Interventi

Dossier sulla vertenza Carocci-Mulino

27 Dicembre 2014

La finanziaria Edifin, che controlla le società editrici Carocci e Il Mulino, annuncia l'ennesimo piano industriale che, con la scusa della crisi aziendale e di settore, fa pagare ai lavoratori l'incapacità dei padroni con licenziamenti ed esternalizzazioni. L'unica soluzione reale alla vertenza può venire fuori dall'illusione della concertazione, con la lotta unita fino al ritiro dei licenziamenti.

La vertenza Carocci, dicembre-gennaio 2014-15

Il 10 dicembre 2014 il presidente del CDA di Carocci editore, Giovanni Belluzzi, e Giuliano Bassani, amministratore delegato di Carocci e della Società editrice Il Mulino, hanno presentato un piano industriale che annunciava la riduzione del personale da 32 a 17 unità, con l'utilizzo immediato della cassa integrazione straordinaria, a fronte di precedenti piani di ristrutturazione che non prevedevano esuberi; anche Il Mulino sarà interessato dal piano industriale di modo che 14 dei suoi dipendenti vengano esternalizzati in una società controllata dalla casa editrice, con la prospettiva di ulteriori tagli nel giro di un paio d'anni a causa del possibile ricorso ad aziende esterne. L'annuncio della ristrutturazione del Mulino e del sostanziale smantellamento di Carocci ha colto di sorpresa i dipendenti i quali, dopo l'annuncio dei tagli, sono scesi immediatamente in sciopero e hanno chiesto la revoca delle misure aprendo un tavolo di confronto.

