Dalle sezioni del PCL

La Chiesa di Papa Francesco sgombera i senza casa a Napoli

La lotta tra proletari e borghesi nella contraddizione tra rendita immobiliare e diritto all’abitare

20 Febbraio 2016

Cresce sempre più il disagio sociale nella città di Napoli. La crisi ha pesantemente colpito le classi sociali povere con perdita di salario e posti di lavoro. Ovunque i quartieri si degradano e con la spending review vengono a mancare finanche i servizi minimi, come il trasposto pubblico, la sanità, l’istruzione.

Franciosa

Cresce sempre più il disagio sociale nella città di Napoli. La crisi ha pesantemente colpito le classi sociali povere con perdita di salario e posti di lavoro. Ovunque i quartieri si degradano e con la spending review vengono a mancare finanche i servizi minimi, come il trasposto pubblico, la sanità, l’istruzione, ecc.

A sentire maggiormente il peso delle politiche antipopolari dei governi degli ultimi anni sono soprattutto i giovani e le donne proletarie. In alcuni quartieri la disoccupazione giovanile è salita oltre l’80% per gli uomini, mentre è addirittura del 100% per le donne.
A ciò si deve aggiungere l’applicazione del Jobs Act e del Modello Marchionne a quel che rimane del tessuto industriale locale, con una nuova leva di giovani operai super sfruttati, che dopo alcuni mesi vengono licenziati e, quindi, impossibilitati a sindacalizzarsi.


LA LOTTA DI CLASSE NELLA QUESTIONE DELLA CASA

Ma la crisi non colpisce soltanto negli aspetti strutturali del capitalismo. Oltre alla mancanza di lavoro, per i proletari della città si sviluppa un altro dramma, ovvero quello della mancanza di case, luoghi della riproduzione sociale della forza-lavoro.
E’ un problema oramai enorme. Interi nuclei familiari – composti anche da sette persone - sono costretti a vivere in monolocali o in sottoscala occupati adibiti ad abitazioni.
Per rispondere a questo problema, sempre più spesso i proletari si organizzano in maniera del tutto spontanea e occupano palazzi abbandonati da tempo, pubblici o privati che siano.
E’ il caso dell’ex Orfanotrofio Femminile “Franciosa”, situato nel quartiere Ponticelli.
Il posto fu occupato nel 1987, dopo un lungo stato di abbandono. Diverse volte la Fondazione privata, che ne detiene la proprietà, ha rivendicato il posto, trovando però, ad ostacolarla, la tenace difesa degli occupanti.
E’ necessario spiegare alcuni aspetti storici che hanno dato vita a questa lotta.
I vecchi feudatari di Ponticelli possedevano, laddove ora sorgono l’ex Orfanotrofio ed una marea di case popolari, un frutteto. Il proprietario, prima di morire, donò i suoi beni alla Chiesa Cattolica. In questo modo i suoi figli, attraverso una fondazione “opera pia”, sono entrati a pieno titolo negli ambienti vaticani. Uno di loro è prete – quello della Basilica locale -, mentre gli altri sono imprenditori legati al mercato degli immobili. All’interno dell’Arcidiocesi organizzano i loro affari. Infatti, lo stesso Cardinale Sepe possiede importanti proprietà immobiliari sparse ovunque in Campania.
Nella sostanza, i vecchi feudatari si sono riciclati nel nuovo ordine borghese con il diritto di proprietà privata su immobili dove non pagano alcuna tassa.

All’interno dell’ex Orfanotrofio vivono 24 nuclei familiari, circa 84 persone, oltre 30 bambini – di cui due cardiopatici -, un minorenne leucemico ed alcuni anziani disabili. Ma la pietà cristiana, tanto sbandierata da Papa Francesco nelle televisioni, evidentemente viene a mancare quando si tratta di soldi. Dinanzi al Denaro non esistono sermoni religiosi che tengano.
Negli ultimi tempi però, la manus immobiliare e gli interessi speculativi della Fondazione hanno deciso di agire col pugno di ferro, pur di riappropriarsi dello stabile. Così il 15 aprile, alcune camionette della polizia provarono a sgomberare il posto, ma senza riuscirci, staccando acqua e luce, come previsto dall’Art.5 del criminale Decreto Lupi.

La sezione locale del Partito Comunista dei Lavoratori, allertata dal quartiere, è intervenuta tempestivamente, portando la propria solidarietà e mobilitando immediatamente le proprie forze contro la Curia di Napoli. Infatti, lo stesso pomeriggio del 15 aprile, gli occupanti ed i militanti del PCL minacciarono il prete della Basilica di occuparla, nel caso in cui fosse stato sgomberato lo stabile.
Nei mesi successivi al tentato sgombero di aprile, il PCL, assieme al sindacato USB, ha costruito un percorso che potesse portare ad una risoluzione definitiva e vantaggiosa per gli occupanti.
Dopo presidi e richieste d’incontri, PCL e USB ottengono d’incontrare il Comune di Napoli per trovare una soluzione che potesse scongiurare un nuovo sgombero, evitando un’ulteriore emergenza sociale in una città già martoriata dalla povertà.

La trattativa, dunque, porta ad una soluzione per la regolamentazione con un accordo tra occupanti, Comune di Napoli e Fondazione, ponendo fine ad una condizione di abusivismo da parte degli occupanti.


I PRETI COMANDANO, I MAGISTRATI OBBEDISCONO

Nonostante le diverse documentazioni prodotte in seguito agli accordi strappati con la lotta contro la Fondazione, la Magistratura inquirente ordina un nuovo sgombero dello stabile fissato al 15 settembre.
Un atteggiamento assolutamente inspiegabile, finanche sotto il profilo della giustizia borghese e del suo ordine pubblico, viste le soluzioni trovate, che stavano portando alla risoluzione della vertenza.

