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LA LEZIONE DELL’ABRUZZO. LA CRIMINALITA’ DEL CAPITALISMO. LA BANCAROTTA DELLE SINISTRE. L’ATTUALITA’ DELLA LOTTA PER UN GOVERNO DEI LAVORATORI.
24 Aprile 2009
La vicenda tragica del terremoto abruzzese è una cartina di tornasole della criminalità del capitalismo, e la conferma della prospettiva di un governo dei lavoratori ,quale unica alternativa alle classi dominanti e al loro cinismo.
LA CRIMINALITA’ DELLA BORGHESIA ITALIANA, DEI SUOI PARTITI, DEI SUOI GOVERNI.
Non partecipiamo al dibattito sulla “prevedibilità” dei terremoti. Perché quel dibattito, al di là del merito, rimuove la centralità del problema vero: la criminalità della borghesia italiana di fronte all’assoluta prevedibilità degli effetti sociali dei terremoti, in assenza di ogni misura reale di sicurezza degli edifici pubblici e privati. Ciò che si voleva nascondere, dietro il velo retorico della solidarietà alle vittime, è ormai di dominio pubblico. I costruttori hanno eretto edifici con materiali di cartapesta. Le aste di appalto al massimo ribasso, commissionate da tutti i governi regionali e locali, e consentite dalla normativa nazionale, hanno coperto le pratiche criminali dei costruttori. I controlli istituzionali sulle opere commissionate sono stati nulli o complici ( come nel caso dell’ospedale di S. Salvario). Il taglio alle spese sui monitoraggi tellurici, le proroghe sistematiche delle norme tecniche antisismiche da parte dei governi nazionali di centrosinistra e centrodestra ( col voto di tutte le sinistre e di Di Pietro), sotto la spinta della lobby dei costruttori, hanno contribuito al crimine, con un inequivocabile concorso di reato. Nei fatti, la morte di 295 uomini e donne e di un numero imprecisato di immigrati “irregolari” senza nome( sui quali perdura un vergognoso silenzio), è stato un manifesto omicidio. E gli assassini e i complici non sono anonimi, come pretende una curiosa inchiesta della procura abruzzese “contro ignoti”: sono ad esempio i notissimi grandi costruttori che portano il nome di Impregilo, già coinvolti in numerosi scandali e ciononostante immancabili destinatari di tutti i grandi appalti( inceneritori campani, Ponte di Messina, Tav..) commissionati dai governi di ogni colore; sono tutti i notissimi partiti di governo che, ad ogni livello, hanno garantito i profitti dei costruttori ( con o senza mazzette).E’ un caso se tutti i partiti borghesi di governo degli ultimi 20 anni hanno invocato all’unisono, dopo la tragedia, “un silenzio di unità nazionale” per “rispetto”… delle (loro) vittime? Di più: quelle stesse classi dirigenti che hanno preteso il silenzio sul proprio crimine, sono pienamente corresponsabili del mancato soccorso. Tutte le finanziarie degli ultimi 20 anni- nessuna esclusa- hanno tagliato i fondi per la protezione civile, mentre destinavano decine di miliardi a banche e imprese ( costruttori inclusi). L’attuale governo Berlusconi,, che ha recitato la parte del soccorritore eroico e commosso degli scampati ad uso delle telecamere, ha tagliato i fondi della protezione civile del 18% per il solo 2009, e del 28% sino al 2011, senza che nessuno gli abbia contestato questa enormità. Ed oggi, proprio per salvare l’impianto di quella finanziaria, pretende o di far pagare la ricostruzione dell’Aquila ai lavoratori e alle masse popolari, oppure di minimizzare i costi della ricostruzione a fini di “risparmio”.
TRUFFE GOVERNATIVE E COMITATI D’AFFARI AL LAVORO.
