Dalle sezioni del PCL
Preparano una svolta autoritaria ma hanno paura
20 Settembre 2011
Preparano una svolta autoritaria ma hanno paura
Le dimissioni di J. Stark dal consiglio direttivo della BCE mostrano le difficoltà e le divisioni interne ai vertici tecnocratici dell’UE, tra questi ed i governi dell’UE ed, in ultimo, con l’aristocrazia finanziaria europea e internazionale. L’obiettivo che l’aristocrazia finanziaria europea vuole realizzare, al più presto, è uno strumento politico per assestare un colpo definitivo alla classe operaia europea per impedirle di volgere a suo vantaggio la catastrofe capitalistica. Questo strumento è stato identificato dall’attuale presidente della BCE, Jean-Claude Trichet, in un governo confederale europeo in grado di agire velocemente nei confronti degli stati membri dell’Unione: “se un paese non riesce a prendere le decisioni adeguate in termini di risanamento del bilancio, allora dovrebbe essere consentito di imporle a livello centralizzato….con un ministro delle finanze confederale, che potrà assumere l’intera governante in seno all’Eurozona e prendere questa o quella decisione” (Sole24ore-6 settembre). Alla centralizzazione del potere del potere politico, nella forma della supremazia di un potere esecutivo sovranazionale deve contrapporsi la centralizzazione delle lotte e della direzione politica del proletariato rivoluzionario europeo che ostacoli ogni ripiegamento nazionale della lotta di classe. Niente è più deleterio per la nostra causa di coloro che si accodano alla piccola borghesia di sinistra che invoca il keynesismo e che è usata dai settori perdenti di borghesia nazionale legati al mercato interno che sbraitano in “difesa della sovranità nazionale e dei parlamenti nazionali offesi dal centralismo dell’Unione”. Chi sostiene tesi del genere va combattuto come traditore del socialismo. La rivoluzione socialista in Europa emergerà da un accumulo di esplosioni che progressivamente tenderanno a sincronizzarsi(1). Un ripiegamento nazionale della lotta di classe è reazionario perché va contro un processo oggettivo.
1) Gli attacchi dell’aristocrazia finanziaria ai propri governi e al proprio ceto politico
Il vertice dell’Ue del 22 luglio, quello franco-tedesco del 16 agosto 2011 e la commedia dei democratici e dei repubblicani sull’innalzamento del tetto del debito sono stati bersagliati dalla stampa e dagli intellettuali legati all’aristocrazia finanziaria. Governi e partiti borghesi sono stati dichiarati inadeguati perché ritenuti incapaci di risposte tempestive. Gli attacchi sulla stampa si sono combinati con quelli in Borsa, in entrambe le sponde dell’Atlantico.
La bocciatura dei piani di rientro del governo Obama ( frutto degli accordi fra parlamentari democratici e repubblicani), di Standard&Poor’s equivale alla sfiducia dell’aristocrazia finanziaria al ceto politico-parlamentare statunitense: “Il declassamento riflette la nostra opinione che il piano di consolidamento fiscale approvato di recente dal Congresso e dal Governo siano insufficienti rispetto a quello che, a nostro parere, sarebbe necessario per stabilizzare le dinamiche del debito governativo a medio termine.
Più in generale, il declassamento riflette la nostra opinione che l’efficacia, la stabilità e la prevedibilità dell’azione governativa americana e delle istituzioni politiche si siano indebolite in un momento di difficoltà foscali ed economiche, ancora più di quanto avevamo previsto quando assegnammo alla valutazione prospettive negative, il 18 aprile 2011. Da allora abbiamo modificato la nostra opinione sulle difficoltà nella ricerca di un punto di incontro tra i partiti politici sulla politica fiscale, e questo ci rende pessimisti sulla capacità del Congresso e del Governo di trasformare il loro accordo di questa settimana in un piano più ampio di consolidamento fiscale che stabilizzi le dinamiche del debito governativo il più presto possibile”. Il declassamento del debito pubblico Usa, però, non è stato improvviso. Alla fine dello scorso aprile la stessa agenzia di rating passò la tripla A del debito pubblico da “stabile a “negativa”. Per S&P, cioè per l’avida aristocrazia finanziaria, la cifra dei tagli doveva essere di 4.000 mila miliardi il doppio di quella stabilita dall’amministrazione Obama. Il governo, che ha dato ascolto agli avvertimenti e ai giudizi di S&P con tempestività, è quello di David Cameron, il pupillo dell’aristocrazia finanziaria inglese. Infatti, dopo il declassamento del debito pubblico britannico nel maggio del 2009, i conservatori, al governo un anno e mezzo dopo, hanno dimostrato di meritare la fiducia dell’aristocrazia finanziaria con una legge di bilancio di guerra alla classe lavoratrice (per esempio, il licenziamento di 600.000 dipendenti pubblici). Cameron, rispondendo ai rivoltosi di agosto con i tribunali e la galera, ha mostrato, ulteriormente, agli altri governi dell’UE come ci si guadagna la “fiducia dei mercati”(2).
