Rassegna stampa

Governo senza idee: Missione prioritaria (da il Manifesto)

18 Maggio 2010

Nessun ripensamento, nessuna strategia, nessun obiettivo definito. Di fronte agli ultimi due soldati morti in missione di pace la politica italiana non rivela nulla all'infuori di un corale cordoglio. Lacrime bipartisan che rischiano di somigliare a quelle di un coccodrillo tanto coriaceo quanto inutile. Oggi a mezzogiorno il ministro della difesa informerà il parlamento nell'aula della camera. Ma già ieri l'ufficio stampa di Ignazio La Russa ha inframmezzato freddi comunicati di circostanza con ben più appassionati commenti ufficiali del ministro (interista sfegatato) sull'ultima di campionato. Domani le salme dei due alpini caduti sulla strada per il «fortino» di Bala Murghab rientreranno in Italia.
La Russa ha comunque anticipato i primi dettagli sull'attentato (vedi pezzo a fianco) facendo capire che molto presto i veicoli «Lince» saranno sostituiti o accompagnati da veicoli da combattimento ancora più corazzati come i «Freccia» (26 tonnellate di stazza contro i 7 dei Lince).
Il governo è compatto a sostegno della missione. Certo, la Lega mugugna un po' ma è un sussurro. «Al di là delle vite umane che fanno spaccare il cuore - osserva Roberto Calderoli - bisogna verificare se questi sacrifici servono o meno a qualcosa». In ogni caso, chiarisce il ministro: «Nessuna decisione sarà presa unilateralmente ma insieme a livello internazionale». Anche Umberto Bossi - che in questa fase è il primo e forse unico sostenitore del governo - si precipita a coprire la missione Nato: «Non penso che possiamo scappare. Sarebbe una cosa sentita dal mondo occidentale come una fuga difficilmente spiegabile e che, probabilmente, avrebbe delle conseguenze gravi sul governo. Il nostro paese non può andarsene da solo dall'Afghanistan. Là c'è l'Occidente che si è impegnato a fermare il terrorismo e questa missione mi pare che si debba fare». Bossi ricorda bene che in passato non nascose perplessità sulla presenza in Afghanistan: «Avevo chiesto un tempo per portare a casa le persone ma ora mi pare che la realtà è diversa, non tutti gli alleati sono d'accordo. Io non sono uno che fa saltare il governo, nel senso che su questo decide il consiglio dei ministri e il presidente Berlusconi». Il quale con un comunicato molto stringato (molto più appassionato quello sulle sorti del suo Milan, di cui stasera incontrerà i giocatori a Villa Cisnetto) conferma senza troppi dettagli la missione afghana per come è.
La spesa italiana complessiva delle missioni all'estero è di oltre 1,3 miliardi all'anno. Di questi, 616 milioni servono solo per le operazioni in Afghanistan. Il governo è a caccia di risorse e questa volta lo stanziamento semestrale dovrebbe arrivare con il decreto legge sulla manovra che sarà approvato entro metà giugno. Secondo il sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica il governo potrebbe ridurre l'impegno e i contingenti in Kossovo ma «la scelta afghana è prioritaria e non possiamo disallinearci. Una scelta tra l'altro bipartisan e in alcune occasioni approvata all'unanimità tranne per l'Idv».
Com'è noto, però, l'Idv nel governo Prodi sostenne senza un fiato la missione afghana. Mentre Pd e Udc sia all'opposizione che al governo hanno sempre sposato le scelte Usa/Nato a Kabul. Pierluigi Bersani chiede che in parlamento si discuta il come ma non il se: «Certamente non possiamo consentire che i taleban sconfiggano l'intera comunità internazionale - avverte il segretario del Pd - ma bisogna riflettere sull'evoluzione di quella missione così come sta facendo il presidente americano Obama».
Il problema è che la Casa Bianca stessa non sa bene come comportarsi. Obama ha avviato un escalation militare «a tempo» fissando la scadenza del luglio 2011 per il ritiro del grosso delle truppe da combattimento. La settimana scorsa ha ricevuto a Washington il presidente afghano Hamid Karzai accompagnato da una super delegazione di 15 ministri del suo nuovo governo. Un'accoglienza con tutti gli onori che ha provato a superare le bordate diplomatiche successive alle presidenziali. Non è un mistero che Usa e Karzai divergano su come negoziare con i talebani e con chi. E che Obama stia cercando dentro quel governo figure meno corrotte dell'attuale presidente e del suo clan.
Fuori dal parlamento, per il ritiro delle truppe italiane si sgolano Marco Ferrando del Pcl, Angelo Bonelli dei Verdi e Paolo Ferrero della Federazione della sinistra.

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FONTE

  • luca.prini@libero.it