Interventi

M5S e Podemos, similitudini e differenze

Prodotti (illusori) della crisi del capitalismo e delle sinistre

15 Novembre 2014

INTRO
In questi anni di forte crisi del capitalismo stiamo assistendo in Europa (per non parlare a livello planetario) a rapidi sconvolgimenti politici, crisi politiche ed istituzionali, perdita degli storici riferimenti politici, crescita di consenso verso le formazioni radicali (polarizzazione politica), nascita di nuove formazioni. Vasti movimenti agitatori, frutti, oltre che del riequilibrio di potere-dominio tra diverse frazioni della classe dominante, dello scontento popolare verso le manovre a cui la borghesia è costretta a ricorrere per salvare e mantenere il proprio sistema di dominio e sfruttamento, in altre parole conseguenze di corto raggio derivanti dal fatto che la crisi viene fatta pagare ai lavoratori.
Sullo sfondo dinamiche della lotta di classe diversificate a seconda dei singoli paesi europei. Negli anni precedenti in Spagna, Portogallo e Grecia si è conosciuto uno sviluppo positivo delle mobilitazioni popolari e della lotta di classe, con conseguente avanzata della sinistra radicale; in Francia ed in Gran Bretagna si sono avute risposte popolari ma che si sono smarrite, disegnando infine una tendenza negativa delle mobilitazioni; in Italia (paese “PIGS” come Portogallo Grecia e Spagna) ci sono stati sicuramente fuochi di lotta ma è da riconoscere nel complesso la parabola negativa delle mobilitazioni in questi ultimi anni. Altro discorso ancora per la Germania che, uscendo da un periodo di sonnolenza della classe lavoratrice, conosce nell'ultimo periodo una ripresa della lotta di carattere salariale. Molteplici i motivi di queste differenziazioni e di questi sviluppi (che qui non analizzeremo).
Direzioni del movimento operaio screditate da politiche di collaborazione di classe, mancanza di una forte direzione rivoluzionaria capace di proporre soluzioni reali per l'uscita della crisi (cioè la rottura del sistema), unite allo scontento sociale, possono spiegare la rinascita di movimenti fascisti e razzisti, e confermano il binomio attuale su scala europea ed internazionale tra rivoluzione o reazione.
Questa introduzione per capire ed analizzare fenomeni ora “di moda” come il Movimento 5 Stelle in Italia e Podemos in Spagna, movimenti spesso equivocamente equiparati, ma che in realtà hanno molto in comune. Certo il Movimento 5 Stelle ha origini meno recenti a differenza di Podemos, e già il primo ha avuto tempo per far conoscere abbastanza bene il suo programma politico e la sua attività politica alla prova dei fatti, mediante i suoi eletti in parlamento e nelle città dove amministra. Ma entrambi vengono visti, e tenuti sott'occhio da giornalisti ed analisti, come novità rivoluzionarie nel campo politico. Se il Movimento 5 Stelle in Italia nasce nel 2009 e arriva al suo picco di popolarità e forza nel 2013 con le elezioni politiche ottenendo il 25,6% alla camera (ci sono motivi, non definitivi, per credere ora ad uno suo stallo o decrescita), in Spagna Podemos nasce a gennaio del 2014 con l'intenzione di dare uno sbocco politico al movimento degli indignati (e guardando alle prossime scadenze elettorali), ottiene a sorpresa un 8% alle elezioni europee di maggio 2014 eleggendo 5 eurodeputati, conosce un periodo di forte espansione e consenso, ed ora uno degli ultimi sondaggi (sondaggio di Metroscopia, condotto per El Paìs e pubblicato il 2 novembre) lo da addirittura come prima forza politica al 27,7% davanti al PSOE al 26,2% e al PP al 20,7%. Per quanto possa esser attendibile un sondaggio, e questo sondaggio, è indubbio il peso che va assumendo sempre più Podemos nella società spagnola.

MOVIMENTO 5 STELLE
Il nostro Partito fin dai primi tempi ha seguito il fenomeno 5 stelle e la sua evoluzione, prestandogli molta attenzione, denunciando, spesso controcorrente, la sua natura reazionaria. Si possono infatti trovare nel nostro sito, oltre che nel nostro giornale, numerosi contributi a riguardo. Dovere necessario, soprattutto quando settori popolari e addirittura ambienti di sinistra venivano, e vengono, attratti da questa illusione molto pericolosa. Ripercorriamo qui ora, in modo concentrato, la nostra analisi sul M5S, per confrontarlo al meglio con il fenomeno Podemos in Spagna.
Basterebbe partire dalle ultime posizioni del M5S sul bonus bebè, la votazione di un emendamento razzista della Lega, per farsi un'idea sul carattere di questo movimento, e porsi qualche dubbio su come sia possibile simpatizzare da sinistra verso questa formazione politica. Ma ovviamente tutto parte da più lontano, e nulla è casuale. Si parte da idee di base presentate come di rottura del sistema e vicine alla gente comune. Assi motori la lotta alla casta politica (tema salito alle cronache dopo il successo dell'inchiesta di Rizzo e Stella in “La casta” del 2007) e la democrazia partecipativa. Obiettivi fin qui democratici, se presi singolarmente, se slegati dal progetto a più ampio raggio dei capi di questo movimento. Già, perché se un movimento-progetto non è sorretto da un'analisi generale e scientifica della società, se non ha caratteri definiti di classe (qualunque sia la classe), scivola facilmente nel qualunquismo e in altre derive, in balia delle onde, in balia del contesto sociale e politico. Ma appunto ci pensano i capi milionari ad indirizzare il movimento, secondo l'espressione dei loro interessi; però nel mentre permane l'illusione ed il malinteso del corpo popolare che lo sostiene.
