Teoria

LA RIVOLUZIONE RUSSA

21 Novembre 2010

LA RIVOLUZIONE DI FEBBRAIO
Coinvolto nella prima guerra mondiale, il grande impero russo aveva dimostrato la fragilità  e la debolezza della sua organizzazione politica e militare.
In particolare, mentre le numerose sconfitte mettevano a nudo l'impreparazione dell'esercito, la produzione agricola si riduceva sempre di più, anche perché la maggior parte dei soldati proveniva dalle campagne, che restarono alle cure delle donne e dei vecchi.
Durante l'inverno 1916-17 vi fu una dura carestia e molte città rimasero addirittura prive di generi alimentari. La fame provocò sollevazioni popolari e disordini. Nel febbraio 1917 violente dimostrazioni operaie contro il governo imperiale scoppiarono a Pietrogrado.
Fu questa la prima fase della rivoluzione, la cosiddetta rivoluzione di Febbraio. L'imperatore Nicola II fu costretto ad abdicare a favore del fratello Michele, il quale tuttavia rifiutò di assumere il potere. Cessò così di esistere l'impero degli zar.
Dopo il crollo della monarchia zarista, due furono le forze che spontaneamente si organizzarono per prendere in mano le sorti della Russia: da una parte la borghesia liberale, dall'altra gli operai e, in parte minore, i contadini. Si formò un governo provvisorio, guidato da un principe liberale che aveva l'appoggio della borghesia. Gli operai delle fabbriche, i contadini delle zone prossime alle città e i soldati formarono dei soviet (in russo soviet vuol dire "consiglio") che avrebbero dovuto governare le fabbriche, le città, i villaggi e i reparti dell'esercito.
IL governo provvisorio, presieduto dal conte Lvov; il socialista Kerenskij è nominato vicepresidente.
La rivoluzione di febbraio è stata fatta essenzialmente dagli operai, ma dà luogo a governi borghesi, che assumono la forma di governi di coalizione fra i partiti della borghesia (costituzional-democratici, o "cadetti") e i partiti socialisti riformisti (socialdemocratici "menscevichi"; trudoviki, il partito di Kerenskij; socialisti rivoluzionari, eredi dei populisti, che hanno la propria base principalmente fra i contadini).
Nelle stesse file bolsceviche, in assenza di Lenin che si trova in esilio, prevale ai vertici del partito la posizione della redazione della "Pravda" (Stalin, Kamenev), secondo cui occorre sostenere il governo provvisorio "fintanto che continua sulla strada di soddisfare le rivendicazioni operaie" e appoggiare gli sforzi bellici per "difendere le recenti conquiste democratiche" contro l'imperialismo germanico.

RUOLO DI STALIN NELLA RIVOLZIONE RUSSA
IL ruolo di Stalin nella rivoluzione sovietica al contrario di quanto scrissero gli epigoni stalinisti non solo fu di secondo piano tra i maggiori esponenti del partito bolscevico, ma fu anche d’opposizione a Lenin predicando e sostenendo - pubblicamente- posizioni conciliatrici nei confronti del governo borghese di febbraio. Stalin come sopra abbiamo riportato faceva pubblicare sulla Pravda : "fintanto che continua sulla strada di soddisfare le rivendicazioni operaie" e "difendere le recenti conquiste democratiche..."
IL noto stalinista Molotov riporta nelle sue memorie ( Centoquaranta colloqui con Molotov di Cuev) " Tu ( Stalin si riferisce a Molotov) nel periodo iniziale d’aprile sei stato più di tutti vicino a Lenin". E' un implicita ammissione da parte di Stalin delle sue responsabilità e della sua politica conciliazionista,
L'influenza di Stalin e Kamenev, allora unici dirigenti presenti in Russia, portò il partito bolscevico ad essere l'ala sinistra della democrazia borghese. Tanto che Lenin il 6 marzo telegrafa da Stoccolma a Pietroburgo alla sede della Pravda :" La nostra tattica è completamente suicida, nessuno appoggio al governo Kerenskij... "
Nelle sue memorie Suchanov scrive:" Nei bolscevichi in questo periodo, oltre a Kamenev, compare Stalin. .. Durante il tempo della sua modestia attività nel comitato esecutivo (egli) produceva- non su me solo- l'impressione di una macchina grigia, che a volte dava una luce smorta senza conseguenze. Di lui in sostanza non c'è più nulla da dire".
Insomma un organizzatore dedito agli espropri e rapine con tendenze al riformismo, questo è stato Stalin.


IL punto cruciale, di questa fase storica, sono i Soviet e la loro valenza storica. I Soviet sono un vero e proprio contropotere, sempre più centralizzati e organizzati rischiano di rovesciare da un momento all'altro il regime borghese dei vari Kerenskij...
Il governo borghese e il popolo dei soviet erano divisi da un profondo disaccordo su molti punti, ma in particolare sulla condizione della guerra: il governo infatti intendeva proseguire la guerra a fianco degli alleati dell'Intesa, mentre le classi popolari, quelle che avevano subito le sofferenze più dure, desideravano una pace immediata.
3 /16 aprile. Ritorno di Lenin e pubblicazione delle Tesi d'aprile. Le Tesi d’aprile rovesciano l'impostazione del gruppo dirigente bolscevico. La "Pravda", diretta da Stalin, si era rifiutata di pubblicare tre delle quattro "lettere da lontano" scritte da Lenin in esilio, secondo cui non bisogna sostenere il governo provvisorio, ma occorre preparare la rivoluzione proletaria, trasformare la guerra imperialista in guerra civile e rifiutarsi di cadere in un atteggiamento "socialpatriottico". Con le Tesi d’aprile Lenin sostiene che bisogna passare alla rivoluzione socialista. I bolscevichi devono condurre l'agitazione tra le masse per convincerle della necessità della rivoluzione proletaria per fermare la guerra, assicurare il pane e dare la terra ai contadini. Le tesi di Lenin prevalgono nel partito dopo un serrato dibattito

