Teoria

LA GUERRA CIVILE IN SPAGNA

Verso il socialismo o il fascismo?

13 Agosto 2012

traduzione di estratti dall'opuscolo di Felix Morrow

Introduzione

I soldati fascisti ed i miliziani operai erano trincerati a breve distanza gli uni dagli altri. In un momento di pausa dai combattimenti, discutevano urlandosi avanti e indietro:
“Voi siete figli di contadini e di operai,” urlava un miliziano. “ Dovreste essere con noi, a combattere per la repubblica, dove c’è democrazia e libertà.”
Pronta è la replica; si tratta l’argomento con cui i contadini hanno risposto ad ogni appello riformista dall’avvento della repubblica nel 1931:
“Che vi ha dato da mangiare la Repubblica? Che cosa ha fatto la Repubblica per noi che dovremmo combattere per lei?”
In questo piccolo episodio, riportato casualmente dalla stampa, è contenuta l’essenza del problema della guerra civile.
I contadini che sono il 70% della popolazione, devono ancora essere conquistati alla fazione del proletariato. Essi non svolsero alcun ruolo nell’avvento della Repubblica nel 1931. La loro passività e ostilità portarono al trionfo della reazione nel novembre del 1933. Non ebbero parte nella rivolta proletaria d’ottobre del 1934. Eccetto in Catalogna e Valencia dove il proletariato si è dichiarato a favore della confisca della terra e già la sta trasferendo ai contadini, ed in alcune zone dell’Andalusia dove i lavoratori della terra si sono essi stessi impadroniti della terra, le masse dei contadini ancora non si stanno sollevando per combattere a fianco della classe operaia.
Nessuna guerra civile così profonda come quella attuale in Spagna ha mai potuto vincere senza avanzare un programma sociale rivoluzionario. Finora l’unico programma della coalizione di governo capeggiata da Caballero è parso essere solo una lotta militare. “Solo dopo la vittoria – afferma un portavoce del governo - potremo permetterci di difendere i problemi politici e sociali dei vari gruppi che compongono il Fronte Popolare di Sinistra”, (New York Times, 20 settembre). “C’è un unico punto nel nostro programma ed è quello di conquistare la vittoria”. A dire il vero, comunque, lo slogan della coalizione di governo, “Difendere la Repubblica Democratica”, contiene un programma sociale; ma è il programma riformista della difesa dello strumento politico “più tenero” del modo di produzione borghese.
Nella grande Rivoluzione Francese, la parola d’ordine “Libertà, Eguaglianza, Fraternità”, significò, molto concretamente, terra ai contadini, libertà dalla servitù, un nuovo mondo di lavoro e di arricchimento, mettendo la Francia nelle mani della borghesia rivoluzionaria attraverso la distruzione del potere economico degli oppressori feudali. Nella Rivoluzione Russa, la parola d’ordine “Terra, Pane e Libertà” chiamò a raccolta con successo il popolo contro Kornilov e Kerensky, perché significava la trasformazione della Russia. Il proletariato spagnolo dovrà ugualmente agitare degli slogan rivoluzionari, o non vincerà la guerra civile.
Il proletariato catalano ha già riconosciuto questa grande verità. Il suo programma rivoluzionario non rimarrà a lungo relegato all’interno dei propri confini. Solo oggi sono giunte notizie che un altro partito del Fronte del Popolo, il Partito Sindacalista costituito, dopo la rivolta di Ottobre, da anarco-sindacalisti che hanno riconosciuto la necessità di partecipare alla vita politica, ha preteso un programma socialista per proseguire con successo la guerra civile. La Premiership di Caballero, “l’estrema” ala sinistra del Fronte Popolare, è essa stessa un riconoscimento distorto del fatto che le masse non vogliono lottare per la conservazione del capitalismo. Ma i passati allori di Caballero non possono, ne potranno essere un sostituto del contenuto molto concreto di un programma di socialismo rivoluzionario.
Nelle pagine che seguono è illustrata la ricca storia dell’esperienza rivoluzionaria che cinque brevi anni hanno fruttato al proletariato spagnolo. Grazie alla saggezza acquisita da questa esperienza straordinariamente intensa, il proletariato spagnolo sta imparando come prendere in mano il proprio destino. Alle lezioni della Rivoluzione Russa, si stanno ora sommando le lezioni altrettanto profonde della Rivoluzione spagnola.