Beppe Grillo è un comico milionario, proprietario del blog del Movimento. Roberto Casaleggio un imprenditore milionario del settore informatico.
Già si sapeva del ruolo della Confapri, associazione di imprenditori molto vicina alla Casaleggio Associati, come interlocutori d'eccellenza con i capi del Movimento già prima delle elezioni del 2013 e costantemente in contatto in seguito, scambi ed influenze molto strette tanto da far esprimere compiacenze e sintonie da entrambe le parti. Recentemente (il 16 ottobre 2014) sul settimanale Panorama è uscito un dossier scritto da Caris Vanghetti che mette in luce come i soldi versati dai parlamentari del M5S in un fondo per le Piccole e Medie Imprese, quasi 3 milioni di euro, finiscano poi anche ad aziende vicine al movimento, ad aziende partecipate da persone che sedevano con Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio nel Think tank group della Confapri, una conferenza permanente di esperti delle attività produttive. A riprova che i due capi fanno politicamente ed economicamente i loro interessi personali, e gli interessi del proprio ambiente sociale. Ma sono frequenti gli scambi tra i guru del M5s e imprenditori vari, per contrattare.
In marzo di quest'anno, nella casa riunioni della “Casaleggio associati”, Roberto Casaleggio ha incontrato una rappresentanza padronale di diversi settori produttivi della media azienda italiana (in particolare delle calzature, costruzioni, componenti meccaniche di precisione). Molto significativa la presenza di Arturo Artom, ricco imprenditore, oggi coordinatore di un nuovo network di imprese (Confapri), apertamente fiancheggiatore del M5S. L'intento era quello di lustrare agli occhi del capitalismo italiano le meraviglie del programma economico grillino. Casaleggio, assieme a Grillo, ancora l'anno scorso erano andati al Forum Ambrosetti a Cernobbio a cercare il plauso dei banchieri e dei grandi capitalisti, cuore del sistema. Frequenti poi i pellegrinaggi dell'accoppiata nel Nord Est del paese, per promettere alle unioni confindustriali l'abbattimento delle tasse.
Quasi scontato dire che per il M5S la classe lavoratrice è una categoria che non le appartiene (ormai anche nella sinistra tradizionale si evitano questi riferimenti), anzi l'organizzazione non si definisce né di destra né di sinistra, volendo uscire da questi schemi si riferisce semplicemente ai cittadini. Questa categoria così indistinta, composta da individui posti tutti sullo stesso piano: cittadino è il lavoratore licenziato e cittadino è il padrone che lo licenzia, cittadino è la donna sottomessa ogni giorno nell'ambito lavorativo e nella società patriarcale e cittadino è l'amministratrice delegata, cittadino è il giovane precario e cittadino è l'industriale che delocalizza... Differenze sociali che portano ad interessi differenti. Nel mondo esistono sfruttati e sfruttatori, sintetizzati nelle due classi opposte, quella lavoratrice e quella padronale, e la lotta tra questi è il motore della storia umana.
Lo slogan del “uno vale uno” nel quadro della “democrazia partecipativa” propagandata dal M5S, tenuto conto del suo carattere aclassista, sbocca nella pericolosa concretizzazione e assimilazione dell'individuo come carattere costantemente singolo e isolato nella società, senza nessuna possibilità di forma associativa e solidale, senza possibilità di unire le forze per combattere il nemico (che appunto per il M5S non esisterebbe concretamente). E da qui facile capire le conseguenti posizioni anti-partito e anti-sindacato: cioè non la critica della natura dei vari partiti e sindacati esistenti, come anche noi siamo usati a fare, bensì l'intenzione di voler eliminare partiti e sindacati in quanto tali.
Ci si collega così al tema centrale della casta politica, sempre così indefinita: tutta la politica (che non sia del Movimento 5 Stelle ovviamente) è marcia, senza distinzioni tra partiti di sinistra e di destra, tra partiti che stanno dalla parte dei lavoratori e quelli che fanno gli interessi dei potenti. Il disastro dei conti dello stato viene fatto ricondurre agli alti costi della politica, questo si vuol far credere: i partiti e la politica sono il problema della nostra condizione di vita. La realtà come noi ben sappiamo è che esistono sì sprechi e corruzione tra i banchi parlamentari e in tutta la vita politica, e in Italia forse più di altri paesi. Noi stessi denunciamo questa vergogna, ma diciamo chiaramente allo stesso tempo che questi sprechi e questa corruzione sono dei politici e dei partiti borghesi, e che sarà sempre un fatto strutturale al sistema capitalistico la relazione tra potere e denaro. Ma questo flusso di denaro rappresenta una fetta minuscola rispetto al saccheggio condotto da parte dello stato per conto dei banchieri e dei capitalisti nei confronti dei lavoratori, oltre al saccheggio diretto durante l'attività lavorativa. La crisi è del capitalismo ed è il capitalismo il vero problema. Ovviamente questa verità si vuole tenerla ben nascosta. La campagna contro il finanziamento pubblico dei partiti viene da qui, e rappresenta una misura reazionaria. Togliere l'aiuto democratico da parte dello stato ai partiti e lasciarli vivere solo grazie al finanziamento privato di gruppi economici significa produrre un'ingiustizia e un vuoto di garanzia, la politica così la fa solo chi conta economicamente (questo sarebbe da denunciare invece!), vedi la politica americana. Una politica sempre più esclusiva, distante dai lavoratori e dalle masse popolari e dai loro interessi. Questo acuisce tra l'altro ancor di più la possibilità di scambi politico-economici personali. Si sa, singole quote di finanziamento dei lavoratori non competono alla pari con elargizioni milionarie di imprese capitaliste ai loro partiti di riferimento.