LENIN E LE TESI D'APRILE
"(...) Un’ora dopo Lenin era costretto a ripetere il suo discorso ad una riunione generale di bolscevichi e di menscevichi fissata in precedenza e la sua allocuzione sembrò alla maggior parte degli ascoltatori come una via di mezzo tra lo scherzo e il delirio. I più indulgenti alzavano le spalle. Quest’uomo, evidentemente, veniva dalla luna: dopo un’assenza di dieci anni, appena discesi i gradini dei marciapiedi della stazione di Finlandia, eccolo predicare la presa del potere da parte del proletariato.
(…) Eppure, con tutta l’audacia della sua intuizione rivoluzionaria, con tutta la sua inflessibile decisione a rompere anche con vecchi compagni di idee e di lotta, se si dimostrassero incapaci di reggere al passo della rivoluzione, il discorso di Lenin, equilibrato in tutte le sue parti, è imbevuto di un profondo realismo e di un infallibile senso delle masse. Ma appunto per questo doveva sembrare fantastico ai democratici che scivolavano alla superficie delle cose.
I bolscevichi sono una piccola minoranza nei soviet e Lenin medita la presa del potere. Non è  spirito avventuristico? Non lo è affatto, se si considera il modo in cui Lenin poneva la questione. Neppure per un istante chiude gli occhi sull’esistenza di una "onesta" inclinazione di larghe masse alla difesa nazionale. Senza lasciarsi assorbire da queste masse, non si prepara nemmeno ad agire dietro le loro spalle. " Non siamo ciarlatani — replica alle future obiezioni e alle future accuse — dobbiamo basarci solo sulla coscienza delle masse. Anche se dobbiamo restare in minoranza, va bene! Vale la pena di rinunciare per un certo tempo a una posizione di direzione, non bisogna aver paura di restare in minoranza". Non aver paura di restare in minoranza, anche solo, come Liebknecht, contro centodieci! Questo è il motivo conduttore del discorso.
"Il vero governo è  il Soviet dei deputati operai... Al Soviet il nostro partito è  in minoranza (...). Niente da fare! Non ci resta che spiegare con pazienza, con perseveranza, sistematicamente, l’aberrazione della loro tattica.
Sinché siamo in minoranza, svolgiamo un lavoro di critica per liberare le masse dall’impostura. Non vogliamo che le masse ci credano sulla parola. Non siamo ciarlatani. Vogliamo che le masse si rendano conto dei loro errori sulla base dell’esperienza. Non aver paura di restare in minoranza! Non per sempre, ma temporaneamente. L’ora del bolscevismo verrà. "La nostra linea si dimostrerà giusta (...). Tutti gli oppressi verranno a noi perché la guerra li spingerà verso di noi. Per loro non vi è altra via d’uscita ".
(…) Le tesi di aprile di Lenin non solo provocarono l’indignazione stupita dei nemici e degli avversari, ma respinsero anche un certo numero di vecchi bolscevichi nel campo del menscevismo oppure nel gruppo che stava attorno al giornale di Gorky. Questa evasione non ebbe una seria portata politica. Infinitamente più grave l’impressione provocata dall’atteggiamento di Lenin su tutto lo strato dirigente del partito. " Nei primi giorni dopo il suo arrivo — scrive Suchanov — non c’è il minimo dubbio che si trovava completamente isolato da tutti i suoi compagni di partito più coscienti ".
(…) Ma analoghe testimonianze provengono anche dalle file bolsceviche.
(…) La più importante è la testimonianza della Pravda. L’8 aprile, quattro giorni dopo la pubblicazione delle tesi, mentre già c’era stato il tempo sufficiente per certe spiegazioni e per una certa comprensione, la redazione della Pravda scriveva: "Per quanto riguarda lo schema generale del compagno Lenin, ci sembra inaccettabile nella misura in cui presenta come portata a termine la rivoluzione democratico-borghese e mira a una immediata trasformazione di questa rivoluzione in rivoluzione socialista".
L’organo centrale del partito manifestava così, apertamente, dinanzi alla classe operaia e dinanzi ai suoi nemici, il proprio disaccordo con il leader del partito unanimemente riconosciuto, sulla questione cruciale della rivoluzione cui i quadri bolscevichi si erano preparati per lunghi anni. Questa divergenza basta a dare un’idea della profondità della crisi del partito nell’aprile, crisi determinata dal contrasto tra due linee inconciliabili. Se questa crisi non fosse stata superata, la rivoluzione non avrebbe potuto fare un passo avanti."

