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BASILICATA, DISCARICA NUCLEARE D'ITALIA?

di Tiziano Bagarolo

12 Marzo 2010

Le ragioni per dire "no" al ritorno del nucleare.
La minaccia che incombe sulla regione Basilicata che i nuclearisti di casa nostra vorrebbero usare come discarica nucleare

Dopo l'annuncio del ministro Scajola nel maggio di due anni fa (2008), sono seguiti gli accordi con Sarkozy (2009) e i decreti con le nuove norme per l'avvio degli impianti e delle centrali (febbraio di quest'anno). Con queste norme il governo ha fra l'altro espropriato le Regioni delle prerogative in materia di localizzazione degli impianti nucleari. Dobbiamo saperlo: sul ritorno del nucleare in Italia il governo Berlusconi e il ministro Scajola fanno sul serio, tremendamente sul serio. Bisogna fermarli.
Il nucleare è una scelta sbagliata e disastrosa in generale, da respingere senza se e senza ma. Perché non risolve i problemi energetici, perché presenta gravi problemi ambientali e rischi di catastrofe, perché non è economica, perché sono disponibili valide alternative, perché presenta rischi incalcolabili di proliferazione atomica e di militarizzazione della società.
Ma il ritorno del nucleare in Italia è una scelta particolarmente disastrosa per la Basilicata, che sarebbe trasforma nella discarica nucleare del Paese.
Chi vuole il ritorno del nucleare in Italia pretende che gli impianti di nuova generazione siano sicuri, che la fonte nucleare consenta di ridurre la dipendenza energetica del Paese, che l'energia prodotta con le centrali atomiche sia la più economica, che il nucleare aiuti ad abbattere le emissioni di anidride carbonica che – ormai è certo – provocano pesanti effetti climatici. Ma non è vero: questi argomenti sono solo propaganda; a dirlo non sono solo “gli ambientalisti”, ma anche studiosi seri e centri di ricerca insospettabili.

La scelta nucleare non è economica. Non più tardi del mese scorso, la Citigroup, la maggiore holding di servizi finanziari del mondo, ha pubblicato uno studio in cui si afferma che, senza un aumento delle tariffe elettriche e senza aiuti e garanzie da parte dello Stato, gli investimenti nel nucleare non sono convenienti per le imprese private. D'altra parte, come si spiega che per un quarto di secolo i capitalisti (non gli ambientalisti) non hanno investito sul nucleare neppure là dove potevano farlo? Dobbiamo saperlo: la scelta nucleare significa tariffe elettriche elevate per gli utenti e profitti garantiti dallo Stato per le imprese. No, grazie; facciamo meglio senza.

La tecnologia nucleare non è sicura. Bisogna sapere che le tecnologie di cui si parla sono sostanzialmente quelle di trent'anni fa, e che i “miglioramenti” introdotti nei sistemi di sicurezza dopo gli incidenti catastrofici di Three Mile Island (Usa 1979) e Chernobyl (Ucraina, 1986) non sono mai stati testati. Pochi mesi fa le agenzie per la sicurezza di Francia, Germania e Gran Bretagna hanno denunciato errori di progetto nei sistemi di sicurezza dei reattori EPR, quelli della francese Areva scelti dall'Enel per le future centrali italiane. Dobbiamo saperlo: il nucleare è una tecnologia “dinosauro” già fallita trent'anni fa; non vale la pena buttare una montagna di soldi per resuscitarla. Meglio impiegarli per lo sviluppo delle tecnologie che sfruttano le fonti rinnovabili e pulite (eolico e solare innanzi tutto).

