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Rivoluzione civile: un inganno per gli elettori di sinistra

Dal Giornale Comunista dei Lavoratori - febbraio 2013

22 Febbraio 2013

Rivoluzione civile:
un inganno per gli elettori di sinistra

di Michele Terra

Sono diversi anni che la sinistra ex governativa Prc-Pdci-Verdi batte il passo. I disastri conseguenti la partecipazione ai vari governi nazionali e locali hanno lasciato un segno pesante sull'elettorato di queste formazioni. Dopo aver votato nel recente passato ogni tipo di nefandezza – F35 compresi - alle sconfitte elettorali seguono gli arretramenti sul piano culturale e sull'insediamento sociale della sinistra. E così gruppi dirigenti sconfitti e messi nell'angolo per loro stesse responsabilità tentano l'ultima carta che possa salvargli lo stipendio: lo scioglimento elettorale delle loro organizzazioni all'interno della Rivoluzione Civile di Ingroia, nuovo semidio salvatore di una patria politica i cui confini si segnano a nord con un pugno di parlamentari e a sud con una quota di finanziamento pubblico.
Malgrado i tentativi di Ferrero e Diliberto per far passare l'operazione Rivoluzione Civile come un qualcosa di sinistra, addirittura attenta ai movimenti e al sociale, la vera cabina di regia è saldamente in mano ad altri che di sinistra hanno ben poco: lo stesso Ingroia, Di Pietro, Orlando e De Magistris, con i sedicenti segretari comunisti accomodati in seconda fila.

I capi

Di Pietro. Il Tonino nazionale, già poliziotto e poi magistrato, capo di un partito personale che negli anni ha portato in parlamento De Gregorio (che appena eletto in senato nel 2006 passò con Berlusconi in cambio della presidenza della commissione difesa), i tristemente noti Razzi e Scilipoti e una banda di consiglieri regionali ladroni – dalla Liguria al Lazio passando per l'Emilia – che al confronto i socialisti anni '80 sembrano una comitiva di boy scout in gita a Lourdes. Per non parlare della difesa dell'Idv dell'operato della polizia al G8 di Genova del 2001.

Leoluca Orlando. Esponente di spicco della Democrazia Cristiana siciliana, partito con il quale venne eletto per la prima volta sindaco di Palermo, poi padrone di uno dei primi partiti personali: La Rete. Transitato per I Democratci – lista legata a Romano Prodi -, passa per la Margherita ed infine approda nell'Idv.

De Magistris. Diventa famoso come magistrato, nel 2009 viene eletto deputato europeo nelle liste Idv con il sostegno – forse determinante - di Beppe Grillo, col quale rompe nel momento in cui prende la tessera del partito dipietrista. Eletto sindaco di Napoli con una coalizione formata da una sua lista personale e da Idv-Prc, esce dall'Idv con l'ambizione di divenire leader di un movimento arancione nazionale.

Ingroia. Prima di oggi non si era mai occupato di politica, a parte una fugace apparizione ad un congresso del Pdci per cantare le lodi della Costituzione. Come magistrato si è interessato di mafia, tanto da essere il suo quasi esclusivo argomento elettorale. Notevoli le sue affermazioni – fatte il luglio scorso a Radio Rai – in merito alle condanne per i dirigenti di polizia per i fatti della scuola Diaz: “(...) validi funzionari (…).” e “(...) la verità non è tutta nera o tutta bianca (…)”, frase quest'ultima che potrebbe essere pronunciata da un avvocato difensore ma detta da un magistrato è grave ed inquietante. Le video dichiarazioni sul G8, che gli hanno fatto fare una volta candidato, non smentiscono e non rettificano una virgola la sua precedente intervista, ma con grande imbarazzo cercano di occultare la natura forcaiola e sbirresca del personaggio.
Nella conferenza stampa di lancio della sua candidatura e relativa lista non ha mai definito di sinistra né se stesso né l'aggregazione elettorale. Nella stessa occasione non ha nemmeno nominato i sedicenti partiti di sinistra che lo sostengono né i rispettivi leader.

Candidati immaginari

Divertente la vicenda delle candidature annunciate da Ingroia e poi smentite dai diretti interessati, che evidentemente nemmeno erano stati sentiti prima. Si è cominciato con il fratello di Borsellino, per continuare con il paparazzo sardo che fotografava Berlusconi a Villa Certosa, per arrivare a Mario Riccio - il medico che praticò l'eutanasia a Welby - il quale ha cortesemente fatto notare di essere già candidato in Lombardia per il PSI.

