Dalle sezioni del PCL
Il Congresso Provinciale FIOM di Pesaro-Urbino chiede il ritiro della firma della CGIL sull'accordo del 10 gennaio e le dimissioni della segreteria nazionale
27 Febbraio 2014
Si è tenuto a Fano giovedì 27 febbraio il X Congresso provinciale della FIOM di Pesaro-Urbino. Il Congresso ha approvato a larga maggioranza con oltre il 64% dei consensi l'Ordine del Giorno della minoranza classista che chiedeva il ritiro della firma della CGIL sull'accordo del 10 gennaio, bocciava l'ipotesi della consultazione - nel merito (non si vota su diritti indisponibili conquistati col sangue in due secoli di lotte del movimento operaio) e nel metodo (si tratta di una consultazione evidentemente truccata, in cui tra l'altro si prevede già in partenza un unico relatore!) - e, in caso contrario, esigeva le dimissioni di Susanna Camusso e della intera Segreteria nazionale CGIL.
E' la dimostrazione evidente di come il risultato congressuale sia stato completamente falsato dalla disparità di forze in campo. A Pesaro il documento di minoranza ha ottenuto nella FIOM solo il 3,72% dei consensi, essendo illustrato da un solo lavoratore senza distacco in tutta la provincia, il sottoscritto. Ma in realtà il consenso alle posizioni classiste sarebbo stato molto più ampio se ci fosse stata la stessa agibilità per i due documenti, come dimostrano le assemblee di base a cui sono riuscito a partecipare: a partire dal caso emblematico del gruppo Biesse, dove il secondo documento ha ottenuto addirittura il 75% dei consensi, per finire con l'esito di questa votazione al Congresso provinciale.
E' fondamentale adesso continuare a lavorare per la costruzione di una tendenza classista in CGIL, dove oggi ci sono milioni di lavoratori – anche disposti ad ascoltare e sostenere posizioni rivoluzionarie, se vengono loro proposte - e di un fronte unico di lotta di tutte le avanguardie politiche, sindacali e di movimento che sappia contrastare l'attacco in atto.
Bisogna rompere con le politiche di sacrifici e di rapina imposte da banchieri e industriali nell'ottica di costruire un governo di lavoratori per i lavoratori, l'unico che può dare una risposta progressista alla crisi in atto.