Il balletto delle cifre governative per la ricostruzione abruzzese, è tanto indecente quanto rivelatore. Prima si è parlato di 1 miliardo e mezzo. Poi di 4 miliardi. Poi ancora di 8 miliardi. Infine di 12 miliardi, come ha finalmente riconosciuto il ministro Maroni. Salvo essere smentito dal successivo consiglio dei ministri che è ritornato sulla quota 8 miliardi. Questa confusione sulle cifre da un lato misura l’entità del disastro e l’impossibilità di nasconderla, dall’altro la difficoltà del governo. Che per tutelare i 12 miliardi dei Tremonti bond già assicurati ai banchieri, e gli ulteriori miliardi già garantiti agli industriali che licenziano, pensa di riservare alla ricostruzione abruzzese la sommatoria dei fondi del barile , finanziati anche da nuove restrizioni agli enti locali( a proposito dell’ipocrisia del federalismo). Per non parlare dell’ipotesi, ancora in piedi, di un nuovo regalo alla grande evasione attraverso lo scudo fiscale per il rientro dei capitali: che significherebbe condonare ai grandi capitalisti l’enorme furto compiuto i danni della società in cambio di un loro minuscolo contributo. Oppure l’idea berlusconiana della New Town: che consentirebbe ai costruttori di acquistare i terreni fuori città grazie al credito delle banche, e poi di rivendere le case costruite agli sfollati con un mutuo mensile pari all’attuale affitto medio ( secondo anticipazioni della stampa). Soluzione davvero geniale, che permetterebbe al governo di risparmiare parte dei soldi per la ricostruzione, mentre le vittime dei crolli dovrebbero ricomprarsi ( altrove) la casa, finanziando i costruttori . Non è tutto. In questo quadro di cinismo dilagante l’ Associazione nazionale dei banchieri (ABI) presenta come atto di generosità la ..“sospensione” per alcuni mesi delle rate dei mutui: il che significa che persino chi ha perso la casa dovrà continuare,dopo qualche mese, a pagare il mutuo a chi gliel’ha venduta ( complice di chi gliel’ha distrutta). Per non parlare dell’immacolata Chiesa cattolica che, tra le lodi di tutta la stampa borghese, ha versato per la ricostruzione l’ignobile miseria di 5 (cinque) milioni di euro( un nulla rispetto alle sue ricchezze), mentre invoca col cardinal Bertone “il silenzio sulle polemiche” ( cioè sui crimini- guarda caso- di chi la Chiesa ha sempre protetto). Infine, Il fatto che si scateni una grottesca aggressione bipartisan contro Anno zero, rea di aver aperto qualche interrogativo sull’intera vicenda, è il degno coronamento dell’arroganza imperante delle classi dominanti , del loro governo, della loro “opposizione”.
L’AFASIA DELLE SINISTRE: OLTRE LA SOLIDARIETA’, IL NULLA.
Sconcertante una volta di più, di fronte a questo scenario, la “linea” delle sinistre. PRC, PDCI, SD, già partecipi senza un briciolo di autocritica alla giunta del malaffare di Ottaviano Del Turco, collusa al pari di altri con i poteri criminali della regione, hanno accettato per un’intera settimana il clima artificioso del bon ton politico istituzionale: lasciando all’ipocrisia di Di Pietro lo spazio mediatico delle “polemiche”, e limitandosi a promuovere le “brigate di solidarietà” con le popolazioni.( Sinistra Critica si è mossa a ruota, privilegiando anch’essa la pura azione solidari sta). Ma come? L’azione solidale è naturalmente un dovere elementare del movimento operaio e delle sinistre, tanto più di fronte al cinismo dominante: e infatti tutte le strutture del PCL abruzzese ( e non solo abruzzese), sono state e sono in prima fila su questo terreno. Ma perché rimuovere contestualmente una campagna centrale di denuncia delle responsabilità delle classi dominanti, dei loro partiti regionali e nazionali, dello stesso governo nazionale in carica? Il vero rispetto delle vittime non è forse la denuncia dei loro assassini? Perché favorire di fatto, al di là delle intenzioni, quella operazione mediatica del Berlusconi “soccorritore” che si è nutrita del clima generale di acritica solidarietà? Ma soprattutto: perché non contrapporre ai piani del governo un proprio programma indipendente per la ricostruzione che faccia pagare le classi dominanti invece delle loro vittime? Questa vicenda abruzzese ha riproposto una volta di più tutta l’afasia di una sinistra subalterna : che non rinuncia a tenersi aperta la via per una nuova unione con i partiti borghesi, a livello locale e nazionale, e per questo è incapace, come su ogni terreno, di una proposta anticapitalista, programmatica e di lotta, che vada al cuore delle cose.
