Dalle sezioni del PCL

Una lista rivoluzionaria dei lavoratori alle amministrative di Napoli del 2016

28 Aprile 2016

Il Partito Comunista dei Lavoratori partecipa alle elezioni comunali di Napoli con un punto di vista alternativo: quello dei lavoratori, degli operai, dei nativi e degli immigrati, dei giovani, degli studenti, dei precari, dei disoccupati, delle casalinghe e dei pensionati, in contrapposizione ai partiti degli industriali, di Confindustria e dei banchieri, che si spendono solo per la difesa degli interessi della borghesia e dei poteri forti.

Non è attraverso il ricorso alle urne elettorali che il mondo del lavoro si libererà dallo sfruttamento. Tuttavia, le elezioni possono dare visibilità e risonanza ad una prospettiva rivoluzionaria di alternativa, quella del governo dei lavoratori. Questa è la ragione della nostra presenza in opposizione a tutti gli altri partiti.

Napoli comunali 2016



Il Partito Comunista dei Lavoratori partecipa alle elezioni comunali di Napoli con un punto di vista alternativo: quello dei lavoratori, degli operai, dei nativi e degli immigrati, dei giovani, degli studenti, dei precari, dei disoccupati, delle casalinghe e dei pensionati, in contrapposizione ai partiti degli industriali, di Confindustria e dei banchieri, che si spendono solo per la difesa degli interessi della borghesia e dei poteri forti.




Non è attraverso il ricorso alle urne elettorali che il mondo del lavoro si libererà dallo sfruttamento. Tuttavia, le elezioni possono dare visibilità e risonanza ad una prospettiva rivoluzionaria di alternativa, quella del governo dei lavoratori. Questa è la ragione della nostra presenza in opposizione a tutti gli altri partiti.




A differenza di ogni altra forza politica, noi non siamo a caccia di assessorati e cariche, non siamo alla ricerca di legittimazione. L’unico interesse che abbiamo è tutelare i diritti dei lavoratori. Non facciamo politica per prendere voti, bensì chiediamo voti per una politica intransigente in difesa del lavoro.




Siamo stati - e saremo sempre - dalla parte degli sfruttati contro gli sfruttatori, contro i loro governi nazionali, contro le loro giunte locali. Abbiamo un’ambizione ben più grande: unire tutti gli sfruttati contro tutti i loro avversari, per realizzare una società a misura d'uomo, socialista.




Tale intransigenza, tale coerenza, non è vanto ideologico. E’ l'unica possibilità per i lavoratori e la sinistra di tornare a vincere e ribaltare i rapporti di forza. La sinistra non ha perso perché divisa, ha perso perché ha cessato di essere opposizione alle classi dominanti. Negli ultimi vent'anni, più di una volta tutte le sinistre sono state unite al governo ed hanno votato leggi di precarizzazione contro i lavoratori e contro i giovani, hanno finanziato guerre. Tutti i partiti di sinistra, sebbene sotto sigle diverse, sono stati uniti nelle giunte di centrosinistra, con il PD, a votare i tagli alle spese sociali, ai trasporti, alla sanità.




C’è bisogno di una sinistra vera, di un’opposizione intransigente in difesa dei diritti dei lavoratori, di una sinistra che non tradisca.




Noi siamo impegnati da sempre, controcorrente e coerentemente, con tutte le nostre forze, in questo obiettivo: unire in un’unica, vera sinistra tutti coloro che vogliono ribellarsi all’ordine costituito, per costruire una società libera dalla dittatura del denaro e del profitto.Ci presentiamo da soli non per settarismo, ma perché siamo gli unici a presentare un programma anticapitalista.







IL CAPITALISMO È FALLITO




Più di venticinque anni fa, dopo il crollo del muro di Berlino, ci avevano raccontato la favola di un futuro splendente dell'umanità, grazie alla vittoria del capitalismo sul comunismo. E’ accaduto l'opposto. Il capitalismo si trova da quasi dieci anni di fronte alla crisi più grave degli ultimi ottant’anni e non sa come uscirne. Nel frattempo, prova a scaricare la sua crisi sulle condizioni sociali, di lavoro e di vita della maggioranza dell'umanità, cioè dei lavoratori e dei poveri di tutto il mondo.