Silvio Peruzzo, economista della Royal Bank of Scotland a Londra, ha ben sintetizzato il giudizio negativo che l’aristocrazia finanziaria ha dato sul vertice dei capi di stato e di governo dell’UE del 21 luglio scorso a Bruxelles: “ sono misure coraggiose per la Grecia ma il mercato si muove al di là della crisi di solvibilità in paesi specifici per guardare la minaccia potenziale per l'area dell'euro nel suo complesso. Gli elementi necessari per combattere una crisi sistemica non sono stati predisposti" ( W.S.J. 23 luglio 2011). Luca Peviani, alto dirigente di Procter & Gamble ha dato voce alla richiesta di un esecutivo sovranazionale forte che viene “dal mercato”: “Se il fondo sovranazionale, evoluzione del Fondo di stabilità finanziaria può avocare competenze che adesso sono dei ministeri del Tesoro dei singoli Stati, esiste un meccanismo stabile in grado di dettare i vincoli fiscali” ( in Piano nebuloso su tempi e uso delle risorse, Walter Riolfi – Sole24ore 23 luglio 2011).
Sempre per l’assenza di determinazione per la costituzione di un esecutivo sovranazionale centralizzatore è stato criticato il vertice franco-tedesco del 16 agosto :“l’idea di un’autorità tecnica e sopranazionale, come la Commissione, a capo delle scelte comuni è stata respinta” (Summit UE, due leader scappati su Marte , C. Bastasin, Sole24ore-17 agosto). Per Merker e Sarkozy l’unico “governo economico europeo” è la riunione dei 17 capi di stato e di governo, strumento che però non riscuote la fiducia dell’aristocrazia finanziaria: “ se i paesi europei non sono pronti a imboccare la strada di una maggiore integrazione dei meccanismi di governo economico e a rivedere alcune impostazioni sbagliate, non illudiamoci che l’approccio seguito finora, delle pezze messe di volta in volta per prendere tempo, possa riportare la fiducia” ( Le pezze non riportano la fiducia, Guido Tabellini –Sole24ore 14 luglio 2011)
La rivendicazione di un “governo economico europeo” si intreccia strettamente a quella sugli eurobonds che la cancelliera e il presidente francese, nel summit di agosto, hanno respinto. Gli eurobond presuppongono la centralizzazione di una parte dei debiti dei singoli stati dell’UE, ed un’istituzione sovranazionale che li emetta. Carlo Bastasin, nello stesso articolo citato sopra difendeva il progetto degli eurobond contro il rifiuto opposto dalla cancelliera e dal presidente. Per l’economista del Sole24ore “rappresenterebbero inoltre un segno di determinazione politica comune che disperderebe l’incertezza sulla tenuta dell’euro. Manterrebbe infine la disciplina sul lungo termine dei paesi indebitati che continuerebbero a pagare tassi elevati sul resto del loro debito e avrebbero un incentivo a portarlo verso la soglia dei nuovi bonds” ( Due leader scappati su Marte..). A difesa degli eurobonds si è schierato G.Soros, il pescecane internazionale, con tre interventi nel mese di agosto (3). Al giornalista di Der Spiegel che chiedeva come “i politici” statunitensi ed europei possano risolvere la “moltitudine di crisi” il finanziere risponde attaccandoli: “i politici non hanno davvero cercato di risolvere ogni tipo di crisi, hanno finora cercato solo di guadagnare tempo. Ma a volte il tempo lavora contro di loro in realtà, se si rifiutano di affrontare le questioni rilevanti e spiegare al pubblico ciò che è in gioco”. Per Soros il futuro dell’euro è nelle mani della borghesia tedesca e quest’ultima, al di fuori dell’euro non ha alternative: “Se l'euro