"Da quando Il Mulino ha acquisito Carocci Editore nel 2009, questa azienda non ha mai avuto un vero piano commerciale. Qui a Roma non è mai esistita una figura di direttore commerciale, non c'è mai stato nessuno che si preoccupasse di gestire i rapporti con le librerie. Si è campato d'inerzia sperando che il prestigio acquisito negli anni continuasse a fruttare, forse, in ogni caso senza nessuna strategia adeguata da parte del gruppo. Per alcuni versi lo dimostra il fatto che l'azienda di promozione di proprietà del gruppo, Promedi, non si è mai più di tanto preoccupata in questi anni dei titoli realizzati qui a Roma, preferendo concentrarsi su quelli del Mulino. E oggi, 17 persone su 32 in azienda rischiano di rimanere disoccupate a breve", dichiara un dipendente della Carocci.
L’azienda, fondata nel 1980 da Giovanni Carocci (già fondatore de La Nuova Italia Scientifica) e acquisita nel 2009 dalla società editrice Il Mulino, è oggi parte del gruppo Edifin, un gruppo editoriale proprietario anche della società di promozione editoriale Promedi. L’azienda pubblica più di 350 titoli l’anno, quasi un libro al giorno, suddivisi in numerose collane. Eppure, lamentano i lavoratori, in questi anni “piuttosto che investire in una strategia commerciale adeguata, si è preferito finanziare progetti collaterali anche di alto livello per carità, come il progetto di cartoleria italiana “writeit“, che però non hanno nulla a che fare con il core business, che sono costati molto e il cui rendimento, per il momento, è ignoto.”
Per i dipendenti dunque “le avvisaglie di questa situazione c’erano già da tempo. I problemi con l’azienda sono iniziati per la precisione il 16 dicembre 2013, giorno in cui siamo entrati tutti in cassa integrazione straordinaria a 1 giorno la settimana”, ci viene spiegato. “In quella circostanza non dicemmo nulla, come lavoratori mettemmo avanti il bene dell’azienda. Se avessimo fatto trapelare la notizia che eravamo in cassa integrazione, con quale fiducia avrebbero potuto i partner di Carocci acconsentire a progetti editoriali che prevedono l’ingresso in catalogo di un titolo per un periodo di 10 anni almeno? Qui siamo in 32: 11 redattori, circa 6 o 7 fra editor e responsabili della programmazione editoriale, altri preposti ad amministrazione, ufficio stampa, segreteria, ufficio rapporti con l’Università. Alcuni lavorano in azienda da decenni, ma il criterio con cui saranno decisi i licenziamenti non sarà, secondo quanto ne sappiamo, quello dell’anzianità. Infatti è il comparto redazionale nella sua totalità che sarà accompagnato verso il licenziamento, oltre ad alcuni impiegati di amministrazione. Nel frattempo, l’azienda ha previsto l’apertura di un nuovo service editoriale di proprietà del gruppo; si chiamerà Edimill e avrà sede a Bologna, si occuperà di redazione e assumerà, ci possiamo immaginare, l’incarico di redarre anche i titoli Carocci al posto nostro”.
I dipendenti dell’azienda, “dimostrando un’unità di cui ci siamo stupiti noi stessi”, hanno iniziato a protestare più veementemente – raccontano – solo a settembre di quest’anno, quando a distanza di mesi “il piano editoriale per il rilancio del gruppo, che ci era stato detto avremmo ricevuto a luglio, non era ancora stato presentato ai lavoratori. In compenso al ritorno dalle ferie, invece della cassa integrazione a un giorno la settimana per tutti come promesso, ci è stata proposta una cassa integrazione a zero ore per i redattori. In quella circostanza ci siamo opposti e abbiamo espresso tutte le nostre rimostranze, ma non l’abbiamo fatto a sufficienza. Per recare veramente disagio all’azienda avremmo dovuto scioperare e bloccare la produzione già a settembre. Invece abbiamo ottenuto grazie alle nostre proteste un passo indietro solo momentaneo. A dicembre, il piano presentato dall’azienda prevedeva di nuovo cassa integrazione straordinaria per 14 persone, e cassa integrazione a zero ore per altre tre persone. A questo abbiamo deciso di opporci con tutte le nostre forze ma finora, oltre alle solite frasi di rito, non abbiamo ottenuto nessun incontro, né si è mai aperta una trattativa contrariamente a quanto sostiene l’azienda, perché le rappresentanze sindacali che hanno ricevuto il piano aziendale non potevano certo trattare nello stesso momento in cui hanno ricevuto il piano, senza essersi prima consultate con i lavoratori. La verità è che la trattativa deve ancora iniziare e attendiamo la convocazione per i prossimi giorni. Il destino di quest’azienda non è già segnato. Basterebbe la volontà di portarla avanti, di mantenere in vita il marchio Carocci e la sua storia, attraverso un piano commerciale reale e degno di questo nome.”
L'altra azienda del gruppo, Il Mulino, compie nel 2014 60 anni (nata nel 1954, già nel 1951 era iniziata la diffusione della rivista omonima): riferimento internazionale dell'area social-liberale e del "cattolicesimo democratico", ha visto tra gli autori in catalogo personaggi di primo piano del potere borghese tra cui Giuliano Amato, Romano Prodi e Ignazio Visco. Oltre cinquemila titoli di saggistica e manualistica nelle scienze sociali, fatturati che almeno fino al 2009 viaggiavano oltre i 17 milioni di euro l’anno, la società editrice Il Mulino comprende casa editrice, rivista omonima, l’associazione di cultura e politica e l’Istituto Cattaneo; similmente alla situazione della Carocci di qualche mese fa, viene utilizzata la cassa integrazione ordinaria dal giugno 2013 per i 58 dipendenti, inclusi 15 quadri, con riduzione dello stipendio del 10% e riduzione di una giornata lavorativa a settimana a scelta dell'azienda.
“Era un affarone, il Mulino andava bene e Carocci no, ma il suo marchio è stato molto valorizzato dopo l’acquisto, soprattutto dal punto di vista scientifico”, ricorda Carlo Galli, docente di dottrine politiche all'Università di Bologna, dal 1972 socio del Mulino, a lungo presidente del comitato editoriale e oggi parlamentare del PD. Oggi i conti sono questi: la Società editrice Il Mulino nel 2013 ha prodotto ricavi per 10 milioni e perdite di 7.407 euro. La Carocci. Nello stesso periodo, ha avuto un fatturato di 5,3 milioni e una perdita di 27 mila, dopo il rosso di 73 mila l’anno prima.

