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LA SVOLTA DI CUBA

13 Aprile 2015
Cuba

Articolo del mensile PCL "UNITA' DI CLASSE" numero di Marzo 2015

Con il tentativo di un cambiamento storico nella politica verso Cuba, Obama dimostra il fallimento della strategia dell’ intransigenza criminale USA nel tentativo di un cambiamento di regime tramite il soffocamento economico dell’ embargo, ma anche di tutti i tentativi di destabilizzazione dal 1961 ad oggi.
Negli Stati Uniti si muovono diversi settori interni politici ed economici con una modifica dell’ orientamento verso Cuba, accompagnati da tentativi internazionali contro il blocco economico. La stessa comunità in esilio mostra segnali di apertura al dialogo . Ma queste prove di cambiamento di politica della Casa Bianca puntano ad aumentare l'interferenza imperialista nel processo di restaurazione capitalista nell'isola che sta promuovendo il governo di Raul Castro, in particolare dal 2011, con l'attuazione di linee guida riformiste nella politica economica e sociale .
Era da decenni che il governo cubano e quello statunitense non si incontravano per un vertice ufficiale. Nei mesi scorsi delle delegazioni guidate dal sottosegretario di Stato USA per gli Affari dell'Emisfero Occidentale Roberta Jacobson e un alto membro del governo cubano Josefina Vidal si sono incontrate nella massima riservatezza all’ Avana. I temi discussi hanno trattato le aperture di reciproche ambasciate, di migrazione e di diritti umani e soprattutto della possibile revoca del blocco economico e commerciale contro Cuba. Possibilità però alquanto difficile nell’ immediato a causa della posizione intransigente verso possibili concessioni da parte del partito repubblicano che controlla il Congresso americano. Malgrado le dichiarazioni di rito alla stampa definite molto “amichevoli” entrambe le parti non si sono sbilanciate al di fuori delle loro storiche posizioni. In particolare il governo cubano si è espresso fermamente contrario alla continua concessione dell’ asilo politico in USA agli immigrati provenienti da Cuba che altro non fa che favorire l’espatrio clandestino.
Il governo cubano poi ha smentito che i colloqui abbiano affrontato la questione dei “diritti umani” mentre il segretario di Stato John Kerry ha calcato la mano dichiarando che per il governo USA il tema è stato al centro della discussione. Come per la storica contesa dell’area della base americana di Guantanamo o quella dei capitali espropriati ai possidenti cubani esiliati in Florida.
Tutti questi elementi sono stati al centro delle trattative per "normalizzare" le relazioni e il governo cubano in segno di buona volontà ha rilasciato 53 dissidenti. Questo tentativo di “normalizzazione” è in via di elaborazione da qualche anno anche tramite “mediazioni interessate” da parte del Vaticano e i governi di paesi imperialisti nord americani come il Canada o i governi dei paesi europei. Il risalto mediatico internazionale di questi possibili accordi è stato enorme ed è stato rilanciato dai governi e dalle forze riformiste presenti in America Latina.
Gli interessi economici sono enormi. Basterebbe pensare come ad esempio la Spagna o il Canada e gli stessi USA stiano elaborando progetti inerenti i settori turistico, minerario e alimentare o come la Russia, l’ Europa e i paesi americalatini più ricchi abbiano investito enormi risorse per nuove aree portuali come quella di Mariel.
In ogni caso gli Stati Uniti non rinunciano assolutamente alla restaurazione capitalista a Cuba. La ripresa delle relazioni diplomatiche e la possibile revoca del blocco, sono funzionali a rendere più efficace l'interferenza economica e diplomatica USA con gli obiettivi di sempre: restaurare a pieno titolo l’ egemonia capitalista. Spinte che trovano contrarie le lobbie più reazionarie nord americane: in particolare da parte del partito repubblicano al Congresso e dei settori dell’estrema destra.
Ma il problema più spinoso nasce ancora una volta dalla stessa Cuba. Complice di questa evoluzione, ma sarebbe meglio dire involuzione, è il governo di Raul Castro che in questi ultimi anni si è mosso in una prospettiva riformista a favore di un introduzione graduale del capitalismo a Cuba ed ha mantenuto la centralità e il controllo burocratico del partito ”comunista” cubano nel paese seguendo modelli come quello della Cina o del Vietnam. Non solo: la nuova politica cubana di restaurazione capitalista ha avuto l’ appoggio dei governi “progressisti” dell’ America Latina che l’ hanno mascherata come una grande vittoria.
Viceversa è indispensabile nell’ isola un programma marxista rivoluzionario non solo per difendere i risultati della stessa rivoluzione del 1959 ma soprattutto per la ricostruzione di una prospettiva anticapitalista ed antimperialista in America Latina. Deve essere concessa la massima libertà di auto organizzazione della classe operaia in particolare di tutte quelle forze e le tendenze politiche che si battono per questa parola d’ordine e che quindi abbiano il pieno diritto di opporsi alla politica di restaurazione e riforme che stanno riducendo pesantemente le conquiste della rivoluzione. Nello stesso tempo deve essere rotto senza indugi l’ embargo fermando le misure di austerità e la soppressione di aiuti e della distribuzione di derrate alimentari alla popolazione ed è necessario fermare l’ ingresso di capitali stranieri. La burocrazia deleteria del monopartito deve essere smantellata dall’ auto organizzazione della classe operaia.
E’ indispensabile elevare la qualità dell’ istruzione, della sanità che è sempre stata un fiore all’ occhiello di Cuba e delle conquiste di benessere per la classe lavoratrice. Certamente non è una prospettiva di facile realizzazione.
Gli USA hanno la necessità di controllare l’ America Latina come leva per la sua continuazione di egemonia mondiale. Per farlo devono eliminare tutte le contese problematiche come quella con Cuba nella regione, assumendo il ruolo guida ed il controllo politico ed economico nel continente ponendo pesantemente la sua autorità economica ai paesi che cercano alleanze regionali come ad esempio in quella dei BRICS oppure facendo il pugno di ferro con il Venezuela. Una politica del bastone e la carota: tattica seguita ad esempio per favorire i colloqui di pace proprio all’ Avana tra il Governo Colombiano e le FARC.
Questo passaggio di strategia da parte dell’ imperialismo Nord Americano non è poco.

