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INSURREZIONE POPOLARE IN KIRGHIZISTAN

10 Aprile 2010

Nella giornata del 7 Aprile, in seguito a due giorni di violente proteste di massa nel Kirghizistan – ex repubblica sovietica, indipendente dal 1991-, il governo reazionario guidato da Kurmanbek Bakiyev è di fatto caduto vittima di un’insurrezione popolare e i gruppi dell’opposizione hanno proclamato la formazione di un nuovo governo, guidato dalla leader del Partito Socialdemocratico, Roza Otunbayeva.
Il governo di Bakiyev, al potere dal 2005 in seguito al colpo di stato (la cosiddetta “Rivoluzione dei Tulipani”) che ha di fatto destituito il presidente Askar Akayev, si è distinto per la sua politica profondamente autoritaria ed anti-popolare arrestando esponenti dell’opposizione, facendo ammazzare giornalisti anti-governativi e chiudere TV ad esso ostili, oltrechè dando prova di enorme corruzione; sul versante economico il governo di Bakiyev si è caratterizzato per una serie di misure anti-popolari rappresentate essenzialmente da un’ondata di privatizzazioni dei servizi pubblici come quello idrico ed energetico, provocando stratosferici aumenti dei costi –in un paese già profondamente povero-, elemento fondamentale per lo scatenarsi delle proteste e degli scontri. Oltre a ciò il governo Bakiyev ha rappresentato uno dei principali alleati degli Stati Uniti nella regione, prima con Bush e in seguito con Obama, nella cosiddetta “guerra al terrore”, ovvero nel massacro della popolazione afghana; la base USA in Kirghizistan è uno degli avamposti più importanti per le truppe americane nell’attuale escalation militare di Obama in Afghanistan, elemento, anche questo, di odio anti-governativo da parte della popolazione kirghiza.
Tutto il mese di Marzo è stato caratterizzato dal montare della protesta popolare contro il carovita e l’aumento delle tariffe dei servizi pubblici promossi dal governo. Gli scontri hanno preso piede a Talas il 6 Aprile in seguito all’arresto di un leader dell’opposizione; la violenta repressione da parte del governo non ha fatto altro che infiammare la protesta e il 7 Aprile la popolazione si è impadronita della città occupando il Comando di Polizia e gli edifici di potere. Durante la stessa giornata gli scontri sono scoppiati anche nella capitale, Bishkek, in cui migliaia di ribelli hanno marciato verso i palazzi governativi sfidando la violentissima repressione della polizia, che ha aperto il fuoco sulla folla, causando centinaia di morti e feriti. Alla fine le forze dell’ordine sono state costrette a scappare e gli insorgenti hanno occupato i centri di potere della capitale, proclamando la formazione di un nuovo governo provvisorio guidato dalla leader del Partito Socialdemocratico, Roza Otunbayeva. Nel frattempo l’ex presidente Bakiyev ha dovuto rifugiarsi nel Sud del paese e la situazione tende verso lo scoppio di una guerra civile.
L’insurrezione in Kirghizistan riveste un’enorme importanza non solo per il suo carattere progressivo e rivoluzionario – a dispetto delle forze che ha portato al potere – ma anche perché questo scenario è un porobabile quadro di ciò che accadrà, nel bel mezzo della catastrofe economica mondiale, nelle ex repubbliche sovietiche circostanti (oltrechè nella Russia stessa ); senza dimenticare gli enormi sconvoglimenti dell’equilibrio mondiale tra le potenze che aspirano al controllo della regione (in primis USA e Russia) che la situazione in Kirghizistan sta creando.
Le prime reazioni di USA e Russia sono state estremamente caute, data la spontaneità originaria della rivolta delle masse, con le prime dichiarazioni volte unicamente ad auspicare “un ripristino dell’ordine” nel paese. In questi ultimi giorni però stanno emergendo sempre più le tensioni tra i due paesi, con gli USA – preoccupati per aver perso un alleato importante nella strategia imperialista in medioriente – che hanno bloccato le attività della base a Manar per 72 ore, e la Russia – la quale possiede anch’essa delle basi all’interno del paese – che sembra stringere legami col nuovo governo.
Dal canto suo il nuovo governo Otunbayeva non rappresenta gli interessi delle masse in rivolta, ma nel quadro della situazione mondiale rappresenta una pedina nel conflitto tra le grandi potenze e la sua unica preoccupazione è quella di ripristinare in fretta l’ordine capitalista nel paese. In assenza di una direzione marxista rivoluzionaria le masse vengono egemonizzate da forze che non rappresentano i loro interessi: anche questa vicenda indica come sia all’ordine del giorno la costruzione di una direzione rivoluzionaria delle lotte e di un’internazionale operaia di massa sotto il programma del trotskismo e della Quarta Internazionale.
L’aspetto fondamentale è capire che la crisi catastrofica internazionale del capitalismo porta verso la rottura dell’ordine mondiale. Il processo rivoluzionario in Kirghizistan è ormai un nodo cruciale sotto tantissimi punti di vista, sia come tassello catalizzatore dell’acuirsi delle tensioni inter-imperialistiche tra USA e Russia, sia per la sua connessione con l’escalation di guerra degli Stati Uniti, oltrechè perché l’insurrezione mostra la potenzialità delle masse nei paesi dell’ex Unione Sovietica. L’estendersi delle lotte dei lavoratori e delle masse a tutta la regione è la condizione necessaria per la sconfitta di tutti i regimi bonapartisti corrotti sorti dal crollo dell’URSS, spesso controllati dagli stessi burocrati stalinisti. Ciò a patto che i lavoratori di quei paesi marcino con proprio programma operaio indipendente sia dall’èlite economica dei propri paesi che dalle potenze imperialiste, vecchie o nuove che siano.

Antonio Carboni

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