La scelta nucleare non riduce i problemi energetici. La fonte nucleare potrebbe coprire al massimo una quota (il 25% secondo Scajola), e solo fra vent'anni, della produzione di elettricità, la quale rappresenta a sua volta solo il 15% dei consumi finali di energia! Il nucleare poi non riduce la dipendenza dall'estero: semplicemente trasferisce la dipendenza dalle compagnie petrolifere alle compagnie che producono e trasformano l'uranio. Per altro, già con gli attuali programmi nucleari, l'uranio è destinato a durare meno del petrolio. Dobbiamo dunque saperlo: il nucleare non può essere “la” soluzione a breve e neppure a medio-lungo termine dei nostri problemi energetici. Sarebbe invece una costosissima deviazione dall'unica strategia efficace: a breve termine puntare sul risparmio, sull'efficienza energetica e sulle attuali tecnologie dell'eolico e del solare; a medio-lungo termine puntare sullo sviluppo su larga scala di tecnologie innovative che utilizzino il potenziale enorme delle fonti rinnovabili: eolico, solare termico e fotovoltaico, biomasse, geotermia, ecc. Una strategia che richiede però di ripensare l'organizzazione della società e il soddisfacimento dei bisogni, dando priorità alle persone, alle comunità locali e all'ambiente e non al profitto dei grandi gruppi capitalistici. Dobbiamo saperlo: l'ostacolo non è tecnologico; l'ostacolo è il modo di produzione, è la logica del profitto del capitalismo!

Il nucleare contamina l'ambiente anche in assenza di incidenti. Non solo gli incidenti catastrofici provocano la contaminazione radioattiva dell'ambiente (Chernobyl ha provocato per la Bielorussia la perdita del 20% delle sue aree agricole e forestali e lo spostamento di 300 mila persone; gravi danni hanno subito anche l'Ucraina e la Russia; si stima che la “zona morta” resterà tale per 600 anni!). Gli impianti nucleari sono dannosi per la salute anche quando funzionano senza incidenti: i bambini che vivono nei pressi delle centrali sono colpiti da leucemie e malformazioni fino a cinque volte in più della media (dati ufficiali che vengono dalla Germania e dall'Inghilterra). La situazione è anche peggio presso i grandi impianti di trattamento del combustibile e di stoccaggio delle scorie, dove i rilasci radioattivi sono quotidiani. Dobbiamo saperlo: dove sorgono gli impianti nucleari, l'ambiente viene irrimediabilmente compromesso per secoli, se non per millenni!

Il nucleare non ha risolto i problema delle scorie. In nessun paese al mondo è stato risolto il problema dello stoccaggio definitivo delle scorie ad alta radioattività che restano pericolose per 100.000 anni; i siti che erano stati scelti negli Stati Uniti e in Germania sono stati o devono essere abbandonati. Dobbiamo saperlo: la scelta nucleare ipoteca il futuro per generazioni. Ci espone ai rischi della proliferazione nucleare e del terrorismo “atomico”, per evitare i quali l'intera società viene sempre più militarizzata. No, grazie! Non è questo il futuro che desideriamo per noi e per i nostri figli e nipoti.

Vogliono fare della Basilicata la discarica nucleare dell'Italia. Secondo i piani del governo Berlusconi toccherà a una società privata, la Sogin, proporre un sito unico per le scorie delle centrali nucleari che saranno costruite in Italia. Dobbiamo saperlo: toccherà probabilmente alla Basilicata diventare la discarica radioattiva di questo Paese. I tecnici stanno infatti discutendo dei siti di Scanzano, di Rotondella, della Trisaia: è più semplice imporre una grande discarica dove ce n'è già una piccola o c'è già un impianto nucleare. Ma già una volta nel 2003 le popolazioni della Basilicata hanno fatto sapere che non ci stanno a pagare per tutti. La lotta vittoriosa di Scanzano ha insegnato che si può resistere e si può vincere. Bisogna essere pronti a rifare una nuova Scanzano ovunque cerchino di imporre un sito nucleare.

Dalle elezioni un chiaro "no" al nucleare e un segnale di lotta. L'impegno del Partito Comunista dei Lavoratori contro il nucleare è chiaro: ci battiamo e ci batteremo con tutti i mezzi per dire “no” alla scelta sciagurata del ritorno dell'Italia al nucleare; siamo e saremo sempre con le popolazioni che lottano contro l'esproprio della loro volontà e la devastazione del loro territorio. La battaglia è appena cominciata. Anche dal voto deve arrivare un segnale chiaro della volontà di resistenza e di lotta. Ma le Regioni hanno comunque scarsa voce in capitolo. Dobbiamo saperlo: questa è una battaglia che comincia sul territorio e si vince su scala nazionale. Andando oltre il voto, occorre costruire una rete di comitati in tutti i territori e un grande movimento nazionale unitario: questo è l'impegno che il PCL si assume.
Una volta abbiamo già vinto. Vinceremo ancora.


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Tiziano Bagarolo

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  • tiziano.bagarolo@tele2.it