dovesse saltare, provocherebbe una crisi bancaria totalmente fuori dal controllo delle autorità finanziarie. Non solo la Germania, non solo l'Europa, ma anche il mondo si troverebbe in condizioni simili alla Grande Depressione nel 1930, che è stata causata, anche, da una crisi bancaria fuori controllo. Per far uscire l’euro dalla crisi è necessario “permettere ai membri della zona euro di essere in grado di rifinanziare la maggior parte del proprio debito a condizioni ragionevoli. Quindi avete bisogno di questa parola sporca: ‘obbligazioni euro’. Ma quando si analizza ciò che è necessario per avere obbligazioni in euro, ci si imbatte nel problema nazionale perché ogni paese europeo mantiene il controllo della propria politica fiscale, e si deve fare affidamento sul paese di fronte ai suoi obblighi finanziari….. Questo è il motivo per cui è necessario stabilire regole fiscali in grado di garantire la solvibilità di ogni membro. Questo dovrebbe rendere le obbligazioni in euro accettabile per gli elettori tedeschi. L'Europa ha bisogno di un'autorità fiscale che non solo abbia legittimità finanziaria ma anche politica.”
In Germania il principale alleato di Soros sulla questione degli eurobond è l’associazione degli esportatori tedeschi. La borghesia legata all’esportazioni ha tratto giganteschi benefici dall’introduzione dell’euro perché l’ha protetta dalle fluttuazioni valutarie delle differenti monete europee che esistevano prima della moneta unica. All’interno dei partiti della coalizione governativa tedesca, nonostante le apparenti contrarietà, sono favorevoli all’introduzione degli eurobond. Ma in proposito qual è l’autentica posizione del cancelliere Merkel e del potente ministro delle finanze Schauble? “Merkel, per esempio, non avrebbe scrupoli a calpestare il suo partner di coalizione, il pro-business Partito Liberale Democratico(FDP), introducendo gli eurobond se la sopravvivenza dell'unione monetaria dipendesse da questo. Schäuble sarebbe anche disposto a fare il grande passo, se paesi della zona euro rinunciassero ad un notevole grado di sovranità e e si sottoponessero essi stessi ai rigori di un regime comune di politica economica e fiscale”(Der Spiegel 22/08/2011). Secondo il collaboratore dell’Economist, che si firma Charlemagne, “ per Schauble, norme più severe e una più stretta unione politica sono una condizione necessaria per gli eurobond”( Economist 10 settembre 2011).
La direttiva di marcia dei governi europei se vogliono riconquistare la piena fiducia dei loro mandanti, l’aristocrazia europea, è quella di una svolta autoritaria, di un esecutivo sovranazionale forte. A questa conclusione è arrivato, anche l’Economist:
“ i leader europei per cercare di risolvere i problemi dell’euro rischiano di aumentare il difetto dell’UE: un progetto europeo che manca di un forte mandato democratico”(30 luglio 2011). Perciò prepariamoci ad organizzare la lotta contro il disegno di “governo economico europeo” cheVan Rompuy, presidente del Consiglio europeo, presenterà nei prossimi mesi
2) gli eurobond la socialdemocrazia,Romano Prodi, Die Linke, Nichi Vendola, e l’NPA
E’ stato il socialdemocratico Delors, una ventina di anni fa, a proporre gli eurobond per finanziare le cosiddette ‘grandi opere infrastrutturali’, secondo il principio che se non sono in grado i capitalisti a finanziare ciò che è necessario per lo sviluppo capitalistico, ci penserà il suo stato attraverso il debito pubblico, cioè a spese della classe salariata.
