Interventi
Il partito operaio e Galileo
10 Settembre 2015
Per il socialismo scientifico la scienza della natura e la tecnica sono forze produttive. Il proletariato rivoluzionario, conquistando il potere, libererà la scienza della natura dalle catene dei rapporti sociali capitalistici. La scienza sarà liberata dopo che l’aristocrazia finanziaria sarà privata dei diritti politici: l’unico modo per mettere fine alla sua maleficenza.
Il socialismo scientifico è l’erede della rivoluzione galileiana: “Fu il più grande rivolgimento progressivo che l’umanità avesse finora allora vissuto: in periodo che aveva bisogno di giganti e che procreava giganti:giganti per la forza del pensiero, le passioni, il carattere, per la versalità e l’erudizione. Gli uomini che fondarono il moderno dominio della borghesia erano tutto, fuorché limitati in senso borghese... Gli eroi di quell’epoca non erano ancora sotto la schiavitù della divisione del lavoro, che ha reso così limitati ed unilateri tanti dei loro successori. Ma la loro caratteristica vera e propria sta nel fatto che vivevano e operavano, quasi tutti, in mezzo agli avvenimenti del tempo, alle lotte pratiche: prendevano posizione e combattevano anch’essi, chi con la parola e con gli scritti, chi con la spada, parecchi con ambedue. Veniva da ciò quella pienezza e quella forza di carattere, che li faceva uomini completi. Gli eruditi di biblioteca sono delle eccezioni: o gente di secondo o terzo rango, o filistei prudenti che non volevano scottarsi le dita sul fuoco Anche la ricerca scientifica si muoveva in mezzo alla rivoluzione generale ed era essa stessa rivoluzionaria: doveva lottare per conquistare lo stesso diritto di esistenza… l’atto rivoluzionario con il quale la ricerca scientifica proclamò la sua indipendenza, rinnovando insieme il gesto di Lutero che brucia le bolle papali, fu la pubblicazione dell’immortale opera con la quale Copernico – se pur esitando e per così dire solo sul letto di morte – gettò il guanto di sfida all’autorità della Chiesa nell’interpretazione dei fenomeni naturali. Data da quel momento l’emancipazione della ricerca naturale dalla teologia, seppure la separazione delle reciproche competenze si sia protratta fino ai nostri giorni e non si sia ancora compiuta in molte menti. Ma da quel momento in poi lo sviluppo delle scienze procedette con passi da gigante ed aumentò di forza, si potrebbe dire, in modo direttamente proporzionale al quadrato della sua distanza nel tempo) dal suo inizio. Sembrava quasi che dovesse essere dimostrato al mondo che per lo spirito umano, il prodotto più alto della materia organica, valeva da allora in poi una legge di movimento opposta a quella che regola la materia inorganica[legge newtoniana della gravitazione universale]” (Engels, Dialettica della natura, introduzione).
Periodicamente dalla fine del XIX gli intellettuali della borghesia, in particolare i filosofi, lanciano crociate contro il valore conoscitivo della scienza della natura perché la conoscenza umana ha limiti invalicabili. La borghesia quando esaurisce la sua funzione rivoluzionaria e diventa agonizzante, ostacola lo sviluppo delle forze produttive, rinnega la rivoluzione galileiana e la tradizione materialistica greca (gli Ionici, Democrito ed Epicuro). Il socialismo scientifico fonda la possibilità del comunismo sulla scoperta scientifica della contraddizione immanente del capitalismo: la legge della caduta tendenziale del saggio del profitto. Questa legge esprime, contemporaneamente, un lato progressivo che è lo sviluppo e l’applicazione della scienza della natura alla produzione economica e uno negativo perché la borghesia blocca lo sviluppo della scienza della natura e l’applicazione piena dei suoi risultati in quanto riducono la quota di plusvalore. Dagli empioricriticisti, pure dentro la frazione bolscevica, ai filosofi postmoderni, il ritornello è lo stesso: il socialismo scientifico fa della metafisica perché pretende di conoscere le leggi che si danno vita e si manifestano nei fenomeni. Poiché secondo questi apologeti del capitalismo noi possiamo conoscere solo fenomeni e non il movimento oggettivo, la legge della caduta tendenziale del saggio del profitto, dedotta dalla teoria del valore, è solo una rappresentazione mentale. I filosofi postmoderni, questi apologeti del capitalismo col loro scetticismo corrosivo, sono solo dei sofisti ben pagati, ben addentro l’industria culturale e il mondo universitario - che dopo essere stati dei parassiti sul corpo del movimento operaio, hanno lavorato per far trionfare la controrivoluzione dell’aristocrazia finanziaria. Fra questi va menzionato Massimo Cacciari che dopo aver appreso i primi rudimenti del pensiero vivente nel movimento operaio ed, in particolare nel PCI, ha agito per distruggere gli ultimi legami che quel partito aveva con la classe operaia e le masse sfruttate. Cacciari è in buona compagnia con Toni Negri: “Quest’orizzonte della più straordinaria aridità ontologica lo chiamiamo Wittgenstein, così come quel mare dell’essere il cui squallore non impediva il sublime, bene, quel mare voglio chiamarlo Heidegger. Ma perché cerchiamo, o fingiamo di cercare, qua e là, bricolage dispersivo, – quando conosciamo benissimo tutto questo? Quando la nostra vita intera ne è stata prima un’attesa, poi una testimonianza? Wittgenstein e Heidegger sono il postmoderno, la base non del nostro pensiero ma della nostra sensibilità, non della filosofia ma dell’esistere – e del nostro poetare”.
Cacciari ha lavorato per screditare il libro di Lukacs “La distruzione della Ragione”, per diffondere la filosofia reazionaria da quella di Nietzsche, il creatore della piattaforma filosofica del nazismo, a quella del filosofo nazista Heidegger.
Il proletariato rivoluzionario ed il suo partito devono conquistare alla causa del socialismo la comunità scientifica, un passo importante, in questa direzione, è la lotta contro i postmodernisti che buttano fango sulla rivoluzione galileiana, ma di loro si può dire ciò che il professor Enrico Bellone ha scritto di Max Horkheimer, altro idolo della sinistra radicale: “non era in grado di distinguere un teorema da un'ananas”.