Dalle sezioni del PCL
Bilancio della manifestazione del 16 gennaio
21 Gennaio 2016
Il 16 gennaio c’è stata una importante manifestazione contro la guerra in Medio Oriente, abbiamo deciso di partecipare come Partito Comunista dei Lavoratori nonostante la natura campista dell’appello e delle organizzazioni promuoventi, perché riteniamo opportuno che ci sia la più larga convergenza della sinistra e del movimento operaio contro la guerra.
Sul campismo
Definiamo campisti, l’appello e le organizzazioni promuoventi, perché difendono il ruolo di potenza della Russia – vista come alleata contro l’imperialismo degli U.S.A. e dell’ Unione Europea – e anche per l’appoggio ad Assad che con la sua dittatura sanguinaria è responsabile dei peggiori crimini contro il popolo siriano, ribellatosi ad esso in nome della democrazia, tra cui l’aver rilasciato dalle carceri siriane, migliaia di fondamentalisti islamici che hanno ingrossato le file dell’Isis in chiave anti-rivolta.
Non siamo d’accordo nel ricercare “un confronto politico che porti ad un accordo tra tutti gli stati coinvolti nella guerra in Medio Oriente, solo così si isola e si sconfigge il terrorismo dell’Isis”, non sarà una nuova spartizione del Medio Oriente da parte dell’Imperialismo a sconfiggere l’Isis, perché il fondamentalismo islamico cresce nel terreno arato dalle politiche di invasione,bombardamenti e guerra degli Usa e degli stati europei degli ultimi 25 anni, e la cosa non cambierebbe se fatto dalla Russia di Putin in accordo con Obama, Hollande e Merkel.
Inoltre, non siamo d’accordo con la semplificazione dietrologista: “L’isis è una creatura dell’Occidente e degli attuali regimi turco e saudita, forse sfuggita di mano ai creatori.”
Ovviamente l’Isis si è sviluppato per le responsabilità dell’ imperialismo ma non è mai stato la sua “longa manus”, l’Isis non persegue gli interessi di nessuno, ma solo i propri interessi di conquista del potere. Ha sfruttato le contraddizioni di tutte le potenze in campo: l’interesse iniziale di Assad a favorire l’Isis per creare un fronte di guerra alle spalle dei rivoluzionari siriani, il recente interesse di Erdogan a favorirlo in chiave anti-curda, l’appoggio economico dell’Arabia Saudita in funzione dell’indebolimento dell’ asse sciita Assad-Iran. Insomma è stata la pedina di tutti, senza essere l’agenzia di nessuno.
Sulla nostra partecipazione
Come detto prima, abbiamo deciso di partecipare perché nonostante tutti i limiti è stata l’unica mobilitazione contro la guerra, ma abbiamo partecipato con una nostra linea politica chiara che ci differenzia – per motivi diversi – da tante forze dell’estrema sinistra.
La prima differenza è la proposta di costituire dei Comitati Contro la Guerra, i più larghi e unitari possibili. Non pensiamo debbano essere dei comitati che nascono sulla base di una particolare analisi dello scenario siriano e medio orientale ma su una basica opposizione alla guerra – a differenza di qualche organizzazione stalinista che cerca di costruire la propria egemonia – e che non si debba limitare all’unità d’azione di organizzazioni d’avanguardia ma si debba lanciare il più ampio fronte unico contro la guerra, in cui tutte le forze del movimento operaio, anche le più grandi e le più moderate (Cgil,Arci,Anpi,Sinistra Italiana), vengano chiamate alla lotta contro la Guerra, e in caso di rifiuto, si assumano la responsabilità della scelta.
Dentro questo quadro unitario, la nostra analisi della Siria parte dagli interessi degli oppressi e degli sfruttati. Dalla parte del popolo siriano stretto tra i fuochi di un dittatore sanguinario e i movimenti fascisti ed islamisti, Isis e Al-Nusra, dalla parte del popolo curdo che lotta per la propria indipendenza contro l’ oppressione turca e l’aggressione dell’Isis, e più in generale dalla parte del popolo arabo oppresso da 25 anni tra le bombe “democratiche” e i tagliagole islamisti.
La nostra linea politica è il sostegno alle rivoluzioni democratiche contro le dittature della regione (Assad, Egitto, Petrolmonarchie e Iran), il sostegno alla rivoluzione nazionale per l’indipendenza del Kurdistan e della Palestina e la lotta per la distruzione dello Stato Islamico e di tutte le organizzazioni islamiste, l’unico modo per realizzare le rivendicazioni democratiche e/o nazionali è lottare per la rivoluzione socialista come hanno recentemente dimostrato il fallimento delle “primavere arabe”, non c’è via di mezzo.
O il proletariato arabo conquista il potere rovesciando la dominazione imperialista e le borghesie nazionali ad essa subalterne, o la crisi dei vecchi equilibri trova uno sbocco per via reazionaria, l’esperienza in Egitto è emblematica. Dove sulla sconfitta della rivoluzione egiziana, per mancanza di una direzione marxista rivoluzionaria, ha preso il potere la giunta militare.
Sull’atteggiamento di altre forze della sinistra
Altre forze politiche di sinistra hanno avuto comportamenti diversi:
Sinistra Anticapitalista non ha partecipato per una diversa linea politica rispetto alle forze organizzatrici, non cogliendo l’aspetto unitario della mobilitazione, scelta particolare per chi per anni ha proposto accozzaglie politiche con forze staliniste (vedi Ross@).
I Centri Sociali Milanesi hanno preferito boicottare la mobilitazione organizzando feste alternative e in contemporanea alla piazza, scelta curiosa per chi si presenta come l’ultra-ribelli conseguenti,militanti che “fanno le lotte”, a differenza dei partiti burocrati che “cercano solo i voti”.
Il Partito d’Alternativa Comunista “risponde con convinzione all’appello di manifestare contro la guerra imperialista” su internet, e per il suo scarso radicamento militante non era presente in piazza.
Alcune forze staliniste presenti in piazza non hanno tollerato una diversa analisi e hanno cercato di azzittire lo spezzone del Partito Comunista dei Lavoratori e i suoi slogan contro Assad.
Il Partito Comunista dei Lavoratori, a differenza di tutte le forze politiche menzionate, a combinato una partecipazione effettiva ad una manifestazione contro la guerra, il rispetto delle posizioni politiche delle altre forze, pur difendendo le proprie e difendendo la propria autonomia.