Proseguiamo con gli inganni del M5S.. La tanto sbandierata tecnica avanguardista della possibilità democratica, rilasciata a chiunque si iscriva via web, di votare posizioni politiche dietro a una tastiera non è poi una così elevata tecnica democratica, anzi. Oltre a non avere alcuna garanzia delle reali preferenze dei votanti, visto che il sistema informatico è nelle mani di uno dei capi dell'organizzazione (Casaleggio), una discussione del genere, imparziale, senza scambi e senza gradi di discussione, finisce per avvantaggiare la posizione del leader. Se poi aggiungiamo che la discussione e la votazione viene annacquata da iscritti dell'ultima ora, creando una massa innocua di votanti, il gioco offerto dall'apparato può continuare senza tanti disturbi. E' però vero che sono sorti scontri e opposizioni all'interno del Movimento, ovviamente qualcuno si è accorto che il principio “uno vale uno” non vale tanto per i fondatori del Movimento, che per risolvere contrasti e fermare sul nascere emorragie, ma soprattutto per affermare il proprio dominio, ricorrono allora ogni poco alle espulsioni dei dissidenti, in salsa staliniana (il corpo intermedio si allinea al capo per disciplina-paura, condanna i dissidenti, ed il capo è ancora più forte).
Questa ossessiva propaganda di nuova democrazia, più vicinanza alla gente comune, nasconde in realtà un forte verticismo organizzativo, incarnato nel capo-padrone del Movimento: Grillo. E' questo il modello che vuole traslare politicamente su scala generale: la costruzione di una repubblica plebiscitaria via web.
I continui attacchi alla categoria dei giornalisti non sono certo la critica che noi facciamo della servitù giornalistica inginocchiata ai poteri dominanti, bensì un altro tassello reazionario che altro non serve se non per rafforzare l'ideologia del pensiero unico, per cucire attorno a al capo un'aurea di infallibilità e di intoccabilità (nessuno in ogni maniera può criticarlo), il solo ed infallibile mezzo di comunicazione è il suo proprio blog.
Ma andiamo a vedere altre proposte concrete che il M5S porta avanti, altri fatti o dichiarazioni, che spesso passano sottovoce, fuori dal teatrino mediatico, ma che noi sappiamo riconoscere e dargli la giusta importanza e la giusta lettura. Nel programma economico del M5S si trovano direttamente misure a favore delle imprese, vale a dire un'autentica manna per i capitalisti, mentre per i lavoratori ancora una volta solo lacrime e sangue. Punti centrali (concordati con gli imprenditori) sono: l'abolizione dell'IRAP (34 miliardi), l'abolizione dell'IMU sui capannoni (3 o 4 miliardi) e ulteriori misure di “abbattimento della pressione fiscale” sulle imprese. La copertura (parziale) finanziaria si ricercherebbe nell'abbattimento dell'occupazione nel settore pubblico e nei servizi. Chiude il quadro la proposta della “chiusura delle aziende in crisi e improduttive” (nel nome della “fine del lavoro”) e dal relativo foglio di via di 600 euro (per due anni) per migliaia di operai licenziati. Il M5S disegna poi un modello sociale dove il lavoratore, con un suo capitale, è azionista privato dell'azienda in cui lavora, e su questo affida la propria previdenza sociale, le prestazioni, i diritti sanitari (come accade negli Stati Uniti d'America). Tutto questo è la proposta strategica centrale del M5S, la più antioperaia oggi presente sulla scena politica.
La politica anti-operaia del M5S continua attraverso le dichiarazioni del proprio leader: la solidarietà con la polizia dopo il pestaggio dei lavoratori delle acciaierie di Terni, la difesa dei padroni dell'Electrolux a fronte dei licenziamenti operai, la difesa degli evasori fiscali di Cortina, l'attacco allo ius soli, il sostegno al reato di clandestinità per i migranti, i pericolosi ammiccamenti a Casapound. Un M5S tanto sulle barricate contro i poteri forti e le banche che infine vota la legge delega fiscale (continuando così a riempire i forzieri delle banche), vota a favore della decisione di abolire la Web Tax (la tassa sulle multinazionali miliardarie presenti in Internet) e si schiera contro l'ipotesi di patrimoniale.
Magari poi lo stesso movimento è capace di difendere (a parole ovviamente) l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori! Questa non è altro che una dichiarazione parte di una campagna mediatica per raccogliere consenso cavalcando l'onda, tecniche per non restare in fuorigioco davanti alle masse. Tipico di un partito pigliatutto che gioca come meglio gli conviene, come già dimostrato nel passato con altre istanze simili (tra le varie le sviolinate a Rodotà). La stessa posizione contro l'Euro (e per un referendum per il ritorno alla Lira) è una posizione populista, una posizione da combattere perché dannosa sia economicamente che pedagogicamente. Solo per chi non conosce la natura del M5S può incappare in equivoci.
Esistono però quelli che ancora dopo queste argomentazioni credono nella bontà del progetto di Grillo, e nel suo grande potenziale di innovazione e di cambiamento (cambiamento positivo si intende), curiosi di vederlo alla prova una volta al governo (quale errore!). A queste teste dure noi diciamo di guardare allora già nelle realtà in cui il M5S amministra, dove i discorsi ad effetto vengono smascherati dai fatti: Parma, Livorno, Ragusa, Pomezia, Civitavecchia, ed altri centri minori. Nessun cambio di politica, bensì la solita continuità nell'amministrare il capitalismo, ed anzi si prosegue ancor più con tagli occupazionali, tagli sociali e bastonate. Pochi giorni fa (30 ottobre) a Livorno, contro il sindaco, scioperano gli spazzini per mancate garanzie occupazionali; il sindaco grillino di Pomezia a febbraio chiamò la polizia contro i lavoratori addetti alle pulizie scolastiche; il sindaco grillino di Ragusa aumenta le tasse e si contrappone alla lotta dei disoccupati; il sindaco grillino di Parma taglia i salari dei dipendenti comunali rifiutandosi persino di incontrare la loro RSU, sfratta le famiglie, aumenta le rette di asili, mense e servizi sociali per pagare ai banchieri gli interessi sul debito. E si potrebbe continuare ancora per molto!
