Rassegna stampa

Un Parlamento extraparlamentare

da "il manifesto" di martedì 7 luglio

7 Luglio 2009

COMMENTO | di Marco Ferrando *

La domanda di unità a sinistra che si esprime in milioni di lavoratori merita un rispetto profondo. Proprio per questo non può essere «usata» dai gruppi dirigenti delle sinistre come leva di una propria autoassoluzione.
Dopo quindici anni un ciclo si è chiuso: quel patrimonio di ragioni sociali, che si era raccolto negli anni '90 attorno al Prc, è stato prima colpito dai governi di centro-sinistra e poi privato di ogni rappresentanza istituzionale in sede nazionale ed europea. La «unità delle sinistre» non è affatto mancata quando Giordano, Diliberto, Salvi, Ferrero votavano uniti come un sol uomo missioni di guerra, regalie alle banche, precarizzazione del lavoro. È mancata quando gli stessi gruppi dirigenti dovevano contendersi, gli uni contro gli altri, il controllo dei rispettivi partiti e la propria sopravvivenza istituzionale. Non è mancata l'unità quando si trattava di colpire la propria base sociale, è mancata quando si trattava di difendere i propri ruoli.
Chiedo: possono oggi candidarsi a ricostruire la sinistra quei gruppi dirigenti che l'hanno distrutta? Tutte le vecchie o nuove formule che oggi vengono avanzate nel nome dell' «unità» («federazioni», «costituenti», ecc.), hanno un punto comune singolare: la permanenza al posto di comando di tutti i responsabili della disfatta. Di più: ogni formula sembra confezionata su misura attorno alla sopravvivenza di ruolo di chi la propugna. In una guerra di tutti contro tutti. Senza alcun bilancio delle proprie responsabilità e senza alcuna svolta di prospettiva .
Il Pcl non è interessato a queste ingegnerie burocratiche: perché non vi sarà via di uscita dalla crisi storica della sinistra senza una svolta radicale di posizioni, programmi, gruppi dirigenti; senza una radicale rottura con il governismo, nazionale e locale; senza il recupero di un programma rivoluzionario che assuma come unico vincolo l'interesse generale dei lavoratori, e non quello della propria autoconservazione di ceto. Per questo il nostro partito assume il cambio di direzione della sinistra italiana come prospettiva della propria costruzione indipendente.
Significa forse che non ci interessa l'«unità»? Al contrario. Siamo noi a sfidare all'unità di lotta tutte le sinistre politiche e sindacali. Perché non lavorare insieme ad una proposta di unificazione e radicalizzazione della lotta sociale, a partire dalle aziende in crisi? Perché non batterci insieme in una campagna per la nazionalizzazione, sotto controllo operaio, delle banche e delle aziende che licenziano? Perché non promuovere insieme sul territorio, a partire dal Nord, strutture unitarie di vigilanza operaia e popolare contro il dilagante rondismo xenofobo e la criminalità quotidiana del capitale?
Abbiamo avanzato queste e altre proposte unitarie ben prima dell'ultima campagna elettorale, con ripetuti appelli. Ma invano. Forse che l'unità d'azione nella lotta di classe è meno importante del proprio risiko organizzativo?
Inoltre rilanciamo con forza la nostra proposta di un «Parlamento dei lavoratori e delle sinistre». Se tutte le sinistre sono estromesse da ogni parlamento, perché non costituire una pubblica tribuna di libero confronto e di unità d'azione? Un «Parlamento delle sinistre», come noi l'intendiamo, salvaguarderebbe la piena autonomia di ogni sua componente; si baserebbe su una libera rappresentanza elettiva, rigorosamente proporzionale, dei diversi soggetti della sinistra, e sul coinvolgimento attivo del loro popolo; favorirebbe la promozione del fronte unico nel movimento reale e anche per questo dovrebbe aprirsi alla partecipazione di tutte le rappresentanze di movimento.
Questa proposta ha una caratteristica molto semplice: non tutela alcuna rendita di posizione. Le altre sinistre sono disponibili a mettersi in gioco in un confronto vero, rispettando la democrazia del proprio popolo?
*Partito comunista dei lavoratori

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FONTE

  • mt1946@libero.it