Dalle sezioni del PCL

La lotta dei lavoratori del polo biochimico di P. Torres e lo sciopero generale dei chimici del 20 gennaio 2016

24 Gennaio 2016

L’ENI vuole cedere ad un fondo gestioni statunitense il 70% di Versalis, società controllata che con la Novamont ha dato vita alla Joint venture Matrìca, per l’attuazione dell’accordo di programma del 2011 per il polo biochimico di P.Torres. Contro la decisione dell’ENI la burocrazia sindacale di CGIL-CISL-UIL indisse per il 28 di novembre dell’anno trascorso 2 ore di sciopero e un’assemblea generale. I lavoratori di P. Torres hanno una tradizione di lotta di massa contro Rovelli e contro l’ENI e sono consapevoli che la vendita del 70% di Versalis significa la fine del polo biochimico. La giornalista Silvia Sanna ha scritto sull’attuale lotta: “La storia sembra dare ragione ai diffidenti. A chi, cinque anni fa, storse il naso di fronte all’amore ritrovato tra Eni e la chimica in Sardegna. Perché l’annuncio sul mega polo bio a Porto Torres arrivò quando ancora si combatteva la battaglia per la difesa del Petrolchimico, o almeno di ciò che era sopravvissuto all’interno della grande area industriale”. La “chimica verde” fu lanciata per evitare un’estensione della lotta dei petrolchimici. Nella loro ultima battaglia (2009-2010) i petrolchimici di P. Torres erano pienamente consapevoli che quella poteva essere la loro ultima battaglia come operai petrolchimici e ci hanno lasciato un loro prezioso documento sulla democrazia di mandato. Si tratta della lettera (ottobre 2009) a Alberto Morselli, seg. Generale della Filcem-CGIL:
“Caro Alberto, siamo i lavoratori che oggi hanno occupato la torre aragonese di P. Torres: Siamo iscritti alla FILCEM, FIOM, FILLEA.
Gli ultimi avvenimenti accaduti nei rapporti con l’ENI e l’accelerazione data alla trattativa con la presentazione di piani che noi non condividiamo e che condannerebbero all’estinzione i nostri posti di lavoro e quello di migliaia di altri lavoratori, uniti alle dichiarazioni di possibilismo di dirigenti sindacali nostri compagni di viaggio fino al luglio scorso ci hanno portato ad uno stato d’ansia elevatissimo perché l’incontro previsto per lunedì prossimo veniva presentato da molti come punto d’arrivo della nostra vertenza.
Abbiamo apprezzato le tue dichiarazioni a sostegno della nostra lotta, ma avremmo preferito discuterne tutti insieme in assemblea.
Abbiamo bisogno di capire che cosa ci si incontra a fare lunedì nel sito di P. Torres, perciò ti chiediamo di venirci a trovare prima dell’incontro perché speriamo di convincerti a non partecipare ad una trattativa nella quale l’ENI conta di depotenziare tutti i risultati ottenuti nella nostra lotta e di tutto il popolo sardo della scorsa estate.
Ci unisce la comune appartenenza alla CGIL e l’idea che ai lavoratori spetti l’ultima parola per dare mandato ai propri dirigenti.
Un abbraccio – Christian Marongiu dipendente Polymeri Europa FILCEM, Giuliano Sechi dipendente Vinyls Italia FILCEM, Alberto Falchi dipendente Angius FILLEA, Antonio Bigella dipendente Sitie FIOM, Luigi Nieddu dipendente Saida Fiom”.
Alberto Morselli, il seg. Generale della Filcem-CGIL, fu in prima fila a organizzare la sconfitta dei petrolchimici di P. Torres.
L’ENI e il governo di fronte alle due ore di sciopero del 28 di novembre hanno continuato per la loro strada. La lotta del polo biochimico di P. Torres è parte della mobilitazione generale della categoria. Da dicembre 2015 allo sciopero generale dei chimici del 20 gennaio 2016 la pressione operaia deve essere stata forte. Nessun rappresentante della giunta degli ascari di Renzi ha partecipato all’assemblea operaia nella sala mensa dell’ex petrolchimico. La Regione Sardegna è firmataria dell’accordo di programma del 2011. Da Porto Marghera a Gela lo sciopero è stato maggioritario e i lavoratori sono determinati. Si tratta di difendere il posto di lavoro. I burocrati sindacali sperano nel ceto politico e nel governo. Se non si tagliano le briglie che ha in mano la burocrazia sindacale, questa continuerà a snervare i lavoratori, l’ENI farà quello che vuole e aumenterà la miseria e la disperazione sociale. Per evitare questa prospettiva dobbiamo impegnarci a tagliare le briglie della burocrazia sindacale.
Dal 2011 ad oggi l’intensificarsi delle convulsioni capitalistiche spinge l’ENI e le altre multinazionali del settore a concentrarsi sul bottino di guerra nel nord africa, in medioriente e ad attrezzarsi per quello dello spazio ex-sovietico. Per gli obamisti di sinistra, la sinistra, la fine della green economy nello stato italiano è un duro colpo. Tutta la loro demagogia si sosteneva su questo affare economico. Gli obamisti di sinistra hanno sempre coperto i tipi come Morselli: la loro funzione è quella di sviare la lotta degli operai e delle operaie contro il padrone e i suoi agenti, la burocrazia sindacale.
La classe operaia e le masse popolari odiano e disprezzano Renzi ed il suo governo. Il governo risponde con le manganellate della polizia, con il carcere e con i processi. Il bullo di Firenze non si preoccupa minimamente della perdita del consenso. Tsipras attua le misure della Troika, fa manganellare gli scioperanti e i rifugiati e non si preoccupa del consenso. Renzi sa che può fidarsi della burocrazia sindacale. Tsipras sa che, in questo momento, in Grecia non esiste nessuno stato maggiore della classe operaia. Ecco perché vanno avanti come dei rulli.
Dobbiamo battere la tattica dello snervamento usata dalla burocrazia sindacale: richieste di “tavoli di trattativa”; incontri con gli esponenti del ceto politico di governo e di opposizione; incontri ai ministeri; qualche scioperi; azioni selvagge; assemblee infuocate e poi la sconfitta.
La lotta di classe contro l’ENI pone immediatamente con la questione del potere politico. La lotta per conquista del potere è favorita, molto e non poco, dal disprezzo delle masse popolari per tutti gli esponenti economici, politici, culturali, religiosi e militari della classe dominante. Ciò che suscita, maggiormente, nelle masse il sentimento di cui parliamo è l’ingiustizia. Vedere gli esponenti della classe dominante incriminati a causa delle loro stesse leggi e poi passarla liscia e conservare il loro posto di comando, spinge le masse a rompere con la legalità che si mostra per ciò che è: la maschera ipocrita della classe dominante. Quando le masse disprezzano la classe dominante la vedono per ciò che è: una minoranza che si fa proteggere da uomini e donne in armi.
In Sardegna dobbiamo orientare la lotta contro la giunta Pigliaru, senza dargli scampo: l’alternativa è il governo dei lavoratori che rompa con lo stato borghese.
Avanti verso la Repubblica Sarda dei Consigli

Gian Franco Camboni - PCL Sassari

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