Interventi

La NATO “sunnita”

Sulla neocostituita alleanza anti-ISIS dell'Arabia Saudita

19 Dicembre 2015
ArabiaSaudita ISIS


L’alleanza militare costituita a Riyad il 15 dicembre, che raccoglie 34 paesi – tra cui le monarchie del Golfo, la Turchia, l’Egitto, il Pakistan e diversi paesi africani «per contrastare il terrorismo, che diventa una minaccia agli interessi della nazione islamica» e per difendere il «diritto dei popoli all’autodifesa», come è scritto nel comunicato finale – fornirà la carne da macello per l’offensiva che si prepara contro gli alleati di Putin nella regione: Iran, Assad ed Hezbollah in Libano. Anche i Saud e Al-Sisi, il dittatore militare egiziano, hanno abbracciato l’ideologia dell’imperialismo democratico.
Questa maschera ha lo scopo di ottenere il pieno appoggio del ceto medio laicista dei paesi imperialisti dominanti. A garantire per Al-Sisi ci ha pensato, nello stato italiano, il generale Carlo Jean (1), una delle punte di lancia dell’imperialismo italiano, nell’ultimo volume di Limes (La strategia della paura). Al-Sisi sostiene, come il gen. Jean, che “all’origine della violenza sia la religione, strettamente connessa con la politica”. Il dittatore egiziano è propugnatore di una “riforma religiosa” e «ha auspicato più volte alla Direzione della Morale delle forze armate egiziane e all'università di al-Azhar, principale centro teologico del sunnismo, un’interpretazione diversa da quella letterale che ne danno i radicali, i quali pensano di ripristinare l’antica grandezza dell’Islam tornando alle sue origini. Al-Sisi vuole invece adeguarlo al mondo moderno. Sostiene quindi la necessità di una profonda riforma religiosa». Per realizzare questa “riforma religiosa” ha preso il potere con un colpo di stato nel luglio del 2013, mettendo fuorilegge i Fratelli musulmani. L’ultimo passo della “riforma religiosa” è la conferma, nell'aprile scorso, della condanna a morte per Mohammed Badie (71 anni) e altre 12 persone, accusati di avere pianificato attacchi contro lo Stato.

Il generale Jean, che passa per un intellettuale raffinato, ragiona in modo burocratico. Jean utilizza l’espressione “riforma religiosa” in modo metafisico, astorico. Nella storia del rovesciamento del feudalesimo e dell’avanzata del capitalismo è stata determinante la rivolta di tutte le classi della Germania contro la feudalità ecclesiastica e contro lo Stato vaticano, la Riforma protestante. Il nome deve essere sempre adeguato alla cosa. La “riforma religiosa” di Al-Sisi è la maschera per mettere ordine nella società egiziana con i proiettili e farla pagare alla classe operaia egiziana per lo spavento che ha provocato alla classe dominate di quel paese dai grandi scioperi del 2008. Ordine all’interno per poter procedere a mani libere nella guerra contro gli alleati di Putin.

Dobbiamo prepararci all’intensificazione ed estensione dell’azione militare imperialista, unita a misure dittatoriali all’interno, come ha iniziato a fare Hollande nell'Unione Europea. A convincere il ceto medio laicista sulla necessità di introdurre lo stato di eccezione ci pensa sempre il generale Jean: «tra terrorismo e antiterrorismo esiste una profonda asimmetria. Essa riguarda anzitutto i costi. Il terrorismo costa poco. L’antiterrorismo molto, in termini sia economico-finanziari sia di libertà personali e di diritti civili. La sicurezza è essenziale per la libertà, ma per assicurarla è spesso necessario comprimere la seconda». L’imperialismo è l’epoca della lotta della borghesia contro la democrazia politica quando questa diventa incompatibile con il suo dominio. Nella prima guerra imperialista mondiale i predoni liberali dell’Intesa erano alleati della principale potenza reazionaria d’Europa. L’imperialismo sa orchestrare bene le sue campagne per la guerra. L’ideologia dell’imperialismo democratico serve a confondere il movimento operaio internazionale. Gli interventi militari dell’imperialismo sono utili solo all’imperialismo. Chi avanza nelle vittorie è l’imperialismo e non coloro che pensano di utilizzarlo. È vero che «è proprio dall’insegnamento degli sviluppi di ciò che avvenne a seguito della Liberazione che dobbiamo apprendere per non commettere gli errori del passato, per non vedere i destini segnati per anni dalle logiche di spartizione» (2). Non si può difendere la democrazia politica in Francia e contemporaneamente sostenere la “coalizione contro l’ISIS” come fanno Krivine e Besancenot.

La nostra arma più importante è l’unità del proletariato dell’Unione Europea. La repressione si scatena contro il proletariato di origine araba. Quando nell’ottobre 2005 si scatenò la rivolta del giovane proletariato e sottoproletariato delle periferie francesi, il noto islamista Oliver Roy negò qualsiasi influenza dell’islamismo in quella rivolta che nasceva «dal malessere di una parte precisa della popolazione che vive in zone delimitate – i quartieri alla periferia delle città – e non ha una matrice religiosa. L’Islam non c’entra. La stampa internazionale sbaglia quando parla di ribellione dei giovani musulmani […] A far detonare la crisi sono stati i poliziotti, in particolare la morte di due ragazzini che per sfuggire a un controllo si sono infilati in una cabina elettrica, rimanendo fulminati. Ma questa è solo la causa contingente, il pretesto».
Quelle masse proletarie e sottoproletarie giovanili rivoltose non potevano non politicizzarsi. Ma settori di queste non sono stati inquadrati e disciplinati dal proletariato rivoluzionario, bensì da organizzazioni mercenarie con una copertura islamista. Se conquistate alla rivoluzione socialista mondiale, questi settori del proletariato porteranno nuova linfa e spirito di combattimento nel movimento operaio e socialista in Europa. Per conquistarle dobbiamo lottare insieme a loro contro i governi dei predoni imperialisti.



1) È stato Capo Ufficio Pianificazione Finanziaria e Bilancio dello Stato presso lo stato maggiore. Negli anni Novanta ha ricoperto vari incarichi di direzione militare in diverse istituzioni. Dal dicembre 2002 al dicembre 2006 è stato Presidente della SOGIN - Società Gestione degli Impianti Nucleari. In questa veste fece la malaugurata proposta di scaricare le scorie nucleari in Sardegna. Fece marcia indietro e al giornalista del Corriere della Sera, Franco Foresta, che lo intervistò disse: “prima di Scanzano si era esplorata la possibilità della Sardegna nord-orientale e abbiamo avuto una specie di rivolta preventiva. Poi, per evitare il ripetersi di una cosa del genere, ci siamo mossi con discrezione, studiando la fattibilità del deposito geologico a Scanzano” (6 dicembre 2004). Attualmente è in pensione e collabora con la rivista Limes, la cui dedizione alla causa dell’imperialismo democratico è conosciuta.
Il titolo dell’articolo citato è “I musulmani devono temere l’Occidente più dei terroristi”

2) http://pcl-emilia-romagna.blogspot.it/2015/12/venti-di-guerra-note-critiche-scaturite.html

Gian Franco Camboni

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