Oggi la socialdemocrazia europea è in prima linea a sostenere gli eurobond secondo la logica che va avanti dal 1914:servire l’aristocrazia finanziaria. Secondo J.M. Ayrault, capogruppo del PS all’assemblea nazionale francese, e F.W. Steinmeier, capogruppo del SPD al bundestag gli eurobond “Possono essere un mezzo importante per risolvere la crisi di rifinanziamento dei Paesi indebitati” alla condizione che la loro introduzione sia legata “a rigide disposizioni concernenti la politica di bilancio degli stati membri d’europa” (Sole24ore- 25/08/2011). Nello Stato italiano, la proposta è sostenuta da Tremonti, da Giuliano Amato e da Prodi. Quest’ultimo, insieme ad A. Quadrio Curzio, con un lungo intervento sul Sole24ore ha dato il via a una campagna di sostegno alle obbligazioni europee sullo stesso giornale. Sono due i punti politici centrali che pone Prodi: 1)“gli eurobond possono diventare competitivi dei titoli del tesoro Usa dei quali la Cina vuole alleggerirsi”, in altre parole un rafforzamento dell’imperialismo europeo nei confronti di quello USA; 2) “l’eurozona sta correndo dei grossi rischi, quelli della speculazione, quelli di un rigore di bilancio senza crescita e occupazione, quelli della diarchia franco-tedesca che fa avvocato a sé il governo della UEM e della UE ma che non pare all’altezza di un governo capace dei grandi progetti politico istituzionali attuati nel passato”(23 agosto 2011). Detto in altri termini un governo europeo sovranazionale che risponda agli interessi dell’aristocrazia finanziaria non può essere costituito da quello di due governi nazionali che date le procedure democratico parlamentari non sarebbero in grado di rispondere velocemente ai “tempi dell’economia”. Il governo sovranazionale europeo deve rimediare, secondo la formulazione di C. Bastasin, all'incapacità dei governi nazionali dell’UE “di dare risposte politiche comuni tempestive a problemi un tempo circoscritti a piccoli Paesi. L'incapacità è stata aggravata dalla distonia tra i tempi della politica - delle democrazie e del consenso - e quelli fulminei dei mercati”( Sole 24ore 12 luglio). Per essere tempestive l’introduzione degli eurobond non può seguire i tempi e le procedure democratico-parlamentari degli stati membri dell’UE. Sempre C. Bastasin, commentando entusiasta, sullo stesso quotidiano la proposta di R.Prodi, è consapevole delle difficoltà di realizzazione di questo progetto autoritario. Vale la pena di citare per intero questo passaggio: “ Implicitamente i proponenti pensano a un’area politica in cui la nazionalità delle imprese e dei bilanci ha sempre meno peso. Di fatto una condizione di unione fiscale e di perfetto funzionamento del mercato unico. Il meccanismo per arrivarci ‘di soppiato’ fa un carattere intertemporale che è già stato usato in passato nella storia europea. Esso prevede uno scambio tra benefici per chi fa più da perdere nell’integrazione – le garanzie zoncrete da offrire ai tedeschi per evitare che essi cadano nella sindrome ‘pagheremo tutto noi’ – e insieme un vincolo che produca molta maggiore integrazione politica in futuro. Si tratta però di arrivare agli Stati Uniti D’Europa senza passare per il consenso democratico? Non è un momento facile per una politica ambiziosa” (Sole24ore 24-08-2011). Non è un momento facile perché dalla Grecia all’Inghilterra, dall’Italia alla Francia c’è la lotta delle masse. Sia Prodi che la socialdemocrazia sostengono che gli eurobond sono uno strumento per “la ripresa”. Ma questa è pura demagogia che serve ad incantare costituisce il trait d’union la cosiddetta “sinistra radicale” europea.