Ovunque si distruggono i contratti nazionali di lavoro, si precarizza la vita delle giovani generazioni, si distrugge l'ambiente; ovunque tornano guerre per la spartizione della terra, del petrolio e delle materie prime, riemergono razzismo, intolleranza, odio verso i diversi; ovunque dilaga la guerra disperata tra poveri. Si è tornati indietro di un secolo, alla faccia del progresso!










LA CRISI DEL CAPITALISMO COLPISCE OVUNQUE




In tutta Europa, dal Portogallo all'Ucraina, dalla Grecia alla Gran Bretagna, il sistema capitalistico sta presentando il conto agli stessi settori della società e con le stesse misure: le condizioni di milioni di lavoratori peggiorano senza sosta, centinaia di posti di lavoro vengono persi ogni giorno, la stragrande maggioranza delle famiglie ha subìto un impoverimento senza precedenti. Se in Europa siamo ormai arrivati a 26 milioni di disoccupati, in Italia la disoccupazione giovanile ha raggiunto stabilmente il 45%, con picchi del 60% nel meridione. Tutto ciò mentre il Presidente del Consiglio un aumento dell'occupazione che invece, con il Jobs Act (che porta proprio la firma di Renzi), è completamente precaria e senza tutela alcuna.




Lo Stato italiano versa ogni anno 90 miliardi di euro nelle tasche delle banche. Le giunte locali di ogni colore versano complessivamente 70 miliardi all’anno ai banchieri. La grande maggioranza della popolazione viene sacrificata alla dittatura di una piccola minoranza di industriali e banchieri. I principali partiti della borghesia e i loro governi, nazionali e locali, sono solo gli esattori dei padroni e dei capitalisti.







NON SI PUO’ GOVERNARE NEL CAPITALISMO, LO SI PUÒSOLO ROVESCIARE. PER UN GOVERNO DEI LAVORATORI




Pensare di riformare questo sistema è una pura illusione.




I vecchi dirigenti della sinistra - Bertinotti, Vendola, Ferrero – s’illudono di rilanciarsi alleandosi con i fuoriusciti dal PD – Civati e Fassina - e risolvere la loro crisi del capitalismo alleandosi con le forze di centrosinistra. Sono stati propri questi governi a sferrare i colpi più duri contro i giovani e i lavoratori colpendo i diritti.




Solo rovesciando l’attuale potere dalla parte delle classi subalterne è possibile dare una svolta alla vita di milioni di lavoratori. E’ la realtà quotidiana che lo dimostra.




In Grecia, ad esempio, Tsipras e il suo partito Syriza erano stati portati al governo da quei milioni di lavoratori e povera gente che, dopo anni di lotta e dopo averle provate tutte, hanno sperato che fosse la sinistra a risolvere i loro problemi. Ma Syriza, arrivata al governo grazie ai lavoratori, ha approvato le manovre di austerità, facendo esattamente l'opposto di quello per cui era stata eletta. Anche Tsipras si è illuso di poter governare non facendo i conti con i veri interessi del sistema, che sono opposti agli interessi dei lavoratori e di chi non ha nulla.




L'unica via, certamente difficile, ma reale, è quella di rovesciare questo stato di cose. Rovesciare vuol dire mettere in discussione il capitalismo e le sue radici, apertamente e fino in fondo. Essere incompatibili con il sistema capitalistico e con le politiche di chi lo governa, che vuole di aggiustare i conti della borghesia togliendo diritti agli sfruttati e agli oppressi (perché operaio, donna, perché giovane, perché immigrato, ecc.). Rifiutare la logica del “siamo tutti sulla stessa barca”, dell'“interesse di tutti”, dell'“interesse della nazione”. Non siamo tutti sulla stessa barca. Gli interessi dei miliardari non sono gli stessi interessi di un lavoratore precario o di un immigrato che attraversa il Mediterraneo su un gommone.




In Italia i lavoratori hanno già fatto gli “interessi della nazione”, “salvato la patria”, innumerevoli volte. L'hanno fatto nel 1992, subendo la cancellazione definitiva della scala mobile per obbedire al trattato di Maastricht; hanno “salvato la patria” nel 1996, con la riforma delle pensioni di Dini (e del centrosinistra); hanno “salvato la patria” nel 1998 con “i sacrifici” dell'Ulivo per entrare nell'Euro; hanno “salvato la patria” con le “riforme” di Berlusconi, e negli ultimi anni con quelle “che ci chiede l'Europa” di Prodi, di Monti e di Letta, votate da tutti i partiti di centrodestra e centrosinistra.




