Dalle sezioni del PCL

AMT - GENOVA

" Lotta di classe " , Bollettino di Novembre 2013

26 Novembre 2013

“ L' emancipazione dei lavoratori sarà opera dei lavoratori stessi!! “ (K. Marx)


AMT: DINAMICA E BILANCIO DI UNA GRANDE LOTTA

La conclusione negativa della lotta dei tranvieri genovesi non cancella minimamente la straordinaria esperienza che questa vicenda ha racchiuso. E ripropone, contro ogni cultura “movimentista”, il ruolo cruciale della direzione dei movimenti.

E’ stata innanzitutto una grande lotta di massa, come non se ne vedevano da tempo. La radicalità della lotta a oltranza ha unificato per cinque giorni circa 3000 lavoratori, scavalcando le differenze di generazione, cultura, appartenenze sindacali. Quelle differenze che la routine quotidiana e la normale prassi sindacale concorrono ad approfondire e moltiplicare.

La radicalità della lotta non ha affatto “isolato i lavoratori dalla città” ma al contrario gli ha attirato le simpatie della maggioranza dei cittadini. Persino la stampa borghese è stata costretta a riconoscerlo. Nonostante i pesanti disagi materiali e le campagne odiose di alcune Associazioni di cosiddetti “consumatori”, il grosso della popolazione di Genova si è schierato al fianco dei lavoratori.

La radicalità della lotta ha inoltre esercitato un’ attrazione in città presso i lavoratori di altre categorie, a partire dalle municipalizzate. Per es. i lavoratori di AMIU e di ASTER, anch’essi minacciati dalle privatizzazioni, hanno scioperato e manifestato più volte, con i tranvieri di AMT. Il rischio di una saldatura fra i tranvieri e altri settori operai, è divenuta non a caso, nei giorni successivi, la principale preoccupazione della stampa borghese.

A partire dal terzo giorno di sciopero, la lotta dei tranvieri genovesi, sino ad allora “silenziata”, ha fatto il suo ingresso nello scenario mediatico nazionale. E’ stato un passaggio importante della vicenda, perché ha amplificato i riflettori su di essa, moltiplicando proprio quei rischi di emulazione che si volevano evitare, a partire dal Settore del Trasporto Pubblico Locale, un settore investito in ogni città da tagli ingenti ai servizi, privatizzazioni e vertenze varie. E che proprio a Roma è oggi attraversato da processi di radicalizzazione strisciante delle vertenze in corso (ATAC). “Rischio contagio” (Corriere della Sera), “La rivolta di Genova” (Il Giornale), “La miccia di Genova” (l’ Unità), così titolavano in prima pagina i giornali di Giovedì 21 Novembre. Non si riferivano ai soli tranvieri.!

Ma più si è elevato col passare dei giorni il livello dello scontro e delle sue potenzialità di richiamo, più è apparso drammaticamente evidente lo scarto tra la radicalità della lotta e l’ assenza di una direzione adeguata a quel livello di radicalità. Una contraddizione che le diverse burocrazie sindacali hanno usato a loro vantaggio, per trovare la (propria) via d’uscita dalla vicenda.

Dopo aver sostenuto l’ accordo bidone del 7 Maggio scorso - che prevedeva il taglio di 1400 euro l’ anno in busta paga più la rinuncia a 5 giorni di ferie e approvato col solo 54% dei consensi - e dopo che Doria ha stracciato tale accordo, le principali dirigenze sindacali –CISAL,CGIL,CISL,UIL– erano in evidente difficoltà. Se avessero sconfessato la rivolta ne avrebbero perso il controllo, compromettendo una credibilità già logorata. Hanno dunque preferito assecondare inizialmente la dinamica della lotta, contenere il più possibile le sue spinte, per provare a recuperare il bandolo della matassa. Così è stato.

Le due enormi assemblee di Venerdì 22 e Sabato 23 sono state entrambe la rappresentazione dell’ evoluzione del movimento e della manovra degli apparati sindacali contro di esso. Con una dinamica molto diversa tra loro. L’ assemblea di Venerdì 22 è stata l’ assemblea della radicalità della lotta e della sua compattezza, nonostante le diversità di linguaggi e di culture al suo interno, e spesso tra loro sovrapposte. Da un lato si manifestava un’ autorappresentazione di categoria, gelosa dei propri confini professionali, e diffidente verso la dimensione della “politica”: lo striscione messo in bella mostra in sala dalla FAISA : “Ne rossi ne neri, siamo solo tranvieri” riflette bene questo aspetto. Ma nella stessa assemblea si affacciavano anche altri riferimenti e sentimenti, ad es. “Oggi non è il 23 Novembre, ma il 30 Giugno 1960”, “Questo non è uno sciopero, ma una rivoluzione”, “La scintilla dell’ Italia siamo noi”, tutti slogan che sono stati accolti con entusiasmo. E anche i vari attestati di solidarietà che provenivano da fuori Genova erano salutati con entusiasmo, non con diffidenza o distacco.

La stessa accoglienza calorosa riservata all’ intervento del nostro portavoce nazionale Marco Ferrando rivelava che la crosta del rifiuto dei “politici” non era affatto impermeabile. Si stava facendo largo tra i presenti la consapevolezza di essere entrati in una dimensione ben più grande e più importante di una semplice vicenda di categoria.

