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LA MISERIA DELLE SINISTRE ALLA PROVA DELLE ELEZIONI REGIONALI

22 Febbraio 2010


Lo scenario delle elezioni regionali, a sinistra, è davvero sconsolante.
In 10 regioni su 13 ( Piemonte, Liguria, Veneto, Emilia, Toscana, Umbria, Lazio, Puglia, Basilicata, Calabria) PRC e PDCI si presentano in coalizione col centrosinistra, talvolta allargato alla UDC ( Piemonte, Liguria). E nelle tre regioni rimanenti ( Lombardia, Marche, Campania) si presentano separatamente solo perché scaricati dal PD, come loro stessi lamentano, o perché è saltato il centrosinistra cui erano”iscritti” ( Bassolino). La sinistra italiana è dunque ridotta a variabile dipendente dei liberalconfindustriali, in perfetta continuità con la tragica subordinazione al centrosinistra ( e alle sue politiche antioperaie) negli anni di Prodi.
Le solenni promesse di “svolta” dei congressi di PRC e PDCI ( “ in basso a sinistra”,“autonomia dal PD”, “mai più nelle giunte a prescindere”) si sono rivelate una volta di più per quello che sono: recite retoriche per ingannare i militanti, sopravvivere al proprio fallimento, conservare i propri ruoli dirigenti e riprendere il negoziato di governo con i liberali. In un eterno giro di giostra, che dura da 15 anni. Se poi i liberali aprono alla UDC di Casini- Caltagirone-Cuffaro, nessun dramma: pur di restare nel gioco della politica borghese, va bene anche l’alleanza con la UDC. Se i liberali si affidano alla candidatura Bonino, già guerrafondaia “umanitaria”e nemica dell’articolo 18, nessun problema: va bene la candidata Bonino. Persino dopo aver riconosciuto testualmente che “la Bonino sul terreno sociale è a destra della Polverini” ( Paolo Ferrero, 1 febbraio 2010).
In qualche caso si è cercato di nascondere queste enormità dietro la foglia di fico di presunti “accordi elettorali, non di governo”. Bugia. Quando si entra nel listino dei governatori- come nel caso di Bresso e Bonino- si entra nella ( virtuale) maggioranza di governo di centrosinistra, tanto più quando si sottoscrive, come nei casi citati, un programma minimo comune ( di immancabili promesse letterarie). Peraltro in altri casi non meno gravi si è fatto a meno della stessa foglia di fico. Come nel caso del pieno accordo di governo con Burlando e la UDC in Liguria ( su un programma di coalizione talmente esaltativo della scuola privata confessionale, che persino Sinistra e Libertà ha posto problemi); o nel caso del pieno accordo di governo con Bortolussi in Veneto, presidente della CGIA, candidato talmente sconcertante per il suo appoggio pubblico alle politiche di Tremonti da essere giudicato “imbarazzante” persino da un settore del PD e da Repubblica. Eppure in queste situazioni, gli assessori di PRC e PDCI – in caso di “vittoria”(?)- sono già prenotati, senza pudore.
Peraltro non c’è bisogno di citare i cosiddetti casi “estremi”. E’ sufficiente l’ordinaria amministrazione degli accordi realizzati col PD. Come quello in Toscana, dove in cambio di assessori garantiti, PRC e PDCI hanno siglato un programma di coalizione comprensivo di “inceneritori” e“centri di espulsione di migranti” , benedetto da Monte Dei Paschi. O quello in Calabria, dove PRC e PDCI restano abbarbicati a Loiero, nonostante lo scempio compiuto e rivendicato contro la sanità pubblica, e nonostante una presenza talmente consistente di malaffare che più di metà del Consiglio regionale è inquisito..
In questo quadro generale presentare la candidatura di Ferrero in Campania in alternativa a De Luca come “prova” di rigore politico del PRC è davvero grottesco. Tanto più dopo aver fatto parte per 15 anni del bassolinismo , con assessori a tutti i livelli. E dopo aver cercato sino all’ultimo minuto un accordo col marcescente PD campano su un nome meno “inquinato”.La realtà è ben diversa: siccome il Bassolinismo è crollato, siccome tutta la coalizione di centrosinistra in Campania dà per persa la Regione , siccome non sono più in ballo assessorati, ognuno ha giocato in libertà una partita propria. Che nel caso del PRC non solo non contraddice, ma non riesce neppure a mascherare, la linea generale di accordo, senza principi, col centrosinistra su scala nazionale.
Questo scenario generale impone una sola conclusione: i vecchi gruppi dirigenti della sinistra italiana, già responsabili di una catastrofe politica, sono e restano irreversibilmente su un binario morto. Ogni residua illusione su un loro possibile ripensamento o rigenerazione è ancora una volta smentita dai fatti.
Una volta di più si conferma la scelta del Partito Comunista dei Lavoratori di costruirsi, nelle lotte, su basi indipendenti attorno a principi chiari, e di unire i comunisti attorno a questi principi. Puntando ovunque possibile alla propria autonoma presentazione elettorale quale sinistra anticapitalista, in alternativa e in contrapposizione al centrodestra e al centrosinistra.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

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