Die Linke è un aperto sostenitore degli eurobond. In un testo diffuso dal gruppo parlamentare si legge che gli eurobond darebbero vita “ a un grande mercato di 5000 miliardi di euro e gli investitori apprezzano i mercati grandi e liquidi”(19 agosto 2011). Nell’incontro tenutosi a Berlino, ai primi di settembre, tra Klaus Ernst, presidente di Die Linke e Vendola, il poeta-presidente, è stato ribaditoil sostegno agli eurobond ed a un governo sovranazionale. Ad una festa di Die Linke tenutasi a Rostock, Oskar Lahontaine si è vantato di aver proposto al partito dal 2008 l’introduzione delle euro-obbligazioni. Ma l’ex presidente del SPD e di Die Linke è un sostenitore degli eurobond da molto tempo prima. A pagina 5 del Corriere della sera del 20 novembre 1998 si legge “La visita di Oskar Lafontaine, ieri a Roma, e' stata molto di piu' che un atto di cortesia del nuovo ministro delle Finanze di Bonn al collega Carlo Azeglio Ciampi. Nelle due ore di colloqui e nella successiva colazione al Tesoro, tra Lafontaine (che in precedenza aveva avuto un breve incontro con Massimo D'Alema a Palazzo Chigi) e Ciampi e' maturata un'intesa in sei punti sulle linee guida della politica economica europea, intesa che e' stata quindi messa nero su bianco in un comunicato congiunto. ‘Siamo molto soddisfatti’, hanno dichiarato dopo l'incontro Ciampi e il responsabile delle Finanze, Vincenzo Visco. Una soddisfazione, la loro, piu' che comprensibile. Con il cristianodemocratico Theo Waigel, predecessore di Lafontaine, i rapporti infatti erano sempre stati cordiali, ma le divergenze piuttosto nette. Con il socialdemocratico Lafontaine, che oltretutto e' un amante dell'Italia, c'e' invece una sintonia evidente, alla quale certo non sono estranee le ragioni della politica. Il ministro delle Finanze tedesco ha "aperto" al nostro governo sull'idea di lanciare un piano di investimenti "alla Delors" e ha citato la proposta del presidente della Ue, Jacques Santer, di finanziare la costruzione di reti transnazionali con l'emissione di eurobonds”. Per quanto riguarda Vendola, nonostante, il da fare per accreditarsi di fronte all’aristocrazia finanziaria europea, anche con viaggi all’estero, dal livello politico che ha raggiunto non si muoverà. Il suo posto è quello di un demagogo piccolo borghese e li resterà, fino a quando non si affermerà l’egemonia del proletariato rivoluzionario.
All’interno del francese Nouveau parti anticapitaliste si è sviluppata la lotta politica contro i sostenitori di un programma antiliberista. Questa posizione è stata esposta da Isaac Joshua, Samuel Joshua e Claude Gabriel(4). Per il compagno Gaston Lefranc di Tendance Claire du NPA il programma antiliberista è il prodotto di “una visione gradualista sfortunatamente dominante nell’estrema sinistra: prima, ci si dovrebbe battere per l’attuazione di un programma d’urgenza minimo, keynesiano ‘radicale’, che noi potremo difendere in comune con gli antiliberali e che sarebbe già un formidabile passo in avanti. La realizzazione programma permetterebbe in seguito di rimettere in causa il sistema capitalista nel suo insieme”(5).
Il primo errore di coloro che sostengono il programma antiliberista è che non riconoscono che fra le masse dell’ Unione Europea e degli Usa il capitalismo è largamente screditato e odiato. Ora è il momento di “metterlo in causa”, cioè lavorare per rovesciarlo. Claude Gabriel, senza tanti fronzoli, è chiaro nel suo tradimento: “ Un secolo di parlamentarismo e quasi 45 anni di sconvolgimenti sociali fanno hanno certe conseguenze sulla coscienza della gente per quanto riguarda la percezioni dei discorsi e dei programmi…Le rivendicazioni sociali radicali sono dunque percepite dalla gente come dovrebbero essere portate da delle forze politiche candidate al potere nel quadro parlamentare attuale. Le masse sono pragmatiche. Noi sappiamo che le cose possono cambiare brutalmente, che le elezioni legislative oggi, il rispetto della Costituzione, le procedure di formazione di un governo…possono essere rimesse in discussione in occasione di una esplosione sociale. Ma per il momento, e dopo tanto tempo, il contesto è un altro”. La crisi e l’offensiva capitalista in Europa hanno visto il moltiplicarsi di iniziative proletarie che vanno nel segno opposto dell’illusione parlamentare ed è per questo che il lavoro dei rivoluzionari è quello di far crollare l’illusione parlamentarista e non di continuare ad accreditarla. In Grecia il Partito Rivoluzionario dei Lavoratori nel movimento operaio greco in lotta combatte liquidare l’illusione parlamentare e a tutte le scadenze elettorali dal 2008 ha partecipato per condurvi una lotta contro il parlamentarismo. Il Partito Comunista dei Lavoratori propone ai settori più combattivi del proletariato dello stato italiano l’assedio del parlamento e del palazzo del governo. Così si da forma rivoluzionaria all’insofferenza popolare nei confronti del parlamentarismo.