Per questa stessa ragione le burocrazie sindacali azionavano la prima frenata. I loro interventi conclusivi all’assemblea del 22 lo dimostrano: l’esponente della CGIL, dopo aver lodato la lotta, affermava: “ora si tratta di trovare uno sbocco” (“ringrazio il compagno Ferrando, ma non si pone la necessità di casse di resistenza”). Il capo della CISAL dichiarava: “Non dobbiamo cambiare il mondo ma un’ azienda”, e ancora “I politici portino pure la loro solidarietà ma non interferiscano”, “La lotta è dei tranvieri, non di tutto il mondo del lavoro”. Era il tentativo di far leva sul lato arretrato della coscienza per bloccare il suo sviluppo politico.

Nella notte di Venerdì 22, Sindacati-Comune-Regione siglano l’accordo, un accordo negativo per lavoratori e cittadini (e approvato il giorno dopo mediante una votazione farsa). Certo non prevede decurtazioni salariali come l’ accordo di maggio scorso, perché altrimenti, con i nuovi rapporti di forza creati dalla lotta radicale, Doria e gli apparati sindacali non avrebbero potuto gestirlo. Ma l’ accordo scarica il risanamento aziendale sul taglio delle linee collinari, con un colpo annunciato sia agli organici sia al servizio, con lo scopo di rendere l’ Azienda più appetibile in prospettiva per futuri compratori o gestori privati. Il bando di gara regionale per il 2015 va esattamente in questa direzione. Altro che ritiro della privatizzazione.!

Non solo. Tale accordo ha una finalità politica precisa: spezzare la dinamica di una lotta sfuggita di mano, bloccare sul nascere una sua estensione locale e nazionale, ripristinare la “normalità”. Il problema era far passare l’ accordo nell’ assemblea dei lavoratori di Sabato 23. Tre gli argomenti usati dai burocrati per far terminare la lotta. Il primo era la valorizzazione di merito dell’ accordo: “Abbiamo ottenuto tutto, cos’ altro volevamo ottenere?”. Il secondo, più insidioso: “Non abbiamo alternativa. Non possiamo continuare così. Se diciamo no la città si rivolterà contro di noi…”Il terzo è il più falso: “Siamo rimasti soli. Gli altri lavoratori non ci hanno seguito….Adesso dobbiamo chiudere”. Il punto di forza degli apparati non è stato il contenuto dell’ accordo, che ha ingannato ben pochi, ma l’apparente assenza di una prospettiva alternativa. Tanti lavoratori non volevano cedere. Tanti interventi in assemblea avevano demolito, se ve ne era bisogno, i contenuti dell’ accordo. Ma la domanda restava: se si respinge l’ accordo, cosa si fa?. Un interrogativo senza risposta alimentava confusione e paura. E diventava l’arma in mano alla burocrazia per piegare la lotta.

Tre le questioni rimaste senza risposta, a tutto vantaggio delle burocrazie. La prima questione era la formazione di una cassa di resistenza(cdr). Una lotta prolungata ha sempre bisogno di coprirsi le spalle economicamente; tanto più se alla perdita di salario si aggiungono le multe della Prefettura. Gli stessi burocrati in assemblea, nel mentre negavano la necessità di una cassa di resistenza, annunciavano l’ apertura di un conto corrente per raccogliere aiuti economici e recuperare consensi tra i lavoratori. L’ assemblea del 22 avrebbe dovuto proporre pubblicamente una cdr nazionale; la risonanza dell’ iniziativa sarebbe stata enorme, ed anche i suoi riflessi economici. Invece di lasciar fare ai burocrati sindacali.

La seconda questione riguarda il rapporto con altri lavoratori. Delegati di ATAC, di ATC e ATP annunciavano all’assemblea del 22 l’intenzione di scioperare nei giorni seguenti. Il solo prolungamento della lotta fino a Lunedì 25 avrebbe portato alla sua estensione ad altre realtà, a tutto vantaggio dei tranvieri genovesi. Per questo era necessario che l’ assemblea di Venerdì 22 rivolgesse un pubblico appello alla lotta generale, a partire dal sett. del TPL.

La terza questione riguarda l’organizzazione democratica della lotta. Dopo i passati tradimenti dei burocrati, c’era la necessità di dar vita ad un comitato di sciopero eletto dall’assemblea, nella funzione di direzione alternativa della lotta e per la sua continuità. Ma nessuno ha avanzato questa proposta.

In compenso, piccoli sindacati “critici” (ORSA e USB) hanno svolto in assemblea un ruolo negativo e subalterno, che ha facilitato le burocrazie. Entrambi molto deboli in azienda, nei loro interventi, pur schierandosi contro l’ accordo, non hanno mai posto al centro il come proseguire nella lotta, per farla crescere e per puntare alla sua vittoria.

PD, SEL e Lista Doria hanno osteggiato con tenacia la lotta dei tranvieri, accusati di “squadrismo” e minacciando continuamente l’intervento della polizia. Rifondazione Comunista non ha mai preso una posizione chiara sulla vicenda, e non poteva essere altrimenti: se da una parte ha contrastato la delibera “privatizzatutto” in consiglio comunale, dall’ altra continua a far parte della maggioranza regionale con PD e UDC, votando i tagli alla sanità e ai servizi.

Come PCL, non avendo una presenza diretta tra i lavoratori di AMT, a differenza che a Roma, Firenze e in altre città, non potevamo incidere sulla dinamica interna del confronto tra lavoratori nei giorni cruciali delle decisioni. Ma siamo stati l’unico partito che, oltre a essere presente sin dall’inizio in tutti i passaggi della lotta con i propri militanti e i propri volantini, è intervenuto con la propria rappresentanza nazionale. E che adesso lavora a valorizzare in tutta Italia questa esperienza di lotta radicale.

PCL - GENOVA

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