Internazionale

DISCORSO DI NÉSTOR PITROLA DEL PARTIDO OBRERO TENUTO NELLA PLAZA DE MAYO A BUENOS AIRES IL 19 DICEMBRE

9 Gennaio 2014
Nestor

DISCORSO DI NÉSTOR PITROLA TENUTO NELLA PLAZA DE MAYO IL 19 DICEMBRE

La marcia organizzata dal CTA e dal coordinamento sindacale del “Partito Obrero” ha riunito circa 8.000, tra lavoratori e giovani e questa è stata una decisa azione che ha consentito di testimoniare la presenza della forza lavoro, in un momento di crisi profonda.
Dal momento che il potere politico ha sempre avuto atteggiamenti repressivi verso i lavoratori, il movimento operaio ha deciso di rendersi visibile nella scena politica, convocando, secondo un piano ben articolato, assemblee nei luoghi di lavoro per difendere salari e occupazione.
La mobilitazione è riuscita a evidenziare un programma nazionale delle principali rivendicazioni dei lavoratori: la determinazione di un salario minimo, indicizzato con i parametri del costo della vita, una cifra pari all’82% da destinarsi alla pensione, la soppressione delle tasse sul salario, un bonus ai lavoratori, includendo i precari che vengono dall’Argentina, nessun licenziamento o sospensione dal lavoro e la decisione della richiesta di una cifra iniziale che parta da 8000 pesos.
A dodici anni dai disordini in Argentina, è stato anche reso onore ai compagni caduti in quelle giornate ed è stato formulato un atto di accusa contro i signori del petrolio, a suo tempo prosciolti da ogni accusa.
La mobilitazione in questa giornata ha messo insieme un vasto schieramento della sinistra e del movimento operaio; tra gli altri erano presenti: i lavoratori ATE, i lavoratori del tribunale di Buenos Aires, il CICOP, gli operatori della ristorazione, i militanti del Sutebas, l’AGD-UBA, la SUTNA San Fernando , i lavoratori ex detenuti dell’associazione Icona - Abot, il fronte tradizionale nazionale Dario Santillan, il Polo Obrero di fabbrica CCC, Teresa Lives, i lavoratori del petrolio di Las Heras colpevoli di clandestinità, Elia Espen, la fondazione Line-Fuba delle Madri di Plaza de Mayo, i centri studenteschi di Psicologia, Lettere e Filosofia, Veterinaria, Architettura e Ingegneria, la Sitraic, una rappresentanza dei lavoratori ospedalieri, la giunta di Ate-Education, la giunta del Ministero dell’Educazione, di quello dell’Economia, l’Interpack, Morvillo, AGR-Clarín, il Partito dei Lavoratori, l’Unione della Gioventù per il Socialismo, MAS, MST, PCR, IS, alcuni gruppi di lavoro come il Graphic Orange e l’Orange University, una rappresentanza di docenti e di impiegati dello stato, l’associazione dei lavoratori delle Metropolitane, l’associazione dei ferrovieri “Mariano Ferreyra”, l'Orange Inti, la commissione interna del Kymberley Clark y Papeleros Combativos, una delegazione di Ecotrans, il comitato di redazione dell’Orange Press, i lavoratori dell’industria dei cosmetici, della plastica, del commercio, del comparto della sanità, dell’aviazione civile e della metallurgia.
Durante questa grande manifestazione dei lavoratori, ha preso la parola Néstor Pitrola , il cui intervento, tenuto il 19 dicembre, è riportato qui di seguito:

“Compagne e compagni: a dodici anni di distanza da quel 19 e 20 dicembre del 2001, siamo di nuovo qui, tutti insieme, per contrastare una crisi decisiva. Le mie prime parole sono per ricordare le trentatre vittime della repressione di quel 19 e 20 dicembre e denunciare l'impunità dei responsabili, in stridente contrasto con la feroce sentenza contro i lavoratori del petrolio di Las Heras, tre dei quali sono stati condannati all’ergastolo e altri di loro a pene minori, il tutto senza prove, in un processo che ha visto torture e persecuzioni e che ha attaccato uno dei grandi scioperi del movimento operaio argentino, lo sciopero del 2006 dei lavoratori del petrolio, che chiedevano di eliminare l'imposta del reddito sui salari e di modificare l’accordo petrolifero in outsourcing.
Gli slogan, gli argomenti e le domande che vengono, oggi, poste qui sono rilevanti e questa piazza si pronuncia per l’assoluzione di tutti i compagni e del non doversi procedere contro tutti quelli che in Argentina lottano per i dritti dei lavoratori.
I recenti disordini con la polizia, sono stati il segnale di una emergente crisi inflazionistica, economica, sociale e politica di enorme portata, noi non accettiamo la versione che questo possa essere unicamente il segnale di un patto destabilizzante, così come il governo tenta di far credere e nei riguardi del quale l'opposizione politica tradizionale è connivente.
Noi sappiamo da diverso tempo quello che la polizia scopre oggi, che Presidente e Governatori, sono legati alla criminalità organizzata; è la polizia che ci ha ucciso Fuentealba Kosteki e Santillan ed è sempre la polizia che ha sgombrato il territorio da quanti manifestavano in favore di Mariano Ferreyra.
Alla polizia sono stati concessi stipendi iniziali di 8.500 pesos, che in alcuni casi possono arrivare a 10.000 o fino a 13.000, come accaduto nella provincia di Cordova, mentre, compagni, il nodo principale è che le famiglie dei lavoratori argentini hanno bisogno di un minimo vitale di 8.500 pesos, ma è chiaro a tutti che le forze repressive meritano di vivere, mentre i lavoratori meritano solo un “adeguamento”.

