e conquistato dai lavoratori con dure lotte, è intoccabile e non negoziabile; pertanto ogni richiesta di negoziazione al ribasso delle attività lavorative, proveniente da qualunque operatore economico o da qualsiasi organismo operante nelle aree portuali integrate Savona-Vado, dovrà essere contrastato e rigettato. A tal proposito il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) contesta denunciando alla pubblica opinione le due operazioni che potrebbero condizionare pesantemente il futuro portuale e paesaggistico di Savona che se approvate e realizzate creerebbero pesantissime condizioni di inquinamento e scempio paesaggistico. L’operazione “Bitume” i cui rischi ambientali non sono sostenibili o giustificabili da qualunque analisi (Costi Benefici) possa essere fatta; ed il devastante intervento immobiliare, già in fase progettuale, interessante la zona della Margonara, portato avanti da architetti di regime.
Sul caso dello stabilimento della Tirreno Power di Vado Ligure, oggi al centro di una travagliata vicenda, in parte giudiziaria (circoscritta ai problemi ambientali), e in parte legata alle scelte operate dalla proprietà, tendente alla chiusura del sito industriale di Vado Ligure, i cui effetti incrociati mettono in pericolo decine di posti di lavoro, è necessario ricordare come negli anni si siano realizzate operazioni speculative (vedi Sorgenia-De Benedetti), che hanno generato una situazione di pesante indebitamento finanziario e di altrettanto pesante inquinamento ambientale. Più volte negli anni scorsi lo Stato è intervenuto a sostegno del settore energetico, con consistenti concessioni e finanziamenti senza peraltro riuscire a garantire la continuità produttiva, degli stabilimenti industriali sostenuti, nel rispetto delle norme antinquinamento. Ora è necessario attuare politiche che abbiano come obbiettivo la risoluzione radicale dei problemi che la gestione privata dei siti di produzione energetica continua a sollevare. Il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL), ritenendo tale settore strategico ai fabbisogni della collettività, ritiene che lo stesso debba ritornare saldamente in mano alle strutture pubbliche attraverso la nazionalizzazione senza indennizzo per i grandi azionisti, dell’intero comparto, introducendo - a ristrutturazione avvenuta - forme di controllo e gestione democratica da parte dei lavoratori e degli abitanti: garantendo il tal modo occupazione e salvaguardia ambientale attraverso un sistema di monitoraggio costante delle emissioni e delle produzioni, i cui dati messi a disposizione di strutture democratiche di base permettano ai cittadini ed ai lavoratori di definire le strategie produttive più efficaci sotto il profilo della salvaguardia occupazionale ed ambientale, nell’ottica dell’abbattimento dei costi attraverso l’utilizzo di tutte le più moderne tecnologie che la ricerca ha messo o mette a disposizione degli operatori del settore. La nostra proposta rifiuta la logica che permette a gruppi privati e multiutility, anche con all’interno del pacchetto azionario capitale pubblico, di contendersi la ghiotta torta del settore energetico, accumulando enormi profitti in parte successivamente utilizzati per acquisire ex municipalizzate del settore, velocizzando i processi di privatizzazione, aumentando costantemente le tariffe, aggravando i problemi ambientali con l’ottenimento di autorizzazioni ambientali integrate miranti ad eludere i parametri di tutela imposti dall’Europa (peraltro già abbondantemente permissivi), precarizzando addetti e lavoratori attraverso subappalti ed esternalizzazioni di processi produttivi, di controllo, distribuzione e logistica, scaricando inoltre gli elevati costi ambientali sulle spalle del contribuente italiano anche attraverso i maggiori costi sanitari derivanti dall’aumento delle malattie tumorali che l’inquinamento genera. È necessario impedire che siano i lavoratori a pagare il prezzo della crisi del settore che ha motivazioni sempre più legati a fattori speculativi non dipendenti da fattori industriali. Lo scenario è desolante: la magistratura non fornisce ancora tutti i chiarimenti necessari ed i vertici aziendali non garantiscono gli investimenti per il risanamento ambientale e la predisposizione di un piano industriale adeguato ad evitare la pesante emorragia occupazionale in atto. In questa situazione di incertezza i lavoratori sono così colpiti due volte; schiacciati dalla precarietà del lavoro e costretti a vivere, insieme alla proprie famiglie, in un ambiente insalubre perché pesantemente inquinato dalle emissioni dello stabilimento. L’articolata proposta del Partito Comunista dei Lavoratori (PCL), liberata dai vincoli di accumulo capitalista, permette la coesistenza del lavoro in ambiente salubre attraverso la nazionalizzazione dell’intero comparto da attuarsi sotto il vigile controllo degli stessi lavoratori. Il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) rivendica l'unicità e la razionalità della proposta avanzata, da applicarsi in maniera generalizzata nei confronti di tutte le aziende che, parimenti alla Tirreno Power, generano precarietà e disastri ambientali: Ilva di Taranto a tal proposito insegna. Soluzioni diverse miranti alla gestione capitalista di simili settori fondamentalmente strategici e strutturalmente inquinanti, devastano desertificandoli interi territori, contrapponendo volutamente lavoro a salute e permettendo enormi accumuli di capitale nelle borse di chi ne detiene la proprietà, scaricando consapevolmente i costi sociali sull’intera comunità.
