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A FIANCO DEI MIGRANTI IL PRIMO MARZO, CONTRO OGNI DISIMPEGNO SINDACALE.

27 Gennaio 2010

Il PCL sostiene senza riserve l’iniziativa di mobilitazione e di sciopero promossa da diverse associazioni di migranti per il primo marzo, in concomitanza con un’analoga iniziativa in Francia e in altri paesi europei. E chiede a tutte le sinistre politiche e sindacali di abbandonare ogni posizione di disimpegno nei confronti di questo importante appuntamento di lotta.
Per la prima volta, si stanno creando le condizioni in Italia di un movimento di massa dei migranti. Non di un movimento di “solidarietà” verso i migranti, ma di un movimento che veda i migranti come protagonisti di una lotta per la propria emancipazione. Per di più un movimento nel quale i proletari migranti possono svolgere un ruolo di primo piano e di guida sul grosso della propria comunità. Questa novità è il prodotto di numerosi fattori combinati: l’estensione materiale della presenza migrante (comunitaria ed extracomunitaria) all’interno del lavoro dipendente; l’allargamento più generale della presenza migrante nella società italiana durante gli ultimi 15 anni; l’incremento diffuso dei migranti di seconda generazione, in particolare nel nord; lo sviluppo concentrato di politiche xenofobe e reazionarie, con base di massa, contro l’immigrazione e i migranti; il riprodursi di prime reazioni attive di settori migranti alla propria condizione ( Milano, Casal di Principe, Rosarno..) con espressioni di vera e propria rivolta. Si estendono dunque le basi potenziali, oggettive e soggettive, di un movimento degli immigrati, già documentate peraltro dalla riuscita manifestazione nazionale del 17 Ottobre. Questo carica le sinistre politiche e sindacali di una nuova responsabilità: quella di raccogliere le potenzialità del movimento, di dare loro una prospettiva, di saldarle con le ragioni generali della classe operaia e delle masse subalterne.
L’attuale atteggiamento della burocrazia dirigente della Cgil e di alcuni gruppi dirigenti del sindacalismo di base di fronte alla scadenza del primo marzo è l’esatta rimozione di questa responsabilità. Con la copertura di argomenti privi di ogni consistenza.
L’argomento secondo cui lo sciopero dei migranti sarebbe giuridicamente “impossibile” e in ogni caso “fallimentare” è semplicemente falso. Innanzitutto le organizzazioni sindacali possono promuovere lo sciopero dei lavoratori immigrati così come possono promuovere lo sciopero di qualsiasi specifico settore di classe,in base a criteri professionali, sociali, di genere. La tesi secondo cui lo sciopero o è “universale” o “non è” è priva di riferimento giuridico e storico . Sarebbe come dire che è “impossibile” promuovere uno sciopero specifico dei precari della scuola. O che sono “impossibili” scioperi del proletariato femminile o di colore, che invece hanno segnato in altre epoche, e in altri paesi, la crescita del movimento proletario e del suo processo di unificazione. Quanto all’inevitabile “fallimento” di uno sciopero dei migranti si tratta di un argomento volgarmente disfattista. Tutti sappiamo naturalmente quanto sia ricattabile la condizione di milioni di lavoratori migranti, in termini economici e giuridici: è la ragione della loro specifica oppressione e dunque dell’iniziativa di sciopero. Molti immigrati non potranno aderire materialmente allo sciopero, pur potendo solidarizzare in varie forme con le sue ragioni. Ma molti potranno farlo se le organizzazioni sindacali vorranno dare loro tutela e copertura. La richiesta a favore dello sciopero di significativi settori di proletariato migrante è, al riguardo, molto eloquente. Perché non raccoglierla? Quale che sia il livello di partecipazione diretta al primo sciopero dei lavoratori migranti, il suo significato sarebbe enorme: tanto più se combinato con manifestazioni diffuse e visibili sull’intero territorio nazionale, e con la raccolta della solidarietà attiva di tanti immigrati impossibilitati a scioperare. E viceversa respingere la richiesta di sciopero che i settori più avanzati del movimento migrante avanzano significherebbe favorire nelle loro fila sentimenti di delusione e ripiegamento, a tutto vantaggio oltretutto della campagna reazionaria ( è casuale la campagna velenosa che già oggi il Giornale di Berlusconi promuove contro l’”ipocrisia dei sindacati” che “abbandonano” gli immigrati?). In ogni caso la tesi secondo cui un settore proletario è troppo oppresso per ribellarsi alla propria oppressione, ricorda la tesi dei liberali inglesi del primo 800, che spiegavano agli operai che non potevano scioperare perché lo sciopero è vietato. Fortunatamente la storia dell’umanità è stata più coraggiosa di tanti falsi “realisti”.
L’argomentazione sindacale secondo cui è preferibile lo “sciopero di tutti” e non “uno sciopero etnico” confonde i termini del problema. E’ vero: il sindacalismo di classe deve puntare alla prospettiva di un’unificazione generale di tutto il mondo del lavoro attorno a una comune piattaforma di lotta e di sciopero vero. E’ la proposta che il PCL continua ad avanzare, da tempo, a tutte le sinistre politiche e sindacali, contro la loro politica di surplace propagandistica senza mobilitazione reale ( CGIL) o di pure manifestazioni rituali e di calendario, per di più separate (sindacalismo di base). Ma perché “contrapporre” questa esigenza generale alla scadenza di mobilitazione di un settore particolarmente oppresso del proletariato e della società italiana? L’impostazione va esattamente rovesciata. Lo sviluppo di un movimento del proletariato migrante, trainato dalle proprie specifiche necessità, emergenze, rivendicazioni ( a partire dal permesso di soggiorno) darebbe un contributo prezioso proprio alla prospettiva della ricomposizione di un blocco sociale unitario del mondo del lavoro. Sia perché favorirebbe lo sviluppo della sindacalizzazione e organizzazione del proletariato immigrato, sia perché porrebbe condizioni più avanzate per comuni obiettivi di lotta col proletariato italiano, scuotendo pregiudizi e resistenze diffuse. L’unità di classe passa attraverso il processo d’incontro di movimenti reali, lungo la dinamica del loro reale sviluppo, non attraverso petizioni formali di principio contrapposte al movimento reale. Contrapporre lo “sciopero di tutti” allo “sciopero dei migranti” significa ostacolare l’autorganizzazione dei migranti a danno di tutti i lavoratori. Per di più con una evocazione retorica che non corrisponde alla politica reale dei sindacati: che non solo non stanno preparando- purtroppo- alcuno “sciopero generale” REALE, ma continuano a baloccarsi nella routine di iniziative semestrali una tantum prive di ogni capacità di incidenza e risultati ( sia per i lavoratori italiani che per i migranti).
Lo sciopero del 1 Marzo riveste inoltre un significato importante anche dal punto di vista dello sviluppo di un’egemonia proletaria sull’insieme del popolo immigrato. Non solo l’operaio immigrato ma l’insieme dei migranti vivono una condizione di specifica oppressione. Nell’estrema articolazione di provenienze etniche, di condizioni giuridiche, di mestieri sociali, di differenze di genere, il grosso dei migranti subisce l’oppressione speciale, diversamente graduata, di leggi discriminatorie, di abusi polizieschi, di pratiche razziste, in tanti aspetti della propria vita sociale ( lavoro, abitazioni, relazioni familiari, diritti civili e politici). L’operaio migrante somma a questa condizione lo sfruttamento capitalistico. Ma questa condizione tocca la badante, il piccolo venditore ambulante, il musicante, le mille figure del paesaggio quotidiano della marginalità sociale degli immigrati e delle loro comunità. Questa condizione diventa il brodo di coltura di operazioni politiche e culturali diverse. Delle campagne xenofobe, innanzitutto. Ma anche, su un versante diverso, dell’assistenzialismo caritatevole del clero cattolico, formalmente umanitario ma socialmente conservatore. O di clan comunitari dediti alla mediazione complice con lo Stato. O della predicazione di imam islamici integralisti, carica di equivoci reazionari. Tutte forme diverse di assoggettamento ideologico dei migranti all’attuale ordine sociale, oltrechè della loro divisione e frammentazione. Un’azione di classe del proletariato migrante potrebbe destabilizzare profondamente questo composito quadro di controllo. Abbattendo muri divisori e ricomponendo attorno a un proprio programma di lotta tutte le istanze di emancipazione del popolo immigrato. Ciò che rappresenta un passaggio decisivo, a sua volta, per la ricomposizione unitaria tra proletariato italiano e immigrati. Lo sciopero del 1 Marzo parla anche di questo.
Lo sciopero del 1 Marzo investe infine la dimensione internazionale della condizione migrante e della lotta degli immigrati. Non solo lo stato borghese italiano, ma la fortezza U.E. è protagonista dell’oppressione di milioni di migranti, in tutta Europa e nella stessa Italia. A partire dalla Francia, si vanno moltiplicando in diversi paesi dell’Europa le domande di un’azione congiunta su scala continentale dei lavoratori migranti. La scadenza del 1 Marzo nasce in questo contesto. Con una carica critica più che motivata nei confronti delle politiche sindacali europee sul tema immigrazione e della loro subalternità alle politiche dominanti di centrodestra e centrosinistra. La sinistra italiana ha il dovere di ricongiungersi a questo processo internazionale di mobilitazione: che oltretutto costituisce un esempio per l’insieme del proletariato europeo, e un incentivo alla sua ricomposizione continentale su base indipendente, contro ogni subordinazione ai propri capitalismi nazionali e ai loro governi.

