Rassegna stampa

Lo spartiacque della guerra

di Marco Ferrando - Articolo da il manifesto

16 Febbraio 2007

L'intesa emersa al vertice dell'Unione attorno alla politica estera italiana non configura alcun «compromesso», peraltro impossibile: delinea una vera e propria resa degli stati maggiori della sinistra italiana (Prc, Pdci, Sinistra Ds) al centro dell'Unione e alla sua linea atlantista. E' un fatto: tutte le sinistre governative hanno accettato un nuovo rifinanziamento della missione militare in Afghanistan, alla vigilia oltretutto di un'annunciata primavera di guerra.
Tutte le sinistre, al di là del «dissenso», hanno accettato l'ampliamento della base militare di Vicenza, rinunciando a qualsiasi intralcio parlamentare. L'unica reale «contropartita» ottenuta è la garanzia dell'«insostituibilità dell'attuale maggioranza»: detto in altri termini, la garanzia di non essere scaricate dopo il servizio prestato.

Questa è l'amara verità di queste ore. Sarebbe facile osservare che l'«alleanza leale con gli Usa», testualmente rivendicata dal programma dell'Unione, già annunciava la subordinazione alla Nato, seppur in chiave multilaterale. Ma chi allora denunciò questa subordinazione fu tacciato di «pregiudizio». Ora parlano i fatti.

Da otto mesi, un governo presentato a sinistra come l'avvio di un «nuovo mondo possibile», ha riproposto tutto ciò che i movimenti avevano combattuto e contro cui erano nati: la conferma delle vecchie missioni e l'avvio di nuove, un aumento massiccio delle spese in armamenti che, dopo l'ultima finanziaria, ammontano ormai a ventun miliardi di euro. Il sì agli Usa sulla base di Vicenza è solo la cartina di tornasole di questa politica.

Così una sinistra che ha invocato l'Unione come arma per battere le destre, ha finito col votare l'eredità delle politiche di destra per salvare il governo e, con esso, i propri ruoli ministeriali ed istituzionali.

Ora si tratta di ricavare un'indicazione politica dalla lezione dei fatti. Non siamo in presenza né di un governo amico, né di un governo amico «mancato», che si tratterebbe di recuperare alla «sintonia coi movimenti». Siamo in presenza di un governo avversario, e più precisamente di un governo della settima potenza capitalistica del mondo. Un governo certo meno provinciale del familismo reazionario ed aziendalistico di Berlusconi, ma proprio per questo più capace, paradossalmente, di una rappresentanza generale del capitalismo italiano: inclusa la maggiore ambizione ad un proprio ruolo nazionale dentro la concertazione mondiale delle politiche di potenza (vedi Libano).

Ma se così stanno le cose, la costruzione di un'aperta opposizione al governo dell'Unione si pone a sinistra come obiettiva necessità. Poche questioni come la guerra tracciano a sinistra uno spartiacque politico e morale.

Così è stato nella lunga pagina del Novecento e così è oggi: tanto più entro una svolta d'epoca che ha visto, accanto al crollo dell'Urss, il rilancio prepotente dell'imperiaIismo e del colonialismo. Quelle sinistre che oggi rivotano i crediti di guerra, le spese militari, le missioni tricolori, in cambio di un ruolo di governo, sono irrimediabilmente perdute. Nessun dissenso interno o pubblico, più o meno critico, potrà resuscitarle. Non contano le simulazioni retoriche e neppure la partecipazione annunciata a manifestazioni di massa contro le decisioni del governo - come nel caso di Vicenza - se non come manifesto di doppiezza. Conta la realtà politica e materiale di una collocazione e le responsabilità che vi corrispondono.

Allora la necessità di costruire una nuova sinistra di opposizione, rigorosamente anticapitalista ed antimperialista, è oggi più che mai all'ordine del giorno. Milioni di lavoratori e di giovani non hanno lottato contro Berlusconi per votare le missioni di Prodi. Meritano un riferimento nuovo: non aree «critiche» dentro i partiti di governo, ma un nuovo partito di opposizione, finalmente autonomo, libero, alternativo. Il progetto del Partito comunista dei lavoratori si misura con questa necessità.

Movimento per il Partito Comunista dei Lavoratori

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