La precarizzazione del lavoro attuata negli anni ed accelerata dall’attuale governo ha provocato notevole sconquasso anche nel mondo del lavoro cooperativo. In questa situazione di legale sfruttamento, il Comune di Savona, in quanto erogatore di risorse attraverso appalti, dovrebbe prenderne atto e provvedere a ristabilire (con gli strumenti in suo possesso), il rispetto delle esigenze dei lavoratori e dell’utenza utilizzatrice ultima del servizio erogato. Ciò che caratterizza i lavoratori delle cooperative è l’atipico posizionamento aziendale degli stessi: oltre ad essere dipendenti, sono comproprietari della società in cui operano, versando al momento dell’assunzione la quota di capitale stabilita nei patti parasociali. Su questo principio nacquero le società cooperative di socialista memoria. Oggi disattendendo il valore sociale di questa specifica unità lavorativa, nell’ottica dell’accumulo capitalista, questo elementare principio democratico pone i singoli cooperatori in una assurda singolarità: quella di essere gli unici lavoratori che pagano per lavorare. Nel caso specifico di cooperative impegnate in servizi di assistenza socio-sanitari, erogati a vario titolo da Enti Statali o Locali, a causa di contratti di lavoro capestro gia scaduti nel lontano 2012 e mai rinnovati, gli Operatori Socio Sanitari dipendenti (OSS) in possesso di elevata specialità settoriale, percepiscono, nel migliore dei casi circa, 7 (sette) euro lordi ora, sino ad attestarsi al ribasso (in alcune realtà dove lo sfruttamento è spinto ai limiti del possibile), con salari da fame di circa 3 (tre) o 4 (quattro) euro lordi ora, eludendo arbitrariamente il Contratto Cooperativo Nazionale di Lavoro (Ccnl) e costringendo i propri soci dipendenti a sottomettersi a regime di sfruttamento quasi schiavistico. Il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL), oltre che lanciare l’allarme per queste condizioni di sfruttamento, denuncerà le illegali vessazioni subite dai lavoratori OSS impedendo che, alle gare d’appalto indette per l’aggiudicazione di queste particolari tipologie di lavoro, partecipino quelle società (cooperative o private) che disattendono i diritti dei lavoratori operando nella permissiva illegalità. Nella fase successiva all’aggiudicazione del servizio bandito, il Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) imporrà che siano effettuati seri controlli sul servizio erogato ed attenta vigilanza sul trattamento economico degli addetti (compresi gli oneri contributivi ed assicurativi). All'uopo predisporrà uffici preposti a tali controlli, partendo da quello riguardante la regolarità contributiva attraverso la sistematica acquisizione del Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC), al fine di stroncare ogni abuso ed ogni indegno sfruttamento delle classi lavoratrici, facendosi promotore, nei casi di abusi che ricadono nei dettami del Codice Penale, di intraprendere azione penale nei confronti dei responsabili aziendali, chiedendo inoltre agli organi di controllo (Prefettura) la revoca ed il commissariamento degli organi decisionali aziendali.
