Dalle sezioni del PCL
SUL DRAMMA DEI MIGRANTI RIFUGIATI E GHETTIZZATI IN BARI
24 Ottobre 2014
Abbiamo avuto già modo, il mese scorso, di esprimere la totale solidarietà del PCL nei confronti dei migranti che, nel febbraio di questo anno, avevano occupato l'ex-convento di Santa Chiara (Bari) e avevano provveduto, grazie anche al supporto di movimenti antagonisti e associazioni volontarie e studentesche operanti in città, a ritagliarsi delle piccole abitazioni di emergenza all'interno del convento.
Sino allo spiacevole episodio di alcune sere fa, consistito in un tentativo di incendio da parte di un esaltato (che, a quanto sembra, non viveva nemmeno nel rifugio), i rifugiati avevano vissuto tale occupazione in sostanziale armonia con gli abitanti della città. Più volte gli stessi migranti, insieme ad alcuni esponenti dei movimenti antagonisti e delle associazioni civiche, avevano infatti organizzato delle serate di musica e festa nel convento, cercando di raccogliere un po' di soldi, peraltro insufficienti anche per la sola sopravvivenza. La gran parte dei migranti vive di lavori occasionali nei campi della Puglia, dove è sottoposta a condizioni di autentica schiavitù per pochi euro al giorno.
Cogliendo al volo l'episodio del tentativo di incendio da parte di uno psicopatico, la giunta comunale barese, capeggiata dal sindaco Decaro (prima dalemiano, poi bersaniano, poi ancora civatiano e infine renziano), in assoluta armonia con il comitato di affari borghese di cui cura gli interessi cittadini, ha immediatamente ordinato lo sgombero della struttura. Il convento in cui sono rifugiati i migranti è difatti nelle mire di un comitato regionale di affari, che mira a ricevere un cospicuo finanziamento di svariati milioni di euro della comunità europea per adibirlo ad attività culturali. Ad Agosto di quest'anno,dalle pagine del quotidiano" la Repubblica" , il direttore regionale per i Beni culturali della Puglia implorava infatti: ""Non sappiamo più a quale santo votarci: abbiamo scritto a tutti per sollecitare lo sgombero dell'ex convento di Santa Chiara. La città di Bari rischia di perdere 8 milioni di euro e una straordinaria occasione per il suo rilancio culturale". Figurarsi quanto possa valere, agli occhi della borghesia cittadina, la vita di 200 migranti, a fronte di un malloppo di 8 milioni di euro tondi tondi da spartirsi con i soliti trucchetti clientelari, ammantati di "meritocrazia".
In accordo con il ministero degli interni, cogliendo strumentalmente al volo l'episodio del tentativo di incendio da parte di uno squilibrato, l'amministrazione provvederà, nei prossimi giorni, a sgomberare i migranti per lasciarli morire, nel freddo invernale, in una tendopoli appositamente realizzata alle porte della città.
In questo quadro drammatico, è interessante osservare l'assoluto silenzio delle forze politiche, persino di quelle che molti lavoratori continuano purtroppo a considerare "progressiste". Non una parola a sostegno dei migranti è stata pronunciata dal poeta della sinistra, il comandante in capo della regione, il Che-Guevara di Terlizzi, in arte Nichi Vendola, troppo impegnato nelle "buone" pratiche di privatizzazione della sanità e dei servizi in regione. E nemmeno una voce di protesta si è alzata dal M5S, anche se, in tal caso, la cosa sorprende meno, viste le continue e penose esternazioni razziste del loro leader. Silenzio ipocrita persino dagli "intellettuali" di sinistra, amanti della cultura e dell'arte sempre prima della giustizia sociale, che fanno capo a Paccione e alla lista "Convochiamoci per Bari", in orbita Lista Tsipras.
Tutti i tentativi delle associazioni e dei movimenti di cercare un confronto con le istituzioni (il prefetto, l'ex-sindaco Emiliano, l'attuale mandamento renziano Decaro), per trovare una sistemazione dignitosa ai migranti, sono rimbalzati sul muro di gomma eretto dalle istituzioni sinistrorse e destrorse della città.
Contemporaneamente, nel vicino CIE di Bari, dove altri migranti sono segregati e trattati come degli appestati, scene di ordinaria disperazione si perpetuano giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto, con uomini e donne che, per protestare per le indegne condizioni in cui vivono e attirare l'attenzione della società "civile", arrivano sino a cucirsi, fisicamente, la bocca.
Dispiace osservare, ma è doveroso farlo, come queste violazioni della dignità umana avvengano in una importante città del sud Italia,nella quale, nonostante il recente impoverimento prodotto dalla crisi economica, lo sviluppo culturale, scientifico e tecnologico ha raggiunto larghi strati della popolazione, soprattutto quella relativamente più giovane. Le stesse persone che, forse ipocritamente, si commuovono nel vedere il film di Benigni sulla shoah, restano poi però totalmente indifferenti, o addirittura infastidite e ostili, nel sapere che in un ex-convento al centro della città vi sono uomini, donne e bambini costretti a vivere in condizioni degradanti (e ora persino sottoposte all'incubo di essere segregate in una tendopoli a cielo aperto) o, come accade nel CIE, a cucirsi fisicamente la bocca per tentare di scardinare l'indifferenza e il silenzio assordante della società "civile".