Come ha reagito la sinistra italiana di fronte al fenomeno Grillo-5 Stelle? Mancandogli la scatola degli attrezzi del marxismo, la sinistra come al solito si è trovata impreparata ed inadeguata, manifestando in diverse occasioni una gran fiducia verso il Movimento 5 Stelle e commentandolo positivamente, portatore di cambiamento e potenzialità di lotta. Noi rivoluzionari, quando già dai primi tempi denunciavamo il carattere reazionario del movimento, venivamo indicati, come spesso accade, come quelli che non capiscono, come quelli che sono restati indietro, come settari. Un grande condottiero della sinistra, il magistrato Ingroia, aveva dichiarato che per il Movimento 5 Stelle le porte erano aperte; l'eroina della sinistra alle ultime elezioni europee, la liberale Spinelli, proponeva subito dopo le elezioni politiche del 2013 l'alleanza di governo tra Bersani e Grillo, e per le elezioni europee proponeva l'alleanza elettorale diretta della sinistra con il M5S; Giorgio Cremaschi nell'area sindacale di minoranza della CGIL strizzava l'occhio al M5S, considerandolo come interlocutore; Antonio Moscato, storico del movimento operaio e dirigente di Sinistra Anticapitalista (sezione italiana del Segretariato Unificato della Quarta Internaizonale), e prima di Sinistra Critica, ha dichiarato nel passato di essersi pentito di non aver votato il M5S, un movimento che rivendica un programma anticapitalista, non solo antiliberista, con cui confrontarsi; micro-formazioni staliniste hanno appoggiato direttamente il M5S alle elezioni europee; settori del movimentisti ed altri sindacati di base plaudevano all'avanzata del M5S. Poi ci si domanda perché la sinistra si ritrova sempre più marginale nella società.
In ultima analisi il Movimento 5 Stelle è un movimento reazionario, con un programma sociale reazionario nel quadro della costruzione di un repubblica plebiscitaria telematica, e come tale va combattuto.
Riallacciandoci all'introduzione, il M5S è riuscito a svilupparsi grazie allo scontento che ha provocato la crisi capitalista a livello popolare, cavalcando il tema tanto fortunato della casta e non trovando nessun concorrente politico che potesse incanalare in altra direzione lo scontento. Già, perché la sinistra si trovava (e si trova) in una condizione di estrema debolezza, uscita con la barella dall'esperienza governista e screditata da ogni tipo di compromesso di classe, o meglio dall'abbandono definitivo di ogni minimo riferimento classista. Il movimento operaio quindi in questi anni non ha potuto svilupparsi, piccoli focolai di lotta che potevano dare il via a stagioni di sollevazione popolare contro le politiche di macelleria sociale e che potevano incanalare tutto lo scontento di massa, invece di una buona benzina rivoluzionaria hanno trovato il freddo e l'acqua della burocrazia sindacale e di una direzione politica non all'altezza, se non proprio inesistente. Lo scontento in Italia non è scivolato direttamente a destra, nell'aera puramente fascista, solo perché da anni il contenitore reazionario di riferimento era la Lega Nord, facendo così restare le formazioni neofasciste, negli anni passati, piuttosto marginali. Ed è proprio quando la Lega Nord ha conosciuto una crisi di consenso, prima dovuto al fatto che la propria propulsione populista aveva finito il suo slancio con la pratica governista e poi con gli scandali legati al suo capo Bossi, che il Movimento 5 Stelle ha conosciuto il suo exploit.
Ma proprio ora sono entrati in scena fattori che ridisegnano pesi e potenziali. Ora il M5S ha trovato nel suo percorso un abile concorrente, il populista e bonapartista Renzi, che ha fermato lo slancio del movimento. La Lega, nel quadro di ricostruirsi una verginità, cambia facciata con il suo nuovo segretario Salvini, volto giovane e nuovo, e vira verso spiagge ancor più reazionarie, facendo dell'estrema destra fascista un alleato preferenziale, nel progetto di ricreare in Italia il Front Nationale di Le Pen. Ma dall'altro versante la fine del gioco, tutto burocratico, tra sindacato e governo apre la possibilità al risollevamento del movimento operaio per una lunga fase, a condizione che si trovi un'altra direzione, una direzione rivoluzionaria.

PODEMOS
Con la nascita e lo sviluppo di Podemos (trad. possiamo), nuovo soggetto politico, esiste in Spagna un parallelismo, o meglio un parallelismo al contrario rispetto all'Italia. Podemos è lo sbocco politico a sinistra degli stessi sentimenti di rabbia e scontento provocati dalla crisi, lo sbocco è avvenuto proprio a sinistra (vedremo meglio dopo che tipo di sinistra) perché in Spagna, proprio in risposta alla crisi, si è conosciuto una stagione di mobilitazione popolare e di lotta di classe. Lo straordinario movimento degli indignati iniziato il 15 maggio 2011 (Movimento 15M) ha dato il via da lì a poco ad altre forti mobilitazioni sociali, come il più grande sciopero dei lavoratori dell'istruzione dalla caduta di Franco, o come l'eroica lotta guerreggiata dei minatori delle Asturie. Una stagione che ha permesso di ribaltare la coscienza delle masse popolari, un salto di coscienza che si tasta ancor'oggi e si ritrova in altre battaglie come quella contro la monarchia e per la Repubblica, come lotte sindacali importanti (Coca-Cola, Panrico) e altre lotte e scioperi locali.
