Dalle sezioni del PCL
Landini cinico illusionista
29 Marzo 2015
Il segretario della FIOM si è affrettato a rassicurare Renzi: “stia tranquillo, non siamo qui contro di lui, ma abbiamo l’ambizione di proporre idee per il futuro dell’Italia”. Fretta inutile, Renzi e gli altri membri del governo non avevano e non hanno dubbi sulle intenzioni del sindacalista. I militanti e le militanti che lo ascoltavano non volevano sentire parole del genere. Non c’è da perdere tempo sulla “coalizione sociale” di Landini, va denunciata come una cinica manovra truffaldina per mascherare la sottomissione al governo e alla classe dominante. Se Landini avesse voluto realmente una coalizione sociale di lotta per cacciare via Renzi, dopo i tre giorni di squadrismo poliziesco a Brescia, avrebbe dovuto convocare la manifestazione in questa città di antiche tradizioni rivoluzionarie risalenti al biennio rivoluzionario del 1848-49.
Il contenuto della proposta di Landini non è nuovo. Gramsci chiamava il PSI “un circo Barnum”. Il Partito Socialista Italiano, un partito contenitore, si rivelò pienamente inadeguato alla prova cruciale del 1919-1920, e il Partito Socialista Italiano, di quegli anni, aveva uno spessore incommensurabile con quello della burocrazia Fiom e del piccolo ceto politico-intellettuale di sinistra borghese che la sostiene. Quest’area politica si rifiuta di prendere atto che l’aristocrazia finanziaria vuole farla finita con tutte le conquiste economiche, giuridiche, politiche e culturali del movimento operaio e socialista ottenute nel XIX e XX secolo. Quest’area si rifiuta di riconoscere che la crisi inarrestabile(Altamira) si trasforma in crisi rivoluzionaria. Per questa ragione vanno combattuti.
Mai come oggi la burocrazia sindacale è stata così debole: il governo abolendo la concertazione elimina la base materiale della sottomissione della classe alla burocrazia che per rimanere a galla si è inventata la “coalizione sociale”. Il collante ideologico dei sostenitori di Landini è “la difesa della costituzione più bella del mondo”. Landini rivendica la storia del Partito Comunista Italiano. Nell’ VIII congresso (1956) fu approvata, in termini difensivistici, l’organizzazione dell’insurrezione della classe operaia qualora la classe dominante decidesse di abolire la Costituzione. Sicuramente il sindacalista non conosce quel momento della storia di quel partito fondato da coloro che nello stato italiano, dal febbraio del 1917, volevano fare “come in Russia”. Nonostante la rottura con il leninismo e la rivoluzione d’ottobre, Togliatti non poteva, ancora, eliminare il riferimento all’insurrezione che costituiva uno dei punti centrali di tutto il patrimonio scientifico ereditato dal Partito Operaio Socialdemocratico della Russia (frazione bolscevica). Tutto il corpo militante del partito era stato formato intorno a quella necessità. Fra i punti di riferimento di Landini c’è Pietro Ingrao che a metà degli anni ’80, su Rinascita, il settimanale del PCI, dichiarò superato l’uso della violenza nelle lotte di liberazione nazionale, negò il carattere progressista delle guerre rivoluzionarie nazionali. Nonostante la sua grandezza Rosa Luxemburg, nella polemica sulle guerre rivoluzionarie nazionali con Lenin, si sbagliava e quest’ultimo aveva ragione. Bertinotti per distinguersi si dichiarò luxemburghista. Insomma proprio un “circo Barnum”.
Camusso ha accennato a un “piano per il lavoro”. L’intenzione è la stessa di quando qualche anno fa a Cagliari accennò alla requisizione dell’Alcoa. La lotta per un piano per il lavoro se si vuole fare, ed è strategica, è tutt’uno con l’organizzazione della lotta dei disoccupati. La ripresa delle lotte in fabbrica è condizionata dalla presenza o meno di un’organizzazione di lotta dei disoccupati. L’organizzazione della lotta per un piano per il lavoro investe immediatamente la sfera politica, dai consigli comunali al governo. Nel lavoro organizzativo bisogna essere duttili per aderire alle coscienze che vogliamo contribuire a far diventare rivoluzionarie