A questo accanimento nei confronti dei migranti contribuisce il clima di guerra tra poveri creato mirabilmente ad arte dalla borghesia, sia quella piddina che leghista o grillina. In questo contesto ha un ruolo fondamentale l'accelerazione impressa dall'apparato borghese nel trasformare quelli che costituiscono inviolabili diritti di tutti gli esseri umani (una casa, un lavoro) in privilegi di alcune categorie di fortunati. Non è un caso che due marionette renziane (Emiliano e Decaro) rappresentino passato e presente dei vertici dell'amministrazione cittadina.
In questo clima di guerra tra sfruttati, alimentato ad arte dai media borghesi che fanno da megafono al "Renzi-pensiero", in cui il giovane disoccupato viene indotto ad odiare il padre, operaio o dipendente, la cui unica colpa è rappresentata dall'avere "addirittura" un salario, l'odio nei confronti dei migranti diventa la conseguenza naturale del rischio che questi possa entrare in concorrenza per un lavoro con un italiano. Se questa situazione non fosse tragica, ci sarebbe persino da farsi una risata, tanto è paradossale e grottesca: anziché rivoltarsi contro i loro grandi sfruttatori e cioè i detentori del capitale, i lavoratori si pongono ora in guerra tra loro per raccogliere le briciole cadute dal tavolo del capitalista.
Ma è chiaro che le coscienze individuali dei lavoratori non si formano, tout court, dalla notte alla mattina, ma sono il risultato di tutta una serie di politiche fallimentari, colpevolmente perpetuate in Italia dalla sinistra in tutto il dopoguerra, e accentuatesi drammaticamente a partire dal crollo del muro di Berlino. Quella sinistra, prima PCI, poi PDCI-RC e SEL, che tradendo il mandato dei lavoratori, ha sempre contrattato al ribasso i diritti economici e sociali dei lavoratori stessi con la controparte borghese, e sempre ed esclusivamente sulla pelle dei lavoratori, in tutti i settori produttivi e improduttivi, sino ad essere abbandonata e schifata dai lavoratori stessi.
L'errore storico più grande della sinistra italiana è stato quello di seguire la linea della contrattazione con la borghesia. Con la borghesia non è possibile contrattare, e la crisi degli ultimi anni è in tal senso paradigmatica: la borghesia deve essere soltanto abbattuta.
In questo drammatico quadro di impoverimento economico, sociale e culturale, il PCL è al fianco di tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro nazionalità e dal colore della loro pelle, con il fine di abbattere quel sistema che li sfrutta e li conduce alla miseria, siano essi italiani o stranieri e, infine, li mette in concorrenza tra loro.
IL PCL mette inoltre in guardia i generosi compagni dei movimenti antagonisti e del mondo dell'associazionismo dal rischio di perseguire una strategia di fallimentare contrattazione con le istituzioni locali baresi, quella stessa strategia fallimentare di contrattazione con la borghesia che i partiti della sinistra italiana hanno perpetuato a livello nazionale, dal dopoguerra ad oggi, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
IL PCL rivolge un accorato invito a tutti i lavoratori della città di Bari affinché prendano coscienza del loro vero e unico nemico: la borghesia capitalistica. Quella borghesia capitalistica che, attraverso l'inganno dei suoi rappresentanti politici e un uso dirompente dei mezzi di informazione, persegue il solo fine dello sfruttamento degli operai italiani: riducendo loro il salario, togliendo loro ogni diritto attraverso l'abrogazione dell'articolo 18 e la minaccia di licenziamento, aumentando l'orario di lavoro e contemporaneamente abolendo progressivamente la sanità e la scuola pubblica. Quella borghesia capitalista che, attraverso il caporalato mafioso, sfrutta lavoratori italiani e stranieri, costringendoli a lavorare a nero nei campi per pochi euro al giorno come dei veri e propri schiavi. L'alternativa non è tra lavoro agli italiani oppure agli stranieri. L'alternativa è tra il lavoro a tutti (siano italiani o stranieri) e il profitto sempre crescente dei capitalisti.
Il PCL invita i lavoratori baresi a solidarizzare e a combattere al fianco dei migranti in questa difficile lotta di sopravvivenza, poiché solo abolendo l'attuale modo di produzione capitalistico è possibile costruire un sistema socialista che dia lavoro e casa a tutti e consenta di lavorare molto meno, ma a parità di salario e di condizioni di vita degne di ogni essere umano.
Nell'immediato, la soluzione al problema dell'abitazione, sia dei migranti che dei proletari e dei lavoratori baresi impoveriti dalla crisi, non può che essere una: l'esproprio dell'enorme quantitativo di case sfitte possedute sia dalle grandi società immobiliari che dalla ricca borghesia barese.
Il percorso di lotta è ancora lungo, ma guai ad arrendersi. "La sconfitta della borghesia è inevitabile, in quanto essa produce innanzitutto i suoi propri becchini."