Il 15 settembre un massiccio schieramento militare di oltre 100 agenti tra Polizia Municipale, Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza e dirigenti, in stile parata del 2 giugno, prova un nuovo e duro sgombero. Un vero e proprio assedio, come si fa in guerra, per difendere le ragioni dei preti e della proprietà privata contro quelle sociali dei proletari senza casa. Ma preti, sbirri e giudici non avevano fatto il conto con la determinazione di chi non ha altra scelta che la lotta per il diritto all’abitare. Nonostante 7 ore di assedio, la polizia ha dovuto battere la ritirata.
Il giorno seguente il nuovo tentato sgombero, PCL e USB richiedono al PM una sospensiva dell’atto esecutivo per permettere la produzione di una delibera della Giunta Comunale, tesa alla trasformazione dello stabile in un “albergo sociale” a gestione pubblica, ma il magistrato assume una posizione intransigente.
PCL, USB ed occupanti, quindi, il giorno antecedente la ricorrenza della festa religiosa della città - durante la quale avviene la secolare pagliacciata dello “scioglimento del sangue di San Gennaro”, una sostanza tissotropica che se agitata si scioglie, di cui i preti si servono per alimentare la credenza popolare, la superstizione e l’ignoranza - occupano il Duomo di Napoli, massima sede istituzionale dell’Arcidiocesi.
L’occupazione porta i risultati sperati. Cambia l’atteggiamento dei vertici locali del Vaticano. Questi non avevano mai accettato d’incontrare gli occupanti in trent’anni, perché considerati rozzi e incivili, così come gli aristocratici consideravano i contadini - un odio di classe puro, constatabile durante le ore dell’occupazione del Duomo, dove i dirigenti ecclesiastici non si distinguevano molto da quelli della DIGOS -; cambia l’atteggiamento del PM, che da inflessibile diventa flessibilissimo, ponendo delle condizioni per l’ottenimento della sospensiva, che nulla avevano a che fare con procedimenti a carattere giudiziario.
Il PM chiede di “smetterla di bloccare il Duomo” (testuali parole), evitando così “il caos mediatico” (testuali parole) che in quelle ore si stava producendo. E, continua, chiedendo che l’avvocato della Curia produca una remissione di querela: un atto impossibile sotto il profilo giudiziario vista la legge che prevede la procedura d’ufficio per le occupazioni con numero di persone superiore a 10.
In sostanza il PM, non solo avanzava richieste politiche, ma proponeva anche “escamotage” giudiziari non conformi alle leggi borghesi.
Un comportamento che dà la chiara dimostrazione che fosse sul libro paga della Curia. Per salvare il volto “sociale” della Chiesa, gli eredi - e titolari della Fondazione proprietaria dell’immobile - da un lato dichiaravano di convenire ad un accordo, e dall’altro facevano pressioni sugli ambienti giudiziari per ottenere lo sgombero coatto degli abitanti dell’ex Orfanotrofio.

L’occupazione del Duomo ha portato all’ottenimento della sospensiva di sgombero, indispensabile per la produzione della Delibera da parte del Comune di Napoli.


LA COSTRUZIONE DEL PARTITO E L’INTERVENTO DI MASSA

Ad oggi, gli abitanti dello stabile hanno ottenuto il riallaccio idrico, ma ancora lottano per quello elettrico.

Una battaglia esemplare, che pone in essere la contraddizione e l’antagonismo insanabile tra Capitale e Lavoro, negli aspetti “sociali”, sovrastrutturali. Uno scontro, squisitamente di classe, tra la rendita immobiliare ed il diritto all’abitare.
Il risultato più importante è, però, la crescita complessiva della coscienza di classe degli occupanti, tutti operai, pensionati e casalinghe. Un percorso che sta attraversando due canali: la sindacalizzazione dei proletari dello stabile ed il percorso di avvicinamento al partito delle avanguardie di questa lotta.
Gli abitanti hanno costituito un Comitato ASIA-USB, con dei ruoli democraticamente eletti e rimovibili in qualsiasi momento. Le decisioni vengono prese in assemblea e votate per centralismo democratico. Tale percorso tende al superamento della coscienza individuale ed il passaggio al concepimento dell’unità di classe e la lotta come unico metodo per la soluzione dei problemi economici.
Il Partito ha avviato un percorso di avvicinamento delle avanguardie (il termine “avanguardia” è riferito ai proletari più avanzati, non a gruppi politici) di questa lotta, per la formazione di una coscienza non soltanto “tradeunionistica”, economico-sindaclae, bensì politica degli stessi.

Considerata la fase di arretratezza, di sconfitta del movimento operaio e delle sue avanguardie politiche, il PCL dimostra che con la chiarezza di un programma, unita ad una corretta interpretazione dell’attività di propaganda ed agitazione, è possibile costruire il Partito quadri con influenza di massa, di cui oggi abbiamo tanto bisogno. Un partito la cui costruzione non è più possibile rimandare, perché non nascerà né in maniera spontanea dalle masse, né per la risultante dell’unità di formazioni sindacali dei lavoratori.

Solo un partito con il giusto programma transitorio potrà unire le lotte - che in maniera sparsa si diffondono per il Paese - ad un’alternativa di carattere politico, di potere, la cui realizzazione sarà possibile soltanto con la rivoluzione comunista, come la lotta degli abitanti dell’ex Orfanotrofio dimostra a chiare lettere.
Mai imprenditori, banchieri, proprietari d’immobili lasceranno le loro proprietà ed il potere senza opporre tutta la forza necessaria ed a loro disposizione, anche a costo di passare sulla vita, sui drammi, di bambini malati, anziani disabili e poveri.

Mariarosaria Amaro

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