La casa è un diritto
Negli ultimi anni, in Italia, per effetto della crisi economica e delle politiche neoliberiste, è cresciuta la percentuale di chi non ha più i mezzi per accedere ad un alloggio stabile e dignitoso. Dall'ultimo rapporto ISTAT emerge, infatti, che nel 2014 un milione e 470 mila famiglie (5,7% di quelle residenti) risultavano in condizioni di povertà assoluta, per un totale di 4 milioni e 102 mila persone (il 6,8% della popolazione residente). E questi sono solo i dati ufficiali.
La carenza di alloggi sociali disponibili, il sovraffollamento degli alloggi esistenti, gli sfratti per morosità, le occupazioni abusive per necessità non sono più episodi isolati ma, al contrario, sempre più frequenti - dal nord al sud Italia – riguardano soprattutto la maggioranza dei cittadini, proletari e sottoproletari, e anche una parte della piccola borghesia, che la crisi economica ha impoverito.
Disoccupazione e precarietà si traducono non solo in una diminuzione generale del potere d'acquisto dei salari, ma in vera e propria impossibilità per molti proletari a pagarsi un affitto o a fornire quelle garanzie che esigono le banche e i proprietari di case.
Lo Stato Italiano destina sempre meno fondi per i progetti di politiche abitative a carattere sociale (per i cosiddetti alloggi sociali, per aiutare i cittadini morosi, ecc.) nonostante che l'aggravarsi della crisi economica, l'aumento della povertà e gli elevati prezzi degli alloggi sul libero mercato, renda questo intervento sempre più necessario. Per di più, una gran parte delle case popolari, costruite negli anni '50-'60, di bassa qualità già per gli standard di allora, hanno mostrato i segni dell'usura a causa della scarsa manutenzione, e sono oggi in stato fatiscente e pertanto inagibili. A differenza che negli anni del dopoguerra, oggi il problema non è più dovuto alla scarsità numerica degli alloggi disponibili, bensì, al contrario, ad un surplus di alloggi vuoti (pubblici e privati), che non vengono dati a chi ne ha bisogno: più di 2,7 milioni in tutta Italia (dati Ance). Solo gli alloggi popolari non assegnati ammontano oggi a circa 600 mila, molti dei quali necessitanti di manutenzione. Inoltre, nel corso degli anni, in molte città italiane, numerosi quartieri popolari sono finiti nel degrado, per abbandono deliberato da parte delle istituzioni, nel quadro di tagli alle spese sociali sempre più marcati. Così crescono disagio e scontri tra abitanti (italiani contro immigrati, assegnatari di case popolari contro occupanti abusivi, assegnatari in regola con i pagamenti contro assegnatari morosi, ecc.). Una guerra tra poveri quasi quotidiana, fomentata anche dalla propaganda razzista delle forze politiche non solo di destra.
Dai dati del Viminale risulta che in Italia vi sono – attualmente - tra le 30 e le 50 mila famiglie a rischio per mancata proroga degli sfratti di fine locazione, nonostante che il 70% di queste possieda i requisiti di reddito e sociali (anziani, minori, malati o disabili gravi) previsti dalla legge per ottenere la proroga.
Da anni - in Italia - gli sfratti e gli sgomberi sono in aumento, il 90% dei quali avvengono per morosità, quasi sempre incolpevole. Gli sfratti eseguiti dalla forza pubblica nel 2013 sono stati 31.800 (+8% rispetto al 2012) su 131.000 richieste complessive; nel 2014 ammontano a 36.100 (+13,45% rispetto al 2013) su 150.100 richieste.
Nella sola Liguria - nel 2014 - sono stati eseguiti 1860 sfratti (+21,4% rispetto al 2013) su un totale di 5800 richieste; di questi: 955 a Genova, 340 a Imperia, 223 a La Spezia e 343 a Savona (+68% rispetto al 2013). Con un rapporto sfratti/residenti di 1/165.
A fronte di questa situazione, in molte città italiane si sono sviluppate, negli anni, delle lotte per resistere a sfratti e sgomberi (di cui si parla solo quando avvengono fatti tragici che attirano l'attenzione dei media), o per dare vita ad occupazioni collettive e individuali.
