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L'assassinio di Davide Bifolco, l'odio di classe e una riflessione per i comunisti

12 Settembre 2014

La dinamica dell’omicidio di un giovane proletario a Napoli da parte degli apparati repressivi dello Stato somiglia molto a quella classica degli interventi degli organi polizieschi nelle bidonville e nelle favelas delle megalopoli del sudamerica.

Davide

La dinamica dell’omicidio di un giovane proletario a Napoli da parte degli apparati repressivi dello Stato somiglia molto a quella classica degli interventi degli organi polizieschi nelle bidonville e nelle favelas delle megalopoli del sudamerica.
Sbirri armati entrano nelle baraccopoli e nelle abitazioni spesso fatiscenti dove sopravvivono in condizioni inumane migliaia di proletari e sottoproletari, sparando all’impazzata, distruggono quelle poche cose con le quali la popolazione riesce a sopravvivere. La distinzione tra proletari e sottoproletari non esiste per la Polizia, l’ordine è di uccidere tutti quelli che in qualche modo fanno resistenza o sono sospettati di essere dei delinquenti.
Il carabiniere che ha sparato Davide Bifolco voleva uccidere e lo ha fatto inseguendo la logica aberrante di chi pensa che gli abitanti dei quartieri malfamati siano tutti appartenenti alla criminalità organizzata e, quindi, vadano in qualche modo repressi, se necessario uccisi.

Come organizzazione politica abbiamo preferito non esprimerci “a caldo” sull’omicidio per avere un quadro più completo della dinamica e delle eventuali reazioni popolari.
Un militare ha ammazzato a bruciapelo un ragazzo diciassettenne disarmato. Un fatto di per sé gravissimo, che assume connotati politici terribili se consideriamo il complesso della situazione economica e sociale della città.

Sia chiaro, non siamo meravigliati. Per noi marxisti lo Stato è essenzialmente questo: uno strumento di oppressione, di delinquenza e barbarie al servizio della borghesia. Ciò che sorprende è il cinismo col quale il povero Davide è stato ammazzato, la campagna razzista che partiti e organi d’informazione ufficiali hanno messo in piedi, e la mancanza di una vera e propria ribellione all’accaduto, su cui a nostro avviso vanno fatte delle valutazioni.

Prima di tutto, e questo ci teniamo a dirlo, noi non ci accodiamo ai benpensati legalitari pronti a giustificare ogni atto criminale delle forze di polizia e ad indignarsi se dei ragazzi girano in un rione popolare in tre su un motorino non fermandosi ad un posto di blocco. Ci schieriamo dalla parte del ragazzo ucciso e dei proletari del Rione Traiano senza se e senza ma.
In ogni caso il fermarsi ad un posto di blocco non garantisce la vita a nessun proletario, le forze di polizia, in altre situazioni, hanno ammazzato barbaramente con calci, pugni e manganellate persone inermi fermate ed ammanettate.

Una campagna di disinformazione e di calunnie è stata realizzata per infangare chi era stato vittima di un’ingiustizia. Decine e decine di articoli di giornali dove si equiparava disoccupazione e criminalità organizzata.
Abbiamo letto, visto e sentito cose ignobili infarcite di razzismo contro i meridionali, attraverso televisioni, giornali e pagine facebook dei quotidiani borghesi. Mediaset ha trasmesso un intero servizio razzista in cui Feltri e Salvini tentavano di dare la colpa dell’uccisione di Davide non al carabiniere, ma alla presunta “incivilità” dei napoletani e alla convivenza di questi con la “camorra”.
Borghezio ha addirittura auspicato, come soluzione, rastrellamenti in tutti i rioni popolari come si faceva ai tempi del Fascismo.
Un attacco dal chiaro profilo di classe, di odio nei confronti dei poveri, da parte di tutti gli schieramenti della borghesia, teso a difendere il militare che ha sparato, l’Arma dei Carabinieri e la legittimità della violenza padronale.


Per questo motivo noi non abbiamo parlato di Camorra. Lo abbiamo detto sin da subito che in questa dinamica l’elemento camorristico non c’era. Chi invece afferma il contrario presta il fianco alla campagna di divisione fra buoni e cattivi, che favorisce lo Stato borghese e la stessa malavita.

Nei quartieri popolari delle metropoli imperialiste coesistono proletari e sottoproletari. Ma questa è una ovvietà per chiunque abbia la capacità di analizzare quali siano le conseguenze della presenza di sacche di persone escluse dal processo produttivo capitalistico. Molti, soprattutto a causa d’inadeguate risposte classiste alla mancanza di lavoro, tentano di risolvere i propri problemi economici in maniera del tutto individuale, sprofondando così nella delinquenza comune.
Semmai ci fosse un elemento camorristico, noi potremmo affermare senza esitare, che questi non ha giocato contro la “legalità”, lo “Stato”, ecc., ma, anzi, a suo favore!

Che cosa infatti non ha permesso una ribellione sociale prolungata degli abitanti del Rione Traiano? Esattamente quei clan malavitosi, che non volevano “troppi problemi”, che hanno anteposto - come sempre succede anche per la borghesia d’altronde - i loro profitti alla vita strappata di un ragazzo.
Chiunque sia stato presente alle mobilitazioni successive all’assassinio lo ha potuto notare, percepire e capire.
Le forze armate devono ringraziare chi, come loro, controlla il territorio se questo episodio non sia sfociato in una più ampia ribellione sociale a Napoli.