Confisca inflazionistica

Compagni: l'inflazione non è cosa da poco, è un meccanismo di confisca di salari e pensioni. Hanno adottato un sistema: svalutazione della moneta, indebitamento con l’usura internazionale, i fondi Anses[1] puniscono con l’aumento dei tassi e favoriscono le privatizzazioni che ci hanno lasciato senza treni, senza elettricità, senza gas e senza petrolio.
Il governo, che è sul punto di pagare alla la Repsol[2], otto milioni di dollari dopo l’acquisizione della YPF, è oramai sull’orlo della bancarotta e senza soldi.
Ci sono soldi per riaprire i fondi “avvoltoio”, come è stato vergognosamente votato, ma non ce ne sono per i nostri infermieri, medici, insegnanti, per la nostra industria metalmeccanica e per la stampa e peggio ancora, il governo fa pagare, con l'aumento dei prezzi del carburante, i deficit finanziari di Repsol, Chevron e di tutto il capitale finanziario internazionale.
Malgrado i tentativi di nasconderlo, il governo condivide pienamente le ideologie della destra: il ministero del Lavoro non vuole approvare le richieste dei lavoratori, si vuole porre un tetto del 20% agli aumenti salariali, mentre si viaggia con un’inflazione, oramai, al 30% e calcolata al 40% per il prossimo anno.

Vogliono giustificare una stagione di repressione.

In questi momenti, il governo e tutti quelli che gli fanno eco, sono riusciti a diffondere l’dea che le proteste possano portare a dei saccheggi, da parte dei manifestanti e ieri, senza alcun motivo, hanno fatto chiudere le attività commerciali del centro, per giustificare azioni repressive.
Cristina Kirchner, come comandante in capo e il repressore César Milani, hanno ordinato all’esercito, con una disposizione riservata, di operare un “ridimensionamento” contro il movimento operaio, che esce per difendere il proprio salario e che difende le sue bandiere.

Una scritta sociale

Non è accidentale o circostanziale che siano stati eliminati nomi come Calò, Barrionuevo o Moyano, ma il problema è più ampio: c’è una sorta di patto non scritto tra l'Unione Industriale, banche, società di esportazione, politici che sono stati alleati, gli Scioli[3], i Massa, un patto che contrasti ogni possibile forma di organizzazione del movimento operaio.
È stato questo il problema che abbiamo dovuto affrontare nei giorni del 19 e 20 dicembre e la convergenza delle organizzazioni sindacali, politiche e militanti è stata straordinaria per la sua voglia di manifestare, essere presente per le strade, mentre si sta cercando di creare trappole al salario dei lavoratori.
Tra le nostre richieste c’è quella di far partire gli stipendi da un minimo di 8.000 pesos, cifra appena sufficiente per vivere e in grado di contenere lo sfruttamento che avviene in Argentina, paese nel quale il 60 % dei lavoratori guadagna meno di 5.000 pesos e dove i pensionati devono vivere con una media di 2.260 pesos.
Perché il governo dichiara di aver paura dei saccheggi e non dice di aver creato 170.000 precari che non hanno alcuna fonte di reddito?
Mente, quando nel suo programma dice di voler provvedere ai senza tetto, di voler sospendere ogni licenziamento, quando dice che gli orari di lavoro devono essere ridotti senza intaccare i salari, come, invece accaduto nella fabbrica Icona, che proprio oggi ha licenziato tutti i lavoratori, o come sta accadendo nel settore automobilistico.
Queste rivendicazioni offrono ai lavoratori una possibile via di uscita dalla crisi e l’immenso valore di questa chiamata è la convergenza di tante anime della lotta, questo è il nostro programma, nel quale, tra l’altro sono previste assemblee in tutti i luoghi di lavoro, da effettuarsi in tutti i comparti lavorativi.
Se è vero che questa marcia si concluderà entro l'anno è pur vero che essa apre un nuovo percorso nel movimento operaio argentino. Grazie compagni!”


[1] L’Amministrazione nazionale per la sicurezza sociale argentina (Anses), l’Inps del paese latinoamericano, sta rastrellando i fondi investiti negli Stati Uniti per fare fronte alle forti esigenze di cassa che si sono evidenziate negli ultimi mesi. Dopo aver incamerato i beni dei fondi pensione privati (Afjp) attraverso la nazionalizzazione messa in atto dal governo della “presidenta” Cristina Kirchner, l’Anses è, infatti, il principale finanziatore degli investimenti pubblici argentini.
[2] L'azienda è nata nel 1999 dall'acquisizione dell’argentina YPF da parte dell'iberica Repsol: è una delle dieci principali società petrolifere del mondo con circa 30.000 dipendenti, quotata alla Borsa di Madrid e parte dell'indice IBEX 35, possiede 12 raffinerie e oltre 6.000 stazioni di servizio in Spagna, Portogallo, Italia e America Meridionale.

[3] Gli Scioli sono la famiglia del marito della presidente Cristina Kirchner.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

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