New York, 22 settembre 1936

I

LA NASCITA DELLA REPUBBLICA – 1931


GLORIOSA, INCRUENTA, pacifica, armoniosa, fu la rivoluzione del 14 aprile 1931. Due giorni prima il popolo aveva votato per la coalizione repubblicano - socialista nelle elezioni municipali in tutto il paese; ciò fu sufficiente a decretare la fine di Alfonso. La Repubblica spagnola giunse con una tale facilità … Il suo avvento fu, tuttavia, pressoché l’unico evento incruento legato alla rivoluzione, prima e dopo il 1931.
Per oltre un secolo la Spagna aveva tentato di dare alla luce un nuovo regime. Ma la paralisi di secoli di decadenza senile, sin dai tempi dell’impero, aveva condannato al fallimento ogni tentativo. Fu tanto più sanguinosa, quindi, la storia dei fallimenti e del loro castigo. Le quattro maggiori rivoluzioni prima del 1875, seguite da quattro epoche di terrore bianco, furono semplicemente il crescendo di una melodia quasi continua di rivolte contadine e ammutinamenti dell’esercito, guerre civili, rivolte regionaliste, pronunciamientos dell’esercito, congiure e complotti delle camarille di corte.
Neppure la moderna borghesia, quando fece la sua tardiva apparizione sulla scena, passò alla preparazione della rivoluzione borghese. L’industria moderna e i trasporti risalgono alla guerra ispano-americana, che portò un nuovo fermento alla Spagna. Gli anni 1898-1914 sono detti del “rinascimento nazionale” (e furono pure l’Estate Indiana del capitalismo mondiale). Ma gli industriali spagnoli e catalani che prosperarono in questi due decenni facevano a gara con le più antiche famiglie di possidenti nella loro devozione alla monarchia. Alcuni – come il Conte di Ramanones – si nobilitarono, acquistarono grandi appezzamenti di terra e combinavano nella propria figura la vecchia e la nuova economia; altri cementarono i legami tra le due attraverso ipoteche e matrimoni misti con l’aristocrazia terriera. Il Re conservava i segni esteriori del feudalesimo; ma non era certamente contrario ad associarsi alla borghesia nelle sue più discutibili speculazioni economiche. Alla ricerca di nuovi campi da sfruttare, la borghesia ottenne da Alfonso la conquista del Marocco, iniziata nel 1912. La vantaggiosa neutralità di Alfonso durante la Guerra Mondiale , lo rese caro alla borghesia, che per quattro anni trovò il mercato mondiale aperto alle proprie merci.
Quando gli imperialisti, dopo la guerra, si ripresero questo mercato, ed il proletariato catalano e spagnolo scatenò grandi lotte, e quando il rispetto di operai e contadini verso il regime si dissolse di fronte ai disastri dell’esercito in Marocco, gli industriali catalani finanziarono il golpe di Primo de Rivera. Il programma di lavori pubblici e barriere tariffarie insormontabili del dittatore, la repressione degli anarco-sindacalisti ed i comitati di arbitrato obbligatorio per i sindacati socialisti, diedero un nuovo impeto all’industria e la più fervente adulazione della borghesia nei confronti di Rivera e Alfonso. La crisi mondiale mise fine alla prosperità spagnola e Rivera cadde insieme alla peseta nel gennaio 1930. Ma la borghesia, nell’insieme, si aggrappava ancora ad Alfonso. Anzi fino al 28 settembre del 1930, e nel corso di un meeting di protesta di massa contro la condotta del governo, Alcala Zamora, che fu a capo della repubblica, concludeva ancora il suo discorso con un peana di elogi nei confronti della corona.
Nel frattempo, nel maggio 1930, gli studenti e gli operai di Madrid avevano issato bandiere rosse e repubblicane, e attaccato la polizia a colpi di fucile; in settembre i socialisti e l’U.G.T. stipularono un accordo con i gruppi repubblicani per farla finita con la monarchia; fecero seguito scioperi generali rivoluzionari a Siviglia, Madrid, Bilbao, Barcellona, Valencia, ecc., che comportarono in ogni caso scontri mortali con le forze armate. Una rivolta degli operai che doveva coincidere con un ammutinamento repubblicano nell’esercito fu vanificata quando la rivolta dei soldati del 12 dicembre avvenne precipitosamente prima del tempo stabilito; ma le esecuzioni dei capi dei soldati ispirarono un manifesto firmato da leader repubblicani e socialisti che annunciava il loro obbiettivo di giungere all’immediata instaurazione della repubblica. I firmatari furono rinchiusi nella Prigione Modello di Madrid – che divenne il centro della vita politica spagnola. Il disperato tentativo del Primo ministro Berenguer di convocare una Cortes sul vecchio modello, a sostegno di Alfonso fu fatto fallire dalla dichiarazione repubblicano - socialista di boicottaggio; Berenguer diede le dimissioni. Le elezioni municipali dimostrarono che le masse erano a favore di una repubblica.
Fu solo in questo momento estremo che gli industriali, impauriti dagli scioperi generali, dagli operai che cominciavano apertamente ad armarsi, e dalla minaccia socialista di uno sciopero generale, decisero che la monarchia fosse un sacrificio conveniente ai lupi della rivoluzione. Allora, e solo allora, quando lo stesso Alfonso stava riconoscendo che lottare era ormai inutile, la borghesia accettò la repubblica.
Lo spirito della nuova repubblica è caratterizzato dal fatto che i più vecchi e i più grandi partiti repubblicani non fecero niente per realizzarla, e finirono presto per allearsi con i monarchici. Era questo il caso del Partito Radicale di Lerroux. Contro di questo partito vi sono tre decenni di parlamentarismo spagnolo pieni di corruzione, pratiche di ricatto, imbrogli e frodi. I demagoghi Radicali hanno servito la monarchia nella lotta contro il nazionalismo catalano. Il latrocinio e il ricatto per i quali i loro omonimi francesi (ora dirigenti del Front Populaire) sono cosi tristemente noti, impallidiscono a paragone delle sfacciate campagne che i Radicali spagnoli hanno condotto contro singoli industriali e banchieri e che terminavano improvvisamente in ciascun caso quando la tanto attesa ricca busta veniva tranquillamente consegnata. Nel Partito Radicale il normale sistema della polemica erano le mutue accuse di corruzione ed estorsione. Per la sua storia estremamente sudicia, e nonostante che fosse il più vecchio e grande partito borghese repubblicano, ci fu la più forte opposizione alla sua partecipazione nel primo governo repubblicano. Quest’opposizione veniva anche da quei cattolici, come Zamora, che fin dal principio volevano seriamente la repubblica e che, essendo stato ministro sotto la monarchia, sapeva molto bene per quale genere di servizi Alfonso si è servito dei Radicali.
Nonostante un grande seguito tra la borghesia in quanto maggiore partito repubblicano conservatore, i Radicali di Lerroux non fornirono la leadership politica. Si tennero occupati in zuffe per i posti redditizi. Comunque, l’orrore condiviso dagli altri repubblicani e socialisti, che qualche scandalo potesse colpire la nuova repubblica, ebbe un effetto terribilmente costrittivo nei confronti dei Radicali. Essi furono i più felici quando lasciarono in breve tempo il governo per allearsi con i clericali di Gil Robles – proprio loro i Radicali, il cui sostegno principale nelle trattative era stato l’anticlericalismo!
Gli altri partiti repubblicani, ad eccezione della Sinistra catalana che aveva i contadini nei propri ranghi, erano semplici strumenti di ripiego creati per le elezioni di aprile e avevano uno scarso sostegno di massa, per il fatto che la ridotta classe media spagnola è esigua e impotente.
Il solo reale sostegno alla repubblica proveniva, dunque, dal proletariato socialista e sindacale. Questo puro e semplice fatto significava, comunque, che la repubblica poteva rappresentare solo una transizione verso una lotta per il potere tra la reazione monarchico-fascista e il socialismo. In una fase così avanzata, non c’erano spazi in Spagna per la repubblica democratica.
Disgraziatamente, però, la direzione socialista non si preparava alla lotta. Anzi, condivideva la prospettiva piccolo-borghese di Azaña.
Tale prospettiva era dichiaratamente modellata sulla Rivoluzione Francese del 1789. Si presumeva che la Spagna dovesse prima avere un lungo decorso di sviluppo pacifico in cui i compiti della rivoluzione borghese sarebbero stati portati a termine da un’alleanza tra i repubblicani e gli operai. Dopodiché - decenni dopo il 1931 – la repubblica si sarebbe trasformata in una repubblica socialista. Ma tale prospettiva era ancora lontana! Pensavano il leader socialisti, Prieto, Caballero, de los Rios, Besteiros, del Vayo, Araquistan, che erano cresciuti, a dir poco, nel medioevo sotto il regime quasi Asiatico della monarchia. Madrid, principale roccaforte socialista, conservava ancora molto della città di mestieri che era stata negli anni novanta; il suo socialismo era un misto del riformismo provinciale del suo fondatore, Pablo Iglesias, e della peggiore socialdemocrazia tedesca, quella del periodo post-bellico.
L’altra principale corrente del proletariato spagnolo, l’anarcosindacalismo, che poteva contare nella C.N.T. di circa metà della forza del sindacato socialista U.G.T., dominava la moderna città industriale di Barcellona ma era cambiata poco dalle sue origini nel congresso di Cordoba del 1872. Irriducibilmente antipolitica, non svolse alcun ruolo nell’avvento della Repubblica; allora oscillava tra periodi di luna di miele e una posizione di sostegno passivo, che mutò in feroce putschismo non appena si dissolsero le rosee nebbie. La Spagna non poteva trovare qui la propria guida ideologica. Furono necessari cinque anni di rivoluzione prima che l’anarcosindacalismo giungesse alla rottura con il suo rifiuto dottrinario di entrare nell’arena politica e lottare per uno stato operaio.
La creazione dell’Unione Sovietica – un paese contadino come la Spagna – e le sue conquiste erano straordinariamente popolari in Spagna. Ma la metodologia bolscevica della Rivoluzione Russa era pressoché sconosciuta. L’arretratezza teorica del socialismo spagnolo aveva prodotto nel 1918 solo una piccola corrente bolscevica. Questo progresso compiuto a partire dal 1930 fu interrotto dall’espulsione dal Comintern, per eresia trotskysta, di “destra” o d’altro genere, di praticamente tutto il partito. Nonostante l’ampio appoggio della Comintern, nel periodo successivo il Partito Comunista ufficiale non giocò alcun ruolo. Nel marzo del 1932, la Comintern scoprì una nuova eresia ed epurò ancora una volta l’intera leadership. Seguendo la loro ideologia del “terzo periodo” (1929-1934), gli stalinisti denunciavano i fronti unici con le organizzazioni socialiste e anarchiche, che definivano gemelle dei fascisti; costituirono dei vuoti “sindacati Rossi” contro la C.N.T. e l’U.G.T.; si vantavano scioccamente che stavano costruendo dei soviet contadini, in un momento in cui non avevano un seguito nel proletariato che questi soviet doveva guidare; facevano propaganda per “la rivoluzione democratica intermedia degli operai e dei contadini” – un’idea respinta da Lenin nel 1917 – distinta dalle rivoluzioni borghese e proletaria, confondendo in tal modo sciaguratamente il compito della lotta per la conquista delle masse con la susseguente lotta per il potere. Gli stalinisti abbandonarono questo guazzabuglio del “terzo periodo” nel 1935 – solo per raccogliere la screditata politica di coalizioni con la borghesia del “Fronte del Popolo”. Sia all’inizio, che alla fine, svolsero un ruolo totalmente reazionario.
L’autentica tradizione bolscevica in Spagna era coerentemente rappresentata solo dal piccolo gruppo, Sinistra Comunista, aderente al movimento “trotskysta” internazionale. Trotskij stesso scrisse due importanti pamphlet, La rivoluzione in Spagna, alcuni mesi prima dell’effettivo avvento della repubblica, e La rivoluzione spagnola in pericolo poco dopo, e numerosi articoli man mano che si svolgevano gli eventi. Nessuno può comprendere le dinamiche della rivoluzione spagnola senza leggere le analisi profetiche di Trotsky. In ogni questione fondamentale gli eventi hanno confermato i suoi scritti. Alle dottrine pseudogiacobine del socialismo ufficiale egli contrappose una dimostrazione marxista-leninista, arricchita da una concreta comprensione delle condizioni della Spagna, dell’impossibilità per la repubblica borghese di assicurare i compiti democratici della rivoluzione. All’insensatezza pseudo sinistroide degli stalinisti, egli contrappose lo specifico programma attraverso il quale un partito rivoluzionario potrebbe conquistare le masse e condurle a una rivoluzione vittoriosa.
Ma la Sinistra Comunista era un minuscolo manipolo e non un partito. I partiti non si creano dall’oggi al domani, neanche in una situazione rivoluzionaria. Un gruppo non è un partito. La Sinistra Comunista, sfortunatamente, non riuscì a capire ciò, e non seguì Trotsky nella sua valutazione del profondo significato dell’evoluzione a sinistra nelle file socialiste dopo che gli eventi confermarono le previsioni di Trotsky. Al loro “estremismo” fece seguito una linea opportunista che li condusse a sottoscrivere il programma del Fronte Popolare. Fu solo dopo l’esplosione dell’attuale guerra civile che gli ex trotskysti (ora nel P.O.U.M.) si rivolsero di nuovo a una politica bolscevica.
Così, quando arrivò la repubblica, il proletariato era senza quella direzione che lo preparasse ai suoi grandi compiti. Avrebbe pagato a caro prezzo quest’assenza!