E’ ora di dire basta! Non può esserci una reale alternativa ai sacrifici infiniti e alla sottomissione eterna se non rovesciando questa logica: sfidando apertamente, anche nei territori e nei comuni, la dittatura del Capitale, contrapponendovi gli interessi del mondo del lavoro e della maggioranza della società, sulla base di un programma che soddisfi le necessità di milioni di lavoratori e dia loro i mezzi effettivi per poter esercitare democraticamente i loro interessi e i loro diritti, per poter decidere delle loro vite, per poter intervenire realmente sulla vita politica e non attraverso le schede elettorali, una volta ogni cinque anni: un programma che dia loro il potere.




Un programma del genere non si limita a proporre misure e rivendicazioni per i lavoratori, ma indica la via per modificare la situazione di dominio dei capitalisti e di attacco ai lavoratori, alla povera gente; l’unica via in grado di cambiare il gioco e fermare l'arretramento, la sconfitta del movimento operaio e della sinistra. Tutto ciò non sarà realizzato né dai governi avversari - che una certa sinistra vuole spacciare per “governi amici” - né dalla pura pressione dei movimenti, né dalle grida populiste di chi, come il Movimento 5 Stelle, si presenta come “temibile” avversario dei partiti dominanti, ma che vuole l'abolizione dei sindacati in quanto tali e nega i diritti degli immigrati. Ovunque il M5S governi lo fa contro i lavoratori (vd. Parma, Messina, Livorno) e addirittura è al centro di scandali per voti arrivati dalla camorra (vd. Quarto). Solo i lavoratori, organizzandosi e costruendo una mobilitazione di massa contro il governo dei padroni, possono migliorare le proprie vite.







LA NAPOLI DI DE MAGISTRIS CAPITALE DELLA DISOCCUPAZIONE, DEL DEGRADO AMBIENTALE E DELLE PERIFERIE ABBANDONATE




Gli anni successivi alla crisi del 2008 sono stati anni neri per le famiglie italiane ed in particolare per quelle del meridione e della città di Napoli, che ha detenuto il triste primato della disoccupazione giovanile.







Il proletariato delle periferie di Napoli non verte in condizioni molto diverse da quelle delle città del Sud America o del Nord Africa, ed in queste realtà ci sono tutte le condizioni per l’esplosione di un conflitto sociale molto simile a quello delle banlieue povere parigine.




In alcuni quartieri la disoccupazione giovanile raggiunge cifre altissime e drammatiche. Il 70% dei giovani nelle zone periferiche di Napoli non riesce a trovare lavoro, nemmeno più quello a nero.
I giovani napoletani e meridionali sono stati costretti ad emigrare ripercorrendo nuovamente le vecchie strade fatte di lacrime e sacrifici, già percorse dalla popolazione giovanile dell’’800 e del ‘900 che, non trovando lavoro, si incamminava verso l’umiliazione di sentirsi straniero in un'altra terra.







I governi di centro-destra e di centro-sinistra che hanno governato la città in passato, avevano ed hanno le medesime ricette: risanare il deficit comunale scaricandolo sui proletari, garantendo le banche creditrici. Anche la giunta De Magistris è legata ai vincoli di bilancio e deve rientrare da un deficit che si aggira intorno agli 800 milioni di euro.







Nella città di Napoli potrebbe abbattersi il mai abbandonato Piano Cottarelli, che prevede migliaia di esuberi nelle aziende partecipate. Altri disoccupati in una città che si trova già in una condizione di crisi e di altissima disoccupazione.




Le periferie, già abbandonate a se stesse e nelle mani della camorra, nelle intenzioni del Governo Renzi dovevano diventare il sito dove realizzare uno scempio ambientale, attraverso la costruzione di un megainceneritore. La ferma opposizione della popolazioneha costretto il governo a cancellare dal suo programma Sblocca Italia il progetto di costruire nell’area di Ponticelli il su citato inceneritore, che sarebbe stato resposabile di migliaia di nuovi casi di tumore ed altre malattie legate alla diossina.




