Dalle sezioni del PCL

La battaglia di Debaltsevo

19 Febbraio 2015

Poroshenko ha ammesso la vittoria della milizie popolare a Debaltsevo.
“Centinaia di soldati delle forze governative ucraine hanno iniziato una ritirata caotica da una città della parte orientale del paese. Una sconfitta molto importante con conseguenze imprevedibili per il futuro”( Washington post 18/02). L’80 % dei soldati è andato via. La trappola dell’ultimo accordo di Minsk consisteva nel disarmare la milizia popolare che circondava circa 5000 soldati dell’esercito di leva ucraino al servizio del governo di Kiev. Ma la controffensiva delle milizie è proseguita vittoriosa.
Quali sono le ragioni delle vittorie delle milizie popolari dall’aprile del 2014? Le masse del Donbass hanno immediatamente afferrato quali sviluppi avrebbe avuto il primo decreto del governo golpista che aboliva il diritto delle regioni di adottare il russo come seconda lingua ufficiale. La guerra delle masse del Donbass nonostante le manovre di Putin, degli elementi nazionalisti e l’assenza di una effettiva direzione comunista mondiale, va avanti verso l’obiettivo finale: il rovesciamento del governo di Kiev e la sconfitta di tutte le manovre politico-militari dell’imperialismo. L’ennesima firma di Putin dovrebbe chiarire a quelli che, anc ora, si ostinano nell’illusione dell’ “antimperialismo euroasiatico” di Russia e Cina. Il peggior errore che commettono è quello di non vedere il malcontento delle masse russe e delle importanti lotte dei salariati contro il governo del Cremlino e fra queste ricordiamo la lotta dei medici di questa metropoli contro la riforma sanitaria che, nella sola Mosca, ha cancellato l’occupazione di 8300 medici. Riportiamo dei dati economici riportati dall’economista russo, Vladislav Zhukovsky (svpressa ru), che danno l’idea di quale sarà l’orientamento delle masse verso il governo Putin: “il settore dei consumi alimentari è vicino alla catastrofe: il cibo diventa letteralmente più costose di fronte al record della fine degli anni '90….l'inflazione alimentare in gennaio è stata del 21,8% contro il 5,7% dell’ anno precedente. Situazione simile nei beni di consumo: elettrodomestici e casalinghi sono aumentati del 24,4%, 19,5% TV e radio, i farmaci del 20,2%, servizi abitativi del 20,4%, 15,1% l istruzione, l’educazione della prima infanzia 16,5%, il turismo estero del 49,1%, l'assicurazione 32,3%. L’'aumento più veloce è quello dei prezzi dei beni e dei servizi essenziali, e, soprattutto, del cibo, il cui costo occupa 30-65% delle spese totali maggioranza della popolazione della Russia”. Putin è prigioniero del suo bonapartismo, non può fare altro. Riconoscendo la sovranità del’Ucraina nega il diritto alla separazione sancito dal referendum dell’11 maggio 2014 nel Donetsk e nel Lugansk. Putin nega il diritto alla separazione, diritto democratico di antica tradizione, riconosciuto dal governo presieduto da Lenin, la Dichiarazione dei diritti dei popoli della Russia. La vittoria delle milizie a Debaltsevo dà un colpo al regime di Putin e all’imperialismo e ciò lo renderà più aggressivo e velenoso. La sconfitta di Kiev accelererà l’invio delle armi e dei mezzi dagli USA. Né le divisioni fasciste né l’esercito regolare da soli possono riportare l’ordine imperialista nel Donbass. I soldati dell’esercito ucraino altamente demotivati preferiscono disertare; i battaglioni dei mercenari fascisti accumulano solamente sconfitte; le milizie popolari vincono perché sono composte da combattenti consapevoli del prezzo che dovrebbero pagare se l’ordine ucraino fosse quello stabilito dai Piani del FMI e dall’Accordo con l’UE. Ciò che fa un buon soldato è il coraggio. Il coraggio non è indifferente alle idee ed alle concezioni. Le masse insorte del Donbass difendono una concezione democratica che risale alla rivoluzione d’ottobre. I fascisti ucraini sono forti solo con gli inermi, sono vigliacchi, “la massa principale dei fascisti è costituita da polvere umana”(Trotsky). Le milizie popolari il 13 di febbraio in un volantino esortavano i soldati dell’esercito ucraino accerchiati a Debaltsevo:“Non lasciate che vi trasformino in carne da cannone/Gettate le armi e arrendetevi/Salvate la vostra vita per le vostre famiglie e per i vostri amici”. Poroshenko prima della caduta della città aveva annunciato la legge marziale in tutta l’Ucraina qualora la “tregua non reggesse”. Qualsiasi scelta faccia in proposito il governo di Kiev gli si ritorcerà contro.
