Dalle sezioni del PCL
GENOVA:1°BOLLETTINO DI SETTEMBRE
Distribuito alla FINCANTIERI di Genova/S.Ponente
2 Settembre 2011
“ PROLETARI DI TUTTI I PAESI UNIAMOCI !! “ (K.Marx)
LATO FRONTE:Editoriale
CRISI CAPITALISTICA E DEBITO SOVRANO.CRESCE LA RAPINA AL SERVIZIO DELLE BANCHE!!
La questione del debito pubblico è una grande questione sociale e di classe che svela la totale irrazionalità del capitalismo e delle sue crisi.!
L’ esplosione del debito pubblico risale all’esaurimento del boom economico postbellico, con la crisi recessiva internazionale del ’74 -’75.
Fu l’epoca del Reaganismo e del Teacherismo: ovunque furono ridotte le tasse su rendite, profitti, patrimoni, ovunque le classi subalterne pagarono di tasca propria, con una prima drastica riduzione delle protezioni sociali acquisite, in varie forme, nel decennio precedente. Tali politiche contribuirono al dissesto dei bilanci pubblici, con conseguente impennata dei debiti pubblici.
Per finanziare l’erario pubblico, i governi borghesi si indebitarono sul mercato finanziario, mettendo in vendita titoli di Stato a un determinato tasso di interesse.
Chi erano i compratori ? Certo anche piccoli borghesi, pensionati, fasce di lavoratori, che ancora disponevano di risparmi da investire. Ma i maggiori compratori divennero sempre più le grandi banche (private e pubbliche), le compagnie di assicurazione, le imprese industriali e varie cordate finanziarie.
Questo meccanismo infernale ha ricevuto una spinta ulteriore e abnorme con la grande crisi internazionale iniziata nel 2007.
Cos’è successo? E’ successo che la crisi di sovrapproduzione mondiale e il crollo della piramide finanziaria hanno scosso alle fondamenta il sistema bancario internazionale, a partire dagli USA. Stati e Governi ancora una volta sono accorsi al capezzale delle banche versando loro una massa gigantesca di risorse pubbliche: pagate da un nuovo e più pesante attacco a sanità, pensioni, istruzione, lavoro, ma anche da una crescita enorme del debito pubblico, cioè di un nuovo massiccio indebitamento degli Stati presso banchieri e capitalisti.
Larga parte dei soldi regalati dagli Stati a capitalisti e banchieri sono stati da questi investiti non in produzione e lavoro (data anche la crisi di sovrapproduzione) ma nell’ennesimo acquisto di titoli di stato, cioè nel debito pubblico.
Da un lato i bilanci pubblici sono sempre più dissestati dall’aiuto statale ai banchieri, dall’altro i banchieri, acquirenti dei titoli di Stato (coi soldi regalati dagli Stati) pretendono da quest’ultimi l’assoluta certezza di pagamento degli interessi pattuiti. E dunque una politica di maggior rigore della finanza pubblica, attraverso aumento delle tasse e tagli drastici al welfare, una rapina portata avanti, in America come in Europa, da governi bipartisan e di ogni colore.
Anche in Italia, negli ultimi 20 anni è cresciuta la dipendenza dello Stato verso il capitale finanziario, interno e internazionale. Ad oggi i titoli di Stato italiani tendono a valere sempre meno e dunque a costare sempre di più alle banche acquirenti.
E le banche, interne ed estere, pretendono come garanzia del loro “rischio” una politica di massacro sociale ancor più severa e convincente.
Tutta la drammatica stretta sociale e finanziaria di queste settimane (prima una finanziaria di 40 miliardi, poi il suo raddoppio in 10 giorni, poi l’anticipo del pareggio di bilancio deciso su pressione BCE in 24 ore, poi l’annuncio di nuove misure di rapina contro lavoro e pensioni…) sono solo l’affannosa rincorsa del ricatto usuraio delle banche e dei loro portavoce istituzionali.
I capitalisti, i loro partiti e i loro governi vogliono costringere alla bancarotta i lavoratori e i servizi sociali, per cercare di evitare la bancarotta del proprio sistema di sfruttamento.
L’unica alternativa a questa politica di rapina e massacro sociale è l’abolizione del debito pubblico verso le banche e la loro nazionalizzazione, senza indennizzo, sotto controllo dei lavoratori, per sottrarle alla logica del mercato e per unificarle in un’unica banca pubblica sotto controllo sociale.
E ciò può essere realizzato sino in fondo solo da un governo dei lavoratori.
Costruire in ogni lotta parziale il senso di questa prospettiva generale è il lavoro del Partito Comunista dei Lavoratori.
