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A FIANCO DELLA RIBELLIONE PALESTINESE IN CISGIORDANIA
26 Luglio 2014
Gli avvenimenti degli ultimi due giorni in Cisgiordania rivestono grande importanza. Le strade di Ramallah,Hebron, Nablus,Tulkarem, Jenin,Betlemme.. sono state percorse dalle più grandi manifestazioni di massa palestinesi degli ultimi 10 anni. Gli stessi inviati della stampa borghese occidentale hanno dovuto, a malincuore, constatarlo. Il sentimento naturale di fraternità col popolo di Gaza, massacrato dallo Stato sionista, ha travalicato gli argini, sospingendo una grande marcia popolare dai campi profughi, dalle città, dai villaggi. La pressione di massa, in particolare dei giovani, ha imposto di fatto l'unità di marcia delle diverse organizzazioni palestinesi, ha costretto la polizia palestinese della screditata ANP di Abu Mazen a tenersi da parte e a distanza, ha sfidato frontalmente le forze militari d'occupazione impegnandole negli scontri più duri dai tempi della seconda intifada. Cinque palestinesi hanno perso la vita sotto il piombo israeliano. 50 militari sionisti sono rimasti feriti. Alcuni di essi pare- interessante novità- da “armi da fuoco”.
PER UNA TERZA INTIFADA
Non sappiamo né possiamo prevedere lo sviluppo degli avvenimenti in Cisgiordania. Ma quanto accaduto indica le potenzialità di una svolta. L'ascesa di una terza intifada aprirebbe un fronte assai più difficile da governare, per Israele, di quello di Gaza. Bombardare case scuole ospedali è più facile che affrontare lo scontro strada per strada, dove “il fronte” è ogni angolo, dove pietre e proiettili possono provenire da ogni lato e in ogni momento, con un carico di perdite sioniste inevitabilmente molto più ampio. A sua volta proprio il numero delle perdite tra le forze d'occupazione potrebbe avere ricadute sull'opinione pubblica israeliana, incrinare il consenso interno alla guerra, ampliare le defezioni tra militari e riservisti , indebolire le retrovie del governo. Rafforzando e incoraggiando per questa via la resistenza a Gaza.
Ma soprattutto una terza intifada sarebbe un possibile fattore di richiamo per l'insieme del popolo arabo, in Palestina e fuori dalla Palestina. La distruzione dello Stato sionista non può avvenire per mano delle sole forze palestinesi. Richiede la fusione della resistenza palestinese con la sollevazione del popolo arabo, contro i propri governi e il loro asservimento all'imperialismo e al sionismo. Oggi il livello di mobilitazione di massa nei paesi arabi contro l'aggressione sionista a Gaza è arretrato, disomogeneo, complessivamente minore che nel 2008. E' il lascito della sconfitta , ad oggi,delle aspirazioni progressive delle rivoluzioni arabe del 2010/1012. Ma il sentimento di solidarietà con Gaza e l'odio anti sionista restano plebiscitari nel popolo arabo. Proprio una sollevazione popolare in Palestina, unendosi alla resistenza armata, potrebbe innescare una ripresa generale della mobilitazione araba, unificandola al di là dei confini : confini statali artificiali tracciati un secolo fa dal colonialismo “democratico” e già scossi peraltro, su versanti diversi, dalle convulsioni in atto in tutto il Medio Oriente.
PER LA DISTRUZIONE DELLO STATO SIONISTA
La distruzione dello Stato Sionista non è una utopia. Gli Stati coloniali nascono e muoiono nei tempi lunghi della storia. Nessun artificio, per quanto potente, può resistere alla prova della verità. Governi, potenze, imperi apparentemente indistruttibili ed “eterni” sono crollati . Così sarà prima o poi per il sionismo, col suo carico di orrore e di oppressione. Ma lo Stato sionista e i suoi fondamenti confessionali e razziali non moriranno per evoluzione spontanea, e tanto meno per mano delle diplomazie “democratiche” degli imperialismi alleati e complici. Possono essere rimossi solo per via rivoluzionaria. Sollevazione palestinese nei territori occupati, allargamento della rivoluzione araba contro i governi filosionisti, rivolta delle masse arabe israeliane all'interno di Israele, maturazione antisionista di un settore di classe operaia ebraica. Non è possibile prevedere con quali equilibri, combinazione, tempi e dinamica, questi diversi fattori entreranno in gioco. Ma, nella loro imprevedibile correlazione, sono questi i fattori decisivi di una sconfitta del sionismo da un versante storico progressivo. L'unica via possibile, per quanto difficile, per una Palestina unita, libera, laica, socialista, dentro una Federazione socialista del Medio Oriente.
L'alternativa non è la “democratizzazione” del sionismo, quella sì utopia senza futuro; né la “soluzione due popoli due Stati”, truffa filo sionista che copre unicamente da decenni la permanenza e l'aggravamento dell'oppressione; l'alternativa rischia di essere alla lunga uno sfondamento del fondamentalismo islamico tra le fila della giovane generazione palestinese, e in vasti settori del popolo arabo, assieme al rafforzamento congiunto di sionismo e antisemitismo di ritorno. Una spirale tragica non solo per il Medio Oriente e la nazione araba, ma per lo stesso movimento operaio d'occidente, già alle prese con lo sviluppo di un populismo reazionario senza precedenti nel dopoguerra.
La questione sionista ripropone dunque una volta di più, dal suo specifico versante, l'alternativa storica generale tra socialismo o barbarie.
MARXISMO RIVOLUZIONARIO E STALINISMO DI FRONTE AL SIONISMO.
Sta al marxismo rivoluzionario affrontare da questa angolazione la questione sionista. Perchè solo il marxismo rivoluzionario lo può fare, in terra araba e in occidente. La burocrazia stalinista dell'URSS nel 1948 diede un sostegno decisivo al sionismo, alla nascita dello Stato d'Israele, al suo riconoscimento diplomatico, alla sua potenza militare, alla sua pulizia etnica anti palestinese. Decine di migliaia di mitragliatrici, milioni di proiettili, furono donati da Stalin a Ben Gurion, nel nome degli accordi internazionali con l'imperialismo inglese, francese e americano. Centinaia di migliaia di palestinesi ed arabi furono trucidati dal piombo fornito da Stalin. E' una delle pagine meno conosciute e più tragiche dello stalinismo e delle sue responsabilità storiche.
Solo la corrente del movimento operaio che si oppose allo stalinismo, ha oggi la titolarità politica e morale di rilanciare la prospettiva storica del disarmo rivoluzionario dello Stato d'Israele. Recuperando il patrimonio originario della battaglia intransigente antisionista di Lenin e di Trotsky. Mettendolo al servizio, innanzitutto, della giovane generazione palestinese ed araba, e dell'avanguardia della classe operaia internazionale.