II

I COMPITI DELLA RIVOLUZIONE DEMOCRATICO BORGHESE


La repubblica borghese doveva fronteggiare cinque grandi compiti; bisognava realizzarli, altrimenti il regime avrebbe ceduto alla reazione, monarchica o fascista, o a una nuova rivoluzione e a uno stato operaio:

I. LA QUESTIONE AGRARIA

L’agricoltura forniva oltre la metà delle entrate nazionali, quasi i due terzi delle esportazioni e la maggior parte delle entrate pubbliche interne del governo; e, con il 70% della popolazione impiegata nella terra, questa era la questione chiave del futuro della Spagna.
La ripartizione della terra è la peggiore d’Europa. Un terzo è posseduto da grandi possidenti, in alcuni casi in proprietà che coprivano metà di una provincia. Un altro terzo è posseduto da un gruppo di “medi proprietari, ” più numerosi dei grandi possidenti, ma anche loro con grandi proprietà coltivate da mezzadri e braccianti. Solo un terzo è posseduto dai contadini, la maggioranza del quale in poderi primitivamente attrezzati, di 5 ettari o meno, di terra arida e povera – insufficiente a sostenere le loro famiglie. La buona terra propriamente contadina – degli orti coltivati della costa mediterranea – era distribuita in appezzamenti delle dimensioni di un cortile.
I cinque milioni di famiglie contadine rientrano in tre categorie:
Due milioni che hanno poderi insufficienti. Solo nelle provincie del nord c’è un certo numero di famiglie contadine che vive in modo abbastanza confortevole. La maggior parte di questi milioni di “proprietari” muore di fame insieme ai senza terra, impiegandosi anch’essi come salariati giornalieri ogni volta che possono.
Un milione e mezzo di mezzadri che pagano l’affitto dividendo il raccolto con il padrone, e che sono soggetti alla triplice oppressione del proprietario della terra, dell’usuraio che finanzia il raccolto e del mercante che lo acquista.
Un milione e mezzo di braccianti che impiegano se stessi per salari incredibilmente bassi e che nella migliore delle ipotesi sono senza lavoro tra i 90 e i 150 giorni l’anno. È da considerare un buon salario 6 pesetas (75 centesimi) il giorno.
Lo sfruttamento diretto sulla terra è completato dalla spremitura fiscale. Del prelievo fiscale totale incassato dalla terra nel primo anno della repubblica, più della metà veniva dai contadini proprietari.
Le condizioni in cui vivono milioni di famiglie contadine sono indescrivibili. Per trovare paragoni si dovrebbe andare in Oriente, tra le condizioni di vita dei contadini cinesi e indiani. La fame, tra un raccolto e l’altro, è un sistema normale. La stampa spagnola del periodo fornisce numerose cronache d’interi distretti di contadini che vivono di radici e bollito verde. Rivolte disperate, requisizioni dei raccolti, assalti ai magazzini e periodi di guerra di guerriglia hanno fatto parte per un secolo della storia della Spagna; ma ogni volta si dimostrava nuovamente che i contadini dispersi tra loro, senza l’aiuto delle città, non potevano liberare se stessi.
Gli ultimi decenni, non portarono sollievo al contadino. Gli idilliaci anni di guerra, 1914-1918, diedero all’agricoltura spagnola l’opportunità di inserirsi nel mercato mondiale ed assicurarsi prezzi elevati. Il risultante aumento del prezzo della produzione e della terra fu capitalizzato dai possidenti sotto forma di denaro attraverso le ipoteche; i contadini, di ciò, ricevettero ben poco. Gli oneri del collasso dell’agricoltura successivo alla guerra furono, però, scaricati prontamente sui contadini. La crisi agricola, parte della crisi mondiale, aggravata dalle barriere tariffarie innalzate contro l’agricoltura spagnola da Francia e Inghilterra, ridusse, nel 1931, il contadino in una tale condizione critica che intere regioni correvano il rischio di essere sterminate dalla fame, e con un esercito permanente di disoccupati nei campi.
La sola soluzione a questa spaventosa situazione era l’immediato esproprio dei due terzi delle terre possedute dai proprietari terrieri e la loro divisione tra i contadini. Ma anche questo non sarebbe bastato. Ad eccezione delle regioni ortofrutticole del Mediterraneo, l’agricoltura spagnola era condotta con metodi primitivi. Il suo rendimento per ettaro era il più basso d’Europa. I metodi dell’agricoltura intensiva, che richiedevano formazione tecnica, strumenti moderni, fertilizzanti, ecc., il che significava a sua volta sistematici aiuti di stato all’agricoltura, avrebbero dovuto integrare la ripartizione della terra.
In Francia, il possesso feudale della terra fu distrutto dai giacobini con nessun’altra conseguenza che il beneficio per le relazioni capitalistiche di produzione. Ma nella Spagna del 1931 la terra era già sfruttata sotto i rapporti capitalistici. La terra era stata a lungo alienabile, acquistata e venduta sul mercato; quindi ipotecabile e gravata dai debiti. Perciò la confisca della terra avrebbe significato anche la confisca del capitale bancario, avrebbe rappresentato un colpo mortale al capitalismo Spagnolo, sia agricolo che industriale.
Da questo dato di fatto perfettamente ovvio, la coalizione di governo trasse la conclusione che, quindi, la terra non poteva essere confiscata.
Invece, furono elaborati piani inutili e complessi, per cui il governo, attraverso il suo Istituto per la Riforma Agraria, avrebbe acquistato i latifondi e li avrebbe divisi tra i contadini in cambio di un affitto. Considerato che la Spagna è una terra impoverita, che fornisce poche entrate allo Stato, tale processo sarebbe dovuto essere necessariamente molto lungo. Le stesse figure del governo indicavano che questo metodo di divisione della terra attraverso il suo acquisto avrebbe richiesto almeno un secolo.

