Dalle sezioni del PCL
L'emergenza della condizione lavorativa degli autisti del 118
11 Ottobre 2014
In questi anni i problemi di questo Paese sono stati associati ad un'unica e sola parola: emergenza. Infatti, a fianco della parola “lavoro”, della parola “sicurezza”, della parola “immigrazione”, della parola “economia”, è stata sempre associata la definizione “emergenza”. A questo punto credo sia opportuno riportare il significato del termine in questione.
“Un’emergenza può essere definita come una qualsiasi condizione critica che si manifesta in conseguenza del verificarsi di un evento, di un fatto o di una circostanza che determina una situazione potenzialmente pericolosa per l’incolumità delle persone e/o dei beni e strutture, e che richiede interventi eccezionali ed urgenti per essere gestita e riportata alla normalità.
Proviamo ora ad immaginare cosa può significare vivere un'emergenza nell’emergenza, parliamo quindi di sanità e di ambulanze, di una condizione di costante criticità vissuta direttamente dagli addetti ai lavori. Nella provincia di Pesaro-Urbino, da quasi vent’anni, il servizio di trasporto sanitario è esternalizzato ad una associazione temporanea d’impresa (ati), della quale fanno parte tre aziende private che svolgono il servizio tramite l’impiego di mezzi (ambulanze e pulmini) e personale dipendente. Dopo anni trascorsi a gestire fiumi di denaro pubblico senza alcun tipo di controllo, alcuni dipendenti hanno cominciato a lamentare una condizione lavorativa e retributiva non in linea con gli accordi raggiunti nei contratti di lavoro. Uno dei problemi principali è che in questo caso, ai dipendenti assunti come autisti, non viene riconosciuta una figura professionale specifica. Questo vuoto legislativo consente, purtroppo per i lavoratori, l’applicazione di contratti che non riconoscono pienamente il loro operato; l’autista-soccorritore, infatti, ogni qualvolta che si verifica una situazione di soccorso, per l’appunto, è chiamato ad intervenire a fianco delle figure sanitarie (medico e/o infermiere) e seguire le direttive di questi ultimi, bisogna inoltre aggiungere che non è prevista una formazione specifica che consenta di far ottenere quelle conoscenze necessarie per affrontare tutte le possibili situazioni definite a volte critiche. Con il personale dipendente delle ditte private impegnato nello svolgimento di un servizio pubblico, chi deve farsi carico della sua formazione? Nessuno, sembrerebbe. E’ proprio questa la conseguenza di un mancato inquadramento della figura professionale dell’autista-soccorritore e di tutto quello che ne conseguenze sia a livello retributivo che di condizione lavorativa in generale, dai turni di lavoro, a volte anche ben oltre le dodici ore giornaliere, a tutto quello che concerne la tutela per il rischio sanitario e le varie indennità, inoltre, quasi tutti i contratti di lavoro applicati ai dipendenti assunti nel privato sono delle enormi “scatole vuote”. Nella “giungla” contrattuale nella quale ci si ritrova, capita di vedersi applicati contratti di ogni tipo, dall’autorimessa da noleggio con conducente, a contratti legati al settore del commercio e del terziario fino ad arrivare ai contratti legati al turismo, (vedi inchiesta Espresso). E’ facile credere che tutto questo non può avvenire se non viene progettato prima e messo in atto poi, un sistema progettato ad arte dove il legame fra politica ed imprenditoria deve essere indissolubile e dove ogni scelta deve soddisfare le esigenze di entrambi. Tornando a parlare della gestione del servizio di trasporto sanitario nella provincia di Pesaro-Urbino, (al quanto discutibile) le denunce e le innumerevoli segnalazioni fatte agli organi competenti da alcuni dipendenti hanno fatto sì che venissero a galla irregolarità di ogni tipo, dall’accertamento dell’evasione fiscale e contributiva ad una “presunta” truffa ai danni dello Stato. Ad oggi, il legame tra politica ed imprenditoria non è stato dissolto, nessun processo, nessuna condanna, nonostante sia stato tutto dimostrato ed accertato. L’unica certezza è che, come al solito, a pagarne le conseguenze sono i lavoratori con le loro famiglie, costretti a vivere nella precarietà, a subire decisioni padronali che privano della dignità, a vedersi puntualmente calpestare i diritti sotto ogni forma e azione, quando invece sarebbe opportuno più che mai che i lavoratori diventino parte attiva in quelle che sono le scelte riguardanti il loro futuro, in quanto, da sempre, vivono in un mondo che gli appartiene e non bisogna assolutamente permettere che gli venga tolto.