Il secondo errore: pure ammettendo che una coalizione elettorale antiliberista al governo intendesse attuare le misure contenute nel proprio programma la controrivoluzione passerebbe subito al contrattacco. L’esperienza storica ci dice come finirebbe. Sarebbe una catastrofe per la classe lavoratrice perché una coalizione del genere non la preparerebbe a dare una risposta politico-militare con metodi giacobini alla controrivoluzione. Né i due Joshua né Gabriel prendono in considerazione la controrivoluzione. Eppure, la dialettica dominante nel nord Africa ed in Medio Oriente è quella di rivoluzione e controrivoluzione.
Samuel Joshua, si arrampica sugli specchi, per dimostrare che il programma antiliberista, fa parte di “un approccio transitorio” che ha “una lunga storia” che risale a La catastrofe imminente e come lottare contro di essa di Lenin. Il rivoluzionario russo scrisse quel testo, nei primi giorni del settembre del 1917, per dimostrare alle masse che il governo di Kerensky non avrebbe attuato i provvedimenti - proposti nel suo testo, ma anche nei giornali, nei discorsi e nelle risoluzioni delle assemblee - “perfettamente chiari, semplici, perfettamente realizzabili, perfettamente accessibili alle forze del popolo…..per tema di attentare all’onnipotenza dei proprietari fondiari e dei capitalisti”. Lo strumento per realizzare quei provvedimenti è “una dittatura rivoluzionaria della democrazia, diretta dal proletariato rivoluzionario; la democrazia di fatto deve diventare rivoluzionaria. Qui è il nocciolo della questione. Ma è appunto questo ciò che non vogliono i nostri socialisti-rivoluzionari e i nostri menscevichi, che ingannano il popolo coprendosi con la bandiera della ‘democrazia rivoluzianaria’ e appoggiano di fatto la politica burocratica reazionaria della borghesia”. In conclusione del suo testo Lenin individua l’essenza della “coalizione ministeriale” di Kerensky nel tentativo di questi di “spingere la piccola borghesia ad un’alleanza con la borghesia”. Se il proletariato rivoluzionario vuole prendere il potere deve battere questo tentativo solo così “il popolo troverà la giusta soluzione: alleanza dei contadini poveri, cioè della maggioranza dei contadini, con il proletariato”. Lenin per far fallire quel tentativo non propone un “programma d’urgenza” fatto di provvedimenti a metà, per non spaventare la piccola borghesia ma un programma integrale di democrazia rivoluzionaria perché la piccola borghesia, cioè la maggioranza dei contadini, seguirebbe chi dimostrasse di applicarlo “con una inesorabilità giacobina”. Isaac Joshua va nel senso contrario di Lenin, e del nostro partito e del CRQI. Propone una “moratoria sul debito esistente”, non il suo immediato annullamento. Non propone la cacciata del direttorio della BCE, ma “una riforma del suo statuto, per permettere il finanziamento monetario del deficit pubblico (acquisto di titoli del debito pubblico)”. Isaac Joshua propone di fare ciò che la BCE ha già fatto i primi di agosto con i titoli del debito pubblico italiano per salvare le banche italiane europee e italiane. L’economista del NPA propone di interdire le vendite allo scoperto, ma è quello che fa fatto la Consob ai primi di luglio e che propone il Partito Democratico e tutti i partiti borghesi all’opposizione parlamentare quando, ipocritamente, vogliono far vedere che sono contro la “speculazione”. Lenin proponeva l’abolizione del segreto commerciale, Claude Gabriel ritiene superata la rivendicazione dell’ “apertura dei libri contabili”, contenuta nel Programma di transizione perché “oggi in Francia tutti i conti sono pubblici, non semplicemente riassunti e pubblicati su Info-Greffe ma ben di più, attraverso il diritto degli eletti ad accedere all’insieme dei dati contabili e di fatto delle obbligazioni di borsa e fiscali”. Ciò che la crisi inarrestabile iniziata nel 2007 ha mostrato è che tutta la contabilità del sistema bancario internazionale è fatta di trucchi e di bilanci occulti. L’ apertura dei libri contabili, l’abolizione del segreto commerciale e bancario sono misure da attuare alla giacobina proprio perché “il diritto degli eletti” alla conoscenza della contabilità di imprese e banche è una pagliacciata parlamentarista. Un “secolo di parlamentarismo” non ha guastato la masse ma Claude Gabriel.