2. LO SVILUPPO DELL’INDUSTRIA SPAGNOLA

Se la coalizione repubblicano - socialista non poteva risolvere la questione agraria, avrebbe potuto sviluppare le forze produttive dell’industria e il sistema dei trasporti?
Paragonata all’industria delle grandi potenze imperialiste, la Spagna era pietosamente arretrata. Solo 8,500 miglia di ferrovia, in un paese più vasto della Germania! Con l’1,1% del mercato mondiale nel 1930, ne aveva leggermente meno di quanto ne aveva avuto prima della guerra.
L’epoca dello sviluppo dell’industria spagnola fu breve – 1898-1918. Proprio lo sviluppo dell’industria spagnola negli anni della guerra divenne una fonte di ulteriori difficoltà. La fine della guerra significò quella dell’industria spagnola, ancora alla sua infanzia e non sostenuta da una forte potenza, rimase subito indietro nella gara imperialista per i mercati. Anche il mercato interno spagnolo non poté essere protetto a lungo per la sua industria. Le insormontabili barriere tariffarie di Primo de Rivera portarono alla rappresaglia di Francia ed Inghilterra contro l’agricoltura spagnola. Con un’agricoltura che contava da metà a 2/3 delle esportazioni, ciò significò una terribile crisi agricola seguita dal collasso del mercato interno per l’industria. Proprio questa crisi, nel 1931, aprì la strada alla repubblica.
Questi fatti stavano loro davanti, ma la coalizione repubblicano - socialista ripeteva, come se fosse una formula magica, che la Spagna era solo all’inizio del suo sviluppo capitalistico, che avrebbe dovuto costruire in qualche modo la propria industria e commercio, che la crisi mondiale sarebbe passata, ecc., ecc. La repubblica comprendeva quasi un milione di operai e contadini disoccupati, e prima della fine del 1933 il numero raggiunse il milione e mezzo, che considerando le persone a loro carico costituivano il 25% della popolazione.
Con ferrea logica i trotskysti dimostrarono che la debole industria spagnola, nel quadro di rapporti capitalistici, poteva svilupparsi solo in un mercato mondiale in espansione, e che il mercato mondiale era andato progressivamente contraendosi; l’industria spagnola poteva svilupparsi solo sotto la protezione di un monopolio del commercio estero, ma la pressione del capitale straniero in Spagna e la minaccia di esportazioni agricole dalla Francia e dall’Inghilterra significavano che un governo borghese non poteva creare un monopolio del commercio estero.
Se il ritardo dell’industria spagnola ostacolava il suo ulteriore sviluppo sotto il capitalismo, lo stesso ritardo (come nel caso della Russia) aveva come risultato una concentrazione del suo proletariato in grandi imprese ed in poche città. Barcellona, il porto più grande e anche il più grande centro industriale, con le città industriali della Catalogna, contavano abbondantemente da sole il 45% della classe operaia spagnola. La regione della Biscaglia, le Asturie e Madrid comprendevano la maggior parte di ciò che restava. Tutta considerata, la Spagna ha meno di due milioni di operai industriali, ma il loro peso specifico, data la loro concentrazione, è paragonabile a quello del proletariato russo.

3. LA CHIESA

La separazione di Stato e Chiesa non era un semplice compito parlamentare. Per realizzare la separazione, la Rivoluzione Francese, confiscò le terre della Chiesa, appellandosi ai contadini per la loro confisca; sciolse gli ordini religiosi, espropriò le chiese ed i loro beni, e per molti anni mise fuori legge e proibì l’esercizio del sacerdozio. Ma anche in tal caso la separazione tra Stato e Chiesa raggiunta in Francia fu insufficiente.
Nella Spagna del 1931 la questione era ancora più urgente e stringente. Dato l’intero suo passato la Chiesa non poteva che essere il nemico mortale della Repubblica. Per secoli la Chiesa aveva impedito ogni forma di progresso. Addirittura un re molto cattolico, Carlo III, era stato costretto a espellere i gesuiti nel 1767; Giuseppe Bonaparte dovette sciogliere gli ordini religiosi, e il liberale Mendizábel li soppresse nel 1835. La Chiesa aveva distrutto ogni rivoluzione del XIX secolo; a sua volta ogni rivoluzione, ogni fermento delle vita spagnola, era stato necessariamente anticlericale. Anche Re Alfonso, dopo la rivolta di Barcellona del 1909, dovette annunciare che avrebbe “dato espressione alle pubbliche aspirazioni alla riduzione e regolamentazione dell’eccessivo numero di ordini religiosi,” e che avrebbe istituito la libertà religiosa. Roma, tuttavia, cambiò l’idea di Alfonso per suo conto. Ogni tentativo di ampliamento della base del regime fu frustrato dalla Chiesa – l’ultimo nel 1923, quando pose il veto sulla proposta del Primo ministro Alhucemas di convocare un’Assemblea (Cortes) Costituente e appoggiò invece la dittatura. Non c’è da meravigliarsi che ogni periodo di fermento a partire dal 1812 fu accompagnato da incendi di chiese e assassinii di sacerdoti.
Il potere economico esercitato dalla Chiesa può essere valutato considerando la stima, fornita alle Cortes nel 1931, che l’ordine dei gesuiti possedeva un terzo della ricchezza del paese. Tali terre che erano state confiscate dopo la rivoluzione del 1868 sono state indennizzate così generosamente dalla reazione, che la Chiesa si è avviata una carriera nell’industria e nella finanza. Le sue monopolistiche banche di “credito agricolo” erano gli usurai della campagna e le sue banche cittadine socie dell’industria. Gli ordini religiosi gestivano degli autentici stabilimenti industriali (mulini per le farine, lavanderie, sartorie, abbigliamento, ecc.) con il lavoro non pagato (orfani, “studenti”) competendo, con grandi vantaggi, con l’industria. In quanto religione ufficiale riceveva, da parte del tesoro statale, dieci milioni di pesetas all’anno, era esente da ogni obbligo fiscale anche nella produzione industriale, e riceveva ricche parcelle per battesimi, matrimoni, funerali, ecc.
Il suo controllo ufficiale sull’educazione significava salvaguardare gli studenti dal radicalismo e mantenere i contadini analfabeti – nel 1930 metà della popolazione spagnola non sapeva ne leggere ne scrivere. La superstizione alimentata dalla Chiesa può ricavarsi dal fatto che fino a poco tempo fa erano vendute indulgenze papali per poche pesetas; firmate da un arcivescovo, potevano essere vendute in negozi che esponevano la pubblicità: “Oggi Bulas a buon mercato”.
Le sue orde in veste talare erano un vero e proprio esercito che si stagliava di fronte alla repubblica: 80-90 mila nei 4000 edifici religiosi degli ordini, e oltre 25.000 parroci – così, il numero nei soli ordini religiosi superava il totale degli studenti nelle scuole superiori ed era il doppio del numero degli studenti universitari del paese.
I primi mesi della repubblica, la Chiesa si mosse con cautela nella propria lotta contro il nuovo regime, e a ragion veduta: a una lettera pastorale che invitava i cattolici a votare per i candidati cattolici che non erano “né repubblicani né monarchici” fu risposto, in maggio, con incendi di massa di chiese e monasteri. Tuttavia, non era un segreto per nessuno che l’esercito costituito dalla miriade di monaci, suore e parroci stava conducendo una propaganda vigorosa di casa in casa. Come in ogni periodo critico della storia spagnola in cui la Chiesa si sentiva minacciata da un cambiamento, diffondeva voci superstizione di eventi miracolosi – statue che piangono, crocifissi che trasudano sangue – presagi dell’arrivo di tempi malvagi. Che cosa avrebbe fatto il governo repubblicano di questa potente minaccia?
La questione della Chiesa portò alla prima crisi di governo; Azaña elaborò un compromesso, che fu poi adottato. Gli ordini clericali non dovevano essere molestati salvo che si rivelassero, come qualsiasi altra organizzazione, dannosi per la comunità, e ci fu un accordo tra gentiluomini che tale misura sarebbe stata applicata solo nei confronti dei gesuiti, che furono sciolti nel gennaio 1932, dopo avergli dato tante opportunità di trasferire la maggior parte della loro ricchezza a singole persone e ad altri ordini. Le sovvenzioni governative al clero finirono formalmente con la dichiarazione ufficiale di separazione ma furono parzialmente ristabilite con i pagamenti alla Chiesa per l’educazione; per la rimozione della Chiesa dalle scuole ci voleva un programma “a lungo termine”. Questa era la totalità del programma del governo per la Chiesa. E anche questa legislazione, pateticamente inadeguata, creava scalpore tra la borghesia; vi fu, ad esempio, non solo l’opposizione dei ministri Zamora e Maura (cattolici), ma anche del Radicale repubblicano, Lerroux, che aveva fatto dell’anticlericalismo la carriera di una vita nella politica spagnola. Anticlericale a parole e desiderosa di una più equa spartizione del bottino, la borghesia repubblicana, era così intrecciata con gli interessi capitalistico - terrieri, che a loro volta si poggiavano sulla Chiesa, che era assolutamente incapace di un serio assalto al suo potere politico ed economico. La Sinistra Comunista dichiarava che questa era una prova ulteriore della bancarotta del governo di coalizione. Non riusciva nemmeno a conseguire il compito “democratico - borghese” di mettere il morso alla Chiesa. I rivoluzionari chiedevano la confisca di ogni bene della Chiesa, lo scioglimento di tutti gli ordini, l’immediata proibizione degli insegnati religiosi nelle scuole, l’uso dei fondi della Chiesa per aiutare i contadini a coltivare le terre, e invitavano i contadini a confiscare le terre della Chiesa.