Difatti il soggetto politico che ha beneficiato maggiormente di queste mobilitazioni e di questa crescita di coscienza è stato, fino poco tempo fa, Izquierda Unida (membro della Sinistra Europea) la sinistra riformista spagnola, meno degenerata e meno compromessa della sinistra italiana. In un momento IU (prima dell'avvento di Podemos) veniva stimata al 15% (partendo con il 4,2% alle elezioni europee del 2009, passando per il 7% alle elezioni politiche del 2011, arrivando al 10% alle elezioni europee del 2014).
Perché quindi il fenomeno Podemos? O meglio perché non si è riusciti a incanalare tutta la forza dello scontento sociale e della piazza in un partito tradizionale? Quello di sinistra? Semplicemente perché la stessa IU resta un partito inadeguato, che solo ora, messa all'angolo, ritrova la fraseologia combattiva e di classe, ma che come tutta la sinistra riformista davanti alla crisi del capitalismo non può che balbettare. L'estrema destra spagnola non ha potuto nutrirsi a specchio dello scontento sociale (come per esempio è avvenuto in Grecia) perché in Spagna l'estrema destra non godeva di una propria fisionomia e riconoscibilità, perché è lo stesso Partido Popular (ora al governo) che ingloba settori reazionari, lasciando non pervenute le formazioni neofasciste.
Podemos quindi è un'opzione che parla da sinistra nuova da provare (una formazione vista con interesse e con molto piacere anche dai gruppi movimentisti italiani). Non è un caso che lega la sua nascita all'esperienza del Movimento 15M. Vediamo ora la sua configurazione e le similitudini, oltre a quelle appena descritte sulle motivazioni del suo sviluppo, con il Movimento 5 Stelle italiano.
Podemos si può dire contraddittoriamente di sinistra, contraddittoriamente perché se nei fatti presenta un programma sociale di sinistra, proprio la filosofia di questa formazione propugna di stare al di là di sinistra e destra, e non si riconosce in nessuna di queste categorie. Centrale anche qui, come fotocopia del M5S italiano, diventa il cittadino e la lotta contro la casta politica. Di classe lavoratrice non se ne sente assolutamente parlare. Ovvio che da questa impostazione centrale sbagliata derivino tante altre conseguenze naturali più o meno pericolose. Il fine diventa la democrazia dei cittadini (?!). Il socialismo, senza stupore, diventa un tema arcaico ed eretico, mai viene nominato. Se per la grande base di appoggio di Podemos che viene dall'area della sinistra tradizionale, e che crede ancora che il socialismo sia un sistema superiore e migliore al capitalismo, queste siano solo scelte di linguaggio (non riferirsi alla classe lavoratrice o al socialismo), uno stratagemma per far mascherare il messaggio rivoluzionario a farlo arrivare ad una più ampia fetta di persone, crearsi così consenso più facilmente, in realtà per il gruppo dirigente di Podemos non è nulla di tattico e nulla di casuale: semplicemente la rimozione di un piano alternativo, la rimozione dell'idea di una società basata su altri rapporti (purtroppo, per arrivare al socialismo, non esistono trucchi, né scorciatoie).
Infatti il programma di Podemos è un programma per governare in altre forme il capitalismo, simile a quello di Tsipras e Syriza in Grecia. E infatti i legami col leader della sinistra greca sono stretti. Sono frequenti gli incontri tra Podemos (tra il suo capo Pablo Iglesias) e Tsipras, quello stesso Tsipras che gira l'Europa a rassicurare le classi dominanti internazionali della bontà del proprio programma (l'ultimo dei tanti casi l'incontro con i rappresentanti internazionali del capitalismo al Forum Ambrosetti a Cernobbio), lo stesso Tsipras che fa visita al capo della più grande organizzazione capitalista e reazionaria su scala globale, Papa Francesco (forse per confessarsi?).
L'originario programma-manifesto di Podemos (Mover Ficha), già debole, è stato poi modificato al ribasso prima delle elezioni europee da un “comitato di esperti” nominato dal leader. Lo stesso programma viene ri-moderato ogni volta poi dai vari personaggi di Podemos che presenziano maggiormente in televisione (e di fatto quindi costituiscono il gruppo dirigente), tutto in maniera personale, senza alcuna discussione politica organizzata e democratica. Il programma documento è degno se non altro per riuscire a non nominare, nelle sue 40 pagine, nemmeno una volta la parola “capitalismo” o “capitalista”.
Podemos chiede così una rivalutazione del debito pubblico spagnolo, anziché rivendicarne l'annullamento completo in maniera unilaterale. L'idea delle nazionalizzazioni di settori strategici, ovviamente con l'indennizzo ai loro padroni, viene comunque contemplata solo in occasioni eccezionali e straordinarie, preferendo dare delle direttive obbligatorie alle aziende sulla fissazione di prezzi politici per l'erogazione di servizi. Il salario di cittadinanza è-era un altro punto centrale del programma di Podemos, ma ancora non viene spiegato dove si troveranno i fondi, visto che ci si è accorti della difficoltà di reperirli nei limiti del capitalismo ora se ne parla meno (di redistribuzione del lavoro e l'abbassamento dell'orario di lavoro a parità di salario proprio non se ne parla). Il programma continua con obiettivi democratici come il finanziamento massiccio al sistema sanitario pubblico e lo stop alle privatizzazioni; per la depenalizzazione delle occupazioni delle case e la garanzia di “soluzioni abitative” in caso di sgomberi forzosi (anziché ribadire che la casa è un diritto e che va garantito attraverso l'esproprio e la nazionalizzazione senza indennizzo delle società immobiliari e delle grandi proprietà immobiliari, anche ecclesiastiche, con la requisizione delle case sfitte in base alle esigenze abitative dei proletari e della popolazione povera); per una riforma del sistema educativo; per la fissazione dell'età di pensionamento a 60 anni; per una maggiore tassazione alle grandi proprietà. Un programma economico nebuloso di stampo keynesiano (Keynes, l'economista anticomunista che lavorava per salvare il capitalismo morente). Un programma che non ha nulla a che vedere con un programma rivoluzionario di transizione, come il nostro (http://www.pclavoratori.it/files/index.php?obj=NEWS&oid=3087).