RIVENDICAZIONI IMMEDIATE ED AUTORGANIZZAZIONE : LA VIA DEI COMITATI POPOLARI.
ll PCL ha sempre seguito e segue un’altra via: quella dell’indipendenza dalla borghesia italiana. E per questo oggi collega la denuncia del crimine abruzzese con una proposta programmatica e di mobilitazione radicalmente alternativa ai piani dominanti. Una proposta che parte dall’emergenza sociale prodottasi per ricondurre alla necessità di un’alternativa politica e sociale.
La prima emergenza è data dall’assistenza sociale alle decine di migliaia di sfollati, che non possono continuare a vivere nelle tende e nel fango.Ll’annunciata pretesa degli albergatori della costa, a partire da giugno, di imporre a chi ha perso casa e lavoro un fitto di 900 euro mensili, è un’insulto irricevibile. E’ ora di finirla con la logica dell’elemosina o dello strozzinaggio. Va creata un’immediata disponibilità di abitazioni per i senza casa attraverso la requisizione delle case sfitte necessarie- come ha immediatamente proposto il PCL abruzzese- a partire dagli alloggi vuoti detenuti dalle immobiliari, dalle assicurazioni , dagli enti ecclesiastici. Va abrogato ogni mutuo a chi ha la casa distrutta, con un annullamento del debito verso la banca ( che semmai dovrebbe pagare le truffa subita dal mutuato). Va abolita ogni forma di prelievo fiscale ( diretto o indiretto) per i lavoratori che hanno perso la propria casa e il proprio lavoro, a partire dalle bollette. Va garantito un salario a tutti i disoccupati non inferiore ai 1000 euro netti mensili detassati. Va assicurato il permesso di soggiorno ai lavoratori immigrati che hanno perso il lavoro e la casa, e che perciò rischiano un’incredibile espulsione. Attorno a queste prime rivendicazioni è possibile e necessario unire tutti i soggetti sociali coinvolti, attraverso la formazione di comitati popolari e un loro coordinamento territoriale. Peraltro il moltiplicarsi spontaneo di forme di aggregazione popolare dal basso in diverse realtà dell’aquilano, dimostra che la via dell’autorganizzazione è tuttaltro che “ideologica e astratta”. E’ la via che va ora percorsa con forza e generalizzata.
CHI CONTROLLA E CHI PAGA LA RICOSTRUZIONE?
La seconda emergenza è il piano di ricostruzione dell’Aquila e di tutti i paesi colpiti. Non si può affidare questo piano alle autorità politiche complici del crimine. Comitati popolari, designati direttamente dalle popolazioni colpite, paese per paese e tra loro coordinati, possono definire un proprio progetto- con l’apporto di tutte le disponibilità di tecnici indipendenti- a cominciare dal censimento dei danni e delle necessità. Vanno ricostruiti la città e i paesi distrutti, e non costruiti altre città e altri paesi. Tutti i responsabili delle costruzioni di cartapesta- costruttori, committenti, alti dirigenti compiacenti- vanno pubblicamente censiti, denunciati, rimossi. Vanno individuati tutti i responsabili politici di giunta ( e i loro riferimenti nazionali) che hanno coperto appalti al ribasso e rimosso i controlli. Lo smantellamento dell’intero apparato burocratico amministrativo responsabile dell’accaduto va rivendicato come primo passo della ricostruzione. Affidare la ricostruzione alla stessa struttura politica e amministrativa complice di un crimine, significherebbe avallare un secondo crimine.