L'azienda ha diramato un comunicato stampa il 16 dicembre: “Ci è dispiaciuto che si sia voluta attribuire alla proprietà una deliberata volontà di ridimensionare, se non addirittura di cancellare, la casa editrice romana” [eppure le cose stanno così, ndr], si parla di una“decisione, dolorosa, ma che rappresenta una svolta importante e l’unica garanzia di un futuro per l’editore e per la sua autonomia negli anni a venire” [esclusivamente a spese dei dipendenti, ndr]. L'esternalizzazione del lavoro redazionale si colloca in un contesto dove il fatturato consolidato è passato dalla fase stagnante degli anni 2008-2011 alla fase di contrazione: come tutti gli editori italiani, Carocci editore ha visto decrementare il proprio fatturato del 15% nel triennio 2012-2014. Con ogni evidenza, un fatturato pari all’incirca a cinque milioni, nonostante lo straordinario risultato ottenuto nel contenimento di tutte le linee di costo, non consente più una marginalità tale da sostenere una struttura organizzativa invariata rispetto al periodo pre-crisi”.
Lo stesso Luigi Pedrazzi, l’unico sopravvissuto tra i fondatori della casa editrice di Bologna e attuale membro del CDA, ha però riconosciuto la bassezza dell'operazione portata avanti da Edifin:«È stato vergognoso mollare così la Carocci. Ero presidente dell’Associazione del Mulino quando venne acquistata: una grandissima soddisfazione. E ora, che figura ci facciamo? Nel giro di pochi anni, da paladini ci siamo trasformati in affossatori. Probabilmente l’operazione è stata fatta in cambio di un cospicuo assegno che ci ha permesso di ricapitalizzare il Mulino e creare la nuova società. I soldi ci sono per noi e non per la Carocci. Mi sembra osceno».

Contemporaneamente al "chiarimento" dell'azienda, i lavoratori de Il Mulino a Bologna sono scesi in sciopero per 3 ore in solidarietà ai colleghi, manifestando con loro davanti alla sede della società.
Gli stessi dipendenti de Il Mulino hanno trascorso un periodo di cassa integrazione nel corso del 2014 e hanno espresso “preoccupazione per i provvedimenti annunciati in questi giorni dalla direzione dell’azienda che produrranno nell’immediato, all’inizio del 2015, lo scorporo delle attività produttive e redazionali in una nuova società controllata dal Mulino, di cui al momento non sono stati esplicitati i termini societari, le condizioni contrattuali, i percorsi formativi, la sede, in sostanza le linee guida del piano industriale in cui rientrerà la cessione del ramo d’azienda”.
Gli intellettuali Alberto Asor Rosa, Tullio De Mauro, Adriano Prosperi, Luca Serianni hanno lanciato una petizione per il "rilancio" di Carocci editore il 14 dicembre, scrivendo:"Auspichiamo vivamente che il piano industriale possa essere rivisto in modo radicale, con la duplice finalità di garantire la piena occupazione al personale di Carocci e di preservare, anzi rafforzare, il pluralismo dell'editoria italiana". La petizione (su change.org) si è data l'obiettivo di 5.000 firme, raccogliendone già oltre 4.000 in dieci giorni.

A seguito dello sciopero dei propri dipendenti, Il Mulino rifiuta la trattativa con i sindacati e i lavoratori e va avanti con i licenziamenti e lo "smantellamento" di Carocci editore. Nonostante la netta presa di distanze di Luigi Pedrazzi e l'ampia eco della petizione, Bassanni e Belluzzi insistono e preannunciano l'avvio dei licenziamenti dal 12 gennaio. L'assemblea dei lavoratori Carocci replica sottolineando che parlando ai media lo stesso Bassani si era detto pronto a riaprire la trattiva.
"Il Mulino smentisce il Mulino" denuncia l'assemblea chiosando con amara ironia: "Ecco come Giuliano Bassani e Giovanni Belluzzi "aprono" la trattativa sindacale".
"Oggi (19 dicembre) - recita un comunicato dell'assemblea - dopo le dichiarazioni rilasciate alla stampa la scorsa settimana da Giuliano Bassani, amministratore delegato di Carocci editore, che si diceva disponibile ad aprire la trattativa con i lavoratori e, nonostante l'intervista a Luigi Pedrazzi, fondatore del Mulino, pubblicata stamattina da Repubblica, che auspicava di salvaguardare i dipendenti, la dirigenza prosegue sulla strada dello scontro aperto confermando i licenziamenti. La richiesta dei lavoratori di aprire un tavolo di confronto è stata rifiutata".
Parlando ad esempio al sito Illibraio.it il 12 dicembre scorso, l'a.d. Bassani aveva testualmente affermato: " Dal canto nostro, siamo disponibili a riaprire la trattativa".

