Dalle sezioni del PCL

Processo breve e grottesco

A novembre dello scorso anno era stata aperta un'indagine a Forlì, contro un nostro militante e altri 6 compagni. Bene (si fa per dire), giovedì 21 gennaio, è arrivata per posta la notifica degli atti giudiziari.

26 Gennaio 2010

Questo il responso:
"In ordine alla contravvenzione p.e.p degli artt. 110 c.p. e art 18 comma 4 del r.d 18.6.1931 n.773, per avere, in concorso tra loro e con altre persone non identificate, preso parte ad una riunione pubblica non autorizzata, svoltasi in Forlì in piazza Saffi (alla quale prendevano parte circa 15 persone).
(…) Considerato che la pena (e le misure e le sanzioni accessorie) da applicare possa così essere determinata: pena pecuniaria di 3800 di ammenda ciascuno così determinata: pena base 25 giorni di arresto ed 75 di ammenda, aumentati ex art. 81 cpv a giorni 30 di arresto ed 100 di ammenda, diminuiti della met ai sensi dell'art.459 in 15 giorni di arresto ed 50 di ammenda
Sostituzione ex aa 53 e ss L. n 689/81 dal 8-8-2009 in ragione di 250 euro per ciascun giorno di reclusione o di arresto".

La "sentenza" prevede quindi una multa di 3800 euro per ogni compagno, per un totale di 26600 euro... Qual'è il "reato"? Essersi ritrovati in piazza senza aver prima avvisato il questore!
La legge applicata non a caso è di epoca fascista ed è datata 18.6.1931
Segnaliamo che non solo, non è stato comunicato che si sarebbe tenuto un processo (svoltosi alla nostra insaputa il 22 dicembre), ma la sentenza grottesca, figlia di un'indagine surreale, ha il chiaro scopo di intimidire e snervare l'attività politica di chi non si è rassegnato alla disoccupazione, alla precarietà e alla privazione fisica e morale.
Chiaramente presenteremo ricorso, ma sappiamo bene che le leggi non possono essere aggirate ma solo abbattute, ed è anche per questo che la repressione in ogni sua forma non fa che confermare la necessità della rottura rivoluzionaria con le leggi dello stato borghese, il cui unico scopo è la difesa del (dis-)ordine esistente: il capitalismo.

Con la schiena dritta, propria di chi non ha mai tradito la causa della “canaglia pezzente che suda soffre e lavora”, diciamo che:

"Noi non crediamo alla funzione dei martiri, degli eroi, delle élites, di uomini di eccezione. Sentiamo di essere rappresentanti di un partito politico che è l'organo della missione storica della classe proletaria, ci sentiamo esponenti del proletariato nel conflitto incancellabile fra le opposte classi, strumenti a disposizione di questa funzione collettiva. Ci si è minacciati di volerci spezzare la schiena: noi resisteremo del nostro meglio ma non sappiamo che ne verrà: è il problema della resistenza di un utensile. Potremmo, forse, desiderare dei rapporti più comodi per le nostre persone, ma questo non ha importanza. Quello che importa è il rapporto reale di forza tra noi e gli avversari. La realtà è che in questo momento noi siamo degli sconfitti e ci troviamo in una situazione di inferiorità. Non si tratta di appoggiare su astrazioni di un vuoto liberalismo un nostro diritto ideale ad essere risparmiati: a noi basta dire senza spavalderia che liberi oggi o più tardi continueremo a lavorare per cambiare quei rapporti effettivi ora a noi sfavorevoli e per invertirli domani".
(tratto Da Bordiga "Il processo ai comunisti italiani – 1923", Libreria editrice del PCd’I, Roma, 1924)

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