I comitati popolari possono dire la propria sulla stessa materia dei costi economici e sociali dell’intervento necessario. Né i costi dell’assistenza sociale alle popolazioni, né i costi della ricostruzione debbono essere pagati dalle vittime e dai lavoratori italiani. Ogni nuova imposta sul lavoro ( diretta o indiretta) va radicalmente respinta. Tanto meno si possono avallare “risparmi” furbeschi, più o meno malcelati, sugli investimenti necessari, come ha fatto il Consiglio dei ministri del 23 aprile. Le risorse dovute sono ingenti- come ha riconosciuto a denti stretti lo stesso ministro degli interni- e devono essere pagati da chi non ha mai pagato. Non solo usando i soldi previsti per opere inutili e dannose ( dal Ponte di Messina, alla Tav, al nucleare), ma abbattendo i 30 miliardi destinati per le spese militari, a partire dall’acquisto degli F35 e dai nuovi finanziamenti per il rafforzamento annunciato in Afghanistan; i 6 miliardi annui regalati al Vaticano grazie all’esenzione di IVA e ICI ( dando così… al Papa e ai vescovi un’occasione più sostanziosa e autentica di virtuosa carità cristiana); gli insopportabili privilegi della cosiddetta casta politico istituzionale, composta per lo più dai committenti dei costruttori. Di certo la cifra ricavata da queste misure di svolta sarebbe ben superiore alle stesse indicazioni del ministro, ma proverrebbe dalle tasche che il governo ( e il PD) vorrebbero tutelare. Una battaglia delle sinistre politiche e sindacali che dicesse “ la ricostruzione in Abruzzo la paghino non i lavoratori ma le classi dirigenti, sotto controllo popolare” potrebbe incontrare un grande ascolto e simpatia presso le classi subalterne, ben al di là dell’Abruzzo. E in ogni caso è una rivendicazione che risponde a un criterio di moralità elementare.
UN GRANDE PIANO NAZIONALE DEL LAVORO PER LA MESSA IN SICUREZZA DI CASE, SCUOLE, OSPEDALI. SOTTO CONTROLLO POPOLARE
La ricostruzione dell’Aquila e dei paesi colpiti va collegata a un piano più generale di risanamento edilizio nazionale. Altro che allargamento libero delle villette e nuovi piani rialzati, come pretende il piano casa del governo, già concordato con le regioni e dunque col PD. L’esigenza vera, rivelata drammaticamente dai fatti d’Abruzzo, è la messa in sicurezza di case, scuole, ospedali, sull’intero territorio nazionale. Ben 15 milioni di persone vivono in case prive delle minime garanzie antisismiche o apertamente lesionate. L’edilizia sanitaria è fatiscente. Una scuola su due è priva di requisiti di sicurezza, a partire dal sud. Per non parlare delle condizioni di degrado edilizio in cui si trova gran parte del patrimonio artistico nazionale. Il movimento operaio deve battersi per una svolta radicale. La vera grande opera pubblica nazionale è la protezione dell’edilizia pubblica e privata. Anche qui è necessario un autonomo censimento popolare dal basso, assistito da collaborazioni tecniche indipendenti, con la partecipazione diretta delle organizzazioni sindacali e territoriali. Provincia per provincia, vanno censite le necessità di risanamento e individuati i costi finanziari, sino ad un vero piano nazionale. Di fatto sarebbe possibile dare un’occasione di lavoro durevole a milioni di disoccupati vecchi e nuovi, italiani e immigrati, con enorme beneficio per la maggioranza della società. I costi sarebbero consistenti? E’ indubbio. Secondo l’indicazione dello stesso Bertolaso, il solo restauro dell’edilizia scolastica richiederebbe 13 miliardi di euro. Immaginiamo cosa signficherebbe mettere in sicurezza l’insieme degli edifici. Ma poiché si tratta di una necessità prioritaria, non di un’optional, non si può dire certo “non ci sono i soldi”. Anche perché i soldi ci sono. Basta prenderli là dove sono. E ancora una volta la vera fonte di prelievo sono le ricchezze delle classi dirigenti del paese: sta in quei 130 miliardi di euro che, secondo i dati ufficiali, sono passati dai salari ai profitti e alle rendite negli ultimi 20 anni. La tassazione progressiva dei grandi patrimoni immobiliari e finanziari ( ben 900 miliardi di grandi patrimoni sopra il milione di euro); l’abbattimento degli enormi trasferimenti pubblici alle grandi imprese e alle banche ( a cominciare dai 12 miliardi dei Tremonti bond; l’abolizione delle regalie fiscali a grandi imprese e banche( a partire dai 10 miliardi garantiti ai capitalisti dal governo Prodi attraverso l’operazione del cuneo fiscale e della riduzione dell’Ires) sarebbero più che sufficienti per finanziare questa spesa. A chi obietta che grandi imprese e banche non potrebbero sopportare “questo salasso” in “regime di mercato”, rispondiamo che questo è un argomento in più a favore della loro nazionalizzazione, senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori: una grande misura di risparmio pubblico, oltreché di igiene sociale e morale.