Per queste ragioni, il PCL chiede a tutte le sinistre politiche e sindacali
A) di sostenere unitariamente la giornata di lotta e di sciopero del 1 Marzo.
B) Di assicurare piena copertura sindacale e tutela a tutti i migranti che vorranno scioperare ( sull’esempio della posizione assunta dalla Camera del lavoro di Brescia).
C) Di organizzare nello stesso giorno manifestazioni pubbliche dei migranti ( scioperanti e non) ovunque possibile.
D)Di assumere e rilanciare come riferimento la piattaforma di lotta della manifestazione del 17 ottobre, a partire dalla rivendicazione del permesso di soggiorno per tutti i lavoratori immigrati, e dell’abrogazione di tutte le leggi antimigranti.
E)Di elaborare parallelamente una piattaforma rivendicativa unificante dei lavoratori italiani e immigrati, a partire dalla rivendicazione di eguali diritti, del blocco generale dei licenziamenti, dell’abrogazione delle leggi di precarizzazione del lavoro, della ripartizione fra tutti del lavoro esistente attraverso la riduzione progressiva dell’orario di lavoro a parità di paga, dello sviluppo di un vasto piano di opere sociali ( finanziato dalla tassazione progressiva dei grandi profitti, rendite, patrimoni) capace di dare nuovo lavoro a italiani e migranti.
F)Di preparare su queste basi uno sciopero generale di tutto il mondo del lavoro, capace di promuovere una vera prova di forza contro le classi dominanti e il loro governo.

PARTITO COMUNISTA DEI LAVORATORI

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