LA QUESTIONE DELLA GUERRA
La rivoluzione era nata direttamente dalla guerra e il comportamento verso di essa divenne la pietra di paragone di tutte le forze rivoluzionarie. Era diverso essere contro la guerra se si avevano responsabilità di governo o meno. Praticare la politica del socialismo rivoluzionario richiedeva in queste condizioni di rompere apertamente con la borghesia russa e con quella dell’Intesa. Ma siccome la piccola borghesia cercava innanzi tutto un’alleanza con i liberali, essa ebbe un ruolo triste sulla questione della guerra. Il risultato fu una politica impotente che provocava la rabbia dei soldati e l’impazienza dei governi dell’Intesa.
In questo contesto tutta la stampa russa di maggio-giugno era piena di articoli che tentavano di preparare lo spirito della popolazione per un’offensiva contro i tedeschi. Nel primo congresso dei soviet di tutta la Russia scoppiò la tempesta. I bolscevichi avevano progettato una manifestazione armata a Pietroburgo per il 10 giugno con lo scopo di fare pressione sul Congresso stesso.
La parola d’ordine era: Tutto il potere ai soviet, che voleva dire ai socialisti rivoluzionari e ai menscevichi arrivati da tutto il paese: fate a meno della borghesia, abbandonate ogni idea di coalizione e prendete nelle vostre mani le redini dello Stato.
Era evidente per i bolscevichi che una rottura della coalizione al governo avrebbe obbligato i socialisti rivoluzionari e i menscevichi a cercare l’appoggio tra le fasce più avanzate del proletariato. Ma proprio ciò faceva paura ai capi della piccola borghesia. Appena saputo del corteo ci fu una campagna brutale contro di esso e siccome i bolscevichi erano una minoranza nel congresso, furono costretti a indietreggiare e sospendere la manifestazione.
A sua volta il Congresso annunciò  una manifestazione non armata per il 18 giugno. Ci fu una presenza massiccia e gli operai e i soldati - malgrado fosse stata una convocazione ufficiale del Soviet - scrissero sugli striscioni le parole d’ordine dei bolscevichi: Abbasso i trattati segreti! Abbasso la politica dell’offensiva! Viva una pace onesta! Abbasso i dieci ministri capitalisti! Tutto il potere ai soviet!
Non c’erano che tre striscioni favorevoli al governo di coalizione. Uno di questi era di un reggimento di cosacchi. La manifestazione dimostrò a tutti che i bolscevichi avevano a Pietrogrado una forza che nemmeno loro stessi credevano di avere...



20-21 aprile 3-4 maggio. Imponenti dimostrazioni nella capitale contro la prosecuzione della guerra voluta dal governo provvisorio
4 /17 maggio. Ritorno in Russia di Trotskij. Le posizioni di Trotskij sulle prospettive della rivoluzione coincidono con quelle di Lenin. Trotskij lavora immediatamente col Partito bolscevico nel quale a luglio confluisce formalmente con la sua organizzazione (i "comitati interdistrettuali", in russo Mezrojanca). Le principali divergenze che Trotskij aveva avuto con il partito bolscevico negli anni tra il 1905 e il 1916 vertevano sul carattere della rivoluzione in Russia e sulla natura del partito rivoluzionario. Mentre per Lenin la rivoluzione antizarista avrebbe dovuto dar luogo alla "dittatura democratica degli operai e dei contadini" (una formula che lasciava indefinito il carattere di classe del governo), per Trotskij la rivoluzione antizarista non poteva che essere guidata dalla classe operaia, che avrebbe trascinato con sé le masse contadine; in definitiva, il regime che ne sarebbe scaturito sarebbe stato un regime proletario. Con le Tesi d'aprile Lenin aderisce in sostanza all'impostazione di Trotskij, mentre Trotskij riconosce la necessità di un partito centralizzato come strumento per l'insurrezione proletaria, concezione contro la quale aveva polemizzato negli anni precedenti

IL RUOLO DI TROSTKIJ NELLA RIVOLUZIONE RUSSA
 
IL ruolo di Trotskij nella rivoluzione Russa è un ruolo da coprotagonista. Secondo , se così possiamo dire, solo all'architetto della rivoluzione Lenin.

Trotskij torna in Russia dagli USA, dopo esser stato in esilio, solamente nel maggio del 1917.
Da quel momento in poi le sue posizioni coincideranno sempre, salvo alcune piccole divergenze tattiche, con Lenin. Lenin poco prima di morire affermò: "Da quando Trotskij è divenuto bolscevico non vi è stato miglior bolscevico". Le convergenze di Trotskij con Lenin si salderanno con le "Tesi d'Aprile " di questu'ultimo. Impossibile sarebbe non evidenziare le innumerevoli convergenze che si possono trovare nel testo e nel pensiero di Trotskj de le "Rivoluzione permanente" e nel testo di Lenin le "Tesi d'Aprile".
Trotskij divenne per la seconda volta Presisdente del Soviet di Pietrogrado, fu il principale teorico dell’'" offensiva rivoluzionaria" facendosi portavoce , appoggiato da Lenin e in opposizione ai "vecchi bolscevichi", del boicottaggio del preparlmento borghese da parte dei bolscevichi. Intuì subito l'importanza del comitato militare rivoluzionario come strumento per la presa del potere.

