Dalle sezioni del PCL

Bagheria a 5 Stelle

11 Giugno 2014

"Vinciamopoi"

Effettivamente, dopo gli squilli d'oricalco a Filippo Nogarin che espugna Livorno ed Antonio Cozzolino a Civitavecchia,
anche a Bagheria, i pentastellati, hanno vinto "poi".
Patrizio Cinque, 28 anni, riporta una vittoria schiacciante sul solo avversario realmente e realisticamente in campo: Daniele Vella del PD.
I numeri sono di 14.574 voti per Cinque contro i 6.314 per Vella.

Con una percentuale, però, di astensionismo che mai ha avuto vette così alte nella memoria bagherese.

Il 60% della cittadinanza non si è presentata alle urne.
I voti, quindi, sono stati di una parte di Bagheria che consta d'ancor meno della metà. Il 40%. Di cui, un 30 è andato al M5S, e un 10 al PD.
Parlare di "vittoria popolare", quindi, parrebbe azzardato.
Eppure se ne parla lo stesso.
E anche questo appare così tanto in sintonia con la più stantia retorica politica, basata unicamente sulla rappresentanza e sui numeri istituzionali, e che poco o nulla tiene in conto il popolo in carne ed ossa; i milioni di persone che non si sono recate ai seggi.

E nulla di strano se non fosse che, però, lo zufolo perenne del Movimento è quello di divincolarsi da tutto questo, di diventare, finalmente, la "vera" politica al "vero" servizio del "vero" popolo.

Stando a quanto si motiva tra le schiere dei 5 Stelle, questo grande esultare a una vittoria (di Cinque, forse, ma non del popolo) sarebbe da interpretare come, sì, un linguaggio tattico, l'intenzionale parenesi squisitamente politica, vòlta a incoraggiare, e non (come finora, con la Casta ladrona), a falsare e imbrogliare.
Tutto ciò fa un po' sorridere.

Perché, al di là della differenza tra il cantico delle parole e la prosa dei fatti, questo potrebbe ancora stare bene.
Ma il punto qual è?
Il punto è l'inevitabile; il vizio di fondo.

E' che il populismo, proprio in quanto tale, sul palco della realtà smaschera il volto vero della propria calunnia; della demagogia della "rappresentanza totale", della "politica diversa" e della "rivoluzione" che tanto ci va strombazzando l'ex comico.

Tutto ciò è inevitabile, si ribadisce.

Tuttavia, per un movimento che dice di volere rompere sia coi vecchi metodi sia con le vecchie politiche e quindi contenuti, ci sarebbe da pensare. Perché, di là delle parole d'ordine e delle spettacolarizzazioni, si disvela invece la clamorosa menzogna sulla quale poggiano tutte queste allucinazioni (ma solo una delle tante; come il non dirsi "partito", mentre è esattamente un partito; il dire che non si hanno leader, ma i leader ci sono, eccome).

Dal punto di vista di un 5 Stelle convinto, alloram tutto ciò dovrebbe forse apparire peggiore ancora della politica tradizionale!
Perché qui si mente sapendo di mentire, all'esclusivo scopo d'accattare voti perché, nella fisiologia concreta, non si pratica e non si può praticare nulla di tutto quanto detto.

Vestire dell'abito di un golpe insurrezionale un partito assolutamente canonico è quello che fa Grillo, e quello per cui piace, a chi piace.

Si dimostra, infatti, che non si scampa all'odioso meccanismo della vetusta e iniqua "tradizione" nemmeno quando si insinuano le onanistiche tentazioni di pompare oltremisura ciò che pompato non è per nulla, e che, anzi, è proprio il contrario (una giunta che, a conti fatti, rappresenta un 30% della cittadinanza che va a governare, bhe! Quale "vera democrazia", e quale "vero governo? Di cosa stiamo parlando? E', una volta di più, il requiem della partecipazione politica e l'esautorazione totale del volere popolare).

Eppure, si deve governare; le elezioni si fanno così, le vince chi ha più voti, e i voti si contano tra chi li ha dati.

Qualcosa in contrario? Sì, Grillo.
E' il grillismo che, quando a queste dinamiche sono sottoposti altri, bercia alla morte della democrazia e preconizza l'urgenza di una rappresentanza diversa.
Quando è a lui che tocca, segue (e deve seguire) le medesime vie.
Salvo, lì, diventare "il vero trionfo dei cittadini".

Ma tutto questo non è il punto di nulla.
Vale solo a far luce su quante bugie e carnevale si faccia, dal podio dei 5 Stelle. Ed è una precisazione importante perché, purtroppo, larghissima parte del consenso grillino si poggia su questi equivoci.

