Dalle sezioni del PCL

Lo smantellamento delle ferroviarie sarde ed il controllo operaio

13 Agosto 2012

La decisione presa alcuni giorni fa da Trenitalia di sopprimere la linea di Porto Torres è gravissima. Essa da un’idea della minaccia incombente al progresso civile del popolo sardo. Poco importa che sia poi rientrata per le pressioni dei lavoratori e della CGIL provinciale . È solo una pausa fino al prossimo tentativo di imporre, in altre forme, nuovi devastanti tagli. Questi tagli sono la conseguenze degli attacchi ai servizi pubblici e ai diritti dei lavoratori del pubblico impiego portata avanti dal governo Monti attraverso lo smantellamento degli ultimi residui di diritti sindacali e un drastico ridimensionamento di tali servizi attuato con la cosiddetta “spending review” (revisione di spesa) e le leggi di controriforma del lavoro(abolizione dell’articolo 18). Gli attacchi del governo dei professori sono il colpo di grazia ad una situazione già disastrosa, determinata dall’ondata di privatizzazioni iniziata nei primi anni ’90. Allora, la borghesia italiana approfittò abilmente della crisi del capitalismo di stato, esplosa con tangentopoli, e che spazzò via il corrotto ceto politico democristiano e craxiano proliferato intorno a esso, per imporre una gigantesca ristrutturazione dell’economia pubblica necessaria a ridurre il peso sempre più insostenibile del debito pubblico che ostacolava la propria adesione al progetto di unificazione economica europea, garantire nuovi profitti ai gruppi privati e procedere allo smantellamento dei diritti acquisiti dei lavoratori. Ciò fu possibile solo grazie allo sbandamento del movimento operaio rappresentato dalla definitiva capitolazione politica dei dirigenti del PCI.
Oggi, il governo Monti, reggendosi su un parlamento di corrotti e parassiti completamente screditati di fronte al popolo, sta procedendo a smantellare ciò che resta, per scaricare sui lavoratori e il ceto medio italiano e sardo i costi del salvataggio del capitalismo italiano ed europeo dalla loro bancarotta internazionale. Come si può spiegare, però, la possibilità di un attacco di tale portata agli interessi e alle conquiste dei lavoratori e delle lavoratrici, come mai si era visto nella storia della Repubblica, neppure nei periodi più bui dei governi berlusconiani? Non certo con la volontà di accettare i sacrifici da parte delle masse: le cronache locali e nazionali sono piene di riferimenti di proteste e azioni di resistenza dei lavoratori e cittadini in tutto il territorio dello stato italiano. Neanche con la fiducia in un ceto politico totalmente screditato dagli scandali e dalla corruzione. Come negli anni ’90, l’unica spiegazione è, in primo luogo, la totale capitolazione a Monti dei vertici delle burocrazie sindacali di CGIL, CISL e UIL, che subiscono, tra l’altro, l’influenza dei partiti filo padronali che sostengono questo governo: PD, PDL e UDC. È mancata, poi, sinora, una chiara indicazione alternativa di potere - e una lotta conseguente - da parte di coloro che si candidano a costituire una direzione alternativa ai burocrati: il cosiddetto sindacalismo di base e buona parte della sinistra CGIL.
Camusso, Bonanni e Angeletti, rappresentano, in questo momento, la quinta colonna del padronato italiano nel movimento dei lavoratori. Ciò che ha consentito la nascita del governo Monti prima, e l’attuazione delle sue politiche contro i lavoratori, poi, è stata soprattutto la mancanza di una reale opposizione dei maggiori sindacati, in primo luogo la CGIL, e la politica di freno e d’isolamento delle lotte condotta dalle burocrazie delle tre maggiori organizzazioni sindacali. Ciò che contestiamo a dirigenti locali della CGIL, come il segretario Filt Boeddu, non è la loro mancanza di proteste o di opposizione agli attacchi ai diritti dei cittadini e agli interessi dei lavoratori in loco, non ultimo il tentativo di smantellamento delle linee ferroviarie sarde. È il fatto di non aver sinora lavorato per l’unificazione di tutte le lotte in corso. L’arma fondamentale di cui dispongono i lavoratori - un dirigente sindacale questo lo sa bene - é la loro immensa forza data dal fatto di essere la maggioranza della società e, soprattutto, coloro che gestiscono tutti i settori decisivi della produzione e della vita economica di una nazione. L’uso centralizzato e finalizzato di una tale forza è in grado di paralizzare l’intera vita economica e politica di uno stato o di una regione, privando la classe dominante di ogni mezzo per attuare le proprie misure. Solo una lotta unificata e centralizzata dei lavoratori sardi e italiani di tutte le categorie del settore pubblico e privato può resistere e rispondere efficacemente agli attacchi del governo e del padrone. Ma ciò che ha impedito sinora l’uso dell’immensa forza organizzata dei lavoratori non sono errori tattici dei gruppi dirigenti sindacali, ma la politica di tradimento e di capitolazione dei vertici delle burocrazie sindacali Camusso, Angeletti e Bonanni, che si traduce in una paralisi delle organizzazioni locali, nella divisione ed indebolimento generale delle lotte, e nell’ostacolo alla loro unificazione in un fronte unitario.
