Interventi

Mario Dondero

La fotografia tra poesia e politica

24 Dicembre 2015
Dondero

Chi è Mario Dondero. Molti, moltissimi prima e dopo il 13 dicembre 2015 - giorno della sua scomparsa - hanno scritto e detto molto, moltissimo su di lui, hanno tratteggiato la sua grandezza di fotografo, la sua sensibilità, la sua cultura. Da decenni si portava l’appellativo di fotografo del Nouveau Roman, anche se mostrava insofferenza nel vedersi circoscritto in un ambito così specifico.
Io ho l’onore di essere suo amico. Scusate, continuo a usare il presente; si fatica sempre ad accettare l’uso del passato nel parlare di qualcuno per cui si prova profonda stima e affetto e per cui vivere è (stato) assolutamente un fatto collettivo, non privato. E già dal primo incontro, la cosa che più colpisce, di Mario, è la sua umanità, che è un tutt’uno con la semplicità e la purezza del bambino che sa raggiungere l’altro in modo diretto, senza sovrastrutture o ipocrisie.
E forse questa sua dimensione etica ci fa capire che, per avvicinarci alla ricchezza di un uomo così al di fuori dell’ordinario, come artista e come intellettuale, bisogna soffermarsi sul Mario Dondero ‘politico’.
Non è forse un caso se la nostra amicizia è nata grazie a un comune impegno politico-sociale…
Nel 2009 con Caterina Di Rienzo, avevo iniziato un progetto fotografico sui partigiani e così a Fermo abbiamo incontrato, intervistato e fotografato Mario Dondero che a 18 anni imbraccia il fucile e combatte nelle brigate comuniste per la liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo: A quell'età non avevo le idee chiare da un punto di vista politico, ma sapevo chiaramente che come avevamo vissuto fino a quel momento non era più accettabile.
La sua lotta contro le menzogne di regime inizia quindi a 18 anni, con un fucile, e prosegue per tutta la vita, con una macchina fotografica. Questo fa di lui il fotografo engagé che non ha mai perso la sua vocazione ad attraversare i fronti più critici degli ultimi sessant’anni di storia.
Ed è così che la sua militanza, Mario l’ha portata avanti fino alla fine, sempre immerso nel mondo, raccontandone la parte meno suggestiva e compiacente, e comunque narrando il volto vero delle cose, al di fuori della retorica. In questo sta la poeticità della sua fotografia.
Voglio concludere questo breve ricordo con le parole di Claudio Bassi, il suo stampatore, fotografo lui stesso, e suo grande amico, che riescono a farci vedere quanto Mario sia saputo entrare nella vita e nel cuore delle persone che ne hanno incrociato la strada e che il 16 dicembre si sono ritrovate nel palazzo comunale di Fermo per rendergli l’ultimo saluto.


36a
L'esposizione, l'inquadratura, i componenti – Laura, i figli, i
partigiani del polesine, l'editore di Bergamo, i fotografi di
Roma e Milano, i giornalisti del Manifesto e de La Repubblica, le
autorità del luogo.
La gente di Fermo con pugno chiuso alzato che canta "bella ciao” -
È di Mario l’ultimo scatto.



(36a è l’ultima posa a disposizione del fotografo nel rullo fotografico)

Massimo Cappellani

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