Attraverso lo Sblocca Italia, il governo ha comunque messo le mani sulla ex Italsider di Bagnoli, regalando la bonifica a speculatori ed affaristi legati alla borghesia renziana, istituendo un commissario. Un buon affare con soldi pubblici, cancellando di fatto ogni rapporto “democratico” con l’amministrazione di De Magistris, il quale inizialmente aveva apposto la firma tecnica, salvo poi ritirarla formalmente a commissario istituito, e calpestando le legittime rivendicazioni della popolazione locale che chiede un controllo dal basso sulla bonifica del sito.




Non basta, in ogni caso, un piano per risanare soltanto Bagnoli, anche se urgente, ma necessita un intervento per l’intera città, molto spesso usata da aziende senza scrupoli come una pattumiera dove stoccare o smaltire rifiuti tossici e/o pericolosi (vd. Q8 a Napoli Est).




Nella zona di Gianturco il disastro ambientale e sotto gli occhi di tutti. La Kuwait, una delle più importanti società multinazionali produttrici di petrolio, ha utilizzato per anni l’area per smaltire e stoccare rifiuti oleosi tossici producendo danni alla salute della popolazione, colpendo un ambiente già di per sé degradato.







La raccolta differenziata, tanto decantata dal Sindaco De Magistris, che doveva portare migliaia di posti di lavoro ed alleviare la cronica disoccupazione giovanile, è rimasta un sogno, una promessa che verrà riproposta in campagna elettorale.




La differenziata è rimasta al 28%, a fronte della promessa di portarla al 70%. I rifiuti vengono spediti in Olanda, cosa prevista, tra l’altro, dalla vecchia giunta Iervolino, al costo di milioni di euro l’anno.







Risulta evidente che nell’ambito degli obblighi imposti dal Governo e dalle Banche (Patto di Stabilità), cioè di tagliare le spese per i servizi sociali, non si riuscirà a risolvere definitivamente i problemi che attanagliano la città e tantomeno a dare risposte occupazionali.







La nostra proposta è non riconoscere alcun debito verso le banche e di non rispettare alcun obbligo di bilancio. Politiche, queste, che per anni hanno impoverito il ceto proletario della città. Diversamente, rispettando i tagli imposti dal governo nazionale, la popolazione può soltanto affogare nella miseria, nella povertà e nel degrado di una città senza lavoro e senza servizi.




Le risorse ci sono! Il governo non ha esitato a spendere miliardi per salvare banche e imprenditori (vd. ILVA, Banca delle Marche, ecc.), per rifinanziare le guerre e grandi opere inutili (TAV).





L’unica “grande opera” di cui necessita la popolazione è il lavoro!




Le tasche dei ricchi abbondano di ricchezza e di opulenza ed è da li che bisogna prendere le risorse da destinare alla città ed ai ceti più poveri.




La Giunta De Magistris ha governato la città dalla parte della Napoli benestante.
I soldi dell’Amministrazione sono stati spesi per finanziare manifestazioni di facciata come l’America’s Cup, sottraendoli ai servizi sociali e pubblici. Al di là della retorica progressista dell’ex magistrato, questi ha governato la città nel “rispetto delle leggi”. Noi comunisti non abbiamo come riferimento la legge voluta dai ricchi. Il nostro unico riferimento sono i lavoratori, la povera gente e i loro diritti. La nostra giustizia è sociale e non legata alla giurisprudenza borghese. Noi non ci siamo resi subalterni ai magistrati scaricati dal PD, a differenza delle altre sinistre, anche di movimento, che in cambio di spazi sociali sono saliti sul carro del riformismo.
Noi manteniamo la nostra autonomia politica, culturale e di lotta.







NON UN PROGRAMMA “PER LA CITTÀ”, MA PER I LAVORATORI, I GIOVANI, I PRECARI, I DISOCCUPATI, I PENSIONATI, LE CASALINGHE




I nostri obiettivi programmatici, sul terreno comunale, sono dichiaratamente “di parte”. Rifiutano di recitare il mantra ipocrita dell’“interesse generale della città”. Siamo dichiaratamente da una parte della città contro l'altra: la parte del lavoro, dei precari, dei disoccupati, dei pensionati, delle casalinghe, degli immigrati (la larga maggioranza della popolazione), contro la parte dei padroni, dei salotti della borghesia, dei poteri forti cittadini (la piccola minoranza di banchieri, industriali, costruttori, della chiesa, e di tutti i loro ambienti e le loro cerchie). O di qua o di là: in mezzo non si può stare. Proprio per questo rifiutiamo anche sul terreno locale e comunale la logica, apparentemente “realista”, delle cosiddette compatibilità.