4. L’ESERCITO

La storia della Spagna nel corso del XIX e del primo terzo del XX secolo è una storia di congiure militari e pronunciamientos. Invocato dalla monarchia stessa per por fine a un periodo d’opposizione, il ruolo privilegiato assegnato all’esercito ha partorito una casta di ufficiali viziati. Gli ufficiali erano diventati così numerosi che l’intera amministrazione coloniale e gran parte di quella dello stesso paese (incluse polizia e Guardia Civil) era stata affidata a loro. Il crescente bisogno di Alfonso del sostegno dell’esercito fu sfruttato dagli ufficiali per rafforzare se stessi. La Ley de Jurisdicciones del 1905, autorizzando i tribunali militari a processare e punire gli oltraggi civili nei confronti dell’esercito, rese la critica dei lavoratori e della stampa reato di lesa maestà. Perfino Maura, primo ministro di Alfonso, nel 1917, si lamentò che gli ufficiali stavano rendendo impossibile il governo civile. Nel 1919, disapprovando le concessioni fatte allo sciopero generale, la casta dell’esercito, organizzata in Consigli degli ufficiali per premere sul governo e l’opinione pubblica, chiese le dimissioni del Capo della polizia. Il ministro della guerra è sempre stato un loro uomo. Vi era un ufficiale ogni sei uomini di truppa, ed il bilancio militare crebbe di conseguenza. Di fatto, il bilancio militare cresceva in maniera cosi insostenibile che anche Rivera cercò di ridurre la casta degli ufficiali; i Consigli degli ufficiali si vendicarono lasciando che cadesse senza protestare, sebbene si fossero uniti a lui nel suo golpe iniziale. Alfonso li sostenne fino all’ultimo.
La loro tradizione di casta indipendente e privilegiata costituiva una grave minaccia per la repubblica. In un paese in cui la debole classe media è così piccola e mediocre, gli ufficiali devono essere presi dalle classi superiori, il che significa che essi saranno legati da parentela, amicizia, dalla posizione sociale, ecc., ai reazionari proprietari terrieri e industriali. Oppure gli ufficiali dovevano essere scelti fra la truppa, cioè fra i contadini e gli operai. Ed era necessario fare in fretta: il controllo dell’esercito è una questione di vita o di morte per ogni regime.
La coalizione repubblicano - socialista affidò questo serio problema allo stesso Azaña, in quanto Ministro della Guerra. Egli ridusse l’esercito attraverso un sistema di pensionamento volontario retribuito per gli ufficiali, così conveniente ai loro occhi che nel giro di pochi giorni 7000 ufficiali accettarono di ritirarsi con la retribuzione. Il corpo ufficiali così ridotto mantenne lo spirito che aveva avuto sotto la monarchia.
La Sinistra Comunista denunciava questo fatto come un tradimento della rivoluzione democratica. Essa chiedeva lo scioglimento dell’intero corpo degli ufficiali e la sua sostituzione con ufficiali provenienti dai ranghi, eletti dai soldati. Si appellava ai soldati perché prendessero in mano la questione, sottolineando che la repubblica borghese li stava trattando altrettanto barbaramente di quanto aveva fatto la monarchia. Cercava di spingere i soldati alla fraternizzazione con gli operai rivoluzionari e di coinvolgerli in consigli comuni.
La democratizzazione dell’esercito era vista dai rivoluzionari come un compito necessario, non per il rovesciamento rivoluzionario della borghesia – altri organismi erano necessari per fare ciò – ma come misura di difesa contro un ritorno della reazione. Il fallimento della coalizione di governo nell’assicurare questo elementare compito della rivoluzione democratica era semplicemente l’ulteriore prova che solo la rivoluzione proletaria avrebbe potuto risolvere i compiti “democratico -borghesi” della rivoluzione spagnola.