Fu al fianco di Lenin, anche alla vigilia della presa del potere, in opposizione alla tendenza "attendista"( contro l'insurrezione) guidata da Zinoviev, Kamenev e spalleggiata nell'ombra da Stalin


Così lo descrive l'eminente rivoluzionario Lunaciarskij nel suo testo "Profili di rivoluzionari" ." Trotskij era dotato soprattutto come oratore e scrittore. A mio parere era il più grande oratore della nostra epoca. Nel corso della mia vita ho sentito parlare tutti i più grandi parlmentari e i più popolari tribuni socialisti... ma mi sarebbe difficile nominargli uno che possa stragli alla pari salvo Juares




6 /18 maggio. Secondo governo di coalizione. Formazione del secondo governo provvisorio di coalizione nel quale entrano ufficialmente i partiti socialisti con sei ministri; Kerenskij diventa ministro della guerra.
3 /16 giugno. Si apre il primo congresso dei soviet.
18 giugno 1 luglio. Grandi dimostrazioni di massa a Pietrogrado, promosse dal soviet, in cui si delinea l'egemonia delle parole d'ordine bolsceviche.
19 giugno 2 luglio. Il governo scatena al fronte un'offensiva militare destinata a sfociare in un tragico disastro.
2 /15 luglio. Crisi di governo provocata dalle dimissioni dei ministri cadetti.
3-4/16-17 luglio. "Giornate di luglio": a Pietrogrado l'impazienza delle masse porta a imponenti manifestazioni armate; i dimostranti chiedono ai dirigenti socialriformisti di rompere la coalizione con i partiti borghesi e di assumere il potere appoggiandosi sui soviet, ottenendone un rifiuto; dopo l'arrivo di reparti fedeli il governo provvisorio passa a reprimere violentemente le manifestazioni operaie.
8 21 luglio. Terzo governo di coalizione: lo presiede Kerensky. Offensiva antibolscevica del governo Kerensky, imperniata sul tema dell'"oro tedesco": i bolscevichi sono accusati di essere al soldo della Germania e di aver organizzato le manifestazioni di luglio con l'obiettivo di impadronirsi del potere. Viene devastata dagli Junker la sede del partito e della "Pravda". Molti dirigenti di primo piano (tra cui Trotskij) vengono incarcerati; Lenin sfugge alla cattura, ma è costretto a nascondersi.

16 / 29 Luglio si svolge il congresso "unificatore" tra la Mezrojanca ( Interdistrettuale) e i Bolscevichi
25 agosto 7 settembre. Tentativo di colpo di stato di Kornilov. Il "generalissimo" nominato da Kerensky, marcia su Pietrogrado per assumere tutto il potere, mentre il governo provvisorio si sfalda. Il colpo di stato fallisce grazie all'iniziativa degli operai che bloccando la produzione e i trasporti e dei soldati che si rifiutano di ubbidire agli ordini degli ufficiali. I bolscevichi emergono dalla condizione di semiclandestinità ponendosi alla testa della resistenza. I marinai di Kronstadt giunti a difesa della capitale aprono le porte delle prigioni e liberano i militanti rivoluzionari. La disfatta del tentativo di Kornilov, col quale il governo Kerensky aveva intrattenuto rapporti torbidi, cambia il clima politico. Il governo Kerensky perde ogni residua credibilità, mentre si sviluppa l'influenza dei bolscevichi che conquistano rapidamente la maggioranza nei soviet di Pietrogrado e delle principali città.
31 agosto 13 settembre. Il soviet di Pietrogrado vota una risoluzione bolscevica che reclama il passaggio del potere ai soviet.
23 settembre 6 ottobre. Lev Trotskij è eletto presidente del soviet di Pietrogrado.
15 settembre 8 ottobre. Nuovo governo di coalizione presieduto da Kerenskij.
10/23 ottobre. Il comitato centrale del Partito bolscevico vota a maggioranza per l'insurrezione; Zinoviev e Kamenev si oppongono e rendono pubblica la loro posizione.
12/ 25 ottobre. Il soviet di Pietrogrado decide la creazione del Comitato militare rivoluzionario che dà avvio immediatamente ai preparativi per l'insurrezione.
24 ottobre 6 novembre. Il governo provvisorio manda gli allievi ufficiali a chiudere i quotidiani bolscevichi "Rabocij put'" e "Soldat". Il Comitato militare rivoluzionario replica immediatamente.
25 ottobre 7 novembre. Insurrezione e presa del potere da parte dei soviet. Sotto la direzione del comitato militare rivoluzionario del soviet di Pietrogrado, presieduto da Trotskij, ha inizio l'insurrezione. Distaccamenti della Guardia rossa (costituita da operai armati) e reparti militari fedeli al soviet occupano i punti strategici della capitale, fra cui il Palazzo d'Inverno, sede del governo provvisorio, incontrando una debolissima resistenza. Alcuni ministri sono arrestati e subito liberati, dietro promessa di non agire contro il potere dei soviet; Kerensky riesce a fuggire presso alcuni reparti militari ritenuti fedeli al governo. Nei giorni successivi l'insurrezione si estende rapidamente a Mosca e al resto della Russia.
26-27 ottobre 8-9 novembre. Si apre a Pietrogrado il secondo congresso dei soviet, nel quale i bolscevichi hanno della maggioranza assoluta e possono inoltre contare sull'appoggio dei socialrivoluzionari di sinistra, espressione delle masse contadine radicalizzate. IL congresso assume tutto il potere e nomina il nuovo governo rivoluzionario. Lenin è nominato presidente del consiglio dei commissari del popolo. Vengono promulgati i primi decreti: sui diritti del popolo lavoratore, sulla terra ai contadini, sulla pace. In mezzo al caos generale, comincia ad organizzarsi il nuovo potere che, contro ogni previsione, afferma progressivamente la sua autorità. La rivoluzione si sviluppa inizialmente senza incontrare forti resistenze.
12/25novembre. Elezioni dell'assemblea costituente, che dà una maggioranza antibolscevica: ottengono, infatti, la maggioranza relativa i socialrivoluzionari di destra, favorevoli a fare un nuovo governo di coalizione con i partiti liberali e monarchici costituzionali, ovvero a restituire il potere alla borghesia. Si delinea il rischio di un dualismo di potere con il congresso dei soviet, a larga maggioranza bolscevica che sostiene il governo operaio e contadino.
13/26 novembre. Decreto che introduce il controllo operaio su tutta l'industria.
18 novembre 1 dicembre. I socialrivoluzionari di sinistra entrano nel governo.
2/15 dicembre. Viene concluso l'armistizio con la Germania e l'Austria-Ungheria.
7/20 dicembre. Costituzione della Ceka, Commissione straordinaria panrussa per la lotta alla controrivoluzione, al sabotaggio e alla speculazione. Le forze controrivoluzionarie si vanno nel frattempo organizzando per impulso di vari capi militari zaristi.
9/22 dicembre. Inizio dei negoziati di pace a Brest-Litovsk.
14/27 dicembre. Decreto di nazionalizzazione delle banche. 