LATO RETRO: Echi vari
PER UNA LOTTA VERA CHE VADA SINO IN FONDO
Lo sciopero del 6 Sett. contro la macelleria sociale del governo Berlusconi non può ridursi a un atto rituale ne può cancellare le responsabilità delle scelte compiute dai vertici CGIL.
L'operazione del governo, spalleggiata da Confindustria, banche, CISL, UIL, è semplicemente infame.
Un governo di faccendieri ed evasori scarica la più imponente manovra economica del dopoguerra sul lavoro dipendente: a vantaggio di industriali, banchieri e Vaticano.
Tutto ciò è avvenuto col sostegno delle “opposizioni”, che hanno addirittura presentato “emendamenti” che in qualche caso aggravano l'attacco sociale: il PD propone privatizzazioni per 25 miliardi, alla faccia del referendum di giugno; l' UDC propone un attacco ancor più pesante alle pensioni dei lavoratori.
E la CGIL? Gli accordi firmati da S.Camusso con Confindustria, banche, CISL,UIL prima a favore della derogabilità dei contratti nazionali (28 giugno), poi a favore dell'anticipazione e costituzionalizzazione del pareggio di bilancio (4 agosto), sono di una gravità inaudita. Sia perchè hanno spianato la strada all'attuale macelleria di ragioni sociali e diritti, sia perchè rappresentano il segnale di futura disponibilità della CGIL ai “sacrifici” in occasione di un eventuale ricambio politico di governo. L'attuale segreteria della CGIL va chiamata alle dimissioni!
Occorre una svolta di lotta, unitaria e radicale.!
Lo sciopero del 6 sia solo il punto di partenza.
Occorre preparare uno sciopero generale prolungato, su una piattaforma di lotta unificante. Contestare in tutta Italia i sindacati padronali di CISL e UIL. Costruire una marcia nazionale, operaia e popolare, su Palazzo Chigi e Parlamento, che assedi i palazzi del potere sino alla loro resa. Ad attacco straordinario dei padroni, risposta straordinaria dei lavoratori!
LA CADUTA DI GHEDDAFI. RIVOLUZIONE E CONTRORIVOLUZIONE IN LIBIA
La caduta del regime dittatoriale di Gheddafi, partner privilegiato e bipartisan dell'imperialismo italiano, è l'esito conclusivo del processo aperto dall'insurrezione libica del 17 Febbraio, a sua volta inseparabile dalle sollevazioni del popolo tunisino ed egiziano. Non si è trattato di una ribellione “etnica” della Cirenaica, ma di una vera rivolta nazionale che ha trovato la sua espressione non solo a Bengasi, ma anche a Misurata, nella maggioranza delle città costiere della Tripolitania, nelle popolazioni berbere dell' Ovest, e all'inizio, in parte, nella stessa Tripoli.
La domanda popolare che ha ispirato la rivolta non è stata diversa da quella che ha mosso la più ampia rivoluzione araba: una domanda di libertà, di diritti, di emancipazione sociale contro un regime oppressivo, familistico, privilegiato.
Se la rivoluzione libica, a differenza della rivoluzione tunisina o egiziana, si è rapidamente trasformata in guerra civile non lo si deve ad una sua diversa “natura”, ma alla immediata reazione militare del regime: il quale, a differenza che altrove, poteva godere di un apparato militare-repressivo relativamente compatto attorno al clan dominante, e quindi pronto ad una reazione frontale. Però, la natura controrivoluzionaria della direzione politica dell'insurrezione libica consegna questo successo all'imperialismo. Il cui intervento militare, sostenuto e sponsorizzato dal CNT (Consiglio Nazionale Transitorio) era ed è finalizzato a preservare il controllo imperialista sul paese, contro le esigenze di liberazione democratica e sociale del popolo libico e delle masse insorte. Più in generale i disegni imperialisti sono il principale nemico delle aspirazioni di libertà e autonomia dell'intero popolo arabo. La lotta contro le attuali direzioni della rivoluzione araba, e contro i loro alleati imperialisti, sulla base di un programma anticapitalista, è condizione decisiva per il suo sviluppo e per la piena affermazione delle sue stesse aspirazioni democratiche: in Libia, in Tunisia, in Egitto, in tutta la nazione araba.
FESTA ROSSA DEL PCL
P.sso il bar “Rasta” di via Mura degli Angeli 33/35 r, a Genova Belvedere (prendere bus 66).
Sabato 10 Settembre: ore 17 proiezione film-documentario sulla crisi “Capitalism: a love story”di M Moore; ore 20.30 cena rossa .Prenotazioni: Giuliana 3473888198
Domenica 11: ore 10.30 proiezione film-doc. su rivolta tunisina “ Tunisi: apres degagè”;
ore 15.30 conferenza-dibattito sulla crisi.