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Il “volto umano” del capitalismo “progressista”

15 Aprile 2014
marcegaglia

Lunedì 14 aprile, a sera, Emma Marcegaglia, ex presidente di Confindustria ed espressione del capitalismo “progressista, produttivo e moderno”, lontana dalla figura di Berlusconi, assurgeva, grazie a Matteo Renzi, alla presidenza dell’ENI.
Martedì 15 aprile di prima mattina, con perfetto sincronismo , la direzione del gruppo Marcegaglia, mostrava la realtà del suo “volto umano” e di quello della sua proprietaria (insieme al fratello), annunciando la chiusura del suo stabilimento di Milano, che impiega 169 lavoratori.
Né il gruppo Marcegaglia in generale, né la il suo stabilimento milanese si trovano in uno stato di crisi. Il punto è che la Marcegaglia di Milano è rimasta isolata in una zona un tempo sito di grandi fabbriche (Falck, Breda, etc), poi chiuse o spostate, e in cui si va sviluppando una grande speculazione edilizia. Evidentemente partecipare a tale speculazione può dare profitti superiori a quelli derivanti dallo sfruttamento capitalistico normale degli operai della fabbrica.
Quanto a questi ultimi che vadano al diavolo e “si arrangino”.
Veramente bisogna farlo entrare nella testa di ogni lavoratore e lavoratrice: “l’unico capitalista buono é quello espropriato”.
La direzione Marcegaglia afferma che non si tratta di licenziamenti, perché i 169 sarebbero trasferiti allo stabilimento del gruppo sito a Pozzolo Formigaro, in provincia di Alessandria.
Ora, trasferirsi, con tutti i problemi di famiglia, o viaggiare per 110 km all’andata e 110 al ritorno ogni giorno, significa mutare qualitativamente in peggio la propria esistenza.
Ma, in realtà, anche il trasferimento appare un inganno, in quanto già da prima della notizia della decisione della chiusura di Milano, a Pozzolo, stabilimento non più grande, con circa 150 addetti, si parlava di 40 esuberi. E allora?.
La realtà è, all’evidenza, che la Marcegaglia vuole liberarsi della maggioranza dei lavoratori di Milano, ponendoli in una situazione impossibile e magari offrendo una miseria di buonuscita (si parla di 6 mesi di stipendio) per “convincerli” ad accettare il licenziamento.
Il PCL esprime il suo totale sostegno ai lavoratori della Marcegaglia di Milano, anche con l’azione dei suoi militanti e dirigenti sindacali presenti in altre aziende del Gruppo.
Nel contempo avverte i lavoratori di Milano della necessità di adottare le forme più radicali possibili di lotta (ci sono stati due giorni di sciopero e presidio permanente, ma da domani, 17 aprile, l’assemblea ha deciso di riprendere il lavoro in attesa degli sviluppi di una trattativa, riservandosi, ovviamente, altre iniziative di lotta).
E’ necessario non farsi illusioni e non dare tempo al padrone. Il PCL, che propaganda l’obbiettivo strategico della nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo operaio di tutte le aziende che vogliono chiudere o effettuare licenziamenti, ribadisce che l’unica forma di lotta valida in queste situazioni è l’occupazione della fabbrica, come, del resto, è dimostrato, oltre che dalla storia più lontana della lotta di classe, dalle esperienze positive (poche), come l’INSEE di Milano, e negative (molte purtroppo), come la FIAT di Termini Imerese o l’IrisBus di Avellino, degli ultimi anni.
Solo con tale forma di lotta i lavoratori potranno esprimere il massimo di pressione sul padrone e le istituzioni borghesi ed ottenere il massimo di solidarietà dagli altri lavoratori.
E’ l’ora dell’azione e il PCL, nei limiti della sua forza, sarà al massimo a fianco dei lavoratori in lotta.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

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