A chi ci dice che la svolta che ci vorrebbe non è possibile, “perché c'è la crisi, perché le risorse sono poche, perché il comune ha competenze limitate, perché non si può che obbedire alle leggi esistenti”... ecc, ecc, rispondiamo che proprio la subordinazione e l'accettazione di questa logica, ad ogni livello, ha accompagnato negli ultimi decenni la sconfitta drammatica del mondo del lavoro. Noi rifiutiamo questa cultura. La nostra logica non è quella di gestire l'esistente, di cercare di accomodare per quanto possibile quel che c'è, di spostare di qualche millimetro i paletti, ma di rompere le leggi di questa società. Non è quella della rassegnazione e della resa, ma è quella della rivolta.




Il nostro programma “elettorale” è molto poco elettorale. Non si limita a elencare i buoni propositi del nostro candidato sindaco, ma propone e chiama alla lotta per ciò che comunque già facciamo e faremo a fianco dei lavoratori, precari, disoccupati, in opposizione alle giunte di centrosinistra o centrodestra. Sia se resteremo fuori dal Consiglio comunale, sia, con forza ben superiore, se i nostri candidati saranno eletti.




Ci opporremo con tutte le nostre forze alle politiche condotte dai partiti che saranno chiamati a gestire il potere nei nomi dei soliti interessi come sempre abbiamo fatto in questi anni. Perché purtroppo queste politiche continueranno, chiunque sarà a guidare la prossima giunta, compreso il Movimento 5 Stelle. Mettiamo in guardia i lavoratori fin da ora: nessun partito sarà in grado di cambiare realmente e stabilmente nulla fintantoché non prenderà misure anticapitaliste, cioè misure che contrastino e sconfiggano la dittatura del capitale e della finanza.




Sosterremo tutte le lotte che si svilupperanno contro i licenziamenti, la precarizzazione, gli attacchi al mondo del lavoro, la repressione, il razzismo di Stato.




Lavoreremo a unificarle in una grande vertenza cittadina costruendo un fronte unico delle sinistre di lotta al fianco dei lavoratori contro le forze dominanti.




Al tempo stesso non ci limiteremo all'opposizione. Non siamo solo “antagonisti”. Siamo comunisti. Non ci limitiamo a combattere l'attuale potere. Vogliamo un altro potere, quello dei lavoratori, in funzione di un’altra società, dove a comandare non siano le banche ma chi lavora.




In questo senso avanziamo un programma di rivendicazioni radicali, tanto radicali quanto radicale è la crisi che i lavoratori subiscono e l'attacco che viene loro portato. È il programma di una giunta di svolta a Napoli, che abbia il coraggio di rompere apertamente con le regole del gioco del capitalismo e di battersi per una città governata dai lavoratori.




Una governo locale dei lavoratori anticapitalista dovrebbe innanzitutto:







  1. Rifiutare di subordinarsi al Patto di Stabilità interno che sta strangolando i Comuni a vantaggio delle banche, e ripudiare il debito pubblico contratto con le banche stesse;le risorse così recuperate e risparmiate vanno investite in un grande piano di lavoro per i giovani disoccupati, per i servizi pubblici e sociali,a tutela dei lavoratori e della popolazione povera.




  2. Introdurre una consulta cittadina popolare che si occupi di stabilire democraticamente e alla luce del sole, sulla base di mandati decisionali dei lavoratori, le scelte di politica economica e di bilancio della città.




  3. Interrompere la privatizzazione delle aziende municipalizzate e reinternalizzare quelle già privatizzate. I servizi che riguardano la gestione dei rifiuti, i trasporti pubblici e tutti gli altri servizi di utilità pubblica devono restare pubblici e sotto controllo dei cittadini. Stabilizzare immediatamente i lavoratori che lavorano con contratti a tempo determinato presso le strutture che offrono servizi alla popolazione.