Nel 1961 gli Stati Uniti rompevano tutti rapporti con Cuba e instaurava il blocco commerciale cercando di sopprimerne in questo modo la rivoluzione che di fatto era una spina nel suo fianco a pochi chilometri dalle coste della Florida. Il suo imperialismo non ha mai cessato in tutti questi anni di usare il pugno di ferro contro Cuba. L’attacco militare alla Baia dei Porci è stato il tentativo più spettacolare che poteva essere motivo di mobilitazione internazionale da parte dei movimenti dei lavoratori ma del tutto disillusa dalla subordinazione all’ Unione Sovietica e allo stalinismo che hanno distorto la resistenza del popolo cubano in una lotta prettamente nazionalista.
L’ imperialismo americano malgrado le sofferenze inflitte al popolo cubano non è riuscito ad abbattere il governo di Fidel Castro. Ci sono stati in decenni moltissime svolte storiche di importanza mondiale. Dalle lotte degli anni 70 al crollo dell’ Unione Sovietica. In queste evoluzioni gli Stati Uniti hanno fallito strategia perfino dopo il crollo del muro di Berlino nel tentativo strangolare Cuba per velocizzarne il cambio di governo. Nello stesso tempo è fallito anche il programma politico di Castro. L’ intreccio tra la possibile restaurazione capitalistica e il fallimento della burocrazia di un partito centralizzato all’ interno della teoria del socialismo in un paese solo, non può dare molta speranza ai lavoratori cubani. Ma l’ appoggio solidale che parte dalle lotte attuali in Nord America ed America Latina e negli altri continenti insieme alla crisi galoppante del capitalismo possono generare nuova linfa ai valori della rivoluzione cubana. Questo perché se l’ afflusso di capitali stranieri può generare nel breve periodo un miglioramento delle condizioni di vita in alcuni settori, il capitale andrà a saccheggiare il territorio dell’ isola ed accentuerà lo sfruttamento della forza lavoro locale. Verranno avvantaggiati i grandi burocrati governativi che gestiscono le grandi aziende del paese e gli uffici del commercio estero. E’ necessaria una “nuova rivoluzione” che difenda il futuro dell’ eroico popolo cubano. La rivoluzione socialista a Cuba è un compito storico del movimento operaio internazionale, legato alla lotta contro l'imperialismo e per la nascita di una federazione delle repubbliche socialiste dell'America Latina.


Ruggero Rognoni Commissione Internazionale PCL Febbraio 2015

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