Dalle sezioni del PCL
VOLANTINO PER IL DUE GIUGNO DELLA SEZIONE DI MILANO
2 Giugno 2011
QUESTA NON E’ LA REPUBBLICA DEI LAVORATORI,
MA DEI CAPITALISTI!
Non c’è niente da festeggiare. A ben vedere, infatti, questa non è affatto la Repubblica voluta dalla Resistenza antifascista: questa, nei fatti, non è (come vorrebbe ipocritamente far credere l’art. 1 della nostra Costituzione) una “Repubblica fondata sul Lavoro”, ma una Repubblica fondata sullo sfruttamento del lavoro e dei lavoratori! Questa è, né più né meno, che una Repubblica borghese, una Repubblica del capitale e dei capitalisti, dei padroni, degli speculatori e dei parassiti, e dei loro servi.
Il movimento Resistenziale e Partigiano italiano, che era un movimento di massa, popolare e soprattutto un movimento che affondava le sue radici nella classe lavoratrice, non voleva, e non poteva volere, una Repubblica come questa: esso nelle sue più profonde aspirazioni, nei suoi strati più consapevoli, voleva una Repubblica dei lavoratori, una Repubblica socialista, nella quale il potere politico fosse effettivamente nelle mani della maggioranza della società, nelle mani del popolo lavoratore.
In questa sua aspirazione, la Resistenza comunista e socialista (cioè la parte rivoluzionaria, politicamente e militarmente più rilevante di tutta la resistenza) fu chiaramente tradita dalle sue direzioni politiche togliattiane-staliniste ed opportuniste, che, immediatamente dopo la fine della guerra (anzi, a conflitto non ancora concluso), hanno riconsegnato “su un piatto d’argento” tutto il potere al capitale, ai borghesi ed ai “democristian-fascisti” (con tante scuse per il disturbo e le “esagerazioni” di qualcuno…)!
Così ci si è accontentati di qualche dichiarazione di principio (alcune aventi sicuramente una esteriore connotazione “socialista”) enunciate nella prima parte di una Costituzione di “compromesso”, ma ovviamente disattese ed inattuate nella costituzione materiale della realtà dei fatti economico-sociali: dove sarebbe infatti il “diritto al lavoro” (art. 4), in un’economia capitalistica che si fonda sulla distruzione sistematica di tutti i diritti dei lavoratori, che produce sfruttamento, oppressione, esclusione e miseria sociale per la classe lavoratrice? Dove sarebbe il diritto ad “una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità” del lavoro svolto e comunque “sufficiente ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa” (art. 36), in un sistema che, per assicurare i profitti e le rendite dei capitalisti, tende oggettivamente ai bassi salari, alla precarietà dei rapporti di lavoro, alla disoccupazione di massa? Dove sarebbe infine il principio di “uguaglianza sostanziale” (cioè economico-sociale) (art. 3) tra i cittadini, in un sistema che garantisce la proprietà privata delle fabbriche, delle grandi imprese e delle banche e, quindi, garantisce, nei fatti, la “libertà” di pochi possidenti capitalisti di sfruttare, dominare, licenziare ed affamare lavoratori e masse popolari?
No, compagni, per noi comunisti non c’è niente da festeggiare oggi. C’è da lottare per realizzare effettivamente quei principi che la Costituzione borghese declama soltanto, in modo falso ed illusorio! E l’unico modo per realizzare concretamente il diritto al lavoro per tutti, il diritto ad una retribuzione sufficiente a garantire a tutti un’esistenza dignitosa e libera, ed il principio di uguaglianza sostanziale tra tutti i cittadini, è quello di abolire lo sfruttamento del capitale sul lavoro, abolendo la proprietà privata dei grandi mezzi di produzione, causa ultima dell’ingiustizia sociale, costruire una vera Repubblica dei lavoratori per i lavoratori, fondata sul potere politico effettivo e democratico delle masse popolari, che riorganizzi la società in modo più giusto, razionale ed umano.