Interventi

La risposta reazionaria di Putin alla guerra ibrida dell’imperialismo. La risposta rivoluzionaria del movimento operaio internazionale alla guerra imperialista

30 Novembre 2015

Alla guerra ibrida dell’imperialismo alla Federazione Russa, Putin, come gli altri restaurazionisti cinesi, risponde alternando fanfaronate militari ad atti di prostrazione all’imperialismo.

Il 17 aprile del 2014 il ministro degli esteri russo Lavrov sottoscrisse, insieme al ministro degli esteri ucraino, Andrei Deschytsia, al segretario di Stato Usa, John Kerry, e all’Alta rappresentante dell’Unione europea per gli Affari esteri Catherine Ashton, l’Accordo di Ginevra. Il ministro di Putin sottoscriveva un documento che nel punto due stabiliva che: «Tutti i gruppi armati devono essere disarmati. Tutti gli edifici occupati illegalmente devono tornare ai legittimi proprietari. Tutte le strade, piazze e altri luoghi pubblici nelle città e nei paesi dell’Ucraina devono essere sgomberati».
Quello che i campisti credono un campione dell’antimperialismo si impegnò a disarmare gli insorti del Donbass. Il governo di Kiev aveva già pensato a rendere inoffensivo il secondo punto dell’Accordo di Ginevra del 17 aprile inquadrando le unità militari dei sicari fascisti nella Guardia Nazionale, agli ordini del ministero degli interni di Kiev.
Da quel momento nel Donbass molti iniziarono a pensare e ad agire contando solo sulle proprie forze per rovesciare il governo golpista di Kiev e punire le bande fasciste. Ai primi di settembre Putin, durante il Forum economico a Vladivostock, annunciò di aver proposto agli USA ed alla Turchia, all’Arabia Saudita e alla Giordania una coalizione anti-ISIS. A metà novembre, dopo l’assassinio dei 224 passeggeri dell’Airbus Metrojet (31 ottobre), Putin rilancia la coalizione contro l’ISIS, “come quella contro Hitler”.
Nonostante questi atti di servilismo, la notte di sabato 21 novembre, in Crimea un milione e seicentomila persone rimangono senza corrente elettrica a causa di un attentato alle infrastrutture di distribuzione dell’energia elettrica; il 24 novembre un cacciabombardiere russo viene abbattuto al confine turco-siriano. Il 26 novembre a Mosca l’“uomo duro del Cremlino” conferma il suo sostegno all’imperialismo francese.
All’attacco turco Putin risponde in modo reazionario: non solo le solite sanzioni, ma anche il divieto di assumere lavoratori turchi nelle imprese russe. Nella Federazione Russa risiedono 200.000 cittadini turchi. L’ex spione vuole rimanere a galla cercando di montare l’orda nazionalista, così come fa Erdogan. Ma i governi degli imperialismi dominanti, come pure quelli degli imperialismi di secondo ordine, sanno bene che dalle grandi masse non avranno mai il consenso per la guerra, infatti usano il terrore e la cospirazione per “creare le occasioni”, per forzare gli eventi.

La guerra ibrida alla Russia ha di mira la immense ricchezze naturali di questo paese e lo sfruttamento servile della popolazione. La guerra ibrida alla Russia è la guerra al proletariato di quella terra sterminata. Il proletariato russo dovrà combattere su tre fronti:
1) contro Putin perché l’ex spione non è in grado di sconfiggere l’aggressione imperialista;
2) contro gli eventuali successori di Putin, graditi all’imperialismo USA ed UE;
3) contro le forze della NATO.

I campisti, invece di lavorare per rovesciare i governi imperialisti in guerra, illudono chi li segue sulla forza della Russia e della Cina. Sbagliano, perché l’imperialismo dominante è molto più forte militarmente di Russia e Cina. Né Putin né la cricca dei milionari ai vertici del PC cinese vogliono contrastare fino in fondo l’aggressione, e sono sempre pronti a capitolare. I campisti non hanno fiducia nelle masse, per questa ragione si affidano sempre a una potenza dominante, giustificando questo affidamento con un pseudoragionamento: “è contro il nemico principale, quindi lo sostengo”.

La politica di guerra costa, e ciò aumenterà l’odio ed il malcontento verso i governi e i ricchi.
Oggi vale quanto scrissero Lenin, Luxemburg e Martov nella Risoluzione approvata al congresso di Stoccarda dell’Internazionale Operaia Socialista, la II Internazionale (agosto 1907): “Nel caso in cui la guerra scoppiasse, i socialisti hanno il dovere d’interporsi per farla cessare immediatamente e di utilizzare con tutte le loro forze la crisi economica e politica creata dalla guerra per mettere in agitazione gli strati popolari più profondi e precipitare la caduta della dominazione capitalista”.

Gian Franco Camboni

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