Il 20 dicembre l'assemblea dei lavoratori Carocci in sciopero manda la seguente lettera all'Associazione Il Mulino:
Gentile presidente, gentili soci,
noi lavoratori della Carocci editore ci rivolgiamo a voi nella certezza di trovare ascolto e il conforto di una sensibilità ben diversa da quella degli interlocutori con cui ci siamo sinora confrontati in questa difficile vertenza.
Quella di ieri è stata una giornata difficile. Dapprima l’intervista al professor Pedrazzi sulla “Repubblica” ha riacceso la speranza di valutazioni finalmente lucide sulle prospettive della Società editrice il Mulino e sulle sorti della Carocci editore; poi l’arrogante comunicazione aziendale che il 12 gennaio si procederà con l’allontanamento dagli uffici di ben 17 dei 32 dipendenti della Carocci editore. Tutto ciò senza neanche aver aperto una vera trattativa o tentato vie meno traumatiche come un contratto di solidarietà.
Neanche il tempo di una riflessione: questo modo di procedere, oltre a contraddire quanto pubblicamente affermato dall’amministratore delegato Bassani sull’intenzione di “riaprire” la trattativa, è per noi l’ennesima prova dell’insipienza e della mancanza di visione che hanno contraddistinto la gestione della Carocci editore dal 2009 ad oggi.
Siamo ben consapevoli della crisi del mondo editoriale, ma la nostra era nel 2009 un’azienda sana e prestigiosa, che ha poi subìto i colpi della cattiva gestione. Non un progetto culturale, non un programma in cui si individuassero obiettivi e strategie, non un piano industriale serio. Osteggiato un qualsiasi coordinamento editoriale, per non parlare dell’assenza di una direzione commerciale, delle politiche sciagurate attuate in materia di promozione e distribuzione, dell’assenza di formazione specifica del personale e della mancanza di iniziativa nel mondo del digitale, fino agli improponibili – talvolta – prezzi di copertina. L’unica iniziativa reale di quest’ultimo anno è stata un’incursione in un campo (la cartoleria) lontano dalle competenze e dalle tradizioni della Carocci e del Mulino.
Siamo convinti però che per noi ci sia ancora spazio. La Carocci non è un’impresa sull’orlo del fallimento. È un’azienda che come molte altre subisce i colpi della crisi ma che ha in sé, se ben diretta, le potenzialità per uscirne. Segno concreto di questa vitalità sono anche le nostre iniziative di questi giorni, che sono riuscite a porre all’attenzione dell’opinione pubblica l’azienda e la sua storia, ottenendo vasta eco. Ma non basta. È nostra convinzione che si possa e si debba trovare una soluzione alternativa, e siano proponibili misure radicalmente diverse per uscire da una situazione oggettivamente delicata. A questo scopo è essenziale la concreta apertura di un tavolo negoziale.
Riteniamo anche che senza piani culturali – assenti o nel migliore dei casi inconsistenti – né noi né la Società editrice il Mulino potremo andare avanti e affrontare la sfida durissima che l’attuale momento storico c’impone. Se la linea di Edifin passasse e diventasse realtà, questo, oltre a pregiudicare il futuro della Carocci editore e il posto di lavoro dei suoi dipendenti, macchierebbe in modo irrimediabile l’immagine del Mulino, della sua vicenda, dei valori – etici, morali, politici – di cui si è fatto portatore in sessant’anni di storia. Ci rivolgiamo a voi nella certezza che non vorrete dare il vostro avallo a un’operazione moralmente discutibile e culturalmente grave, oltre che miope e ingiustificabile dal punto di vista economico e aziendale.
A seguito del ricevimento della lettera, è stata convocata una riunione straordinaria dei soci per il 24 dicembre. Il direttivo dell'associazione ha prodotto un comunicato in cui «ribadisce la fondatezza del piano predisposto nella sua autonomia dalla casa editrice e dalle società collegate e la necessità di darvi seguito». Anche se non avvertiti preventivamente delle scelte aziendali, i membri del direttivo mostrano dunque di ritenerle adeguate. E il richiamo alle «società collegate» evidenzia che questo vale non solo per la mossa riguardante Il Mulino, cioè lo scorporo della parte redazionale e produttiva dal resto dell'editrice con una cessione di ramo d'azienda, ma anche per il taglio della medesima componente redazionale di Carocci editore, con la cassa integrazione a zero ore per 17 dipendenti su 32. Il conflitto non sembra però destinato a rimanere senza effetti sulla complessa struttura di governo del Mulino, in particolare sui rapporti tra gli organi aziendali e l'Associazione. I soci di quest'ultima, tutti intellettuali e accademici di rango, terranno infatti un'assemblea straordinaria il 10 gennaio «per chiarire ruoli e responsabilità fra le istituzioni del Mulino».
I dipendenti Carocci hanno anticipato la presa di posizione del Mulino con l'adesione all'unanimità allo sciopero a oltranza nella direzione di una soluzione alternativa a quella proposta e avviata dall'amministratore delegato. «Se non viene presentato un piano di rilancio serio», annuncia il sindacato Slc Cgil [egemone in azienda], «la Carocci non riaprirà ». Per decisione unanime dell'assemblea, nessun lavoratore rientrerà in casa editrice dopo la pausa per le festività.