E pensare che Podemos è stato fondato con la compartecipazione di Izquierda Anticapitalista, anzi fu proprio un suo progetto (una risoluzione in un bollettino interno del partito), allargato ad altre figure. IA è un partito di origini trotskiste, sezione spagnola del Segretariato Unificato, che ora però ha abbandonato totalmente non solo il campo trotskista, ma anche quello di classe, collocandosi di fatto ora più a destra di Izquierda Unida.
L'altro personaggio propulsivo di Podemos, come già nominato, è Paolo Iglesias (non il Pablo Iglesias fondatore del Partido Socialista Obrero Español del 1879, ma forse uno simile), professore universitario di Scienza Politica, analista politico televisivo e militante di sinistra. Arrivò appena dopo il lancio di Podemos, ma fu subito eletto capolista per la lista alle elezioni europee del maggio 2014 nelle primarie aperte di Podemos. La sua immagine fu utilizzata come ariete per lanciare e far conoscere a livello di massa Podemos. Un successo anche qui (come per il M5S) costruito per buona parte grazie all'immagine televisiva e alla presenza nelle varie reti televisive (che per questioni di share cavalcano senza scrupoli l'onda), una presenza di un personaggio politico negli schermi spagnoli senza precedenti, che fa invidia alla scuola di Berlusconi. Ricordiamo che lo stesso Iglesias è un conduttore televisivo.
Presto si arrivò quindi a impersonificare facilmente Podemos con Iglesias, a rispettarlo come portavoce e capo (informale), senza fasi deliberative. Iglesias poté così facilmente guadagnare una posizione egemonica nel neonato partito.
Si è prodotto informalmente una strutturazione organizzativa verticista e non egualitaria, senza controlli e garanzie, ma questo poteva passare in secondo piano visto che il progetto politico volava, nei sondaggi e nelle adesioni.
Come funziona e come si struttura il corpo di Podemos? Molto simile a quella del M5S. L'adesione è via web, e ugualmente via web si vota. Chiunque può iscriversi, chiunque. Si possono fondare circoli via web, i più disparati, senza tanti controlli. Esistono circoli di città, di quartieri, di settori lavorativi, esiste per esempio il circolo di psicologia, quello delle forze armate, quello di farmacia, quello dei diritti linguistici, un circolo per la Repubblica distinto dal circolo per la Terza Repubblica.. ogni circolo con una propria autonomia, con una propria pagina web e scollegato dall'insieme. A volte nei circoli ci si incontra anche fisicamente per dibattere su vari temi, ma a volte. Una completa pluralità scomposta di facciata, come molte volte accade, nasconde un verticismo organizzativo e decisionale, ora in mano ad Iglesias. Anche in questo caso non si hanno poi garanzie sugli esiti delle votazioni web visto che la macchina informatica è sotto il controllo del corpo centrale (e già in qualche occasione sono sorti fondati dubbi di legalità, cioè brogli).
Il 15 novembre 2014 si è chiusa la fase congressuale di Podemos (il loro primo congresso), da loro chiamata “asamblea ciudadana”, iniziata il 15 settembre. In questa fase si sono presentate e votate le varie proposte di documento politico, di documento organizzativo e di documento etico. Messi in votazione tra di loro (nel web), dopo una presentazione di 3 minuti per ogni documento nella giornata di incontro nazionale: 70 documenti politici, 98 documenti organizzativi e 85 documenti sui principi etici, oltre a più di 100 risoluzioni! Facile comprendere che in questa marea di documenti emergano quelli del “capo”, quelli con il marchio di fabbrica, che già erano in circolazione, e conosciuti, prima di tutti gli altri. Ma non basta, Iglesias ha voluto porre una norma furbesca per la quale i suoi documenti, se votati, dovevano esser votati in blocco, ossia accettare in pieno il pacchetto politico + organizzativo + etico di Iglesias.
Izquierda Anticapitalista, che rappresenta una parte importante nella direzione di Podemos, come accennato, ha intrapreso un cammino di appiattimento politico totale, e perdita della propria autonomia dentro Podemos e fuori Podemos. Il massimo che Izquierda Anticapitalista ha fatto in questo congresso è stato per iniziativa della sua militante ed eurodeputata Teresa Rodriguez (una dei cinque eurodeputati appena eletti) che con la partecipazione di altri due eurodeputati di Podemos hanno presentato un documento organizzativo alternativo, visto che era troppo evidente lo stampo centralista e plebiscitario, antidemocratico a detta di molti aderenti, del documento di Iglesias. Riguardo al documento politico (ed etico) IA ha ritenuto di non intromettersi.
I risultati finali dei documenti premiano senza sorprese quelli di Pablo Iglesias, che arrivano al 81%. Il documento organizzativo di Teresa Rodriguez arriva al 12%. Solo sei documenti superano la soglia dell'1%, non superando comunque il 3%; tutti gli altri documenti non superano l'1% dei voti.