  4. Assumere a tempo indeterminato tutti i lavoratori precari.




  5. Potenziare il trasporto pubblico locale. Diminuire l'orario di lavoro degli autisti e aumentare le pause, attraverso l'assunzione stabile di nuovi autisti. revocare tutti i dirigenti responsabili della malagestione dell’anm e del debito aziendale accumulatosi negli anni, coinvolgendo appieno i dipendenti nella verifica, nel controllo e nell'amministrazione. Aumentare i contributi pubblici all'anm. Potenziare la rete dei trasporti attraverso l'aumento di vetture e la creazione di nuove linee che colleghino le periferie al centro della città. Regolare il costo dei trasporti (biglietti e abbonamenti) in base al reddito degli utenti, rendendo il trasporto gratuito per disoccupati, studenti e persone in difficoltà economica.




  6. Abolire il finanziamento pubblico alle scuole private,laiche o confessionali, devolvendo le risorse così risparmiate all'istruzione e ai nidi pubblici. Mettere in sicurezza tutti gli edifici scolastici pubblici con un grande piano di ristrutturazione e recupero di strutture. Apertura di alloggi studenteschi universitari; istituzione di servizi a supporto delle istituzioni scolastiche pubbliche di ogni ordine e grado.




  7. Opporsi al finanziamento regionale delle cliniche private, a vantaggio della sanità pubblica. Cancellazione dei ticket. Tutti i servizi sociali devono essere pubblici, sotto controllo dei lavoratori, a partire dalle farmacie comunali. potenziare i consultori.




  8. Rifiutare l'applicazione dell'IMU sulla prima casa (tanto più insopportabile per chi sta pagando mutui da rapina),e applicare un prelievo progressivo sulle proprietà immobiliari (dalle seconde e terze case in su). Requisire le case sfitte, a partire da quelle detenute dalle grandi società immobiliari, e porle a disposizione della popolazione povera e bisognosa come edilizia residenziale pubblica. Istituzione di un nuovo bando di assegnazione delle case, a vantaggio di lavoratori, precari, giovani, famiglie o individui senza casa, senza distinzione di residenza e di nazionalità. Riqualificazione dei quartieri e delle aree municipali, affidata ad un grande piano comunale di lavori pubblici. Nessun quartiere sia privo di scuole, di trasporti e di servizi! Basta con i quartieri dormitorio! Non rivendichiamo solo il diritto all'abitare, ma anche il diritto all'abitare in ambienti piacevoli e accoglienti!




  9. Recuperare pienamente il controllo pubblico della gestione dell'acqua, della cura e del riassetto idrogeologico del territorio.




  10. Espropriare senza indennizzo i beni e gli edifici ecclesiastici per usarli a fini sociali, sotto controllo pubblico (ad esempio, a scopo abitativo, come strutture autogestite per i giovani, strutture di ritrovo, come luoghi dedicati all’arte e alla cultura, musei, etc.). Non un soldo per il vaticano!




  11. Promuovere un autonomo controllo popolare sul territorio, col pieno coinvolgimento di comitati di quartiere, associazioni e strutture sindacali, per censire in modo capillare tutti i casi di sfruttamento del lavoro (nero e irregolare) e di evasione fiscale e contributiva,imponendo la regolarizzazione dei lavoratori sfruttati (fino alla requisizione delle aziende responsabili); investire le risorse così recuperate nell'assunzione a tempo indeterminato di tutti i precari della pubblica amministrazione.




  12. Chiudere tutti i CIE e le altre strutture detentive degli immigrati. Istituire percorsi di inserimento sociali, fatti di lavoro e parità di diritti tra proletari italiani e immigrati.




  13. Abbattere i privilegi istituzionali: sindaco, assessori, consiglieri, dirigenti del comune e delle aziende comunali dovranno avere uno stipendio non superiore a quello di un operaio specializzato. Le risorse così liberate dovranno partecipare al finanziamento di un salario sociale ai disoccupati in cerca di lavoro.




  14. Far eleggere tutti i funzionari e dirigenti della pubblica amministrazione sui luoghi di lavoro, dai lavoratori stessi. Annullare i meccanismi di cooptazione e designazione dei dirigenti, e rendere le loro nomine trasparenti, elettive e revocabile.




  15. Realizzare casse di resistenza per i lavoratori licenziati o che sono in lotta per i loro diritti.




  16. Realizzare a pieno il diritto allo studio predisponendo libri e materiale informatico gratuito per i figli dei lavoratori poveri




  17. Realizzazione di un nuovo piano di edilizia popolare per cancellare la vergogna delle liste di attesa che non hanno mai dato risposte ai bisogno di chi è senza casa.

