Dalle sezioni del PCL

E' il capitalismo bellezza!

...Malgrado sia ancora disoccupato non riesco a pensare che questa giornata di prova sia stata una giornata persa, è stata, al contrario, molto istruttiva. Un bel viaggio all’inferno.

17 Novembre 2011

articolo con titolo originale pubblicato
il 17/11/2011 su Liberazione

Nella mia frenetica ricerca di un posto di lavoro, ho risposto ad un annuncio che stando a quanto scritto trattava di un semplice “lavoro d’ufficio” e sono rimasto incastrato in una giornata di prova presso un’appaltata ENEL in cui il lavoro consiste nello spacciare contratti a gente ignara, per modificare le tariffe enel e impedire che la clientela fugga verso altre aziende. Specularmente questo tipo di agenzie hanno appalti anche per le concorrenti di ENEL e in molte altre categorie.
In questa appaltata lavorano principalmente ragazzi giovani neodiplomati. Gli impiegati sono obbligati tutti i giorni a presentarsi in ufficio con larghissimo anticipo e a rinchiudersi in una sala con tutto il personale per urlarsi addosso slogan, darsi la carica tra loro, incitarsi l’un l’altro. Gli impiegati si pagano la benzina, si pagano il pranzo e vengono spediti agli angoli della provincia a girare casa per casa per vendere veramente al modo degli imbonitori questi contratti.
La vendita funziona in questo modo: ci si presenta come “Incaricato Enel” (o qualunque altra ditta, azienda), anche se non si lavora direttamente per Enel, e si procede ad un sondaggio fasullo chiedendo se il cliente è ancora a contratto con Enel, quanti contatori ha, di quanto voltaggio disponde, fino ad arrivare alla domanda cruciale, ovvero quella che inerisce l’oggetto della vendita.
Può riguardare il tipo di fornitura o un altro aspetto qualunque del contratto. La domanda cruciale dev’essere posta nel modo piú incomprensibile possibile, al fine di passare immediatamente al passaggio successivo, farsi mostrare una fattura (in questo modo ci si da un tono di professionalità, allontanando l’immagine del venditore).
Solo a questo punto si passa alla proposta di contratto, ma quando le persone vedono che devono firmare un contratto, diventano diffidenti e si fanno indietro.
A questo punto, come recita il manuale del perfetto venditore, bisogna far leva sulle oscure paure umane, bisogna “far leva sulla gelosia e dire che i vicini lo hanno già sottoscritto, perchè la gelosia muove il mondo”, oppure bisogna spaventarli con una spesa futura: il prodotto “diventerà a pagamento e sarà obbligatorio” o sulla leva della mancata occasione “siamo in zona solo oggi”. Lo stipendio ovviamente non esiste, ma si viene pagati a provvigioni e la fregatura non sta solo qui, infatti ci sono gare interne che sbloccano ulteriori porzioni di salario. Nella pausa pranzo ho visto un collega di 20 anni distrutto perchè ha ricevuto un sms da una collega che recitava “oggi ho chiuso 4 contratti del gas” e lui commentare “la gara la vince lei, come faccio questa settimana senza quei 50 euro?”.
In questo modo si sostituisce la solidarietà tra lavoratori al totale antagonismo sportivo; ci sono vere e proprie classifiche affisse nelle bachece degli uffici come se il lavoro ed il salario fossero nient’altro che tornei di calcetto. Piú vendi e piú puoi essere un imbonitore di successo. Molte di queste agenzie hanno appalti con piú aziende, anche in concorrenza tra loro e il venditore piú capace ha una fornitura di contratti vastissima, che fuoriesce del tutto dalla presentazione iniziale e così si finisce all’assurdo che chi si è presentato come un Incaricato Enel finisca a venderti un contratto di telefonia mobile. Sono i gradi. Piú sei alto in grado, piú cartucce-contratto hai da vendere, quindi piú soldi puoi fare. La giornata lavorativa dura quasi 10 ore, circa dalle 8 alle 18, di cui una passata ad urlarsi addosso slogan motivatori, otto passate in strada casa per casa a imbonire il prossimo, e l’avanzo diviso tra pranzo e compilazione dei contratti in ufficio.
L’ufficio è un luogo irreale. Musica altissima sempre e cartelloni giganti con frasi motivazionali scritte a caratteri cubitali tra cui troviamo: “Pensa solo pensieri positivi” “Tu sei il migliore” “Non arrenderti alla prima risposta negativa ma trova la soluzione” “Non piangerti addosso se non riesci a vendere” “Il nostro è un lavoro basato sulla statistica quindi devi correre, piú contatti hai, piú contratti hai la possibilità di chiudere”. Nel corso dei mesi di lavoro gli impiegati imparano un linguaggio terribile che si portano anche fuori dal lavoro: il mondo si divide in positivi e negativi, i positivi sono quelli facili da imbonire, i negativi sono quelli che ti mandano a cacare. Il contratto diventa “un pezzo”. Riuscire in qualcosa diventa “chiudere”. In pausa pranzo i colleghi parlavano di “chiudere” con una ragazza, intendendo che forse riuscivano a scoparsela. La cosa che piú emerge da una giornata di lavoro in una di queste aziende è il totale isolamento dei lavoratori l’uno dall’altro, costretti a camminare da soli per le strade, vedono i colleghi solo per colazione, pranzo e a chiusura dell’ufficio. Non esiste una dimensione collettiva e per questo si scatenano rancori, invidie, antipatie.
Chi lavora in queste agenzie non ama questo lavoro e non lo considera un punto d’arrivo, ma malgrado questo assume in sè le parole d’ordine dell’azienda, che oltre a condizionare il tuo modo di relazionarti col prossimo, ti manda in giro a tessere le lodi del mercato libero: “Prima col monopolio lei era schiava del governo che decideva i prezzi, grazie al mercato libero è lei che sceglie il suo prezzo.”
Malgrado sia ancora disoccupato non riesco a pensare che questa giornata di prova sia stata una giornata persa, è stata, al contrario, molto istruttiva.
Un bel viaggio all’inferno.

Nicola Sighinolfi Sez. Pisa

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