Pure le votazioni per gli organi dirigenti (sempre on-line) sono state fatte attraverso meccanismi verticistici, come denunciato anche da alcuni circoli locali. L'elezione spacciata come elezione su lista aperta nasconde di fatto un sistema maggioritario puro. Alcune liste di nomi, per protesta, sono state ritirate. Senza tante sorprese Pablo Iglesias è stato eletto con l'88% dei voti e riesce a collocare tutti i suoi candidati di lista negli organi decisionali del partito: tutti i suoi 62 candidati nei 62 posti per il Consiglio Cittadino (il loro comitato politico) e tutti i suoi 10 candidati nei 10 posti per la Commissione di Granzia. Nessun spazio per le altre liste. Iglesias è riuscito a stabilizzare la sua figura di capo indiscusso, e dispone del controllo assoluto di tutti gli organi di direzione del partito.
La retorica della democrazia “dal basso” fa spazio alla logica di comando “dall'alto”. Un'organizzazione verticista (Podemos) con a capo un leader indiscusso (Iglesias), un modello plebiscitario, da trasmettere al nuovo stato Spagnolo, seguendo l'esempio chavista tanto amato (vedi similitudini con M5S). Ovviamente esiste uno scarto tra il progetto del gruppo dirigente di Podemos e le aspettative e la fiducia della base.
Continuiamo a vedere ora altri elementi utili per inquadrare appieno Podemos. Il peso dei media all'intero del processo di sviluppo di Podemos non è passato senza lasciar traccia, i mezzi di comunicazioni rivestono una posizione privilegiata nella filosofia di questo partito. L'immagine, la comunicazione e la presenza televisiva sono centrali. E' appunto attraverso i mezzi di comunicazione che si può cambiare il mondo. Conseguentemente la lotta e la mobilitazione popolare passano in secondo piano e non sono più il fulcro, anzi, bisogna proprio tagliare con i metodi del passato, siamo in un mondo nuovo, dicono. Internet, sistema plurale, consente la partecipazione attiva alla vita politica tra tutti i cittadini e quindi i problemi si possono risolvono tutti dietro ad una tastiera. Fa preoccupare una dichiarazione di Iglesias in cui afferma che ha la sensazione, maturata con la sua esperienza da eurodeputato, che il parlamento non serve a nulla, visto che dopo un dibattito esce un video e questo video può vederlo tutta la gente. Quindi pensa ad un metodo per adattare la metodologia di lavoro del parlamento perché sia attrattivo in televisione e per la gente, incorporare meccanismi di linguaggi televisivi nei dibattiti del parlamento, convertire il parlamento in un format televisivo (e anche su questo la pensa come Grillo).
Podemos certo sostiene battaglie sui diritti civili di sinistra, ma in definitiva tutti i cambiamenti e le modifiche al sistema che Podemos vuole apportare, come più volte affermato, sono considerate nel quadro del rispetto della costituzione, al massimo si propone qualche singola modifica ad alcuni suoi articoli.
Podemos ha simpatie nei governi socialdemocratici del Sudamerica: nel governo di Correa in Equador, in quello della Kirchner Argentina, in quello della Rousseff in Brasile, in quello di Mujica in Uruguay, in quello di Morales in Bolivia, in quello di Maduro in Venezuela, anche se per quest'ultimo caso si riserva ben di farne pubblicità visto che potrebbe scontrarsi nella non tanta simpatia della popolazione spagnola verso il governo bonapartista venezuelano, una questione di immagine dice Iglesias: non è tatticamente saggio farsi accostare con il governo venezuelano visto che potrebbe danneggiare il consenso di Podemos. L'immagine prima di tutto. La creazione di una coscienza più avanzata lascia il passo a tatticismi elettorali e opportunismi, è così che si arriva più facilmente a vincere le elezioni, e lo stesso Iglesias lo riconosce. Il fine è creare quanto più consenso possibile, con ogni mezzo, “quello che cerca di fare Podemos per vincere è integrare la maggior parte possibile della gente dentro il partito, da chiunque collocazione essa provenga”. Metodologia tipica di un partito pigliatutto, come quello di Grillo. L'obiettivo elettorale è tutto e i mezzi (l'organizzazione interna, il programma, la politica) si adattano a questo fine. E Iglesias così si lancia a corteggiare il mondo cattolico, a celebrare il nuovo Papa: “mai mi sarei immaginato che potessi stare così tanto d'accordo con il Papa”. E ne ha anche per l'esercito, difendendone il suo ruolo (cioè difendendo l'esercito borghese), confessando che parla spesso con molti militari, e non a caso esiste un circolo di Podemos delle Forze Armate.
Poi plaude i piccoli e medi imprenditori, afferma che sono questi “che portano avanti il paese”, che la maggioranza di questi sono per bene, contrapposti alle grandi imprese e multinazionali. Ma questa dichiarazione non è né una scivolata né una marginalità. Fa bensì parte della strategia politica. Iglesias, parla spesso di disoccupati e di piccoli e medi imprenditori (tra l'altro non distinguendo tra veri alleati del proletariato e veri capitalisti), ma non ha mai speso una parola per le lotte operaie spagnole, nemmeno di quelle così importanti e sviluppate come quelle della Coca-Cola o della Panrico. La distinzione tra una borghesia buona e una cattiva, tra un capitalismo buono e uno cattivo, in cui la parte buona è l'alleato naturale del resto della cittadinanza, lancia al progetto di riconciliazione di classe, per “democratizzare il paese” e “recuperare la sovranità”.
Della Catalogna e del referendum per l'indipendenza non una parola chiara spesa dai leader di Podemos, neanche sotto i giorni della consultazione del 9 novembre. Defilato anche il profilo sul tema della corona spagnola e su un possibile referendum per scegliere tra monarchia e repubblica.