Aspettando gli esiti della vertenza, appare chiaro come (in maniera identica a molte altre situazioni di annunciata chiusura più o meno dissimulata) i lavoratori, incoraggiati dal sindacato, facciano il gioco dell'azienda aspettando fantomatici tavoli risolutivi che mai ci saranno: il massimo che si può ottenere con la concertazione (che ci sarebbe già stata se la proprietà ne avesse avuto il desiderio e la necessità) è una dilazione in un modo o nell'altro della ristrutturazione aziendale con conseguenti licenziamenti, non un suo blocco. L'unica attività che possa veramente scuotere l'intera Edifin e le sue controllate è uno sciopero prolungato di tutti i dipendenti, a Roma come a Bologna, fino al ritiro dei licenziamenti, affinché siano i magnifici soci del Mulino e i proprietari di Edifin a pagare la loro incapacità di gestire l'attività editoriale di Carocci e del Mulino. La sicura opposizione dei progressivi signori del baraccone Edifin a una prospettiva del genere non farà altro che confermare, come già il comunicato del direttivo dell'Associazione, la loro presa di parte contro i lavoratori e per il profitto, posizione già ben espressa in innumerevoli volumi pubblicati dal Mulino stesso, che ha ospitato le opere dove si teorizzava (o si giustificava a posteriori) la fase di attacco totale ai lavoratori, craxiana, ulivista o renziana che fosse.

L'unica attività che possa veramente scuotere l'intera Edifin e le sue controllate è uno sciopero prolungato di tutti i dipendenti, a Roma come a Bologna, fino al ritiro dei licenziamenti, affinché siano i soci del Mulino e i proprietari di Edifin a pagare la loro incapacità di gestire l'attività editoriale di Carocci e del Mulino. Organizzare ed estendere la lotta per vincerla!


NESSUNA ILLUSIONE NELLA CONCERTAZIONE!

SCIOPERO AD OLTRANZA ANCHE A BOLOGNA!

LOTTARE INSIEME AI LAVORATORI ATTACCATI DA LICENZIAMENTI E CHIUSURE!




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Giacomo Turci

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