Noi siamo stati in prima linea assieme ai proletari del Rione Traiano nelle manifestazioni di risposta. Abbiamo immediatamente recepito che quel colpo di pistola non era soltanto per lo sfortunato Davide, ma per tutti i giovani disoccupati di Napoli. Quel proiettile conteneva in sé, oltre al piombo, tutto l’odio che i capitalisti provano nei confronti della povera gente.

E’ stato questo l’elemento essenziale che ci ha convinti ad assumere politicamente la cosa, mettendoci la faccia. Non ci siamo avventurati in analisi sociologiche tentando di scovare qua e là proletari e sottoproletari.
Siamo andati dalla famiglia del ragazzo e abbiamo portato i contatti dell’Avvocato Fabio Anselmo, già difensore delle famiglie Cucchi e Aldrovandi, la nostra solidarietà e la nostra vicinanza (anche grazie all’ottimo lavoro di una compagna di sezione, che lavora presso lo studio del Legale), perché vittime di un sistema ingiusto e delle sue nefaste conseguenze.

Il fatto rappresenta, dunque, un innalzamento del livello dello scontro tra forze dell’ordine e i proletari dei quartieri popolari della città, in maniera purtroppo unilaterale.

Carabinieri e polizia, infatti, si sentono sostanzialmente in guerra quando vengono mandati in missione a Napoli. Ne è una dimostrazione l’atteggiamento da “Rambo” del carabiniere, che dopo aver ucciso Davide, pistola puntata, corre contro i ragazzi presenti sul posto, i quali scappano per evitare la morte. Un atteggiamento che oseremmo definire di tipo terroristico.


Gli “sbirri” si comportano in maniera spavalda e criminale, gettando la maschera di “tutori del cittadino”, proprio nelle città dove le contraddizioni sociali sono maggiori. Godono di un ampio clima d’impunità, favorito da decenni di giustizialismo e cultura della legalità, propugnati anche dalla ex sinistra radicale (vd. Ingroia), oltre che dal criminale sistema di copertura che unisce esercito permanente e apparato giudiziario, entrambi al servizio del grande capitale e del suo ordine.
Anche stavolta, infatti, la condanna (sempre se ci sarà) consisterà in una pagliacciata che servirà a calmare le acque e a far illudere la famiglia Bifolco, nonché gli abitanti del Rione, che Giustizia possa essere possibile all’interno dell’attuale ordine sociale fondato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
E’ per questo motivo che forze di polizia e carabinieri pensano di poter venire nei quartieri poveri di Napoli uccidendo chi gli pare.


Purtroppo, però, a fronte di un così grave atto, la risposta popolare è stata poco incisiva.

I proletari del Rione Traiano erano disposti ad andare oltre anche alle minacce velate della malavita. E’ mancato, piuttosto, un lavoro di classe sul territorio e ciò pone un problema complessivo che non può essere risolto con lo sporadico riot o la vertenziale partecipazione alla manifestazione nel Rione.


Il senso di disorientamento totale della popolazione del quartiere, l’aggrapparsi a qualsiasi cosa (Chiesa, politici locali, ecc.), l’applaudire il Colonnello dei Carabinieri, sono tutti chiari sintomi di un basso livello di coscienza di classe, favorito dalla totale mancanza di organizzazione proletaria sul posto.


Le lacrime negli occhi di giovani ragazzi, donne, bambini, anziani del Rione Traiano parlavano per noi di Partito, unità di classe e riscatto.

In una fase così difficile per il movimento operaio e per i comunisti non sarà certo semplice trovare le adeguate risposte organizzative ai problemi delle masse nella città di Napoli, ma pensiamo che debba cominciare una riflessione ampia e che debba coinvolgere l’insieme dei movimenti anticapitalisti.
Interi quartieri della città sono lasciati allo strapotere della Chiesa Cattolica, della malavita organizzata e dei saltimbanchi dei partiti borghesi. Elementi reazionari che non favoriscono una ripresa del protagonismo di classe.


La sfida che dobbiamo, dunque, raccogliere è ricostruire una direzione anticapitalista del movimento sindacale in fabbrica (l’elemento della fabbrica è centrale se vogliamo incidere nei rapporti di forza), prima di tutto, e, quindi, avanzare, sui territori dove vive il proletariato, proposte di forme di organizzazione, che possano raccogliere l’insieme e il resto delle contraddizioni di classe (casa, lotta per il lavoro, spazi sociali, ecc.).

Per quanto ci riguarda è anche e soprattutto per questo che costruiamo e costruiremo il PCL; per dare anche ai proletari del Rione Traiano il Partito di cui hanno bisogno.


Al contrario degli altri partiti di sinistra non assumiamo atteggiamenti “a metà” tra il ragazzo ucciso e lo Stato. Denunciamo lo “snobismo” dei partiti della sinistra riformista, il loro esser presenti sui territori popolari solo nel caso di elezioni e l’atteggiamento ipocrita del sindaco Luigi De Magistris, che parla di “tragedia” senza dire chiaramente chi ha voluto che questa si consumasse.
Infine, dichiariamo apertamente che forze dell’ordine e magistratura sono apparati dello Stato dei padroni e, pertanto, sono nemici della classe operaia e delle masse povere.



La sezione di Napoli del PCL darà il proprio sostegno militante a tutte le iniziative promosse per il pagamento delle spese legali della famiglia Bifolco e invita tutte le realtà a fare lo stesso.

Napoli, 12/09/2014

PCL SEZIONE NAPOLI

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