Il punto politico qual è?
E' che, una volta acclarato che Grillo e grillini - per quanti schiamazzi, spettacolo, tuffi in mare, "post-ideologismo", "uno vale uno", democrazia della rete e slogan possano fare - siano e restino una politica tradizionale,
se qualche innovazione vogliono portarla, questa deve risolversi interamente nel circuito dei contenuti e delle proposte.

Quindi sono i contenuti e le proposte che vanno analizzate.

Il "contenitore", sbaglia chi lo elogia, tanto quanto chi lo demonizza, ad indifferenza totale del resto.

Cavatici dall'impasse, quindi, quali sono le proposte del M5S?

E' arrivato il momento, per la Sicilia soprattutto, di un'analisi puntuale e definitiva del fenomeno grillino.
Analisi che tanto si è persa tra le scomuniche borghesi del politically correct, tra lo stupido scandalismo per qualche parolaccia di troppo e qualche infelice iperbole.

Bagheria d'abord;
quali sono le ragioni di questa vittoria?

Alcuni degli attivisti sono impegnati sul territorio bagherese già da due anni.
E quello sarebbe stato il bacino di utenza sicuro di Patrizio Cinque.
Ma è soprattutto vero che la maggior parte degli elettori di Cinque non aveva mai fatto attività, mai si era interessata alla politica e men che meno al M5S, che non aveva nemmeno mai assistito per sbaglio a un solo comizio in tutta la vita e che addirittura (addirittura!) nutriva finanche una certa antipatia epidermica per il monologhista e i suoi protagonismi forcaioli.

E non è stata tanto una campagna elettorale azzeccata ad attirare questi numeri.
L'ultima piazza di Cinque, che ha visto anche la partecipazione di Alessandro Di Battista, era tuttaffatto che gremita.

Le ragioni di quella fetta minoritaria di cittadinanza che ha votato Cinque, non stanno tanto nella certezza che quello fosse il voto giusto, ma nella certezza di quelli che sicuramente sarebbero stati voti sbagliati.

Una campagna elettorale, si sa, si fa più sulle infamie da scagliare sull'altro che sull'esaltazione del proprio programma.
Perché, e in specie per le comunali, i programmi non divergono mai in nulla tra loro.
Ed anche ieri, se si confrontano i programmi di Cinque con quelli di Vella, non riusciremmo a dire chi ha copiato da chi.
Quindi non sono tanto i punti, ma la credibilità.

Credibilità che, a sua volta, non si basa sull'elogio di sé, ma sulle accuse per l'altro.
E di accuse per l'altro, Patrizio Cinque ne aveva a iosa.
Su quello che è stato ed è il centrosinistra in Italia e in Sicilia, nessuno ha dubbi.
Su quello che sarà il Movimento, in molti ne hanno.
Cinque ha potuto infangare Vella e PD come gli è parso e piaciuto.
Accuse di collusioni mafiose (in tempo reale, peraltro, con una sfilza di arresti di indagati che avevano a che fare con la politica poco prima denunciate dallo stesso candidato a sindaco), accuse di servilismo agli americani, di Crocetta, fischiato dai No Mous di Niscemi, insomma;
di carne da mettere al fuoco, per screditare Vella ce n'era a soverchio.
E Vella per screditare Cinque?
Nessuna.
Se non ripetere a pappagallo "Fascisti!", "Squadristi!", "Populisti!", senza un grammo di implicazione dialettica.
Un elettorato si accorge di un vuoto argomentativo, quando c'è.
E nei confronti del PD, quel 30% se n'è accorto.

Per cui, si ribadisce: non si sta parlando di politica.
I programmi erano pressoché i medesimi, ma non ha importato. Di uno ci s'è fidato, dell'altro no.

Le proposte sono le solite:
l'ambiente, i rifiuti, la valorizzazione del turismo, il riassesto urbanistico, etc.
Il M5S riceve il battesimo politico oggi, a Bagheria.
E non possiamo dire cosa farà, sul locale.

Possiamo dire che per noi il locale non è assolutamente disgiunto dal nazionale.
Che ciò che succede in tutta Italia è quello che succede a Bagheria.
E che, sul piano politico nazionale, per noi il Movimento 5 Stelle rappresenta la reazione e la conservazione.
Rappresenta l'ennesima parabola salvifica sul solco di un riformismo fallimentare che ha solo distrutto la sinistra e ha tradito la classe lavoratrice di tutta Italia che non va più a votare.
Esattamente quel 60% di cittadini bagheresi.