GLI INSEGNAMENTI DELLA RIVOLUZIONE RUSSA E LA SUA ATTUALITA'


LA PRESE DEL POTERE E LA ROTTURA RIVOLUZIONARIA
E' forse superfluo affermare che la rivoluzione russa ha rappresentato il principale evento storico del Novecento. Ma non è né superfluo né scontato sottolineare oggi l'attualità di quell' evento, di una sua rilettura, delle lezioni immense che esso racchiude per l'azione rivoluzionaria dei comunisti nel mondo.  
"Quel che importa è  distinguere nella politica dei bolscevichi l'essenziale dall'accessorio, la sostanza dall'accidente... A questo riguardo Lenin e Trotsky con i loro amici sono stati i primi che hanno dato l'esempio al proletariato mondiale e sino ad ora sono stati gli unici che possono gridare con Hutten: "Io l'ho osato". Questo è l'elemento essenziale e duraturo della politica bolscevica. In questo senso resta loro immortale merito storico d'aver marciato alla testa del proletariato internazionale, conquistando il potere politico, e ponendo praticamente il problema della realizzazione del socialismo, come di aver dato un potente impulso alla resa dei conti fra il capitale e il lavoro nel mondo. In Russia il problema poteva essere soltanto posto. Non poteva essere risolto in Russia. Ed è in questo senso che l'avvenire appartiene dappertutto al "bolscevismo"." (Rosa Luxemburg, 1918) 1




L'INTERNAZIONALISMO

Le masse lavoratrici constatarono come la prima costituzione sovietica, quella del 1918, abolissi la distinzione tra cittadini sovietici e stranieri. Ogni residente in Russia sovietica disposto a lavorarvi avrebbe potuto immediatamente godere di tutti i diritti politici, incluso il diritto di voto. Mac Lean, dirigente degli SHOP STEWARDS
Delle fabbriche di munizioni di Glasgow messo in carcere dal governo di sua maestà per questioni di sciopero, ricette dal governo sovietico il titolo di console generale della RSFSR e la regina, nonostante il suo mal di pancia, fu costretta a rimetterlo in libertà non si poteva arrestare un diplomatico.
Per la prima volta uno stato, realmente socialista, dimostrava di essere al servizio della classe operaia mondiale. Finalmente un partito politico che non tradiva il mondo del lavoro come in passato aveva fatto la II Internazionale di Kautsky e Bernestain.
I bolscevichi, comunque, non si limitarono ad una semplice internazionalismo di solidarietà, ma vollero ricostruire subito una nuova internazionale comunista, la III IC, incoraggiando e organizzando il proletariato delle altre nazioni alla presa del potere. Lenin sapeva e scriveva che la Russia avrebbe realizzato il socialismo solamente con l'ausilio del proletariato internazionale... Le occasioni non mancarono : Italia del 19, Germania del 18-19 3 nel 23, Cina del 25-27 e Spagna del 31, ma Lenin non sapeva che il peggior nemico della rivoluzione mondiale militava nel suo partito, Stalin.


Quindi oggi più che mai è fondamentale la costruzione di un Internazionale comunista eretta sul cemento teorico del pensiero di Lenin e di Trotskij.


L'INDIPENDENZA DI CLASSE

L'insegnamento sicuramente più importante della rivoluzione Russa, per il movimento operaio, è il principio dell'indipendenza di classe. Martov, il menscevico internazionalista auspicava :" un governo democratico rivoluzionario unitario"2, una colazione di tutti i partiti che si richiamavano al socialismo, Oppure la posizione degli SR di destra o dei Menscevichi di destra parlavano chiaramente di : "Difesa rivoluzionaria della nazione"3... Anche i bolscevichi, Kamenev e Stalin, esuli di Lenin avevano una posizione similare,

Insomma centristi e riformisti sostenevano , con diverse parole d'ordine, il governo borghese e di guerra scaturito dalla rivoluzione di febbraio, la grandezza di Lenin risiede nel fatto nel rifiuto principistico, a volte definito settario, di collaborazione di classe con partiti socialisteggianti eo borghesi. Questa è stata la chiave di volta per la riuscita vittoriosa della rivoluzione sovietica.