5. LE QUESTIONI COLONIALE E NAZIONALE

La monarchia “feudale” non solo era stata abbastanza moderna da favorire l’ascesa, lo sviluppo e il declino dell’industria e della finanzia borghesi. Fu ultra moderna, quanto basta per intraprendere la conquista e lo sfruttamento di colonie alla maniera più contemporanea del capitalismo finanziario. La “rinascita nazionale” incluse la conquista e la sottomissione del Marocco (1912-1926). Nel solo disastro di Annual (1921), furono annientati diecimila operai e contadini, che prestavano i due anni di servizio militare obbligatorio. Il costo della campagna del Marocco, dopo la Guerra Mondiale, fu di 700 milioni di pesetas. Quando le reclute e le riserve furono richiamate, le rivolte e gli ammutinamenti all’imbarco precedettero il golpe di Rivera. Un’alleanza con l’imperialismo francese (1925) portò ad una vittoria decisiva sul popolo marocchino l’anno successivo. Un’amministrazione coloniale mortalmente crudele cominciò lo sfruttamento dei contadini e delle tribù marocchine a beneficio del governo e di pochi capitalisti.
La coalizione repubblicano - socialista subentrava nel controllo delle colonie spagnole in Marocco, governandole, come faceva la monarchia, con la Legione Straniera ed i mercenari indigeni. I socialisti sostenevano che quando le condizioni l’avessero giustificato avrebbero esteso la democrazia al Marocco e gli avrebbero permesso di partecipare ai benefici di un regime progressivo.
Trotsky e i suoi seguaci definirono la posizione socialista un atto di tradimento contro un popolo oppresso. Ma il Marocco doveva essere liberato anche per la salvezza delle masse spagnole. La prima forza ad essere usata per un golpe reazionario sarebbero stati i legionari, particolarmente crudeli, ed i mercenari cresciuti lì, ed il Marocco stesso come base militare della reazione. Il ritiro di tutte le truppe e l’indipendenza del Marocco erano rivendicazioni immediate per le quali gli stessi operai dovevano lottare, ed incitare il popolo marocchino a portarle a termine. La libertà delle masse spagnole sarà in pericolo finché le colonie non saranno liberate.
Analogo alla questione coloniale era il problema della liberazione nazionale dei popoli basco e catalano. Il forte partito piccolo-borghese catalano Esquerra (Sinistra) derivava il suo seguito principale dai militanti mezzadri, che dovrebbero essere gli alleati degli operai rivoluzionari, ma che soggiacciono al programma nazionalista della piccola-borghesia, poiché quest’ultima cerca un sostegno tra i contadini contro il ruolo denazionalizzante del grande capitale e dello stato burocratico spagnolo. Nelle province basche la questione nazionale nel 1931 portò a conseguenze ancora più gravi; il movimento nazionalista era, qui, sotto il controllo clericale - conservatore ed elesse alla Cortes Costituente un blocco dei deputati più reazionari. Considerato che le province basche e catalane erano anche le principali regioni industriali, si poneva una questione decisiva per il futuro del movimento dei lavoratori: come liberare gli operai e i contadini dal controllo di classi estranee?
Il modello di soluzione era fornito dai Bolscevichi russi, che avevano inserito nel loro programma la rivendicazione della liberazione nazionale, e la realizzarono dopo la Rivoluzione d’Ottobre. La più ampia autonomia è perfettamente compatibile con l’unità economica; le masse non hanno nulla da temere da una simile misura, che in una repubblica operaia permetterebbe all’economia e alla cultura di prosperare liberamente.
Ogni altra posizione a sostegno della liberazione nazionale, diviene, direttamente o indirettamente, un sostegno al massimo di centralizzazione burocratica della Spagna rivendicata dalla classe dominante, e come tale sarebbe accolta dalle nazionalità oppresse.
Il nazionalismo catalano era cresciuto sotto l’oppressione della dittatura di Rivera. Perciò, già un giorno prima della proclamazione della Repubblica a Madrid, i catalani si erano impossessati degli edifici governativi e avevano dichiarato una repubblica indipendente Catalana. Una delegazione di dirigenti repubblicani e socialisti corse a Barcellona, e unì promesse di una statuto autonomistico con pesanti minacce di repressione; l’accordo finale previde un’autonomia molto ristretta che lasciò in eredità rancori con i politici catalani che essi manifestarono, con proficui risultati, in modo da mantenere il proprio seguito tra gli operai e i contadini. Con il pretesto che il movimento nazionalista basco fosse reazionario, la coalizione repubblicano - socialista rinviò un accordo sulla questione e in tal modo diede ai clericali baschi, minacciati dalla proletarizzazione della regione, un nuovo ascendente tra le masse. In nome di un rifiuto dei pregiudizi regionali, i socialisti identificarono se stessi con il punto di vista dell’imperialismo della borghesia spagnola.
Così, in ogni campo, la repubblica borghese si rivelò assolutamente incapace di garantire i compiti “democratico borghesi” della rivoluzione spagnola. Ciò significava che la repubblica non poteva considerarsi stabile; poteva rappresentare solo una fase di transizione, e per giunta breve. Avrebbe lasciato il posto o alla reazione militare, fascista o monarchica – o ad un’autentica rivoluzione sociale che desse il potere alla classe operaia per costruire una società socialista. La lotta contro la reazione e per il socialismo era un unico compito, e all’ordine del giorno.
