Al tempo stesso non si tratta solo di rivendicare fondi adeguati e relative fonti, ma anche un rigoroso controllo sociale sulla destinazione e l’uso di questi fondi. Tutta l’esperienza di decenni dimostra che senza un controllo popolare, i fondi pubblici prendono la via della speculazione, del clientelismo, quando non del malaffare e della camorra. L’Irpinia insegna. I comitati popolari debbono dunque rivendicare un controllo capillare su ogni voce di spesa, su ogni atto amministrativo, su ogni operazione bancaria legata alla ricostruzione abruzzese e al piano di risanamento edilizio nazionale. Nessun segreto bancario o industriale può essere frapposto al controllo popolare. Ogni resistenza dell’apparato amministrativo, locale o nazionale, dello Stato, va denunciata e contrastata. Il movimento operaio deve farsi garante che i fondi pubblici non finiscano in nuovi appalti mangiatoia e nelle tasche dei costruttori criminali. La rivendicazione del controllo popolare ha esattamente questo significato.
ESPROPRIARE I COSTRUTTORI: PER LA NAZIONALIZZAZIONE DELLA GRANDE INDUSTRIA EDILIZIA; SENZA INDENNIZZO E SOTTO CONTROLLO OPERAIO.
C’è infine una domanda semplice che non può essere evasa: “Chi ricostruisce, chi risana l’edilizia italiana?”. Il PCL ritiene che non si possa affidare la ricostruzione a chi ha distrutto; che non si possa premiare chi ha compiuto un crimine; che, più in generale, non si possa avere alcuna fiducia in quella grande industria delle costruzioni che prima col sacco delle città degli anni 50 e 60, e poi nell’era liberalizzatrice degli ultimi decenni, ha messo in piedi un’edilizia assassina a puro scopo di profitto. Il movimento operaio e le sinistre debbono rivendicare, senza remore, la nazionalizzazione di tutta la grande industria edilizia, senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori, e delle industrie collegate ( a partire da quella del cemento). La casa in cui si vive, la scuola in cui si studia, l’ospedale in cui ci si cura, non possono essere affidati all’interesse del profitto . Debbono rispondere all’interesse della sicurezza sociale e della protezione della vita. I grandi costruttori, come dimostra l’Abruzzo, non possono garantire questa sicurezza. Di più: la grande industria edilizia è il settore della borghesia italiana maggiormente segnato dall’organica presenza camorrista e malavitosa, legata agli appalti pubblici e ai loro padrini (di ogni colore). Non si può chiedere alla malavita o a chi è intrecciato con la malavita di garantire case , scuole, ospedali. La grande industria delle costruzioni va semplicemente espropriata, a iniziare dalle ditte coinvolte nel crimine abruzzese ( Impregilo). Solo una grande industria edilizia a carattere pubblico, sotto controllo operaio e popolare, può tutelare l’interesse pubblico. Per questo la battaglia per la nazionalizzazione della grande industria edilizia deve entrare a pieno titolo nella battaglia più generale per la nazionalizzazione delle grandi imprese e delle banche: per la riorganizzazione radicale della società e dell’economia, sulla base di un piano economico democraticamente definito e socialmente controllato.
LA BORGHESIA DISTRUGGE. SOLO I LAVORATORI POSSONO RICOSTRUIRE.
Ancora una volta la prospettiva del governo dei lavoratori è la risultante generale di tutta questa battaglia . L’Abruzzo ci dice che le classi dominanti distruggono. Solo i lavoratori possono ricostruire: non solo le case, ma un’altra società. Una società dove a comandare sia la classe lavoratrice, non i costruttori e i loro amici. La battaglia d’ Abruzzo può e deve diventare la metafora di una lotta generale per l’alternativa anticapitalistica e il potere dei lavoratori.