Dalle sezioni del PCL
Sullo sciopero dei chimici del 29 luglio 2014
1 Agosto 2014
La preoccupazione dei capi della burocrazia sindacale dei chimici, dopo lo sciopero del 29, è quella di snervare i lavoratori le lavoratrici per realizzare la ristrutturazione voluta dai grandi azionisti dell’ENI. Il metodo usato lo ha sintetizzato la sezione Pietro ‘Blasco’ Tresso di Venezia: “la burocrazia sindacale ha ostacolato l'unità di classe dei lavoratori dei diversi settori via colpiti dall'attacco padronale (chimici, metalmeccanici, edili...), preferendo rincorrere gli incontri concertativi con il Ministero, il Presidente della Regione, il Sindaco di Venezia, il Patriarca della Curia veneziana, senza alcun risultato, anzi con un risultato nefasto per i lavoratori”. La volontà di lotta dei chimici, dopo vent’anni di sconfitte, è ancora intatta. Ma basta la volontà di lotta dei lavoratori? Non è stata l’assenza di volontà di lotta a causare la sconfitta netta dei chimici di P. Torres. Dalla lotta contro il piano Enimont di Gardini fino al 2009-2010, quando le RSU della CGIL di P. Torres attaccarono il giallo Morselli, intorno ai chimici c’è, sempre, stata una lotta di popolo. Ma la classe operaia di P. Torres ha seguito i capi sindacali che l’hanno portata alla sconfitta. Gli esecutivi generali della categoria non costruirono nessuna lotta generale per difendere i chimici sardi. Nel volantino della sezione di Venezia per dare un esempio della forza che può essere messa in azione è citato il blocco delle raffinerie francesi durante la grande lotta della classe operaia dello stato francese contro la riforma delle pensioni di Sarkozy. Il governo attaccò i blocchi delle raffinerie con i reparti antisommossa. Né la CGT né lo NPA promossero e guidarono l’organizzazione della difesa dei blocchi. Non ci furono tentativi di organizzazione indipendente della lotta per rovesciare il governo Sarkozy, non c’era altro modo per far fallire la controriforma pensionistica.
La lotta attuale dei chimici a differenza di quella in Sardegna, e dei lavoratori veneti della Vinyls ai tempi di Sator, è generale: da Gela a P. Marghera. Le forze vanno unite. Lo strumento per unirle non è la pressione sulla burocrazia sindacale ma la costruzione dei comitati di lotta. C’è tutto il mese di agosto e i primi 15 giorni di settembre per spiegare ai lavoratori la tattica della direzione dell’ENI, dei capi sindacali e del governo. Il 15 ci sarà l’incontro al Ministero dello sviluppo economico di cui è titolare un’importante rampolla di Confindustria. Dobbiamo far affiorare alla superficie della coscienza ciò che tutti i lavoratori chimici di Gela e di P. Marghera sanno ma che hanno sempre rimosso: che i vertici sindacali scientemente li hanno portati a quello, che la nostra organizzazione veneta, ha chiamato “epilogo”. In questo mese e mezzo e mezzo il partito deve concentrare le sue energie per un vero e proprio processo alla burocrazia sindacale per i risultati di vent’anni di lotte: “chiusure aziendali e pesanti ristrutturazioni di quella che è stata una delle più grandi zone industriali del Paese”. E’ stata la loro complicità la condizione senza la quale quel risultato non ci sarebbe stato. I nostri sforzi devono essere orientati a creare un raggruppamento che proponga il controllo operaio sulla produzione e sull’attività finanziaria dell’ENI e chiami alla lotta tutte le fabbriche e le aziende che per esistere devono essere espropriate. Un contributo decisivo per dar fuoco a quella che è molto di più di una “fascina”, lo può dare la sezione del nostro partito a Taranto. E’ la prima ‘compagnia’ della classe operaia a battersi coscientemente per il programma rivoluzionario delle nazionalizzazioni.
L’organizzazione sarda del nostro partito ha vissuto la sconfitta netta della classe operaia di P. Torres. Il risultato la devastazione, l’imbarbarimento in tutta la provincia di Sassari. Nel volantino che distribuimmo nel grande sciopero del 4 dicembre a P. Torres: “ la battaglia per la difesa dell’occupazione dei Lavoratori di P. Torres è una battaglia di difesa delle forze produttive e della civiltà. Il capitalismo è parassitario, non potendo più sviluppare le forze produttive e un’occupazione di massa e qualificata, fa solo speculazione finanziaria, con i risultati catastrofici che sono sotto gli occhi di tutti. Gli strumenti industriali sono il prodotto delle grandi conquiste della scienza della natura. Non sono la scienza e l’industria a provocare la catastrofe ambientale, ma il fatto che sono nelle mani avide e scellerate di capitalisti e banchieri”. Ai chimici di P. Marghera e a quelli di Gela bisogna dire: se continuate a seguire la burocrazia sindacale il vostro destino nel giro di poco tempo sarà come quello dei chimici sardi.