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Pisapia alla cerimonia in memoria di Ramelli: un’ulteriore dimostrazione dell’imbroglio arancione
29 Aprile 2014
“Oggi abbiamo liberato Milano”: queste le parole uscite dalla bocca del sindaco arancione Pisapia dal palco in piazza Duomo subito dopo la vittoria nella primavera del 2011.
Non potremmo citare parole migliori per esprimere quella che era l'atmosfera di speranze e illusioni che imperava in quella primavera. Speranze e illusioni in tinta arancione che annunciavano il vento del cambiamento che, come già dicemmo allora, non sarebbe avvenuto. Un vento che in questi tre anni ha soffiato freddo e gelido sulle classi popolari della città fino ad assumere tinte nere e fosche in data 29 aprile 2014, quando il sindaco ha partecipato alla cerimonia in ricordo di Ramelli. Una cerimonia che si inserisce in un contesto di lugubre ritualità che la destra più estrema mette in campo da diversi anni a Milano il 29 aprile, in cui il ricordo e la commemorazione sono il pretesto per organizzare cortei e parate dove i nazifascisti si esibiscono sfilando con saluti romani, croci celtiche e tutto il loro armamentario peggiore.
Il sindaco della speranza arancione parla di pacificazione in nome della convivenza civile tra chi ha idee opposte, equiparando sostanzialmente i partigiani e gli antifascisti ai nazifascisti. E giustificando in pratica il corteo dell'estrema destra che da anni infanga la città di Milano.
Queste parole possono sorprendere solo gli illusi. Pisapia è il sindaco borghese che amministra gli interessi della borghesia e dei poteri forti della città. Ci sembra evidente che i tre anni della sua amministrazione parlino chiaro a riguardo. E appunto non sorprende sentir parlare di pacificazione da chi è espressione dei poteri forti, i quali hanno tutto l'interesse che le cose non cambino e rimangano stabili e pacifiche.
Le parole di Pisapia svelano nella loro chiarezza una verità esplicita: l'azione antifascista non si può delegare alle istituzioni “democratiche” borghesi, al contrario, tali istituzioni contrastano la lotta popolare, l'unica che può spazzar via la peste bruna dalle nostre città.
Lotta al fascismo si traduce quindi in lotta alle istituzioni borghesi che, a parole e nei fatti, legittimano i fascisti e le loro manifestazioni. Lotta che per liberarsi dal fascismo dovrà spazzar via i palazzi del potere borghese, compreso quel Palazzo Marino dove siede il lacchè pacificatore Pisapia.