III

IL GOVERNO DI COALIZIONE ED IL RITORNO DELLA REAZIONE
1931-1933

Non passò un mese dalla rivoluzione del 1931 che si ebbero scontri sanguinosi tra soldati e operai.
L’ordine, del cardinale primate, ai cattolici, di non votare “ne monarchia ne repubblica” portò ad incendi di massa delle chiese. Un club monarchico che si riuniva il 10 maggio venne subissato di urla dagli operai, i monarchici spararono e ferirono degli operai, e appena a Madrid si diffuse la notizia, gruppi di operai diedero il via a retate contro i monarchici. La lotta contro la Chiesa e i monarchici raggiunse tali proporzioni che gli operai coinvolti lasciavano le fabbriche per alcuni giorni per continuare a condurre la lotta. I socialisti si unirono ai repubblicani negli appelli alla calma e a ritornare al lavoro; i rivoluzionari chiedevano la distruzione di tutte le organizzazioni monarchiche e l’arresto dei loro leader. Peggio ancora, i socialisti diedero istruzioni alla loro milizia di aiutare la polizia a mantenere la legge e l’ordine. Negli scontri successivi la Guardia Civil sparò a dieci operai. Una delegazione di loro compagni chiese al governo provvisorio la dissoluzione della Guardia Civil. La replica del governo fu una dichiarazione della legge marziale e le truppe furono fate giungere in tutte le città importanti. L’esercito e la polizia di Alfonso, la sua casta di ufficiali che ancora piangevano per il re esiliato, si consolava con gli attacchi contro coloro che avevano costretto Alfonso a fuggire. Gli operai ebbero così il loro primo assaggio della repubblica e della partecipazione socialista a un governo borghese.
Nel lavoro di stesura della nuova costituzione, i socialisti vedevano la coalizione repubblicano -socialista come il governo permanente della Spagna. Era più importante dare al governo spagnolo forti poteri che lasciare mano libera a “irresponsabili” anarchici e comunisti perché incitassero le masse al disordine.
C’era qualche giustificazione accettabile per la posizione dei socialisti? I socialisti spagnoli affermavano che il loro sostegno al governo era giustificato dal fatto che questa era una rivoluzione borghese, il cui compimento poteva essere raggiunto da un governo repubblicano, e che il “consolidamento della repubblica” era il compito più immediato per scongiurare il ritorno della reazione. In questo argomento riecheggiano la socialdemocrazia tedesca e austriaca del dopoguerra. Ma essi sfidavano apertamente la tradizione e la pratica autentica del marxismo.
Le rivoluzioni del 1848 erano fallite, e furono seguite da una ritorno della reazione, a causa della linea indecisa dei repubblicani piccolo-borghesi. Traendo le lezioni del 1848, Marx giunse alla conclusione che la lotta contro il ritorno della reazione, così come per assicurare il massimo di diritti per gli operai sotto la nuova repubblica, richiedeva nelle successive rivoluzioni borghesi il dovere del proletariato di combattere mantenendo l’indipendenza politica ed organizzativa dai repubblicani piccolo –borghesi .
Le concezioni strategiche di Marx furono applicate nella Rivoluzione Russa del 1905, dove il proletariato creò dei consigli degli operai (soviet) costituiti da delegati eletti nelle fabbriche, nei reparti e nei rioni, come strumento flessibile che unificava gli operai di varie tendenze nella lotta contro lo zarismo. Gli operai russi seguirono il consiglio di Marx per cui non era necessaria una speciale alleanza, finanche con i settori più progressivi della borghesia: entrambe le classi colpivano lo stesso nemico, ma le organizzazioni proletarie perseguivano i loro scopi indipendenti senza la costrizione e l’inutile compromesso di un’alleanza – cioè a dire, un programma comune, che poteva esser solo il minimo, e perciò un programma borghese – con la borghesia. Nel febbraio 1917, i soviet furono nuovamente costituiti in un momento in cui la maggior parte dei marxisti pensavano che si trattasse semplicemente di una rivoluzione borghese.
Così, anche per la rivoluzione “borghese”, erano necessari i soviet. Anche le rivoluzioni tedesca e austriaca insegnarono delle lezioni molto differenti da quelle che i socialisti spagnoli scelsero di trarre. Anche per queste rivoluzioni furono creati dei soviet; ma dominati dai riformisti, i soviet si dissolsero non appena il capitalismo riacquistò stabilità. Le vere lezioni delle rivoluzioni in Germania e Austria furono che i soviet richiedono un programma rivoluzionario; che non possono continuare a esistere indefinitamente come organi senza potere politico; che non si può appoggiare sia il governo che i soviet, come cercavano di fare, alla maniera dei menscevichi russi, i riformisti tedeschi e austriaci; questi soviet possono esordire come potenti comitati di sciopero ma devono risolversi in organi del potere statale.
Così le conclusioni tratte da Marx ottantasei anni fa sono state rafforzate da ogni successiva rivoluzione.
Dunque la direzione presa dai socialisti spagnoli dal 1931 al 1933 era completamente estranea al marxismo. “La Spagna è una repubblica dei lavoratori di tutte le classi”. Questa stupida frase fu adottata su iniziativa socialista come primo articolo della costituzione.
La costituzione limitava il diritto di voto a quelli che avevano più di 23 anni, e istituì un sistema di elezione delle Cortes che favoriva la formazione di coalizioni elettorali e rendeva quasi impossibile la rappresentanza dei partiti minori. Quando, in seguito, questo metodo si ritorse contro loro, i leader socialisti confessarono che era stato istituito nella presunzione che la coalizione socialista con i repubblicani sarebbe continuata indefinitamente!
Il servizio militare obbligatorio fu reso una disposizione costituzionale come sotto la monarchia. Il Presidente della Repubblica fu dotato del potere di scegliere il Primo ministro e di sciogliere il parlamento per due volte nel corso di un mandato presidenziale di sei anni, e poteva essere rimosso durante il suo mandato solo dal voto di tre quinti del parlamento. Si provvide anche a una Corte delle Garanzie Costituzionali con poteri di annullamento delle legislazioni equivalenti a quelli della Corte Suprema degli Stati Uniti, e ad un sistema rigido di modifica della costituzione.
Come la costituzione di Weimar, la carta spagnola conteneva una grande abbondanza di fraseologia sui diritti sociali ma con un “jolly” (l’Articolo 42) che prevedeva la sospensione di tutti i diritti costituzionali; fu immediatamente approvata la “Legge per la Difesa della Repubblica” – copiata quasi parola per parola da una legge tedesca simile. Essa qualificava come “atti di aggressione contro la repubblica”: la diffusione di notizie presumibilmente per turbare l’ordine o il credito pubblico; la denigrazione delle istituzioni pubbliche; il possesso illecito di armi; il rifiuto ingiustificato di lavorare; gli scioperi senza preavviso. Inoltre il Ministro dell’interno fu autorizzato “nell’interesse dell’ordine pubblico” a sospendere, in ogni momento, le assemblee pubbliche; a chiudere club, associazioni e sindacati; a indagare sui conti di tutte le associazioni o sindacati, a sequestrare le armi illecite.
Fu emanata pure una legge che manteneva i collegi arbitrali misti di Rivera per regolare gli scioperi. “Introdurremo l’arbitrato obbligatorio. Quelle organizzazioni dei lavoratori che non vi si sottometteranno saranno dichiarate fuorilegge”, disse il Ministro del Lavoro Largo Caballero il 23 luglio 1931. Ciò significava rendere illegale lo sciopero per motivi politici, e rendere illegale lo sciopero indetto senza che i lavoratori abbiano presentato richiesta scritta al datore dieci giorni prima.
Tale fu la struttura giuridica adottata dalla coalizione repubblicano - socialista. Non un solo deputato votò contro, e così fu adottata, il 9 dicembre 1931, con 368 si e 102 astensioni.
I rivoluzionari replicarono ricordando ai socialisti la teoria marxista dello stato. Il governo spagnolo, a dispetto di chi siede nel gabinetto, è un governo capitalista. I suoi poteri sono poteri in mano alla classe capitalista. Dare a questo governo il potere di sospendere le garanzie costituzionali, o d’intervento nelle vertenze di lavoro, ecc., è un atto di tradimento nei confronti del proletariato. Questi poteri saranno inevitabilmente usati contro il proletariato.
Limitare l’età del voto ai 23 anni (e questo in un paese meridionale dove ragazzi di sedici anni sono attive figure del movimento!) significa privare la classe operaia di uno strumento potente di trascinamento nella vita politica della forza più rivoluzionaria del paese: la gioventù. Il proletariato, meno di tutti, deve temere la più completa democrazia: il sistema elettorale indica che vasti settori degli operai e dei contadini non avranno garantita la rappresentanza nelle Cortes.
Democratizzare il regime borghese concentrando le funzioni di governo nel corpo più rappresentativo, le Cortes, è un principio elementare della politica della classe operaia; mettere poteri nelle mani di una Corte Suprema, di un presidente e di un esecutivo, è un crimine contro la democrazia. Questi corpi più piccoli sono molto più sensibili alle influenze reazionarie.
Dobbiamo cercare di democratizzare lo stato per poi poterlo sostenere? No! La classe operaia si raduna solo nelle sue proprie organizzazioni, nei suoi propri organi di classe. Le limitate possibilità di democratizzare l’apparato di stato borghese sono importanti solo fin quanto ci consentono di costruire, fianco a fianco ad esso, il DUALISMO DI POTERI dei soviet!