Chi condanna l’illegalità delle occupazioni non ha mai dormito con i propri cari, in auto o in una stazione, sotto un ponte o in tuguri. Anche chi pensa che chi occupa porta via la casa agli assegnatari sbaglia di grosso. I veri ostacoli all'assegnazione degli appartamenti vuoti sono: la scelta politica di vendere il patrimonio residenziale pubblico per fare cassa, e agevolare la speculazione edilizia, lo stato inagibile e fatiscente di molti alloggi popolari e lunghissime prassi d'assegnazione. Persino la Costituzione borghese italiana, pur indicando la necessità dell'indennizzo, in omaggio al compromesso con il capitale, all'articolo 42, afferma che: “La proprietà privata può essere espropriata per motivi di interesse generale”. Un principio, nei fatti, mai applicato dalle istituzioni politiche e amministrative - nazionali e locali - per non scontentare le classi borghesi. Anzi le misure adottate - dal buono casa al social housing - rappresentano di fatto un sostegno alla proprietà privata. E che dire della messa all'asta delle case popolari! Senza nessuna facilitazione per gli inquilini eventualmente residenti, perché le istituzioni filoborghesi sanno bene che è più facile vendere una casa senza inquilini, ed è preferibile rinunciare a qualche anno di affitto sociale di un appartamento, per poterlo vendere a prezzi di mercato più tardi.
Per una risposta veramente efficace al problema della crisi degli alloggi c'è bisogno di un intervento politico generale, che prenda di mira le attuali politiche economiche dominanti.
Ciò chiama in causa il funzionamento generale dell'economia capitalista: l'incapacità di soddisfare alle masse popolari il bisogno elementare di avere una casa; anche nei paesi più ricchi, questo è uno dei numerosi mali conseguente al modo di produzione capitalistico.
Per questo rivendichiamo:
Istituzione di un nuovo bando di assegnazione delle case, requisizione delle case sfitte, a partire da quelle di grandi proprietà immobiliari e di enti pubblici o ecclesiastici, con ristrutturazione immediata di tutti gli alloggi non agibili, per l'immediata assegnazione a chi da tempo attende una risposta alla necessità di abitazione, anche temporanea, come nel caso dei tanti single costretti a lasciare la dimora abituale per separazioni, perdita di lavoro, gettati di colpo nell'impossibilità economica e sociale di gestire con dignità la propria vita.
La requisizione e ristrutturazione di tutti gli alloggi o stabili fatiscenti, per darli - una volta ristrutturati - in affitto a canoni popolari.
Blocco di ogni svendita del patrimonio abitativo sociale anche di Arte e del Comune, con immediata assegnazione alle liste di attesa.
Rinazionalizzazione degli Enti per la casa (ex Iacp), sotto controllo e gestione dei Comitati di Inquilini e Lavoratori.
Blocco immediato degli sfratti.
Organizzazione di Comitati di lotta per la difesa costituzionale del diritto alla casa e la resistenza agli sfratti.
Assistenza legale del Comune e delibere atte a contrastare l’applicazione del nuovo progetto di Renzi sugli ‘sfratti veloci’. Sanatoria per regolarizzare chi effettivamente è in condizioni di bisogno.
Per tutto questo, ci rivolgiamo a tutti i lavoratori, gli sfruttati e gli oppressi della nostra città, alle persone più combattive, più generose, più coscienti, dicendo loro: uniamo le nostre forze attorno a un programma di vera opposizione e vera alternativa.
Una giunta locale anticapitalista basata sulla forza e l'organizzazione dei lavoratori sarebbe per ciò stessa contrapposta al governo regionale ed al governo nazionale, in una aperta sfida e contrapposizione di poteri. Peraltro, proprio le misure anticapitaliste assunte sul piano locale, garantirebbero alla giunta stessa il sostegno popolare e la forza necessari a reggere ed affrontare questa sfida.
Ogni voto al Partito Comunista dei Lavoratori (PCL) rafforzerebbe questo programma, ma soprattutto le nostre lotte, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle strade e nelle piazze dei nostri quartieri.
Decideranno noi chi comanda e chi deve obbedire nella società italiana