UNA RIVOLUZIONE PER L'EDUCAZIONE , L'UMANITA'E LA SPECIFICITA' DEL GENERE FEMMINILE

La rivoluzione sovietica ha intrapreso un enorme sforzo di alfabetizzazione e di espansione dell'insegnamento. IL bilancio della pubblica istruzione , nel 1918, passò dai 940 milioni di rubli del governo Kerenskij a 2,9 miliardi di rubli dal governo sovietico sino a giungere nel 1919 a 10 miliardi di rubli. IL numero delle scuole elementari, inoltre, salì da 38387 del 1917 a 52274 per poi giungere a 62238 nel 1919. L'insegnamento prescolastico - pressoché nullo sotto la zarismo- accoglieva 200.000 bambini nel 1910 e quasi il triplo nel 1921. 4 Vi fu anche un aumento letteralmente esponenziale dei laureati, scienziati e professionisti.

Sugli aspetti culturali vi sarebbe molto da scrivere. Non basterebbero intere risme di carta per citare gli artisti e le opere dedicate, ispirate dalla società sovietica. Ma è opportuno evidenziare un aspetto importante quello dell'editoria. Tra il 1918 -1919 sono state pubblicate con tiratura altissima( tra 25.000 e 100.00 copia) le opere di Puskin, Gogol, Tolstoij, Zola, Scott, Plechanov e Kautskij( ultimi due rivali acerrimi della rivoluzione e di Lenin e Trotskij).

Sul versante dei diritti di genere la società sovietica fu precursore di innovazione progressiste. Le donne oltre ad essere "alleggerite" dal compito sovrastruttuarale reazionari dell'educazione dei figli tramite la costruzione e la diffusione di asili pubblici, fu dato il via libero al divorzio, alla parità di reddito, libertà di voto e ingresso nella vita politica della società.

1 testo sull'ottobre di Marco Ferrando
2 Martov op. cit
3 F. Dan op.cit
4 A. Moriziet op.cit







ALLEGATO 1

I PRINCIPALI PARTITI POLITICI DURANTE IL PROCESSO RIVOLUZIONARIO
Cadetti.
Così chiamati dalle iniziali del Partito costituzionale democratico. Il nome ufficiale è: Partito della libertà del popolo. Composto sotto lo zarismo da liberali delle classi abbienti, era il grande partito delle riforme politiche, corrispondente grosso modo al Partito progressista americano. Allo scoppio della rivoluzione nel marzo 1917, i cadetti formarono il primo governo provvisorio. Il primo ministro cadetto fu rovesciato in aprile per essersi dichiarato a favore degli obiettivi imperialistici degli alleati, compresi quelli del governo zarista.
Populisti socialisti o trudovichi (Gruppo del lavoro).
Partito numericamente esiguo, composto di intellettuali prudenti, dirigenti di società cooperative e contadini conservatori. Si dicevano socialisti, ma di fatto i populisti difendevano gli interessi della piccola borghesia: impiegati, bottegai, ecc. Eredi per discendenza diretta della tradizione del compromesso, propria del Gruppo del lavoro, nella quarta Duma imperiale, che fu largamente composta di rappresentanti dei contadini. Kerenskij era uno dei capi dei trudovichi nella Duma imperiale, allorché scoppiò la rivoluzione di marzo. I populisti socialisti erano un partito nazionalista.
Partito socialdemocratico russo del lavoro.
In origine socialisti marxisti. In un congresso del partito, tenuto nel 1903, il partito si divise, su una questione tattica, in due fazioni: la maggioranza (bol'sinstvo) e la minoranza (men'sinstvo), da cui bolscevichi e menscevichi, membri della maggioranza e membri della minoranza.
Menscevichi
Questo partito comprende tutte le sfumature dei socialisti che credevano che la società dovesse progredire per naturale evoluzione verso il socialismo. Passati per la scuola del marxismo avevano imparato certi metodi e abitudini che gli permettevano di orientarsi abbastanza bene nella situazione politica. Ma siccome partivano dal pregiudizio che nello sviluppo della Russia fosse necessaria una tappa borghese usava queste capacità per falsare il senso della lotta di classe e per assicurare in ogni modo la supremazia della borghesia liberale. Per questo loro ruolo persero molto presto l'influenza tra le masse. I maggiori dirigenti tra i menscivichi furono Dan, Tsertelli.
Menscevichi internazionalisti
Ala di sinistra dei menscevichi. Internazionalista e contraria ad ogni coalizioni con i proprietari terrieri, ma non desiderosa di staccarsi dai menscevichi e contraria alla dittatura del proletariato avanzata dai bolscevichi. I leader di spicco di questa tendenza furono Martov e Martynov
Bolscevichi
Poi denominatisi Partito comunista, per sottolineare la loro netta separazione dalla tradizione del socialismo "moderato" o "parlamentare", che dominava i menscevichi e i così detti socialisti "maggioritari" in tutti i paesi. Questo partito esprimeva le aspirazioni soprattutto degli operai delle fabbriche, ma anche di una larga parte dei contadini poveri. I maggiori dirigenti Lenin, Zinoviev, Kamenev e Kollontai
Edinisto
Piccola organizzazione guidata dal "vecchio" precursore del socialismo russo Plechanov. Organizzazione socialisteggiante, ma fortemente patriottica. Si collocava a destra dei menscevichi.
Mezrojanaca (Partito Interdistrettuale)
Tendenza della socialdemocrazia russa, discretamente forte a Pietroburgo, collocata tra i menscevichi internazionalisti e i bolscevichi con quest'ultimi si fonderà formalmente nel luglio del 1917. Tra i leader Trotskij e Ioffe.
Partito socialista rivoluzionario
Chiamati esse-erre, dalle iniziali del loro nome. In origine, partito rivoluzionario dei contadini, partito delle organizzazioni di lotta, i terroristi. Dopo la rivoluzione di marzo entrarono a farne parte molti che non erano mai stati socialisti. Kerensky, che sotto lo zarismo apparteneva ai Populisti socialisti o trudovichi (Gruppo del lavoro) passò a questo partito nelle prime settimane della rivoluzione; dopo molti generali e ufficiali lo seguirono. I vecchi socialisti rivoluzionari li chiamavano "la generazione di marzo", ciò quei membri del partito che avevano aspettato che la rivoluzione abbattesse lo zarismo per scoprire lo spirito rivoluzionario. A quel tempo il partito sosteneva l'abolizione della proprietà privata, ma soltanto della terra, ed era favorevole a indennizzare in qualche modo i proprietari. I leader erano Goc, Cernov e Kerneskij