Il compagno Gaston Lefranc alle chiacchiere dei tre oppone la conclusione che il marxismo rivoluzionario ha tratto dall’analisi della crisi in corso : “Non c’è uscita antiliberale dalla crisi e l’antiliberalismo – che è la manifestazione della degenerazione del vecchio riformismo che fa rinunciato anche a parole all’obiettivo del socialismo- non può essere una tappa transitoria verso il socialismo. Ogni fronte comune teorico o programmatico con i keynesiani e gli antiliberali è una capitolazione: noi dobbiamo combattere queste illusioni e difendere apertamente la sola prospettiva politica alternativa alle politiche capitalistiche condotte da tutti i partiti borghesi: quella di una rivoluzione socialista, d’una rottura con le istituzioni della borghesia, quindi di un governo dei lavoratori”. Ma per combattere efficacemente quelle illusioni e per orientare e organizzare le masse per conquistare il governo dei lavoratori bisogna avere le mani libere. Detto altrimenti non si può convivere con chi è legato da mille fili con il partito socialista francese e con la socialdemocrazia europea.
3)Rafforzare ed estendere il CRQI in Europa
La democrazia politica e il parlamentarismo sono diventatati insopportabili per l’aristocrazia finanziaria. Ma la strada verso una centralizzazione autoritaria sarà la rovina della classe dominante, se nell’Unione Europea un partito proletario centralizzato e sperimentato le sbarrerà la strada.
Gian Franco Camboni sezione provinciale di Sassari
Note
1) C’ è stato un precedente: nel 1848 il 22 febbraio l’insurrezione di Parigi, il 10 marzo a Berlino, il 13 marzo a Vienna, il 15 marzo a Budapest, il 17 marzo a Venezia e il 18 marzo a Milano. E non c’era internet. La prima insurrezione del ’48 fu quella di Palermo il 12 gennaio.
2)Il governo di Cameron ha risposto alla rivolta sociale di agosto con un attacco spietato ai diritti democratici del proletariato: Oltre 300 persone sono state arrestate a Londra, Birmingham, Manchester. Solamente a Londra 2000. Molti sono stati condannati ad anni di carcere. Bambini di 11 anni sono stati davanti ai tribunali per essersi appropriati di biscotti, caramelle e giocattoli. Alle famiglie con membri accusati di aver partecipato alla rivolta è stato negato il diritto alla casa popolare e ai servizi sociali, è stato legittimato il principio della punizione familiare e collettiva. La repressione è stata condotta mettendo in stato d’assedio interi quartieri per effettuare le retate. Sono stati predisposti piani di ampliamento delle carceri perché,ormai, sono piene di proletari rivoltosi. La Metropolitan police fa dichiarato di voler arrestare altre 30.000 persone. A questo fine sono scesi in campo l’M15 ed altre organizzazioni di spioni di stato. I conservatori ed i laburisti sono consapevoli che questo non è che l’inizio di una lotta di classe rivoluzionaria.
Un anziano militante del movimento operaio inglese ha paragonato la repressione della rivolta di agosto alla strage di Peterloo del 16 agosto 1819 quando la cavalleria reale caricò i manifestanti che rivendicavano riforme elettorali democratiche. Anche allora al governo c’erano i Tories. Il proletariato inglese poggia su un’antica tradizione rivoluzionaria. Voltaire elogiò la rivoluzione antifeudale ed antiassolutista inglese del XVII sec. con queste parole: “ è senza dubbio costato stabilire la libertà in Inghilterra; in un mare di sangue si è annegato l’idolo del potere dispotico; ma gli inglesi non credono di aver pagato troppo caro le buone leggi”.
Quei politicanti che si ostinano a ripetere la formula ipocrita “ come nei paesi di antica democrazia” meritano uno sputo in faccia.
3) La Germania deve difendere l’euro, Perché appoggio gli eurobond, sul sito project-syndicate org e sul Sole24ore del 17 agosto, e una lunga intervista su Der Spiegel online Avete bisogno di questa parolaccia, obbligazioni euro.
4) Crise: l’heure de vèrité di Isaac Johsua, La crise dela dette et l’heure de vérité du NPA di Samuel Johsua, Reconsidérer l’héritage pour se donner un avenir di Claude Gabriel (sito NPA)
5) Crise en Europe,crise aux Etats-Unis: quelle issue di Gaston Lefranc
Gian Franco Camboni sezione provinciale di Sassari 19/09/2011