Il neoliberismo, l'ultracapitalismo del ventunesimo secolo ha consegnato il mondo nelle mani delle elìte dei banchieri, della finanza internazionale, dei monopolisti, del profitto di pochi sulla fame di tutti gli altri.
Queste le ragioni dei continui licenziamenti e delocalizzazioni, del fallimento delle piccole e medie imprese assorbite dai grandi industriali di tutto il mondo, della crisi che, debito pubblico a parte, non è se non quello che Marx chiamava la caduta tendenziale del saggio di profitto.

La sovrapproduzione industriale perché si possa guadagnare illimitatamente di più, e le retribuzioni salariali sempre più basse per operai e lavoratori di tutti i settori del lavoro sociale, creano una sovrabbondanza di merci che il mercato non riesce ad assorbire.
Uomini poveri non riescono a comprare ciò che loro stesso hanno prodotto e iper-prodotto.

Così, se il capitalismo fallisce, lo stato sociale stramazza e muore.
Fino a quando, com'è successo con la tanto celebrata esperienza roosveltiana di "rilancio del capitalismo", fondatasi sulla Guerra Mondiale, su cinquanta milioni di morti (con buona pace dei tanti apolgeti del New Deal),
il capitale non sarà ancora pronto ad inventarsi guerre, devastando, impoverendo ed infine riassumendo forza-lavoro a costo zero, per rigenerarsi.

In questo mondo non siamo tutti uguali cittadini, come predica il Vangelo secondo Grillo.
La nostra società di disuguaglianza si basa sul conflitto di classe e quindi su una differenza tra cittadini.
Gli interessi della borghesia e del capitale da un parte, il mondo del lavoro dall'altro.
Grillo rimuove assolutamente questa dimensione conflittuale e non promette che l'ennesima bacchettata riformistica sulle ferite del Paese.
Esattamente come Tsipras, SEL, esattamente come il PRC e co. Se le cantano e se le suonano, ma centrodestra, centrosinistra e M5S sono i tre volti danteschi di un unico Diavolo. Il pensiero unico della salvaguardia del libero mercato.

Abbiamo visto Fausto Bertinotti pronunciarsi in simpatia col Movimento, e la base di Rifondazione demonizza e prende insulse distanze da tutto l'affaire Grillo, oggi, esclusivamente per scopi governativi.
Laddove a Vendola, per esempio, non piacciono le parolacce.

Nulla di programmatico e nulla di politico. Nulle le differenze concrete.

In questi giorni, abbiamo sentito il Movimento 5 Stelle dichiarare la propria ammirazione per Enrico Berlinguer, l'inventore delle larghe intese e l'uomo del compromesso storico.
L'uomo per il quale, insomma, oggi il PD è il PD.
Ma il PD si avversa come la peste, mentre invece si magnifica Berlinguer!
Un po' come sbattere un piede contro uno spigolo, maledire il sangue e benedire lo spigolo.

Tutto questo farebbe ridere se non facesse piangere, ma è la cifra assolutamente indicativa della totale mancanza di un'analisi reale delle contraddizioni della società e della sua catastrofe.

"Berlinguer sarebbe contento di noi", ha sibilato Gianroberto Casaleggio.
Assolutamente vero. Berlinguer sarebbe contento di voi.

Un'alternativa locale, per noi, ha senso solo se combatte il capitale giorno per giorno, posto di lavoro per posto di lavoro, e con un piano di ridistribuzione progressiva del lavoro che c'è, diminuendo le ore di lavoro.
Riprenderci in mano la produzione, nazionalizzare le banche, collettivizzare le fabbriche, le industrie, i campi, espropriare il lavoro e detronizzare i capitalisti, l'origine e la cause dello sfacelo della nostra economia, in vista di una rivoluzione permanente all'insegna di un socialismo internazionale.

Queste le posizioni del PCL riguardo al Movimento parlamentare e, quindi, le ragioni della differenza del Movimento locale.

Il tuo paese non cambia, se non cambia il mondo.

Sul locale (terreno sul quale le proposte di Cinque non dispiacciono, ma risultano deplete e irrealizzabili senza combattere gli interessi dei poteri forti globali) bisogna e si può agire solo in vista di un'unione nazionale, di tutta la politica e del partito.

Orizzonte che nel M5S di Bagheria non è contemplato (come non è contemplato in tutte le altre cellule di Movimento in Italia) e nei termini di un riformismo reazionario in cui è d'accordo con i vertici, è diametralmente opposto all'orizzonte nostro.

Partito Comunista dei Lavoratori (Palermo)

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