Bisogna mettere fine all’incomprensione della guerra civile ucraina che, nell’UE, domina le forze a sinistra della socialdemocrazia europea. Queste rimangono subalterne alla mistificazione imperialista sulla “aggressività” russa. La Nato, lo strumento militare dell’imperialismo, è avanzato ad est. La crisi inarrestabile del capitalismo esplosa nel 2007 obbliga l’imperialismo ad utilizzare le armi per la sua espansione. La “sinistra radicale” è fredda con i combattenti del Donbass ma s’infiamma per Tsiprass che dialoga con l’ “imperialismo russo”.
Per chiarire le idee per l’iniziativa politica ricordiamo l’orientamento assunto dal Socialist Worker Party e dalla IV Internazionale verso il Partito Comunista Yugoslavo, partito che non aveva mai messo in discussione il suo assoggettamento alla burocrazia usurpatrice del Cremlino, quando Tito disubbidì a Mosca. L’essenza dello stalinismo come fu messo in evidenza nella lotta contro la frazione di Michel Raptis, non sta in una particolare ideologia ma nel dispotismo del centro burocratico e nell’ubbidienza assoluta dei partiti a quello. Alla disubbidienza di Tito nei confronti di Mosca non seguì un avvicinamento teorico al socialismo scientifico. Questo non impedì ai bolscevico-leninisti di prendere l’iniziativa, ciò che contava era la pratica. Nella Lettera al Partito di Tito la IV internazionale prospettò tre vie possibili. La prima era quella di capitolare a Stalin, la seconda era quella di rinchiudersi in Yugoslavia aprendo relazioni commerciali con l’Occidente imperialista, la terza era quella del socialismo scientifico, difeso dai bolscevico-leninisti: “, la più difficile, la più irta di insidie, la vera via comunista per il partito e il proletariato yugoslavo. Questa è la via del ritorno alla concezione leninista della rivoluzione socialista, del ritorno alla strategia mondiale della lotta delle classi. Il primo passo, secondo noi, è una comprensione chiara del fatto che le forze rivoluzionarie yugoslave non possono diventare più forti e consolidare le proprie posizioni che con l’appoggio cosciente delle masse operaie, tanto del proprio paese che del mondo intero. Ciò esige prima di tutto comprendere che la forza decisiva sull’arena mondiale non è l’imperialismo, le sue risorse e le sue armi, né lo stato russo ed il suo formidabile apparato. La forza decisiva è l’immensa armata dei lavoratori, dei contadini poveri e dei popoli coloniali la cui rivolta contro gli sfruttatori non cessa di crescere e che non ha bisogno che di una direzione cosciente, di un programma d’azione appropriato e di una organizzazione efficace per condurre l’enorme compito della rivoluzione socialista mondiale ad un esito felice”. L’iniziativa politica veniva fondata sulle caratteristiche pratiche degli eventi yugoslavi: “1. al contrario della burocrazia russa o della maggior parte delle altre direzioni staliniste in Europa il PC yugoslavo ha nei fatti condotto una guerra civile vittoriosa applicando i metodi della guerra di classe, anche se in modo fortemente deformato. 2. Sotto Tito, i quadri dirigenti yugoslavi sono arrivati a vincere non con l’aiuto delle baionette dell’armata russa, ma attraverso la mobilitazione delle masse yugoslave attorno ad un programma di rivendicazioni, che avevano, in molti casi, un carattere rivoluzionario”(1).
Tito e i suoi erano dei marxisti rivoluzionari? No. La classe operaia era maggioritaria? No. I contadini aspiravano alla socializzazione della terra?. No, aspiravano alla riforma agraria. Fra le masse operaie e contadine era diffusa una cultura antimaschilista e “laica”. No, a malapena sapevano leggere e scrivere. La breccia era costituita dalla disubbidienza a Stalin.
Nel Donbass ubbidiscono a Putin? No. Putin ha mai ritrattato l’Accordo di Ginevra del 17 aprile del 2014? No, anzi li ha riconfermati mercoledì 11 di Febbraio. Le milizie popolari del Donbass hanno ubbidito ai diktat imperialisti di Ginevra e di Minsk 1 e 2? No. La guerra contro il governo fantoccio che vuole applicare i piani del FMI e dell’UE continua vittoriosa.

La sinistra radicale europea sta dietro ad un riformista di piccolo stampo come Tsipras ed al suo ministro della finanze, che fotogenico com’è potrebbe fare la pubblicità a qualsiasi marca di profumi. Ma di fronte alle migliaia di proletari in armi del Donbass che combattono i sicari dell’imperialismo sta zitta. Ognuno dà la farina del suo sacco.

1)Yugoslav Events and the World Crisis of Stalinism, Statement by the political Committee of the Socialist Workers Party, 3 august 1948 in Fourth International, vol. IX, n° 6 (ETOL)

Gian Franco Camboni sez prov. di Sassari del PCL 19 febbraio 2015

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