* * *

I sanguinosi scontri di maggio erano solo l’inizio. “Diffondere notizie con la probabilità di turbare l’ordine ed il credito pubblico” era una definizione abbastanza generica da ricoprire la maggior parte delle critiche marxiste o anarchiche. Non era raro per gli uomini di Azaña confiscare cinque su sei delle successive pubblicazioni di un giornale comunista. La proibizione degli scioperi senza preavviso era un colpo mortale ai metodi di lotta sindacali. Gli scioperi erano condotti dai campi di battaglia ai debilitanti collegi arbitrali prima che i lavoratori avessero una possibilità di imporre accordi favorevoli. Gli attivisti sindacali socialisti avvisavano gli scioperanti della C.N.T. che avrebbero avuto accordi migliori se avessero aderito al “sindacato del governo”. L’approfondimento della crisi agricola indusse i proprietari terrieri ad attacchi sempre più acuti agli “standard” di vita dei mezzadri e dei braccianti; gli accordi di arbitrato che aumentavano la loro paga venivano ignorati e ai lavoratori fu proibito di scioperare mentre gli agenti governativi si impelagavano in interminabili indagini e discussioni con i proprietari terrieri.
Salvato grazie alle insensate leggi sulla chiesa, il clero rialzò la testa, e le sue richieste trovarono autorevoli portavoce nel governo. Quando, nell’agosto 1931, il Vicario Generale di Siviglia fu fermato mentre attraversava illegalmente il confine con documenti che svelavano la vendita e l’occultamento di proprietà della chiesa e dei gesuiti, Maura e Zamora, furono in grado di impedire la pubblicazione dei documenti. Maura si ritirò dal governo alla fine del gabinetto provvisorio in dicembre; ma Zamora, che desiderava andarsene sulla questione di principio che egli era ostile alle clausole costituzionali e alle leggi sulla Chiesa fu convinto ad accettare l’elevazione alla carica di Presidente della Repubblica con i voti socialisti. Da questa posizione eminente, Zamora, fin dal primo giorno, sostenne le forze clericali della reazione .
Il socialista, Indalecio Prieto, entrò nel governo come Ministro delle Finanze. Il suo primo atto fu assumere il controllo della Banca di Spagna, il governo fu scosso da un terremoto. Il “compromesso” finale produsse un cambiamento dei posti di governo, con l’assegnazione del Ministero delle Finanze a un capitalista che nominò gli amministratori della banca che più gli convenivano.
L’ultimo giorno dell’anno che aveva dato alla luce la repubblica, i contadini di Castilblanco fruttarono alla repubblica il primo importante gruppo di prigionieri politici. Dopo aver affrontato con ferma resistenza un attacco della Guardia Civil, i leader contadini furono condotti per un lungo periodo in prigione.
Da allora in poi, il dramma si avviò alla sua inesorabile conclusione nella reazione. Appena fu del tutto evidente che l’indirizzo seguito dal governo non solo lasciava la reazione intatta, ma gli permetteva di crescere più forte, i leader socialisti dovettero parlare meno dei risultati del governo e più delle proprie organizzazioni. I lavoratori irrequieti furono placati indicando i crescenti numeri dell’U.G.T., e la milizia socialista. I rivoluzionari, tuttavia, mettevano in evidenza che l’U.G.T. non poteva essere un baluardo contro la reazione fino a quando sosteneva il governo. La lotta contro il capitalismo e il sostegno di un governo borghese sono tra loro incompatibili. Il prestigio del governo è legato a un record nel “mantenimento dell’ordine” poiché il Ministro del Lavoro Caballero deve prevenire gli scioperi con l’aiuto dei comitati d’arbitrato o soffocarli se scoppiano contro la sua volontà. Cosi, anche, la milizia socialista: creata con il consenso del governo e usata come ausiliaria della polizia non poteva essere altro che una forza da esibire durante le parate; una vera milizia proletaria non poteva essere impegnata a sostenere un governo borghese né limitarsi alle sole organizzazioni proletarie impegnate nella fedeltà al regime; deve essere un’arma autenticamente di classe che lotti per i diritti democratici senza limitarsi entro i confini della legalità borghese, e che sia pronta tanto ad assumere l’offensiva quanto a lottare sulla difensiva.
Schiacciando la C.N.T., le truppe estesero la repressione all’intera classe operaia. Con il pretesto di reprimere un putsch anarchico nel gennaio 1933, la Guardia Civil “spazzò via” diversi gruppi di agitatori. Uno scontro con i contadini a Casas Viejas, ai primi del gennaio 1933, divenne una cause célèbre che scosse il governo alla sue fondamenta e aprì la strada alla reazione.
La controrivoluzione aveva preso le armi a Siviglia (10 agosto, 1932), quando il generale Sanjuro guidò truppe e Guardia Civil per restaurare la monarchia (il movimento fu respinto dagli operai di Siviglia con appelli rivoluzionari che allarmarono Azaña più di quanto fece Sanjurjo). Allora la controrivoluzione scoprì che poteva superare repubblicani e socialisti negli appelli demagogici alle masse. I partiti monarchico e cattolico inviarono una propria commissione d’inchiesta a Casas Viejas; e questi portarono alla luce una storia terribile. Con ordini diretti di “non fare prigionieri”, del Ministro dell’Interno Quiroga, la Guardia Civil era piombata nel piccolo villaggio dove, dopo due anni di paziente attesa che l’Istituto della Riforma Agraria ripartisse il possedimento confinante del duca, i contadini l’avevano occupato e avevano cominciato a dissodarlo per conto loro. I contadini a stento potevano resistere alla Guardia Civil; furono cacciati per i campi come animali; venti di loro furono massacrati, gli altri feriti. I sopravvissuti furono avvisati dai pubblici ufficiali di stare buoni se non volevano fare la stessa fine.
Azaña si rifiutò di indagare, e ritardò le interpellanze alle Cortes. Alla fine, la coalizione repubblicano - socialista dovette affrontarne le conseguenze. I deputati monarchico - cattolici versarono fiumi di lacrime per i contadini massacrati e urlarono a squarciagola contro un così crudele governo. Quando Azaña infine dovette ammettere la verità sui fatti di Casas Viejas, cercò di scaricare le colpe sui Guardia Civil; ma loro coinvolsero lo stesso Quiroga. I reazionari ci si buttarono a pesce: a Casas Viejas essi aggiunsero la pubblica condanna del governo per la sua repressione della stampa operaia e per il gran numero di prigionieri politici, principalmente operai, rinchiusi nelle carceri (secondo una stima comunista nel giugno 1933 erano 9000). I reazionari sottoposero alle Cortes perfino un disegno di legge che prevedeva l’amnistia per tutti i prigionieri politici, con entusiastici evviva degli anarchici.
Gli operai e, soprattutto, i contadini furono completamente disorientati da questa audace e riuscita demagogia. Chi erano i loro alleati? I repubblicano - socialisti avevano promesso loro la terra ma non gliel’avevano data. “Che vi ha dato da mangiare la repubblica?” La repubblica ha ucciso e imprigionato i coraggiosi contadini di Castilblanco e Casas Viejas. I socialisti discutevano e accampavano scuse invano – i contadini invece sapevano qual’era la propria sofferenza.
La fine giunse molto rapidamente. Nel giugno 1933, Zamora cercò di sciogliere la coalizione ma i socialisti manovrarono più abilmente annunciando che ogni ulteriore tentativo sarebbe stato affrontato con uno sciopero generale. Si rivelò una vuota minaccia. È dubbio che operai disorientati e scoraggiati avrebbero risposto all’appello; erano stati tenuti al guinzaglio troppo a lungo! Tre mesi dopo, Zamora attaccò di nuovo, destituendo il gabinetto e sciogliendo contemporaneamente le Cortes. Lerroux fu nominato Premier.
Le elezioni si tennero a novembre; la vittoria della coalizione dei reazionari e della destra fu decisiva. I socialisti offrivano molte giustificazioni: gli anarchici esasperati avevano sostanzialmente fatto campagna per il boicottaggio delle elezioni; i comunisti avevano partecipato con liste separate; le donne era sotto l’influenza del clero e votavano per la prima volta; i socialisti – che concorrevano in molti posti, sotto la pressione della base, con liste indipendenti – furono vittime della loro stessa stupida preparazione della macchina elettorale; i boss locali e i proprietari terrieri terrorizzavano i villaggi e compravano i voti; le votazioni in molti posti sono state fraudolente, ecc, ecc. Ma questo era un misero alibi e i suoi dettagli erano, anzi, la prova, in due anni e mezzo di governo, del fallimento della coalizione repubblicano - socialista nel conquistare e ispirare le masse o nello schiacciare la reazione. Le fredde statistiche sono che, dei 13 milioni di aventi diritto al voto, votarono in 8 milioni, e più della metà di loro votò per la coalizione di destra, il “fronte anti-marxista”, mentre un altro milione ha votato per i partiti di centro. I repubblicani piccolo borghesi furono spazzati via, eleggendo solo sette deputati, la maggior parte dei quali, come Azaña, dovendo la propria elezione ai voti socialisti.

Felix Morrow

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