Partito socialista rivoluzionario di sinistra

Il crescere dei sentimenti rivoluzionari dei contadini indusse alla fine gli esse-erre ad abbandonare la clausola del "compenso" e quando nell'autunno 1917 il ministro dell'interno Avksentiev - un SR - cominciò ad arrestare i comitati dei contadini, composti sempre da socialisti rivoluzionari; gli intellettuali più giovani e audaci ruppero col partito principale e formarono un nuovo partito: il Partito socialista rivoluzionario di sinistra. IL partito sr di sinistra appoggiò durante il periodo rivoluzionario la politica dei bolscevichi. Partecipa attivamente, per un breve periodo, al governo sovietico guidato dai bolscevichi. I maggiori dirigenti furono la Spirinodova, Karelin e Kamkov.

ALLEGATO 2

LA RIVOLUZIONE RUSSA
Da “L’Ordine Nuovo” dell’11 gennaio 1922
Le ultime notizie degli avvenimenti di Russia sono largamente sfruttate dai controrivoluzionari di ogni specie. Secondo costoro il famoso “esperimento comunista” dei bolscevichi è miseramente fallito poiché essi sono costretti in certo modo a smobilitare una parte notevole delle misure economiche ispirate ad un contenuto comunista che il potere dei Soviet aveva poste in alto. Da questo si trarrebbe la conclusione che il meccanismo collettivo della produzione e della distribuzione non è suscettibile di funzionamento, dal momento che i suoi risoluti ed estremi fautori, i comunisti russi, sono costretti dalla necessità di ravvivare la economia del loro paese a consentire il ripristino di forme puramente capitalistiche, come il commercio privato e l’esercizio privato di aziende produttive che già erano passate all’esercizio collettivo.
Quale è la verità? Ricordiamolo in breve, avendo presente gli ultimi discorsi ed articoli dei compagni russi e di Lenin in prima linea.
I comunisti hanno sempre affermato che il compito del proletariato rivoluzionario ha un doppio aspetto: politico ed economico. Il primo consiste nel rovesciare il potere borghese, nell’organizzare saldamente quello proletario, per difenderlo contro gli attacchi controrivoluzionari interni ed esterni. Questo compito politico diviene compito militare; lungi dal chiudersi con la prima vittoria della rivoluzione esso si prolunga fin quando possono esistere focolari di resistenza borghese all’interno e all’esterno del territorio dello Stato proletario. Per il primo Stato proletario, che si trova ancora dopo quattro anni circondato ed attaccato, con quei mezzi di insidia e di offesa che ci fermiamo qui a rammentare, dai colossi del capitalismo ancor non investiti in modo risolutivo dal diffondersi dell’incendio rivoluzionario, questo compito immenso: da un lato ed esso è di gran lunga più grave di quello che sarà per essere per tutti gli altri paesi che la rivoluzione potrà guadagnare in appresso, dall’altro assume importanza di prim’ordine dinanzi alle esigenze del secondo aspetto del compito della rivoluzione: quello economico. Il novanta per cento delle energie della rivoluzione russa è stato dedicato alla difesa dello Stato proletario, mentre forse per un paese che compisse la rivoluzione politica in un continente e in un modo prevalentemente liberato dagli stati borghesi nel precedente sviluppo della rivoluzione, si può pensare che il novanta per cento delle energie disponibili verrebbe portato sul terreno della costruzione economica della edificazione del comunismo.
Ammettiamo che la Russia abbia fatto in tal senso, ammettiamo che di quel poco che ha fatto nel dominio della economia sia ora costretta a lasciar cadere una buona parte; il bilancio della rivoluzione non diverrebbe per questo negativo. Giustamente il compagno Losovsky chiude un recente suo articolo col dire: se si domandasse alla Russia rivoluzionaria che cosa essa ha fatto in questi quattro anni, essa potrebbe a buon diritto rispondere “di essere esistita”. Questa risposta, in apparenza banale, significa una serie epica di sacrifici e di vittorie sulle orde molteplici della reazione mondiale, sulla perfidia dei governanti delle più grandi Potenze del mondo, sugli stessi avversi capricci di forze naturali: se si volesse dare un valore ad una sciocca espressione borghese, magari contro la stessa collera di Dio.
In questo senso i comunisti dissero e ripetono che il processo rivoluzionario integra i suoi aspetti politici ed economici, le sue attività di combattimento e di costruzione pacifica su una scala che non è nazionale, e che lo slancio decisivo verso l’edificazione del comunismo economico sarà possibile solo quando sarà in piedi la grande Repubblica internazionale dei Soviet, quando sarà un fatto la dittatura almeno dei più progrediti proletariati dell’Europa e dell’America.
