Interventi

Sulle mobilitazioni contro la guerra del 12 marzo

16 Marzo 2016



Il 12 marzo in trenta città di italiane si è manifestato, con presidi e cortei, contro la guerra.
È un fatto importante. Come Partito Comunista dei Lavoratori: abbiamo partecipato, abbiamo contribuito alla scrittura dell’appello e alla organizzazione della giornata; e in tutte le piazze abbiamo portato la nostra posizione politica sulla guerra in Medio Oriente e sull’annunciato intervento militare in Libia, da parte della NATO, a guida italiana.

Innanzitutto sottolineando che la lotta contro la guerra è la lotta contro l’ imperialismo italiano, che prepara la guerra anche se con cautela, visto i possibili risvolti sull'opinione pubblica che potrebbe avere una avventura militare, per difendere gli interessi dell’ENI contro gli interessi della Total, non per difendere la civiltà dalla barbarie dell’Isis, ma per difendere i propri pozzi di petrolio; ed è proprio per questo che la lotta contro la guerra non può essere una lotta interclassista, pacifista, ma una lotta che miri a smascherarne gli interessi economici e di classe.

Secondo. Non si può pensare di eliminare la guerra senza eliminare la sua causa, e la sua causa è il capitalismo, è la concorrenza, è la sete di profitto, perché se è vero, come è vero, che la guerra la si fa per difendere i profitti dell’ENI e delle altre aziende italiane, l’unica soluzione è lottare per una società che non sia basata sul profitto di una piccola élite privilegiata, ma sugli interessi dell’immensa maggioranza: i lavoratori. È questa società si chiama socialismo, che è possibile solo tramite la rottura violenta dello Stato che porti al potere un governo dei lavoratori; e questo governo e questa società è l’unico modo per non avere più guerre. Come diceva Karl Liebknecht: “Se vuoi la pace, prepara la rivoluzione”.

La partecipazione alle manifestazioni è stata modesta: sommando le varie mobilitazioni, poche migliaia in tutta Italia. Questo aspetto è figlio di due cose: l’arretramento generale della sinistra e del movimento operaio - che ha delle conseguenze anche sul movimento antiguerra - e il totale boicottaggio da parte delle grandi organizzazioni della sinistra (ANPI, CGIL, Sinistra Italiana) e dell’antagonismo.
Il movimento contro la guerra di oggi nasce in un contesto ben diverso dal movimento contro la guerra in Iraq di quindici anni fa; quel movimento nasceva in un periodo di ascesa delle lotte sociali, si intrecciava con la lotta vincente dei lavoratori contro l’abolizione dell’articolo 18, con il movimento No Global; aveva al suo interno grandi organizzazioni, mentre il movimento contro la guerra oggi nasce in un contesto di passivizzazione del movimento operaio, dopo la sconfitta col governo sul Jobs Act, di arretramento del movimento della scuola, dopo il passaggio della riforma, e, cosa non di poco conto, è promosso solo da piccole organizzazioni della sinistra, tra cui il PCL.

Le grandi organizzazioni del movimento operaio e della sinistra hanno disertato completamente le piazze. La CGIL è impegnata a trovare un intesa con CISL e UIL, non sa cosa fare contro il renzismo e non dice una parola sulla guerra. La FIOM, nel mentre sanziona i delegati che lottano contro Marchionne, si accoda alla CGIL anche sulla guerra; e le grandi associazioni come l’ANPI e l’ARCI tacciono ermeticamente. Sul versante politico, Sinistra Italiana e Civati, indaffarati nelle elezioni amministrative, preferiscono tacere sulla NATO, visto anche i trascorsi dei loro dirigenti, non proprio pacifisti.
Ma questo potevamo aspettarcelo. Quello che potrebbe risultare strano è la totale assenza dell’antagonismo e dei centri sociali. In tutta Italia i centri sociali hanno totalmente boicottato le manifestazioni contro la guerra, per il semplice motivo che qualsiasi movimento che non sia sotto il loro controllo, per loro deve scomparire. Ed è curioso che chi fa dell’antipartitismo il suo dogma, chi costantemente accusa i partiti di opportunismo e manovrismo, fa una manovra opportunista per rafforzare la propria posizione a scapito del movimento generale.
“Boicotto il movimento contro la guerra, così chi l’ha promosso si indebolisce e di conseguenza mi rafforzo”: questa è la scelta settaria sia dei gruppi politici che fanno riferimento ad Infoaut sia di quelli che fanno riferimento a Global Project, che di alti gruppi antagonisti sparsi.

Un motivo in più per costruire una direzione rivoluzionaria, alternativa al riformismo e al movimentismo, entrambi due facce della stessa medaglia dell’opportunismo; una direzione che punti all’interesse generale del movimento e non ai propri interessi di parrocchia.

Michele Amura

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