Per le elezioni amministrative di maggio 2015 Podemos ha deciso che non rilascerà il marchio (nome e simbolo) ai i suoi circoli locali per le liste elettorali. La struttura territoriale di Podemos sarà presente sotto il nome di Ganemos (trad. vinciamo). Una questione che fa discutere e sorridere, un escamotage non tanto escamotage (visto che tutti conoscono l'equivalenza), studiato dal gruppo dirigente di Podemos, per preservare la purezza di Podemos a fronte di possibili scelte politiche locali pericolose che potrebbero infangare il nome dell'organizzazione, così dichiarano. Un ennesimo controsenso nella filosofia ufficiale del movimento che esclude la pluralità e fa trasparire la realtà che Podemos è solo di alcuni. Una misura difensiva, ancora una volta mediatica. Sembra proprio che Iglesias, professore di scienza politica, abbia studiato a fondo il fenomeno 5 Stelle in Italia, e anche da qui abbia imparato sulle possibili conseguenze di vedere all'opera il proprio piano politico a livello territoriale. La prova dei fatti: un programma populista contro le necessità reali di cambiamento rivoluzionario delle cose, la probabile frattura con l'aspettativa delle masse popolari. Si cerca così di prendere tempo, almeno fino alla scadenza delle elezioni politiche generali di dicembre 2015.
Una clausola presente nel documento etico di Iglesias (una clausola inserita all'ultimo) è quella in cui si nega ai dirigenti di Podemos la doppia militanza. Vale a dire una clausola che va a colpire in modo diretto Izquierda Anticapitalista. Iglesias vuole isolare ancor di più possibili opposizioni interne e tagliare del tutto con la “vecchia sinistra”. Evidente che dopo pressioni del genere, che partono dal gruppo Iglesias indirizzate al gruppo di IA, certe questioni hanno trovato degli scontri, più che altro formali. Infatti IA balbetta, drogata dai risultati elettorali e dai sondaggi: “anche se non siamo d'accordo con il divieto della cosiddetta 'doppia militanza', ci adatteremo”, IA non presenterà propri militanti nel Consiglio Statale Cittadino di Podemos, concentrandosi invece nelle future elezioni dei leader territoriali autonomi del partito che si eleggeranno tra dicembre e metà gennaio. Izquierda Anticapitalista si è smarrita completamente, ha assorbito l'impostazione e la filosofia interclassista e passiva di Podemos. “Izquierda Anticapitalista si sente pienamente identificata con Podemos” hanno detto diverse volte i suoi dirigenti. Il 15 febbraio 2015 terrà il suo II Congresso confederale e si prevedono scompigli. Ci sono sicuramente militanti di base scontenti della strada che ha intrapreso l'organizzazione, dall'altra ci sono varie dichiarazioni di dirigenti che fanno pensare con una certa probabilità ad un documento congressuale impostato sulla liquidazione di IA: “dato che Podemos, oltre ad essere un nostro progetto, ha deciso di convertirsi in partito, nostro partito, andiamo a celebrare la prima fase del nostro congresso nell'ultimo fine settimana di novembre per adattarci al nuovo quadro che ha deciso il Congresso di Podemos”. Miguel Urbàn, dirigente di IA assicura che “dissolversi non sta all'ordine del giorno”, mentre l'eurodeputata Teresa Rodriguez sostiene che “andiamo a fare un congresso per decidere cosa siamo dopo 11 mesi costruendo Podemos. Certamente non siamo quello che eravamo l'anno scorso”. Insomma possono esser studiate forme per non dissolvere del tutto l'organizzazione, trasformandola in un'associazione, o qualcosa del genere, valutando però allo stesso tempo il grado dell'ostracismo di Iglesias, che potrebbe non esser soddisfatto da un semplice cambio giuridico dell'organizzazione. A parte questi possibili tatticismi, se è possibile che IA non si dissolva del tutto, è certa di fatto la sua liquidazione. La strategia del Segretariato Unificato della Quarta Internazionale passa dai “partiti anticapitalisti ampi” ai.. “partiti ampi”.
Tutto il fenomeno Podemos ovviamente ha poi influenze e risvolti politici anche nella sinistra tradizionale spagnola, in Izquierda Unida. IU sta vivendo una fase di tribulazione. Una buona fascia di consenso che IU aveva, stimabile in due terzi del complesso, è stata risucchiata da Podemos (ora IU è data attorno al 4%). Ora da una parte il linguaggio (e solo questo) si fa più vivace e combattivo, si alzano i toni e si parla di classe lavoratrice per recuperare a sinistra la propria base, differenziarsi da Podemos; dall'altra parte si apre a Podemos e si cerca la collaborazione, anche attraverso ipotesi di liste unitarie in Ganemos. IU resta un partito socialdemocratico riformista, con un programma molto simile a quello di Podemos. Un partito che governa nella regione dell'Andalusia con il liberale PSOL (dopo aver governato 7 anni in Catalogna con lo stesso) e che ora viene investito da scandali di malapolitica a Madrid e nell'europarlamento. La verità è che si è aperta una discussione nell'organizzazione, con differenti posizioni interne, con la base in fermento.
Concludendo vediamo che proprio dove, nel contesto spagnolo caratterizzato da un'evoluzione positiva alle mobilitazioni contro le politiche di massacro sociale delle classi dirigenti, di uno sviluppo di una coscienza antisistema, di una disponibilità crescente alla lotta, le direzioni politiche che dovrebbero traghettare questo scontento in un processo risolutivo non si trovano all'altezza del compito, ed anzi danno spazio ad illusioni ed arretramenti. Per uscire dalla crisi le mezze misure non possono trovare spazio. IU persegue la solita via della socialdemocrazia, del riformismo. Podemos dichiara lunga vita al capitalismo. Urge anche qui una direzione rivoluzionaria, un partito leninista con influenza di massa che ponga alle masse un programma anticapitalistico, che parli di classe lavoratrice, di rivoluzione e di socialismo.

Elder Rambaldi

Elder Rambaldi

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