Sul terreno del suo compito economico la rivoluzione russa avrebbe avuto il diritto di non presentare un bilancio di risultati positivi, e di richiamarsi all’attivo formidabile della sua opera politica, che non sta solo nelle vittorie interne ed esterne della guerra rivoluzionaria, ma anche nell’opera grandiosa di aver risvegliato contro mille velenose influenze lo spirito di battaglia del proletariato mondiale. Ma in effetti anche su questa via di dittatura dei proletari, la Russia aveva accomunati e può presentare ad amici ed avversari successi decisivi.
Il piano economico del Potere dei Soviet non poteva non fondarsi su di un piano politico, dipendente dalla possibilità che sorgessero altri Stati proletari. E che almeno quelli borghesi fossero dalle forze della Repubblica rossa e da quelle del movimento rivoluzionario internazionale, ridotti ad osservare verso di essa una specie di neutralità almeno commerciale. Non solo il comunismo, ma nemmeno un’altro qualunque sistema di economia può vivere in Russia senza rapporti con gli altri Paesi, per ragioni notissime a chiunque abbia una vaga idea delle risorse della produzione russa.
Questa condizione di cose forma il terreno di un evidente ricatto dei poteri capitalistici contro lo Stato proletario; mentre essi boicottano spietatamente le iniziative dello Stato-imprenditore collettivista, ria-priranno le correnti del loro commercio se si riattiverà il meccanismo dello scambio e della produzione privata. E’ un ricatto sulla vita di milioni di esseri umani; per sua legge fondamentale, il capitalismo, anche quando sia sovraccarico di beni, li distribuisce solo per dare alimento a quelle masse che sono alla portata del suo sfruttamento, nulla gli preme che degli esseri umani muoiano, quando la loro attività sia sottratta al suo dominio e quindi alle sue estorsioni.
Può darsi che quel piano politico dei comunisti russi fosse errato: ed in conseguenza, ammette Lenin, mai uso a sottacere la verità anche più tremende — ed è in questo un’altra delle forze della repubblica rivoluzionaria — fu troppo audace il piano economico, tracciato nel 1918, e che ancora l’anno scorso, allorché chi scrive era in Russia, appariva in pieno svolgimento ed attuazione. Oggi nel campo della trasformazione economica non siamo al punto in cui si prevedeva l’anno scorso che si dovesse giungere entro l’anno. Lenin medesimo ha dichiarato: siamo in ritirata sul fronte economico. Ma appunto perchè i comunisti sono in piena efficienza politica essi non subiscono un disordinato rinculo ma arretrano coscienziosamente ed in ordine, per ricostituire le condizioni di un più sicuro inizio della nuova avanzata.
I comunisti hanno sempre detto che economicamente il compito della rivoluzione proletaria ha un aspetto di gradualismo progressivo. Può concepirsi un processo graduale in senso opposto? Certo esso apparirebbe come esiziale per le sorti della rivoluzione, se dovesse assumere carattere definitivo. Ma così non è , a dispetto di ogni speranza reazionaria, né in rapporto alla Russia considerata a se come territorio economico, né tanto meno in rapporto a quell’andamento storico della rivoluzione mondiale che è il punto di vista essenziale, per intendere la questione.
Nel suo recente articolo, Lenin ha chiaramente ribadito che il rallentamento nel realizzare il comunismo e il socialismo economico, e l’accettazione ufficiale da parte del potere proletario di riforme di produzione e distribuzione in parte capitaliste e in parte collettiviste, non ha per nulla il valore di un ritorno dei comunisti verso concezioni riformiste della emancipazione proletaria. I bolscevichi possono riconoscere la necessità di rivedere il programma di costruzione economica del 1918 ma essi non traggono da ciò nessuna conclusione che nel momento intacchi quel programma d’azione proletaria che essi posero fermamente nel 1917 contro gli inganni della democrazia sociale menscevica, e che da allora ad oggi ad oggi la Terza Internazionale sostiene in tutto il mondo contro gli inganni degli opportunisti delle varie tendenze. I capisaldi del metodo comunista restano ribaditi dall’esame della situazione in Russia, anche dove esso ci conduce a risultati dolorosi: più che mai i comunisti riaffermano che non vi può essere salute per il proletariato senza la lotta rivoluzionaria e la guerra di classe guidata dal partito politico, senza la costituzione del potere dei Consigli operai e l’uso implacabile dell’arma della dittatura di classe contro le bieche risorse della reazione capitalistica e le fisime ingannatrici delle scuole piccolo-borghesi, che svuotano nel suo contenuto rivoluzionario l’opera del proletariato, tentando di illuderlo che nella democrazia borghese o in un vago umanitarismo libertario potrebbe inserirsi meno aspramente la via della sua emancipazione.
Il contenuto storico della rivoluzione russa è più che mai in piedi; la stessa ipotetica caduta del potere sovietista, che nemmeno più i borghesi osano attendere, non lo intaccherebbe, poiché esso è la legge stessa dell’ineluttabile procedere della storia universale nell’epoca rivoluzionaria che viviamo.

Eugenio Gemmo D.N. PCL

Eugenio Gemmo

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