    Un simile programma, e la giunta di svolta che lo promuoverebbe - proprio per l’intrinseco carattere di rottura - incontrerebbero l'opposizione aperta dei governi nazionali (e regionali) di ogni colore. E dunque potrebbero essere imposti e realizzati solo da una mobilitazione di massa straordinaria in aperta contrapposizione alle classi dirigenti. Anche a questo fine, l'intera macchina comunale andrebbe trasformata radicalmente: trasferendo il potere reale nelle strutture autogestite dei lavoratori e del popolo, quartiere per quartiere, posto di lavoro per posto di lavoro, scuola per scuola, su scala cittadina. Un’assemblea cittadina di delegati eletti nei posti di lavoro e nei quartieri, privi di ogni privilegio sociale, permanentemente revocabili dai loro elettori, sarebbe infinitamente più forte, più efficiente, più democratica, più economica, di qualsiasi vecchia macchina burocratica dello Stato. Non è solo un diverso modo di intendere le funzioni pubbliche e l'amministrazione dello Stato. È la prefigurazione di un altro Stato: non più lontano e nemico dei lavoratori, ma organizzatore ed espressione della loro forza.




Una simile giunta sarebbe, a tutti gli effetti, un organo di potere degli sfruttati contro sfruttatori. Per questo costituirebbe di per sé un fattore di richiamo per i lavoratori di tutta Italia e un atto di ribellione contro le classi dirigenti nazionali e internazionali. Sarebbe un passo in direzione di una alternativa generale a livello nazionale, uno strumento di lotta per un governo dei lavoratori in tutta Italia.




Tutti i problemi sociali dei lavoratori, dei precari, dei disoccupati, così come di ogni altra città, possono essere risolti compiutamente solo su scala nazionale ed internazionali. Lottare a Napoli per questa prospettiva generale di svolta non significa evitare di parlare dei problemi particolari della città. Non è “parlar d'altro”: è al contrario l'unico modo coerente di battersi per gli obiettivi e le esigenze dei lavoratori. Fuori da questa prospettiva generale, cioè necessariamente di portata nazionale, ogni forma di radicalismo municipale rischierebbe, contro una sua apparente “concretezza”, di rimuovere la reale possibilità di soddisfacimento delle domande degli sfruttati.




Peraltro, solo una lotta radicale e generale per una alternativa anticapitalista può strappare risultati parziali e concreti, tanto sul piano nazionale quanto su quello locale. Le classi dominanti sono disposte a concedere qualcosa solo quando hanno paura di perdere tutto. Rivendicare “tutto” è l'unico modo concreto per strappare qualcosa. E, viceversa, respingere una prospettiva di lotta radicale è il modo sicuro per non ottenere niente, e dunque di continuare ad arretrare lungo una discesa senza fondo.




Per questo ci rivolgiamo a tutti gli operai, ai lavoratori, gli sfruttati e oppressi di questa città, alle persone più combattive, più generose, più coscienti, ai disoccupati, alle casalinghe, ai pensionati, ai giovani per dire loro la cosa più semplice: uniamo le nostre forze per un governo dei lavoratori e della povera gente a Napoli. Anche attraverso il voto: perché ogni voto al PCL rafforzerebbe questa prospettiva. Ma soprattutto al di là del voto, nei luoghi di lavoro, nelle strade, nelle piazze: perché lì si deciderà chi comanda e chi obbedisce nella società italiana. Noi vogliamo che al posto di comando vadano finalmente i lavoratori.




Lavorare in ogni lotta e in ogni occasione è il nostro impegno quotidiano. La campagna elettorale è solo un campo per il nostro lavoro, uno strumento in più per rivolgerci a coloro per cui lottiamo. Un nostro eletto, in qualsiasi sede istituzionale, sarebbe solo un rappresentante di questa battaglia, in un rapporto indissolubile con le ragioni e le aspirazioni di tutti gli oppressi. Un eletto dei lavoratori, al loro servizio, per una società alternativa; non una pedina di chi avversa i lavoratori a difesa della società capitalistica, come troppe volte è successo.




Napoli, 04/12/2015

Partito Comunista dei Lavoratori – Sezione di Napoli

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