La crisi inarrestabile del capitalismo ha come conseguenza una crisi di civiltà. In Sardegna i segni di questa crisi di civiltà sono evidenti nell’aumento della disoccupazione, nello smantellamento progressivo delle industrie, nel collasso del sistema agropastorale e nel ritorno di servizi fondamentali, come le ferrovie, a condizioni ottocentesche. In Europa, un esempio della velocità verso cui si sta precipitando nella barbarie, è dato dal fatto che in una nazione come la Grecia, oggi, il sistema sanitario nazionale ha sospeso le chemioterapie e la mammografie a causa dei tagli pubblici alla sanità imposti dalle misure del “memorandum” di Bruxelles. Solo i lavoratori sardi, italiani e d’Europa possono porre fine al declino inarrestabile della nostra società sotto il capitalismo, prendendo nelle proprie mani il controllo dell’intera vita politica ed economica di ogni nazione e di ogni regione. Per fare ciò è però indispensabile, anzitutto, un fronte unitario di lotta di tutti i lavoratori e le lavoratrici, indipendentemente dalle sigle sindacali, dalle organizzazioni di categoria, dai settori (pubblico o privato) e dalle nazioni di appartenenza. La costruzione di questo fronte è una questione prioritaria, ma non può avvenire senza un rafforzamento dei nostri sindacati tramite una lotta decisa dei lavoratori contro la direzione dei burocrati per riappropriarsi del controllo effettivo dell’organizzazione. I lavoratori non possono più permettere che dei burocrati che non rispondono più ai loro interessi, ma a quelli della loro casta o, peggio, dell’avversario di classe, possano continuare a esercitare impunemente e senza risponderne direttamente ad essi, il potere di firmare contratti o di rappresentanza in nome di tutti i lavoratori, compresi quelli non iscritti ai loro sindacati. Parallelamente, l’unificazione pratica delle lotte non è possibile senza la costruzione di organismi autenticamente democratici e unitari di lotta, che raggruppino tutti i lavoratori a tutti i livelli e in tutti i settori di lavoro e di lotta, indipendentemente dalle tendenze sindacali e politiche di appartenenza, costituiti da delegati eletti sul posto di lavoro secondo il principio della rigorosa proporzionalità, e della revocabilità immediata del mandato. Sono questi organismi che devono costituire l’ossatura del fronte unitario di lotta e lo strumento per l’esercizio del controllo democratico dei lavoratori su ogni settore, servizio e unità produttiva. Il sindacati devo mettere a disposizione tutte le loro risorse per facilitare e sostenere l’organizzazione di queste strutture.
Il Partito Comunista dei Lavoratori fa appello a tutti i lavoratori e i militanti sindacali sardi delle ferrovie per:
1) L’occupazione della direzione sarda delle ferrovie allo scopo di bloccare ogni tentativo di smantellamento;
2) Imporre lo scioglimento di tutti i consigli d’amministrazione e la loro sostituzione con organismi democratici di gestione e controllo dei lavoratori;
3) l’abolizione di tutti i criteri di gestione privatistici delle ferrovie;
4) blocco dei licenziamenti, assunzione di nuovo personale, trasformazione di tutti i contratti precari a tempo indeterminato;
5) un grande piano di investimenti pubblici, pagati interamente con i profitti dei capitalisti, per potenziare, estendere e modernizzare l’intera rete ferroviaria sarda riassorbendo una parte della disoccupazione.
Allo stesso modo il PCL ricorda ai lavoratori il fatto che la difesa dei servizi e dei diritti non può che passare attraverso un vasto movimento di lotta, contro la spending review e la altre misure che smantellano i diritti dei lavoratori, che porti alla cacciata del governo Monti e all’instaurazione di un governo dei lavoratori. Questo è possibile solo con:
Una lotta decisa contro la linea dei burocrati dentro i sindacati;
L’unificazione di tutte le lotte in corso con la costituzione di organismi democratici di lotta in ogni luogo di lavoro e a tutti i livelli, e il loro coordinamento in un fronte unico delle lotte in Sardegna.
Contro la crisi e la decadenza del capitalismo solo la rivoluzione può cambiare le cose:
Controllo operaio sui sindacati!
Controllo operaio sulla produzione!
Controllo operaio sulla società!
Se ne vadano tutti e governino i lavoratori!

Partito comunista dei Lavoratori per la Quarta Internazionale
Sezione provinciale di Sassari

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