Gli impresentabili candidati di Ingroia

Inquietante – per chi è di sinistra – la presenza in lista, questa volta certa, di alcuni personaggi inseriti in posizione eleggibile.
Si parte dal senatore Li Gotti dell'Idv, un passato trentennale nel Movimento Sociale di Almirante, un presente da avvocato difensore del funzionario di polizia Gratteri condannato per i fatti della scuola Diaz a Genova durante il G8.
Poi troviamo il poliziotto sindacalista del Silp-Cgil Giardullo che, malgrado rappresenti la “sinistra” all'interno delle forze dell'ordine, è totalmente interno alle logiche repressive dell'ambiente, tanto da essere notoriamente contrario all'introduzione degli identificativi per gli agenti dei reparti celere.
Nel tentativo maldestro di recuperare i voti dei “dissidenti grillini” Ingroia e Di Pietro hanno inserito in lista Giovanni Favia, consigliere regionale dell'Emilia-Romagna eletto per i 5 Stelle. Favia è sempre stato un pupillo di Grillo, fin tanto che è rimasto nelle grazie del padrone del Movimento 5 Stelle gli è stato permesso di violare ogni norma del “non statuto” grillino (ad es., pur essendo bolognese ha optato per l'elezione nella circoscrizione di Modena). Il Favia nel 2010 in campagna elettorale dichiarava che si sarebbe tenuto uno stipendio di 1.400 euro, una volta eletto se lo è aumentato a 2.700. Sempre nello stesso periodo l'ex grillino tuonava contro la commissione statuto del consiglio regionale, per poi prendere la presidenza (valore commerciale 140mila euro annui per segreteria e spese di rappresentanza). Poi l'ambizione eccessiva lo ha fatto rompere col guru genovese. Quanto valga la parola di quest'uomo è tanto chiaro che ha già dichiarato che una volta eletto a Montecitorio formerà un suo movimento politico.
Il Pdci ha invece imposto come capolista tale Soffritti, già sindaco ultradecennale della città di Ferrara. Il manifesto del 18 gennaio 2013 gli ha dedicato un articolo, in cui si ricordano alcune sue “avventure edilizie” ed il suo soprannome di “Duca Rosso” . E' ovvio che Soffritti sia candidato non in Emilia ma in Calabria e Veneto.

Gli esclusi

I professori che avevano dato vita a Cambiare si può – inizialmente sostenuti anche da Ferrero – si sono dati appena hanno capito che per loro non c'era spazio nemmeno come ornamento cultural-intellettuale.
Poi ci sono quelli a cui un posto sembrava garantito e così non è stato.
La prima: Nicoletta Dosio, storica leader del movimento No Tav valsusino e segretaria del circolo Prc di Bussoleno. Pareva certa una sua candidatura in posizione eleggibile, ma è stata sacrificata per garantire i dirigenti nazionali del Prc. Probabilmente alla magistratura di “sinistra”, tipo Caselli, una deputata del movimento No Tav non sarebbe stata esattamente gradita.
Anche per Vittorio Agnoletto, storica figura della sinistra milanese e portavoce del Genoa Social Forum nel 2001, sembrava fatta, invece è stato fatto fuori per lasciare il posto a Di Pietro. Il tutto con buona pace delle proteste di parte della sinistra milanese (da Basilio Rizzo, presidente del consiglio comunale di Milano, ad Emilio Molinari, già eurodeputato) che lamentava l'assenza di una candidatura di sinistra nelle liste lombarde di Rivoluzione Civile.

Ancora una volta: si salvi chi può!

Rimane la candidatura di Ilaria Cucchi, sempre più foglia di fico di una lista giustizialista che gentilmente ospita qualche orfano della lista Arcobaleno del 2008 per trovare i voti per superare lo sbarramento del 4%. Perché se Ingroia, nel suo egocentrismo esagerato, è convinto di costruire attorno a sé una nuova formazione politica di “peso”, per Di Pietro ed i “comunisti” Diliberto e Ferrero questa è l'ultima chance di restare in pista dopo che tutte le altre porte si sono chiuse. Diliberto, rompendo la Federazione della Sinistra, ha anche partecipato alle primarie bersaniane nel tentativo di agganciarsi prima al Pd e poi, fallita l'operazione a causa del veto di Vasco Errani alla candidatura di Soffritti sotto il simbolo Pd, alla ricerca vana di accordo con Sel e Vendola.

Ancora una volta i gruppi dirigenti maggioritari della sinistra italiana si dimostrano pronti a tutto, senza alcuna dignità pur di salvare sé stessi ed i loro apparati pronti ad accettare e supportare qualsiasi svolta. Ed è così che queste – ormai – microburocrazie sperano di perpetuare se stesse, procedendo ancora una volta a spregiudicate alleanze da cui dipendono le sorti della propria vita economica e lavorativa, nonché il proprio status sociale, il tutto alle spalle degli ancora tanti sinceri militanti.
Umiliati da Ingroia, che li candida ma non né parla né li fa vedere in pubblico, i Diliberto-Ferrero-Bonelli anche se eletti riusciranno forse rimpinguare i propri conti correnti, a mantenere qualche fedele portaborse e a tenere in piedi ancora per un po' le proprie organizzazioni, ridotte a loro comitati elettorali.
Ma con Rivoluzione Civile finisce definitivamente ogni possibile, per quanto forse casuale, ambizione di autonomia politica e di progetto da parte di chi, fino ad un decennio fa, poteva contare sul 10% dell'elettorato e su svariate migliaia di militanti, il tutto disperso nelle avventure governative e sottoministeriali.
Se altrimenti gli ingroiani non dovessero raggiungere il quorum del 4% si avrà probabilmente una naturale e salutare estinzione di chi gruppi dirigenti ormai utili solo a sé stessi, allora forse altre nuove opzioni diverranno possibili.

Michele Terra

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